lunedì 29 aprile 2019

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IL MATTINO DEI COMUNICATORI


Uscì negli anni '60 il libro di Pauwels & Berger IL MATTINO DEI MAGHI che aveva lo scopo da loro dichiarato di suscitare nel lettore il dubbio su tutto ciò che lo circondava. Il libro aveva lo scopo di offrire una differente visione del mondo mettendo in relazione fatti diversi in maniera inconsueta, con differenti punti di vista o avanzando ipotesi che paiono improbabili, eppure clamorosa-mente possibili. Ebbene, gli ultimi avvenimenti a cui sto assistendono mi impongono di rimettere mano ai miei scritti per presentare una realtà che ho l'impressione che sfugga ai più. Mi sembra che avvenimenti apparentemente indecifrabili, in realtà nascondano verità conosciute solo da pochi (gli Illuminati, direbbe Berlusconi). Ho l'impressione che il successo ottenuto da alcuni spin doctors al servizio di questi politici sia dovuto più alla conoscenza di dinamiche già studiate e masticate negli ultimi cent'anni, che non a formule astruse con cui confondono le menti più tenere. In fondo, queste nuove tecnologie altro non sono che un moltiplicatore di ciò che già conosciamo, che già è stato applicato, si tratta solo di riconoscere i meccanismi e di applicarli.

Questa è la ragione per cui ho deciso di ripubblicare la storia della manipolazione delle masse...


3 - TROTTER - ISTINTI DEL GREGGE I9N PACE E IN GUERRA




ISTINTI DEL GREGGE
IN PACE E IN GUERRA



BY

W. TROTTER





T. FISHER UNWIN LTD
LONDRA: ADELPHI TERRACE



First Published. . . Febbraio 1916
Seconda edizione. . . Novembre 1919
Stampa Marzo, 1920
Ristampa Febbraio 1921



NOTA DEL TRADUTTORE

Diciamo che traduttore è una parola grossa.
Certamente non mi assegneranno il Pulitzer per questo lavoro, e vi spiego perchè.
Tutto era cominciato molto prima, esattamente nel 1891, quando un antropologo seguace del criminologo Cesare Lombroso, il purtroppo dimenticato Scipio Sighele pubblicò La folla delinquente che tradotto immediatamente in lingua francese, influenzò il lavoro di Gustave Le Bon La psicologia delle folle nel 1895 che diede praticamente inizio ad una discussione sulla psiche delle masse in cui si inserì finalmente (per noi, dico) il nostro Wilfred Trotter che quasi al di fuori dalle sue competenze specifiche (era un affermatissimo chirurgo, seguirà Freud della fase finale del suo cancro) ha un'intuizione che lo scaraventa all'avanguardia del pensiero antropologico di quei tempi: l'uomo istintivamente segue la mandria, protettiva, come le mucche, il branco aggressivo, come i lupi oppure uno sciame costruttivo, come le api e pubblica le sue riflessioni in due articoli del 1908.

Quindi la prima parte della mia traduzione, la piu' accurata si riferisce alla sua famosa pubblicazione Istinti del gregge in pace e in guerra che contiene i suoi scritti fino al 1909 e poi le sue osservazioni fatte alla fine della Prima Guerra Mondiale con la vittoria dell'Inghilterra (la mandria costruttiva di pecore e lo sciame delle api) sulla Germania (il branco dei lupi).

A questo punto il Trotter viene travolto dallo tsunami della Psicoanalisi della scuola di Freud che lo fanno passare dall'avanguardia del pensiero antropologico ad una branca marginale. Ma il nostro non si arrende, intanto perchè abbraccia la Psicoanalisi di Freud con autentico entusiasmo, quindi incontra Freud e discute e ridisegna le sue teorie, interessanti sotto il profilo storico, un po' meno per quanto riguarda il pensiero dell'analisi psicologica che ormai ha acquisito teorie oggi confermate e che tutti conosciamo.

Famoso libro di Trotter, gli istinti del gregge in pace e in guerra è l'analisi della psi

cologia di gruppo e la capacità di un gran numero di persone a lasciarsi influenzare dalla tendenza innata. In esso ha reso popolare in inglese il concetto, sviluppato dal sociologo francese Gustave Le Bon, di un istinto ignorando la volontà del singolo a favore del gruppo.
Gli scritti di Trotter sulla mentalità del gregge, che ha iniziato già nel 1905 e sono stati pubblicati come documento in due parti nel 1908 e il 1909 sono considerati da alcuni per rappresentare una svolta nella comprensione del comportamento di gruppo, molto prima che il suo studio sia diventato importante in una varietà dei campi, dalle relazioni sul posto di lavoro al marketing.


Quindi per terminare con una sintesi, diciamo che per informarsi sulle tecniche di persuasione delle folle, la piu' moderna e ancora oggi praticata è quella segnalata da Bernayse nel suo PROPAGANDA.
Ciò che Propaganda insegna a fare usando un guanto di velluto, il Le Bon lo indica invece con tecniche che usano la forza. Questo manuale, non per nulla era il libro preferito da Hitler e Mussolini, da Lenin e Stalin.
Buon ultimo, consiglio la lettura di questo Trotter le cui teorie sulla gregarietà non sono ancora state superate.
Buona lettura.

Aldo Vincent
l'istinto del gregge in pace e in guerra
AVVISO AI NAVIGANTI:
il libro originale si trova qui:
https://www.ebookservice.net/scheda_ebook.php?ebook=istinti-del-gregge-in-pace-e-in-guerra-di-aldo-vincent&ideb=3979
IN LETTURA GRATUITA

COMUNICAZIONE - 2 - LE BON

Gustav Le Bon


Psicologia delle Folle


(1895)



PREMESSA

Non so se succede ancora, ma quando digitavi questo PSICOLOGIA DELLE FOLLE in PDF su digilander.libero.it saltavano fuori gli Antivirus indemoniati e persino Windows mandava un warning, e Facebook non permetteva la condivisione del sito in quanto sarebbe stato dannoso per il computer
Ecco la ragione per cui metto on line questo lavoro nella speranza che sia possibile farlo girare per una lettura gratuita.

