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Buona
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Aldo
Vincent
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Studi
sul ciclo mestruale ed emotivo delle donne
Uno
degli studi più interessanti condotti dalla Weiss e Geller fu una
analisi psichiatrica sul ciclo mestruale della donna e sugli stati
emotivi che si accompagnano ad ogni fase del ciclo. Scopo della
indagine, come ho detto, era di individuare il tipo di messaggio
pubblicitario che ha maggiori probabilità di suggestionare le donne
durante le varie fasi della mestruazione. In una fase (detta alta) la
donna tende a sentirsi creativa, sessualmente eccitabile, propensa al
narcisismo, alla generosità, all’amore, e a uscire di casa. Nella
fase «bassa”, essa ha invece bisogno, e pretende di essere al
centro d’ogni attenzione, esige manifestazioni d’amore e
sollecitudine. Uscirà poco di casa, la sua immaginazione lavorerà
meno. Weiss spiega:
“È evidente che, per raggiungere la
massima efficacia, il messaggio deve far presa in entrambe le
direzioni. Ad esempio, lo stesso richiamo che reclamizza una polvere
“istantanea” per dolci può attrarre sia la donna che si trova in
uno stato d’animo creativo ed è tentata di provare qualcosa di
nuovo, sia la donna le cui esigenze emotive, in quel particolare
momento, sono invece soddisfatte da un dolce che promette “niente
lavoro, niente preparazione, niente ricetta”.
Così,
dunque, i fabbricanti dei più diversi prodotti cominciarono a
considerare i loro clienti potenziali sotto una luce completamente
nuova, e alquanto bizzarra. I segreti desideri, i bisogni e gli
impulsi irrazionali del pubblico vennero accuratamente scandagliati
per trovarne i punti più vulnerabili. Tra i fattori inconsci che
compongono il profilo emotivo di quasi tutti gli uomini si
scoprirono, ad esempio, la tendenza al conformismo, il bisogno di
stimoli orali, e di sicurezza. Non appena tali punti deboli furono
individuati, gli ami psicologici furono innescati e calati nel mare
del commercio: gli ignari clienti avrebbero certamente abboccato.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 38
Secondo alcuni psicologi, l’occhio
della donna è attratto immediatamente dai prodotti contenuti in
involucri rossi; mentre lo sguardo dell’uomo corre d’istinto agli
involucri blu. Gli specialisti del ramo hanno tentato di spiegare in
vari modi la predilezione delle donne per il rosso. Un grafico
pubblicitario, Frank Gianninoto, ha una sua curiosa teoria. Egli
afferma che la maggior parte delle donne lascia gli occhiali a casa,
o meglio, preferisce non portare gli occhiali in pubblico se non in
casi di assoluta necessità; per aver successo, una scatola deve
quindi spiccare nettamente “dalla nebbia”.
Tuttavia, secondo altri esperti, il
fattore fondamentale che, nella giungla del supermarket, determina
l’acquisto impulsivo, è la posizione del prodotto sullo scaffale.
I venditori più accorti procurano infatti che i prodotti più
costosi (sui quali il margine di profitto è più alto) vengano
collocati al livello dell’occhio.
Entro
il 1955,
in
quasi tutti i supermarket le merci e i reparti erano disposti secondo
un piano preciso, destinato a mettere in evidenza i prodotti
maggiormente suscettibili di “acquisto impulsivo”. In molti
empori essi erano stati collocati lungo la prima o unica corsia che
il cliente potesse infilare.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 117
Nella analisi di Warner, la Signora
Maggioranza è una creatura relativamente infelice, che si sente un
po’ sola, un po’ isolata, per cui, quando si volge alla
televisione, spera di trarne l’immagine di un mondo più allegro di
quello in cui trascorre le sue giornate. La Social Research osservò
che, ove produttori e finanziatori di programmi televisivi sappiano
comprendere le sue aspirazioni profonde, ne saranno ampiamente
ricompensati sul terreno delle vendite. Secondo le parole
dell’agenzia “essa soffre di un senso di estraniazione dal mondo,
che la spaventa e le riesce incomprensibile; e di un senso di
solitudine mentre accudisce alle faccende di casa. I programmi
pomeridiani devono perciò offrirle il calore di una presenza
simpatica”. Sarà forse per questo che dai personaggi che compaiono
al pomeriggio sugli schermi televisivi americani (Arthur Godfrey,
Garry Moore, Bert Parks, ecc.) emana perennemente una straordinaria
giocondità? Secondo gli esperti che hanno studiato il programma di
Godfrey per conto della Weiss e Geller, questo attore-presentatore