GUSTAVE LE BON (1841 - 1931)
Filosofo, etnologo, psicologo, biologo, per tutta la vita si fece chiamare professore senza mai aver conseguito neppure una laurea ma incontrovertibilmente si trattava di un personaggio centrale tra gli intellettuali francesi e tra le sue mani probabilmente capitò il lavoro di Seghele ( le date lo confermerebbero) e lui con estrema intelligenza non solo lo completò ma lo diffuse con una esposizione chiara ed articolata, tanto che non solo il suo libro gli fece guadagnare fama internazionale, ma è accertato che divenne un manuale studiato da Lenin, Stalin, Hitler e Mussolini che addirittura lo indicò come il suo "libro del comodino" i quali basarono il loro potere sulla capacità di governare le masse, nuovo soggetto sociale che si affacciava sulla scena politica della fine '800 e rimase protagonista di tutto il '900.




Lenin, Stalin, Hitler lessero meticolosamente l'opera di Le Bon e l'uso di determinate tecniche
di persuasione nella loro dittatura sembra ispirato direttamente dai suoi consigli; ma anche
Mussolini fu un fervido ammiratore dell'opera dello psicologo francese. "Ho letto tutta l'opera
di Le Bon - diceva Mussolini-e non so quante volte abbia riletto la sua "Psicologia delle folle"
E' un opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno".

La leggerezza di certi discorsi fatti da questi dittatori (alcuni li leggeremo nel penultimo
capitolo "Le folle elettorali") che hanno esercitato un'influenza enorme sulle folle, talvolta
stupisce alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare le folle, e non per
essere letti da filosofi. L'oratore si mette in intima comunione con la folla e sa evocare le
immagini che la seducono. Le affermazioni sono fatte in modo così autoritario, che vengono
accettate a causa del tono che le accompagna. E normalmente queste suggestioni non sono
accompagnate da argomenti o prove logiche, esse sono cacciate dentro quali verità lampanti,
e sono cristallizzate in epigrammi ed assiomi, che vengono accettati per veri, in conseguenza
della apparente arguzia, senza che nessuno pensi ad analizzarli. I sofismi politici e le
spiegazioni usuali, appartengono a questa classe.
Il moderno dittatore, sostiene Le Bon, deve saper cogliere i desideri e le aspirazioni segrete
della folla e proporsi come l'incarnazione di tali desideri e come colui che è capace di
realizzare tali aspirazioni. Anche in questo caso l'illusione risulta essere più importante della
realtà, perché ciò che conta non è portare a compimento tali improbabili sogni quanto far
credere alla folla di essere capace: "nella storia -aggiunge Le Bon -l'apparenza ha sempre
avuto un ruolo più importante della realtà". Le folle non si lasciano influenzare dai
ragionamenti. Le folle sono colpite soprattutto da ciò che vi é di meraviglioso nelle cose. Esse
pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. L 'immaginazione popolare é sempre stata la base della potenza degli uomini di Stato, dei trascinatori di folle, che il più delle volte, non sono intellettuali, ma uomini d'azione.


Prima di iniziare l'analisi degli scritti di De Bon è necessaria una riflessione che ci rimanda alla prima citazione che feci nell'anteprima: ricordate? Il Generale David Sarnoff che accettando una laurea ad honorem presso l'Università di Notre Dame tenne una "lectio magistralis" che trasse in inganno milioni di persone per decenni. Egli disse: "Siamo troppo propensi a fare degli strumenti tecnologici i capri espiatori dei peccati di coloro che li maneggiano. In se stessi i prodotti della moderna tecnologia non sono né buoni né cattivi, dipende dall'uso che se ne fa." Come dire che si costruiscono armi che non sono né buone né cattive, le pistole per esempio se in mano alla polizia uccidono un criminale sono buone, se in mano ad un criminale uccidono un bambino sono cattive. Come dire che le torte alle mele non sono né buone né cattive, dipende dall'uso che se ne fa: portate ad una festa sono buone, tirate in faccia alla sposa sono cattive, che i pomodori non sono nè buoni nè cattivi, se ci fai il sugo sono buoni, se li tiri ad un comizio sono cattivi, vi rendete conto che il discorso è fuorviante perchè qualunque nuova tecnologia adottiamo essa non farà che aggiungere, amplificare, accelerare, quello che già siamo. E' chiaro?
L'analisi che fa Le Bon e che fecero i dittatori che lo applicarono va applicata alle nuove tecnologie che altro non fanno che ampliare amplificare accelerare i fenomeni di massa, che occorre conscere se vogliamo opporci, perchè solo così facendo si dimezza la forza di chi li manipola e li maneggia, per diminuire il loro potere, se proprio non siamo ancora organizzati per vincere...



INTRODUZIONE


Evoluzione dell'età attuale. -I grandi cambiamenti di incivilimento sono la conseguenza di
cambiamenti nel pensiero dei popoli. -La moderna credenza nella potenza delle folle, e
com'essa trasforma la politica tradizionale degli Stati. - Come si produce l'avvento delle classi
popolari e come si esercita la loro potenza. - Conseguenze necessarie della potenza delle folle.
Esse non possono esercitare che un'azione distruttiva. -Come per esse si compie la
dissoluzione delle civiltà troppo vecchie. -Ignoranza generale della psicologia delle folle. Importanza dello studio delle folle: per i legislatori e gli uomini di Stato.

I grandi sovvertimenti che precedono i cambiamenti di civiltà, sembrano, di primo acchito,
determinati da trasformazioni politiche considerevoli : invasioni di popoli o rovesciamento di
dinastie. Ma uno studio attento di tali avvenimenti rivela, più comunemente, come causa
reale, dietro le cause apparenti, una modificazione profonda nelle idee dei popoli. I veri
sconvolgimenti storici non sono quelli che ci stupiscono con la loro grandiosità e violenza. Gli
unici mutamenti importanti, quelli da cui scaturiscono rinnovamenti di civiltà, si operano
nelle opinioni, nelle concezioni e credenze. Gli avvenimenti memorabili sono gli effetti visibili
degli invisibili cambiamenti dei sentimenti degli uomini. Se essi raramente si manifestano, si
è che il fondo ereditario dei sentimenti di una razza è il suo elemento più stabile.
L'epoca attuale costituisce uno dei momenti critici in cui il pensiero umano è in via di
trasformazione.

Due fattori fondamentali sono alla base di questa trasformazione. Il primo è la distruzione
delle credenze religiose, politiche e sociali da cui derivano tutti gli elementi della nostra
civiltà. Il secondo, la creazione di condizioni d'esistenza e di pensiero interamente nuovi
creati dalle moderne esigenze delle scienze e dell'industria.
Le idee del passato, benchè scosse, essendo ancora potentissime, e quelle che dovranno
sostituirle non essendo che in via di trasformazione, l'età moderna rappresenta un periodo di
transizione e d'anarchia. Da un tal periodo, necessariamente un po' caotico, non è facile dire
per ora ciò che un giorno potrà scaturire. Su quali idee fondamentali si edificheranno le
società che seguiranno alla nostra ? Lo ignoriamo ancora. Ma, fin da ora, si può prevedere
che, nella loro organizzazione, esse avranno a che fare con una nuova potenza, ultima sovrana
dell'età moderna: la potenza delle folle. Sulle rovine di molte idee, già tenute per vere e oggi
morte, sulle rovine di molti poteri, via via spezzati dalle rivoluzioni, questa forza è l'unica che
si sia innalzata, e par voglia assorbire ben presto le altre. Mentre le nostre antiche credenze
vacillano e scompaiono, e le vecchie colonne a mano a mano sprofondano, l'azione delle folle
è l'unica forza non minacciata e il cui prestigio ogni giorno si accresce. L'epoca in cui
entriamo, sarà veramente l' Era delle folle.
Or è appena un secolo, la politica tradizionale degli Stati e le rivalità dei principi costituivano i
capitali fattori degli avvenimenti. Quasi sempre, l'opinione delle folle non contava. Oggi le
tradizioni politiche, le tendenze individuali dei sovrani, le loro rivalità, pesano poco. La voce
delle folle è diventata preponderante. Detta ai re la loro condotta; e non più nei consigli dei
principi, ma nell'anima delle folle, si preparano i destini delle nazioni.
L'assunzione delle classi popolari alla vita politica, la loro progressiva trasformazione in classi
dirigenti è una delle caratteristiche più profonde della nostra epoca di transizione. Tale
avvento non è stato veramente portato dal suffragio universale che tanto poco ha influito per
lungo tempo e in senso tanto facile agli inizi.
L'origine della potenza delle folle si è dapprima verificata per il propagarsi di certe idee
lentamente radicatesi negli spiriti, poi per la graduale associazione degli individui che porta
alla realizzazione di concezioni un tempo teoriche. L'associazione ha permesso alle folle la
formazione di idee, se non giustissime, per lo meno ben decise nei loro interessi e di assumere
coscienza della loro forza. Esse fondano dei sindacati dinanzi ai quali tutti i poteri capitolano,
borse del lavoro che, a dispetto delle leggi economiche, tendono a governare le condizioni del
lavoro e del salario. Inviano nelle assemblee governative rappresentanze prive di ogni
iniziativa, di ogni indipendenza, e ridotte, il più delle volte, a essere semplici portavoce dei
comitati che le hanno scelte.
Oggi le rivendicazioni delle folle si fanno sempre più precise, e tendono a distruggere dalle
basi la società attuale, per ricondurla a quel comunismo primitivo che fu lo stato normale di
tutti gli aggregati umani prima dell'aurora della civiltà. Limitazione delle ore di lavoro,
espropriazione delle miniere, delle ferrovie, delle officine e della terra; ripartizione equanime
dei prodotti, eliminazione delle classi superiori a vantaggio delle classi popolari, ecc. Tali sono
queste rivendicazioni. Poco atte al ragionamento, le folle si mostrano invece adattissime
all'azione. L'attuale organizzazione conferisce ad esse una forza immensa. I dogmi che noi
vediamo nascere acquisteranno ben presto la potenza dei vecchi dogmi, vale a dire la forza
tirannica e sovrana che mette al sicuro dalla discussione. Il diritto divino delle folle sostituisce
il diritto divino dei re.

Gli scrittori favoriti della nostra borghesia, e che meglio rappresentano le sue idee un po'
anguste, le sue vedute un po' corte, il suo scetticismo un po' sommario, il suo egoismo a volte
eccessivo, si impauriscono dinanzi al nuovo potere che essi vedono aumentare, e, per
combattere il disordine degli spiriti, rivolgono i loro disperati richiami alle forze morali della
Chiesa, un tempo da loro disdegnata. Parlano del fallimento della scienza, e ci rammentano
gli insegnamenti delle verità rivelate. Ma questi nuovi convertiti dimenticano che se la grazia
li ha veramente toccati, essa non potrebbe avere la stessa potenza su anime poco preoccupate
dell'altra vita. Oggi le folle non vogliono più gli dei che i loro vecchi maestri avevano già
rinnegato e infranto. I fiumi non risalgono verso la sorgente.
La scienza non é incorsa in nessuna bancarotta e nulla teme dall'attuale anarchia degli spiriti
né dalla nuova potenza la quale, in mezzo a questa anarchia, si accresce. Essa ci ha promesso
la verità, o almeno la conoscenza delle relazioni accessibili alla nostra intelligenza; non ci ha
mai promesso né la pace, né la tranquillità. Sovranamente indifferente ai nostri sentimenti,
non ode le nostre suppliche e nulla varrebbe a far rivivere le illusioni che essa ha fatto
dileguare.
Sintomi universali mostrano in tutte le nazioni il rapido accrescersi della potenza delle folle.
Qualunque cosa ci apporti, dobbiamo subirla. Le recriminazioni non sarebbero che vane
parole. L'avvento delle folle segnerà forse una delle ultime tappe delle civiltà occidentali, un
ritorno verso quei periodi di incerta anarchia che preludono al sorgere delle nuove società.
Ma come impedirlo?