“incarna tutti i sogni fondamentali del ventesimo secolo... ed è
il più formidabile venditore del nostro tempo”.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 126
I produttori di programmi televisivi
(che in America, com’è noto, vengono interrotti da inserti
pubblicitari della ditta che li «offre”) furono spesso messi in
difficoltà dal nostro occhio e orecchio interni. Si poté
constatare, ad esempio, che una trasmissione può essere troppo
emozionante per servire allo scopo. L’agenzia Weiss e Geller non
riusciva a comprendere perché il programma da essa studiato per
conto dei vini Mogen David non desse i risultati sperati. Era, a
detta di tutti, una trasmissione eccellente, molto gradita dagli
spettatori: una serie di emozionanti “misteri “ polizieschi. Il
pubblico la considerava una delle migliori, ma si ostinava a non
comprare i vini della Mogen David. Vennero allora chiamati gli
analisti motivazionali. Questi scoprirono, dopo un sondaggio compiuto
tra gli spettatori durante la trasmissione, che i “gialli “
creavano una sorta di “frenesia emozionale “, la quale, se da un
lato, temporaneamente, eccitava il pubblico, dall’altro tendeva a
“paralizzarlo “.. A riprova dei loro accertamenti, gli
investigatori citavano numerosi studi scientifici condotti su persone
in stato di estrema tensione, quella stessa, cioè, che un buon
dramma poliziesco è tenuto a provocare. Uno psicologo della
Università Columbia, il dottor J. A. M. Meerloo, scopri, ad esempio,
che sotto l’effetto di un panico improvviso “gli individui
mantengono un comportamento curiosamente impassibile... il loro
cervello non gli suggerisce nessuna soluzione; sono come congelati
nello spazio; non pensano a nulla... Molte persone, appena uscite da
questo stato di panico, affermano di non ricordare nulla di quanto è
accaduto durante la crisi. Nessuno, quando si trova in tali
condizioni, è in grado di intraprendere una qualsiasi azione —
mentale o fisica”.
L’agenzia ne trasse la conclusione
che lo stato, sia pur minimo, di panico provocato dai drammi
polizieschi, per quanto potesse riuscire emozionante e dilettevole al
pubblico, produceva negli spettatori una perdita di memoria,
impedendo loro di captare il consiglio dell’annunciatore che li
esortava a scendere difilato in strada a comprare il vino Mogen
David. Molto probabilmente, una parte del pubblico non udiva neppure
lo slogan! Secondo la relazione finale “l’eccitazione del dramma
poliziesco produceva uno shock, oscurando completamente “
quell’atmosfera patriarcale e casalinga che l’annunciatore
tentava di creare in rapporto al vino. Quando i gialli vennero
sostituiti da trasmissioni più pacate, le vendite del prodotto
salirono, nelle zone-pilota, di oltre il 100 per cento. (Un’altra
ditta vide salire le vendite del 66 per cento quando sostituì a una
serie di polizieschi un diverso tipo di programma televisivo).
Una
trasmissione può essere non soltanto troppo emozionante ma anche
troppo divertente per lo scopo che si propone. Tale fu, per lo meno,
la triste conclusione cui giunse la Philip Morris, che aveva
investito milioni di dollari nella acclamatissima serie
comico-musicale I
love Lucy. Mentre
Lucy
diventava
la trasmissione più popolare della televisione americana, le vendite
delle Philip Morris segnavano il passo, e anzi calavano del 17 per
cento. Come già ho detto, altri fattori, relativi alla “personalità
“ della marca, avevano probabilmente la loro parte di
responsabilità; ma, come scrisse la rivista “Tide “,
“non
pochi, alla Philip Morris... hanno il dubbio che una trasmissione di
grandissimo successo non sia di alcuna utilità per le vendite. La
ragione: durante gli inserti pubblicitari gli spettatori parlano tra
loro del programma.. È un fatto che da da pensare. I messaggi
pubblicitari giungono forse a destinazione soltanto se la
trasmissione è mediocre? “ La domanda risale al 1955. Oggi non
pochi spettatori dei programmi televisivi americani hanno diritto di
porsela. È possibile che talune tra le trasmissioni decisamente
brutte siano tali di proposito, per dare maggior forza di
penetrazione agli inserti pubblicitari?
Frattanto il presidente di un’agenzia
di San Francisco raccomandava ai suoi colleghi di offrire al pubblico
qualcosa di più oltre al puro e semplice discorso pubblicitario.
Egli osservò che ai tempi della radio l’ascoltatore poteva
senz’altro chiudere l’orecchio interno non appena un noto e non
gradito messaggio pubblicitario cominciava. E aggiungeva: “Non è
così facile compiere un’operazione del genere con la televisione.