Fino a qui le grandi distruzioni di vecchie civiltà hanno costituito il compito più chiaro delle
folle. La storia insegna che nel momento in cui le forze morali, impalcatura di una società,
hanno perduto la loro efficacia, la finale dissoluzione é effettuata da quelle moltitudini
incoscienti e brutali giustamente qualificate barbariche. Le civiltà sono state, fin qui, create e
guidate da una piccola aristocrazia intellettuale, mai dalle folle. Queste non hanno che la forza
di distruggere. La loro dominazione rappresenta sempre una fase di disordine. Una civiltà
implica regole fisse, disciplina, passaggio dall'istintivo al razionale, previdenza dell'avvenire,
un grado elevato di cultura, condizioni totalmente inaccessibili alle folle abbandonate a se
stesse. Per la loro potenza unicamente distruttiva, esse operano come quei microbi che
aiutano la dissoluzione dei corpi debilitati o dei cadaveri. Quando l'edificio di una civiltà é
infestato di vermi, le folle compiono la distruzione. Allora si rivela la loro funzione. Per un
istante, la forza cieca del numero diventa la sola filosofia della storia.
Avverrà lo stesso per la nostra civiltà ? C'è da temerlo, ma lo ignoriamo ancora. Poiché delle
mani imprevidenti hanno via via rovesciato tutte le barriere che potevano contenere le folle,
rassegniamoci a subire il loro dominio. Gli psicologi professionisti, vissuti lontano da loro, le
hanno sempre ignorate, e non se ne sono occupati che dal punto di vista dei delitti che esse
possono commettere. Le folle criminali esistono senza dubbio, ma vi sono anche folle
virtuose, folle eroiche e anche molte altre. I delitti delle folle non costituiscono che un caso
particolare della loro psicologia, e ciò non farebbe conoscer meglio la loro costituzione
mentale di quel che si possa conoscere quella di un individuo, descrivendone soltanto i vizi.

A dire il vero, i padroni del mondo, i fondatori di religioni o di imperi, gli apostoli di tutte le
credenze, i più grandi uomini di Stato, e, in una sfera più modesta, i semplici capi di piccole
collettività umane, sono stati sempre psicologi incoscienti, che avevano dell'anima delle folle
una conoscenza istintiva, spesso sicurissima. Conoscendola bene, ne sono facilmente
diventati i padroni. Napoleone penetrava meravigliosamente la psicologia delle folle francesi,
ma a volte disconobbe completamente quella delle folle di razze differenti (*).

(*) I suoi più sottili consiglieri, non la compresero di più. Talleyrand gli scriveva che « la
Spagna avrebbe accolto come liberatori i suoi soldati ». Invece li accolse come bestie feroci.
Uno psicologo, edotto degli istinti ereditari della razza, avrebbe potuto facilmente
prevederlo.

Questa ignoranza gli fece intraprendere, specialmente in Spagna e in Russia, delle guerre che
prepararono la sua caduta. La conoscenza della psicologia delle folle costituisce la risorsa
dell'uomo di Stato che vuole non governarle - ciò é diventato assai difficile - ma per lo meno
non essere troppo governato da esse.

La psicologia delle folle mostra a qual punto le leggi e le istituzioni esercitano scarsa azione
sulla loro natura impulsiva e come esse siano incapaci d'avere qualsiasi opinione al di fuori di
quelle che sono loro suggerite. Delle regole derivate dalla pura equità teorica, non saprebbero
condurle. Soltanto le impressioni fatte nascere dalla loro anima, possono sedurle. Se un
legislatore vuole stabilire, ad esempio, una nuova imposta, dovrà scegliere la più giusta
teoricamente? Niente affatto. La più ingiusta potrà essere praticamente la migliore per esse,
se tale imposta é in apparenza meno visibile e onerosa.
E così, che un'imposta indiretta, anche esorbitante, sarà sempre accettata dalla folla. Essendo
giornalmente prelevata su oggetti di consumazione, a frazione di centesimo, non preoccupa le
sue abitudini e suscita poca apprensione. Sostituitela con un'imposta proporzionale sui salari
o altri redditi, da pagarsi in un unico versamento, foss'anche dieci volte meno oneroso
dell'altro, essa solleverà unanimi proteste.
Ai centesimi invisibili di ogni giorno si sostituisce, infatti, una somma totale relativamente
elevata, destinata a impressionare. Essa passerebbe inosservata se fosse stata messa da parte
soldo per soldo; ma questo procedimento economico rappresenta una dose di previdenza del
quale le folle sono incapaci.

L'esempio citato mostra in modo lampante la loro mentalità. Essa non era sfuggita a uno
psicologo come Napoleone; ma i legislatori, ignorando l'anima delle folle, non saprebbero
comprenderla. L'esperienza non ha loro ancora abbastanza insegnato che gli uomini non si
guidano mai con le prescrizioni della pura ragione.

Molte applicazioni potrebbero essere fatte in proposito. La conoscenza della psicologia delle
folle getta una viva luce su una quantità di fenomeni storici ed economici totalmente
incomprensibili senza di essa. Non foss'altro che per pura curiosità, lo studio di tale
psicologia meriterebbe di essere tentato. Investigare i moventi delle azioni degli uomini é
interessante quanto studiare un minerale, una pianta.
Il nostro studio dell'anima delle folle non potrà essere che una breve sintesi, un semplice
riassunto delle nostre ricerche. Bisogna accontentarsi soltanto di qualche suggestivo aspetto
della questione. Altri scaveranno di più il solco. Per intanto noi non faremo che tracciarlo su
un terreno ancora inesplorato (*).

(*) I rari autori che si sono occupati dello studio psicologico della folla, l'hanno esaminata lo
dicevo più sopra -unicamente dal punto di vista criminale. Non avendo consacrato a
quest'ultimo soggetto che un breve capitolo, rimanderò i lettori agli studi del Tarde e
all'opuscolo dei Sighele: "Le folle criminali". Quest'ultimo lavoro non contiene un'idea soda
dell'autore, ma é una compilazione di fatti preziosi per gli psicologi. Le mie conclusioni sulla
delinquenza e la moralità della folla sono, del resto, completamente contrarie a quelle dei
due scrittori or ora citati. Nelle mie opere, e specialmente ne La psicologia del Socialismo, si
troverà qualche conseguenza delle leggi che governano la psicologia delle folle. Tali
conseguenze possono, del resto, essere utilizzate nei soggetti più disparati. Gevaert,
direttore del Conservatorio reale di Bruxelles, ha trovato recentemente una notevole
applicazione delle leggi da noi esposte in un lavoro sulla musica, assai giustamente da lui
qualificata «arte della folla». « Sono state le vostre due opere - mi scriveva quell'eminente
professore, inviandomi il suo lavoro - a darmi la soluzione di un problema considerato fin
qui come insolubile: l'attitudine grandissima di ogni folla a sentire un'opera musicale
recente o antica, indigena o straniera, semplice o complicata, purché essa sia prodotta da
una esecuzione e da esecutori diretti da un capo entusiasta". Il Gevaert dimostra
ammirevolmente perché "un'opera rimasta incompresa (perchè poco estetica) a musicisti
emeriti che lessero lo spartito nella solitudine del loro studio, é poi afferrata di colpo da un
uditorio privo di ogni cultura tecnica". Egli spiega inoltre assai bene perché queste
impressioni estetiche non lasciano alcuna traccia.

PSICOLOGIA DELLE FOLLE

GUSTAVE LE BON



 
CAPITOLO I.


Caratteristiche generali delle folle - Legge psicologica della loro unità mentale.

Come è costituita una folla dal punto di vista psicologico. - Un agglomeramento numeroso di
individui non basta a formare una folla. -Speciali caratteri delle folle psicologiche. Orientamento
fisso delle idee e dei sentimenti negli individui che le compongono e scomparsa
della loro personalità. -La folla è sempre dominata dall'incosciente. -Scomparsa della vita
cerebrale e predominio della vita nervosa. - Abbassamento dell'intelligenza e trasformazione
completa dei sentimenti. -I sentimenti trasformati possono essere migliori o peggiori di
quelli degli individui di cui la folla è composta. - La folla è facilmente eroica quanto criminale.


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NOTE DI G. LE BON:
Raccolte di scritti di ogni tempo - cosa si scriveva ieri (Ndr.)

"La mera democrazia (questo indicibile bamboleggiare degli scrittori, in Francia, in
Inghilterra, nell'America boreale dei dì nostri, che adorano le moltitudini, esaltano il
principio di associazione, invocano e celebrano l'alleanza dei popoli -tale è la piaga
principale, vezzo prediletto del secolo -non può sussistere, nè durare, perchè radicalmente
inorganica...Il numero accresce la forza, ma non la crea... ....Un branco di pecore innumerabili
è sempre men capace e men valido del mandriano...Mentre il diritto del Principe (l'Unto dal
Signore Ndr.) è divino, poichè risale a quella sovranità primitiva onde venne organato ed
istituito il popolo di cui regge le sorti...La sovranità si riceve, ma non si fa e non si piglia...Ella
importa la sudditanza, come un necessario correlativo; e il dire che il sovrano possa essere
creato dai suoi soggetti, e trarne i diritti che lo previlegiano, inchiude contraddizione.
Insomma, il sovrano è autonomo rispetto ai sudditi, e se ricevesse da loro l'autorità sua, non
sarebbe veramente sovrano, perchè i suoi titoli ripugnerebbero alla sua origine... I sudditi
dipendono dal sovrano, e non viceversa...L'obbligazione verso il sovrano deve dunque essere
assoluta, altrimenti la sovranità è nulla..."La potestà è ordinata, e da Dio procede" a ciò allude
l'Apostolo (Paul. ad rom., XII,1,2). Sapete donde nasce il più grave pericolo? Dal predominio
della plebe, la quale promette una seconda barbarie più profonda di quella dei Vandali e degli
Unni e un dispotismo più duro del napoleonico. Guai alla civiltà nostra se la moltitudine
prevalesse negli Stati". -(V. Gioberti, Studio della filosofia, cap. Della politica, vol III,
Tipografia Elvetica, Capolago 1849). (Gioberti, quello Del primato morale e civile degli
italiani" pubblicato nel 1843).

Un polemista aggiunse : "Va bene il valido mandriano, ma se il mandriano non ha la
collaborazione di buoni "cani" per tenere insieme il gregge, è costretto lui ad "abbaiare", a
"fare il cane", e a rimanere un "cane" perchè anche se è nato uomo un "cane" è.

Per imporre i suoi programmi Stalin cosa scriveva?: "La Libertà? solo gli illusi e i forti vivono
in questa fede. Ma l'umanità è debole ed ha bisogno di pane e autorità".
Notevole corrispondenza con le parole di Dostoievsky, quando il Grande Inquisitore dei
Fratelli Karamazov si rivolge al Cristo reincarnato "E gli uomini furono felici di essere di
nuovo condotti come un gregge e che il loro cuore era stato infine alleggerito d'un dono così
terribile (della libertà) che aveva loro causato tanti tormenti".

Quanto a Hitler, in quaranta minuti di discorso alle folle, era capace di ripetere per 26 volte
la stessa frase, molto semplice ma d'effetto, accompagnata dallo stesso gesto mimico,
drammatico spesso con voce sprezzante, con gesti studiati che aveva provato prima davanti
allo specchio; e diceva alle folle quello che i tedeschi volevano sentirsi dire: "Farò tornare
grande la Germania"; "Riscatterò la vergogna"; "la razza tedesca dominerà il mondo"; "ogni
tedesco troverà lavoro"; e perfino...quando si ricordò che c'era anche l'"altra metà del cielo",
aggiunse ... "le donne avranno tutte un marito!". Del resto fu proprio lui a dire (prendendo a
prestito Le Bon) "Qualsiasi bugia, se ripetuta frequentemente, si trasformerà gradualmente in
verità". E lanciò lo slogan "Ein Volk, Ein Reich, Ein Führer" (un popolo, un impero, un capo)

"La massa - dirà Amann - ha sempre bisogno di un certo periodo di tempo per essere pronta
ad apprendere una cosa. La sua memoria si mette in moto soltanto dopo che per mille volte le
sono state ripetute le nozioni più semplici, e sono proprio queste che tendono ad abbattere
l'istintivo potere di resistenza dell'individuo.
E' la vecchia storia della necessità dei ripetuti colpi di martello per poter ficcare il chiodo o del
costante cadere della goccia che consuma la pietra. Quando poi la folla inizia a mettersi in
moto non si ferma più, marcia, cammina, corre, e bela come un gregge, muggisce come una
mandria, ruggisce come un branco, e a quel punto è capace di tutto".