Staccare gli occhi dallo schermo chiudendo contemporaneamente le
orecchie richiede uno sforzo fisico non indifferente... La
possibilità di fare una cattiva impressione alla TV è grande, e a
nostro parere molte ditte ne hanno largamente approfittato... Un
inserto commerciale deve offrire allo spettatore qualcosa oltre al
messaggio pubblicitario. Il pubblico deve ricevere qualche sorta di
premio emotivo per aver guardato l’inserto”. In altre parole,
occorre lavorare sul pubblico in profondità.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 166
La psicoseduzione dei bambini
«I bambini sono magnetofoni viventi
di ciò che noi gli diciamo ogni giorno”.
Gli analisti motivazionali vennero
invitati a studiare i mezzi più efficaci per un completo
condizionamento dei bambini. La Social Research considerò il
problema in un apposito studio, da cui risulta che i due fattori
fondamentali da tenere presenti in un programma televisivo sono:
soddisfare i «bisogni segreti “ del bambino e garantire
l’«accettabilità” del programma stesso (e cioè tranquillizzare
la mamma, che in qualsiasi momento potrebbe proibire al bambino di
assistere alla trasmissione). Lo studio forniva un certo numero di
suggerimenti psicologici.
Una trasmissione può «attrarre “
il bambino, ad esempio, senza necessariamente procurargli piacere o
divertimento: così, può aiutarlo a esprimere, in maniera agevole e
diretta, le sue fantasie e le sue tensioni interne. Può farlo andare
in collera, o confonderlo, o spaventarlo, per offrirgli il modo di
liberarsi dell’ira, della confusione o dello spavento. Dosare
l’elemento paura è oltremodo difficile, poiché uno stesso
spettacolo può essere spaventoso quanto occorre per gli spettatori
di Otto anni, ma troppo spaventoso per quelli di sei anni, e non
abbastanza tale per quelli di dieci anni.
La
Social Research esaminò le ragioni dell’enorme successo di una
trasmissione per bambini intitolata “Howdy Doody “,
e
accertò la presenza di elementi che offrivano ai bambini assai più
di un infantile divertimento. Clarabelle, l’indiavolato clown che è
uno dei protagonisti, ha, ad esempio, tutte le caratteristiche dei
bambini ribelli; secondo gli autori della relazione “egli
rappresenta la resistenza dei bambini all’autorità degli adulti e
in genere riesce a passarla liscia”. La relazione continuava: “In
generale, la trasmissione fa leva su sentimenti di ostilità repressa
per prendersi gioco degli adulti o presentarli in una luce
sfavorevole. I personaggi “cattivi sono tutti adulti, e appaiono
caratterizzati o da un enorme potere o da un’enorme stupidità”.
Quando i personaggi adulti vengono mostrati in situazioni ridicole,
impigliati inestricabilmente nei loro stessi abiti o messi nel sacco
dalle marionette, i bambini che recitano nello spettacolo hanno agio
di dare prova della loro netta superiorità. “In altri termini, —
spiegava la relazione, — si verifica un completo capovolgimento di
posizioni; «gli adulti si comportano in maniera infantile” e
sciocca, mentre i bambini si dimostrano «adulti e capaci”.
Questa subdola azione di cecchinaggio
contro i simboli dell’autorità dei genitori si svolge mentre
Mammina, incapace di leggere attraverso le pur trasparenti
trasmissioni, continua a chiacchierare al telefono sicura che in quel
momento i suoi figli stanno godendosi gli innocui e puerili
scherzetti proiettati elettronicamente dal prezioso “pacificatore
di famiglia”.
Passando
poi ad analizzare i programmi di avventure spaziali, gli psicologi
della Social Research accettarono che lo stampo comune a questi
spettacoli, siano essi ambientati nel ventunesimo o nel
ventiquattresimo secolo, è: «Contrasto “bravi tipi” versus
«uomini cattivi con apparato di modernissimi strumenti scientifici e
meccanici”. Non è un caso che si parli non già di tipi cattivi,
ma di uomini
cattivi.
I bravi tipi, scoprirono gli
investigatori, erano tutti giovanotti sulla ventina, organizzati in
gruppo e con un fortissimo senso di solidarietà. Il capo veniva
presentato come una specie di fratello maggiore (non un simbolo
paterno). E i malvagi o i vigliacchi erano uomini più anziani tali
da poter «rappresentare” il padre. Costoro erano immancabilmente o
cattivi o deboli.
Tutto ciò si può in gran parte
interpretare come una presa in giro indiretta dei genitori, che offre
ai bambini un mezzo eccitante, e non rischioso, di sfogarsi contro di
loro. «Per i bambini, — precisava la relazione, — gli adulti
costituiscono una “classe dominante” contro la quale non hanno
speranza di ribellarsi”.