"Hitler con la stessa semplice frase, strappava gli appalusi, eccitava gli animi della folla, e
questa proiettava su di lui i propri latenti desideri cui il demagogo aveva semplicemente tolto
il "coperchio". La frase, con la quale apriva o chiudeva ogni discorso o lo intercalava spesso,
era sempre quella: il "Popolo vuole", il "Popolo mi ama", Il "Popolo brama", il "Popolo
aspetta", il "Popolo è impaziente", il "Popolo pretende", il "Popolo desidera", il "Popolo è
pronto", il "Popolo lotterà fino alla morte". Volk, Volk, Volk..... all'infinito.
Tutti i dittatori con il delirio di onnipotenza hanno sempre imbottito i loro discorsi con la
parola "Il Popolo" e non con la parola "i Cittadini". Questi ultimi amano le persone serie,
mentre il primo (la storia ne è piena) ama solo i ciarlatani; e questi sanno che basta
apostrofare la folla chiamandola "popolo" per indurla a malvagità reazionarie. "Che cosa non
si è fatto davanti ai nostri occhi, o anche non proprio davanti ai nostri occhi in "nome del
popolo"." (T.Mann).
Leggiamo cosa scriveva Hitler nel suo Mein Kampf. Come intendeva avvalersi degli espedienti
della propaganda: "Le masse non sanno cosa farsi della libertà e, dovendone portare il peso, si
sentono come abbandonate. Esse non si avvedono di essere terrorizzate spiritualmente e
private della libertà e ammirano solo la forza, la brutalità e i suoi scopi, disposti a
sottomettersi. Capiscono a fatica e lentamente, mentre dimenticano con facilità. Pertanto la
propaganda efficace deve limitarsi a poche parole d'ordine martellate ininterrottamente
finchè entrino in quelle teste e vi si fissano saldamente. Si è parlato bene quando anche il
meno recettivo ha capito e ha imparato.. Sacrificando questo principio fondamentale e
cercando di diventare versatili si perde l'effetto, perchè le masse non sono capaci di assorbire
il materiale, nè di ritenerlo".


Mussolini imparò a memoria "Psicologia delle Folle"
"Ho letto tutta l'opera di Le Bon e non so quante volte abbia riletto la sua "Psicologia delle
folle. E' un opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno".


"Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo
l'illusione di essere sovrano. (Mussolini -Da "Dottrina del fascismo" e S.e D., vol. VIII, pag
79-80).


"In un regime totalitario, come dev'essere un regime sorto da una rivoluzione trionfante, la
stampa (l'informazione, la radio ecc.) è un elemento di questo regime, una forza al servizio di
questo regime. LA LIBERTA' sta nel servire la causa e il regime" ... ""il giornalismo italiano E'
LIBERO perché serve soltanto una causa e un regime: E' LIBERO perché, nell'ambito delle
leggi del regime, può esercitare -e le esercita -funzioni di controllo, di critica e di
propulsione".(Mussolini - Discorso ai direttori di giornali del 10 ottobre 1928).


"Il popolo non fu mai definito. È una entità meramente astratta, come entità politica. Non si
sa dove cominci esattamente, né dove finisca. L'aggettivo di sovrano applicato al popolo è una
tragica burla. Il popolo tutto al più, delega, ma non può certo esercitare sovranità alcuna. I
sistemi rappresentativi appartengono più alla meccanica che alla morale"
" Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene
lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria
amministrazione. Vi immaginate voi una guerra proclamata per referendum? Il referendum
va benissimo quando si tratta di scegliere il luogo più acconcio per collocare la fontana del
villaggio, ma quando gli interessi supremi di un popolo sono in gioco, anche i Governi
ultrademocratici si guardano bene dal rimetterli al giudizio del popolo stesso".
(Mussolini -Preludio al Machiavelli, in Gerarchia dell'aprile 1924. S.e.D., vol. IV, pag.109)
"Quando mancasse il consenso, c'è la forza. Per tutti i provvedimenti anche i più duri che il
Governo prenderà , metteremo i cittadini davanti a questo dilemma: o accettarli per alto
spirito di patriottismo o subirli". -(Mussolini -Disc. Risposta al Ministero delle Finanze, 7
marzo 1923 - S. e D., vol III, pag 82)


"Voi sapete che io non adoro la nuova divinità: la massa. E' una creazione della democrazia e
del socialismo. Soltanto perchè sono molti debbono avere ragione?. Niente affatto. Si verifica




spesso l'opposto, cioè che il numero è contrario alla ragione". ( Mussolini -Intervista
rilasciata a Ludwig, 1928, pag 197)


« Tra i popoli, nonostante le predicazioni, nonostante gli idealismi, ci sono dei dati di fatto
che si chiamano razza, che si chiamano sviluppo, che si chiamano grandezza e decadenza dei
popoli, e che conducono a dei contrasti, i quali spesso si risolvono attraverso la forza delle
armi. »
(Mussolini - Dalle dichiarazioni fatte al Parlamento, il 6 Febbraio 1923). - III, 54.


« Noi creeremo, attraverso un'opera di selezione ostinata e tenace, la nuova generazione. »
(Dal discorso pronunciato al Congresso Fascista in Roma, il 22 Giugno 1925). - V, 117.


« Il gerarca deve avere in sé, moltiplicate, quelle virtù che egli esige dai gregari. »
(Dal discorso pronunciato al Foro Mussolini, il 28 Ottobre 1937). - XI, 171.


«Non é gerarca colui che non sa scendere in mezzo al popolo per raccoglierne i sentimenti e
interpretarne i bisogni. »
(Dal discorso pronunciato al Foro Mussolini, il 28 Ottobre 1937). - XI, 171.


« Il popolo italiano ha creato col suo sangue l'Impero, lo feconderà col suo lavoro e lo
difenderà contro chiunque con le sue armi. »
Dal "Discorso dell'Impero" pronunciato a Roma il 9 Maggio 1936). - X, 119.


« Il nuovo Impero é stato fatto dal popolo; é impresa di popolo, e tutto il popolo italiano,
qualora si trattasse di difenderlo, balzerebbe in piedi come un sol uomo, pronto a qualsiasi
sacrificio, capace di qualsiasi dedizione. »
(Dal Gran Rapporto tenuto in Roma, ai pie' del Tempio di Venere, il 30 Maggio 1936). -X,


143.
«L'individuo non esiste, se non in quanto é nello Stato e subordinato alle necessità dello
Stato. Man mano che la civiltà assume forme sempre più complesse, la libertà dell'individuo
sempre più si restringe. »
(Dal discorso pronunciato all'Assemblea del P.N.F. in Roma, il 14 Settembre 1929). - VII, 147.


« Gli individui sono classi secondo le categorie degli interessi; sono sindacati secondo le
differenziate attività economiche cointeressate; ma sono prima di tutto e soprattutto Stato.»
(Dall'articolo scritto per la voce "Fascismo" dell'Enciclopedia Italiana Treccani). - VIII, 71.


«Nessuno può ignorare l'Italia. »
(Dal discorso pronunciato al Costanzi di Roma, il 24 Marzo 1924). - IV, 72.


« L'Italia esiste e rivendica pienamente il diritto di esistere nel mondo. »
(Dal discorso pronunciato a Palazzo Littorio, il 7 Aprile 1926). - V, 312.


«L'Italia fascista é un'immensa legione che marcia sotto i simboli del Littorio verso un più
grande domani. Nessuno può fermarla. Nessuno la fermerà. »
(Dal discorso pronunciato a Palazzo Venezia, il 27 Ottobre 1930). - VII, 233.


« Con un proletariato riottoso, malarico, pellagroso non vi può essere un elevamento
dell'economia nazionale.»
(Dal discorso pronunciato all'Augusteo di Roma, il 9 Novembre 1921). - II, 204.


« Solo da canaglie e da criminali noi possiamo essere tacciati di nemici delle classi lavoratrici;
noi che siamo figli di popolo; noi che abbiamo conosciuto la rude fatica delle braccia; noi che
abbiamo sempre vissuto fra la gente del lavoro che é infinitamente superiore a tutti i falsi
profeti che pretendono di rappresentarla. »
(Dal discorso pronunciato a Cremona, il 26 Settembre 1922). - II, 324.


« Amo gli operai che sono una parte integrante della vita della Nazione. »
(Dalle parole rivolte agli operai del Poligrafico di Stato in Roma, il 28 Gennaio 1923). - III, 50.


« I lavoratori devono amare la Patria. Come amate vostra madre, dovete, con la stessa
purezza di sentimento, amare la madre comune: la Patria nostra. »
(Dalle parole rivolte ai portuali di Bari a Palazzo Chigi, il 10 Aprile 1923). - III, 101 e 102.


« È anche nell'interesse degli operai che la produzione si svolga con ritmo ordinato, vorrei
quasi dire solenne".
(Dal discorso agli operai della "Fiat ,, di Torino, pronunciato il 25 Ottobre 1923). - III, 217.


« Le sorti del popolo lavoratore sono intimamente legate alle sorti della Nazione, perché il
popolo lavoratore é parte di questa Nazione. Se la Nazione grandeggia, anche il popolo
diventa grande e ricco, ma se la Nazione perisce anche il popolo muore. »
Dal discorso pronunciato a Perugia, il 30 Ottobre 1923). - IIl, 237.


«La classe lavoratrice é la potenza, la speranza, la certezza dell'avvenire d'Italia. »
(Dal discorso pronunciato allo Stabilimento Tosi di Legnano, il 5 Ottobre 1924). - IV, 305.


« Se la Nazione é oppressa, la massa operaia é oppressa. Se la bandiera della Nazione é
rispettata, anche gli operai che appartengono a quella Nazione sono rispettati. La gerarchia
delle Nazioni si riverbera sulla posizione delle loro classi operaie. »
(Dall'articolo « Fascismo e Sindacalismo n, pubblicato sul numero del Maggio 1925 di
Gerarchia). - V, 91.


«Adoriamo il lavoro che dà la bellezza e l'armonia alla vita. »
(Dall'articolo "Discorso da ascoltare", pubblicato sul Popolo d'Italia del 1o Maggio 1919). - II,


11.
« Il lavoro é la cosa più alta, più nobile, più religiosa della vita. »
(Dal discorso agli operai della " Fiat,, di Torino, pronunciato il 25 Ottobre 1923). - III, 218.


«Se il secolo scorso fu il secolo della potenza del capitale, questo ventesimo é il secolo della
potenza e della gloria del lavoro. »
(Dal discorso pronunciato a Milano, il 6 Ottobre 1934). - IX, 130.


« Le leggi sono degli strumenti e la loro efficacia é in relazione diretta con l'energia e la
tenacia di coloro che questi strumenti impugnano. »
(Dal discorso pronunciato al Parlamento, il 16 Maggio 1925). - V, 70.


« La libertà non é solo un diritto, ma é un dovere. »
(Dal discorso pronunciato al Senato, il 27 Novembre 1922). -- 111, 32.


« La libertà non é un fine; é un mezzo. »
(Dall'articolo "Forza e Consenso", pubblicato sul numero del Marzo 1923 di Gerarchia). - III,


78.
« La libertà non é, oggi, più la vergine casta e severa per la quale combatterono e morirono le
generazioni della prima metà del secolo scorso. Per le giovinezze intrepide, inquiete ed aspre
che si affacciano al crepuscolo mattinale della nuova storia ci sono altre parole che esercitano
un fascino molto maggiore, e sono: ordine, gerarchia, disciplina. »
(Dall'articolo "Forza e Consenso", pubblicato sul numero del Marzo 1923 di Gerarchia). - III,

79.
«Ma che cosa é questa libertà? Esiste la libertà? In fondo, é una categoria filosofico-morale. Ci
sono le libertà: la libertà non é mai esistita ! »
(Dal discorso pronunciato al Parlamento, il 15 Luglio 1923). - III, 196.


« La libertà senza ordine e senza disciplina significa dissoluzione e catastrofe. »
(Dal discorso pronunciato nell'atrio del Municipio di Torino, il 24 Ottobre 1923). - III, 214.


« Se per la libertà s'intende di sospendere ogni giorno il ritmo tranquillo, ordinato del lavoro
della Nazione, se per libertà s'intende il diritto di sputare sui simboli della Religione, della
Patria e dello Stato, ebbene, io Capo del Governo e Duce del Fascismo, dichiaro che questa
libertà non ci sarà mai! »
(Dal discorso pronunciato nella Piazza Belgioioso di Milano, il 28 Ottobre 1923). - III, 225.


«La libertà non é un diritto: é un dovere. Non é una elargizione: é una conquista. Non é una
uguaglianza: é un privilegio. »
(Dal discorso pronunciato al Costanzi di Roma, il 24 Marzo 1924). -- IV, 77.


« Il concetto assoluto di libertà é arbitrario. Nella realtà non esiste. »
(Dal discorso pronunciato al Cova di Milano, il t Ottobre 1924). -- IV, 291.


« Il Governo fascista ha ridato al popolo le essenziali libertà che erano compromesse o
perdute; quella di lavorare, quella di possedere, quella di circolare, quella di onorare
pubblicamente Dio, quella di esaltare la Vittoria e i sacrifici che ha imposto, quella di avere la
coscienza di se stesso e del proprio destino, quella di sentirsi un popolo forte, non già un
semplice satellite della cupidigia e della demagogia altrui. »
(Dalle parole rivolte ai rappresentanti dei Sindacati agricoli in Roma, il 30 Luglio 1925). - V,


124.
« Se la libertà dev'essere l'attributo dell'uomo reale, e non di quell'astratto fantoccio a cui
pensava il liberalismo individualistico, il Fascismo é per la libertà. È per la sola libertà che
possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell'individuo nello Stato.»
(Dall'articolo scritto per la voce "Fascismo" dell'Enciclopedia Italiana Treccani). - VIII, 71.


« Rinunziare alla lotta significa rinunciare alla vita. »
(Dal discorso pronunciato a Palazzo Chigi, il 20 Dicembre 1923). - III, 290.


"Dobbiamo dire che siamo stati nobilmente assecondati. Ci voleva anche un uomo come
quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare; È dunque con profonda compiacenza che
crediamo di avere con esso ridato Dio all'Italia e l'Italia a Dio. - (Pio XI - dopo il Concordato).
Quando Mussolini sdoppiò la questione clericale dalla questione religiosa, assieme alla parola
Patria, assieme alla parola Duce, l'ex contadinello di Romagna, l'ex ribelle allievo dei
Salesiani, l'ex socialista, l'ex redattore della "Lima" che si firmava negli anni ruggenti del suo
anticlericalismo "il vero eretico", diventato poi "l'uomo della provvidenza", ebbe una "voce"
come Giovanna la pastorella di Lorena, e fece risuonare dal suo "vangelo-giuramento" il nome
di Dio. Del resto «Facendomi cattolico - diceva Napoleone al Consiglio di Stato - ho terminato
la guerra della Vandea; facendomi mussulmano mi sono insediato in Egitto, facendomi
oltramontano ho conquistato i preti in Italia. Se avessi governato un popolo di Giudei, avrei
ristabilito il tempio di Salomone. »

Ma come sappiamo, l'opportunismo ad entrambi servì a poco; perchè ogni tanto "il popolo",
fa quello che vuole.
"Non sono affatto abnormi e inutili tutti i comportamenti umani che non hanno la razionalità
e la meccanicità dei meccanismi autoregolantisi o, (peggio) quando qualcuno li vorrebbe
regolare (compresi quelli politici ed economici). Se si vogliono trarre conclusioni sull'uomo
bisogna studiarlo e accettarlo complicato com'e'. E guai a non esserci queste contraddizioni,
sono solo queste che ci distinguono dagli animali" .
A dire queste cose è guarda caso Wiener il padre della cibernetica, proprio l'uomo degli
"automi". E aggiunse "Ogni società efficiente (e ogni dittatore) che crede a un certo punto di
aver trasformato l'uomo e l'intera sua società in efficiente formicaio, fallisce perchè non ha
studiato (credendosi Dio) e non ha osservato nè le formiche nè gli uomini". (Wiener,
Introduzione alla cibernetica, Ed. Boringhieri).


"Se cerco di immaginare il dispotismo moderno, vedo una folla smisurata di esseri simili ed
eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la
loro anima… Al di sopra di questa folla, vedo innalzarsi un immenso potere tutelare, che si
occupa da solo di assicurare ai sudditi il benessere e di vegliare sulle loro sorti. È assoluto,
minuzioso, metodico, previdente, e persino mite.
Assomiglierebbe alla potestà paterna, se avesse per scopo, come quella, di preparare gli
uomini alla virilità. Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un'infanzia perpetua. Lavora
volentieri alla felicità dei cittadini ma vuole esserne l'unico agente, l'unico arbitro. Provvede
alla loro sicurezza, ai loro bisogni, facilita i loro piaceri, dirige gli affari, le industrie, regola le
successioni, divide le eredità: non toglierebbe forse loro anche la forza di vivere e di
pensare?". (Tocqueville)

Un politico preoccupato di dover fornire le "prove" di quanto andava affermando, il suo
consigliere di suggestione di fama nazionale gli disse: "Prove? Non ne avete bisogno! Dite al
popolo una data cosa con solennità ed autorità, e ripetetela abbastanza spesso e non avrete
bisogno di offrire alcuna prova. Ripetizione e pretesa autorità, sono due vecchie frodi
mascherate da Verità; usatele e siete a posto!"

Bulwer Litton fu ancora più chiaro: "Quando state per profferire qualche cosa di
straordinariamente falso, cominciate sempre con la frase: "è un fatto accertato" ecc. Molte
false affermazioni sono state sempre accettate se precedute da un "Io asserisco senza tema di
contraddizione" ecc.; Oppure "E' generalmente ammesso dalle migliori autorità, che..."; "Le
migliori fonti di informazioni concordano";, oppure "Come voi probabilmente sapete". -"
Spesso non occorrono nemmeno queste se l'affermazione è fatta in un modo autoritario. Essa
viene accettata a causa del tono della voce o del teatrale gesto che l'accompagna e anche se
non ci sono argomenti o prove logiche, sono ugualmente cacciate dentro quali verità
lampanti". (W. W. Atkinson "Suggertione e auto-suggestione". Bocca, 1943)

Fonte del testo: http://cronologia.leonardo.it/lebon/indice.htm