La relazione suggeriva inoltre ai
produttori di programmi televisivi taluni accorgimenti per
tranquillizzare i genitori: prendere, ad esempio, le parti dei grandi
in situazioni di scarsa importanza per l’intreccio (un personaggio
“adulto “ che, incidentalmente, inviti il “piccolo “ a finir
di mangiare quel che ha nel piatto); oppure, “aggiungere una
inzuccherata educativa. Chiamare un film di cow-boys «Storia
americana” e un’avventura spaziale «uno spettacolo scientifico”
si è rivelato un modo efficacissimo per evitare le lagnanze dei
genitori”. E il consiglio finale era: «Abbiate sempre una parola
anche per i genitori... L’idea che i bambini possono essere
persuasi a comprare qualsiasi cosa... irrita notevolmente i genitori.
Lievi modifiche in questo senso tolgono alla trasmissione ciò che
può avere di offensivo per i grandi senza farle perdere credito
presso i bambini”.
Talune
ditte sollecitano il favore del pubblico infantile procurando che i
loro prodotti offrano, di per sé, uno sfogo all’aggressività dei
piccoli. Il consulente di public-relations E. L. Bernays,
notoriamente seguace della ricerca motivazionale, dichiarò che i
cereali di maggior successo (corn-flakes,
pop-corn, rice-crisps ecc.)
sono quelli che permettono una masticazione rumorosa, smorzando in
tal modo l’ostilità e offrendo uno sfogo agli istinti aggressivi.
(Bernays è stato consulente di varie ditte alimentari). Un cibo che
promette di scoppiare e crocchiare offre evidentemente ai piccoli
qualcosa di più che un certo numero di calorie.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 175
Gli
specialisti studiarono, come caso tipico, il successo, appunto, di
Davy Crockett, e lo attribuirono alla presenza dei tre ingredienti
essenziali senza i quali una voga non può affermarsi: simboli,
veicolo di diffusione, e appagamento di un bisogno inconscio. Il
veicolo di diffusione, e gli esperti lo definirono concordemente di
primissimo ordine, era la canzone La
ballata di Davy Crockett, la
quale veniva ripetuta sotto vari arrangiamenti in tutti i film di
Walt Disney. I simboli erano numerosi e di grande suggestione:
berretto di pelliccia, giubba frangiata, fucile ad avancarica. «Tide
“ spiegava: “Tutti i movimenti molto popolari, dalla croce
cristiana, aIla svastica nazista, hanno avuto i loro simboli
distintivi”.
Quanto all’appagamento di un bisogno
inconscio, il dottor Dichter si espresse in questi termini: “I
bambini cercavano il mezzo di esprimersi in termini di tradizioni
nazionali. Crockett offrì loro questa opportunità. Al limite,
ognuno di essi si sentiva veramente Davy Crockett... “
Come
si spiega il crollo subitaneo di una voga? Gli esperti affermano che
una delle cause è il supersfruttamento. Ma vi sono anche ragioni
sociologiche. Politz osservò che una voga si diffonde dall’alto
verso il basso. Quando si tratta di adulti, ciò significa il
passaggio dagli strati colti e abbienti ai ceti più bassi. Quando si
tratta di bambini Politz spiegò: “A
dare il via sono i più grandicelli, i quali scoprono la voga e in
seguito la vedono propagarsi tra i piccoli, una “classe” con la
quale non desiderano identificarsi. Allora deliberatamente
l’abbandonano”.
Sia Politz che Dichter si dissero
certi che non soltanto era possibile pianificare e controllare il
corso di una voga per trarne maggiori profitti, ma che addirittura si
potrebbero creare dal nulla delle infatuazioni collettive
lucrosissime. «Tide” definì tale possibilità «affascinante”.
Il dottor Dichter afferma che, applicando le tecniche della ricerca
motivazionale, si potrebbe perfino lanciare una voga di ampiezza pari
a quella di Davy Crockett, solo che i promotori riescano a
identificare un bisogno inconscio della clientela infantile e ad
accordarvi la loro campagna.
Politz, dal canto suo, dichiarò che
gli esperti sono perfettamente in grado di stabilire le leggi
generali cui obbedisce una voga di grande successo. Inchinandosi ai
tecnici pubblicitari, aggiunse che, una volta stabilite tali leggi,
occorre però «il tocco creativo”. Entrambi gli studiosi
affermarono che a questo stimolante compito — create delle voghe di
prima grandezza per i nostri figli — devono concorrere insieme il
ricercatore puro e il tecnico pubblicitario d’ingegno.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 178
Il reclutamento di nuovi consumatori
Un tentativo ambizioso e
particolarmente significativo di correggere le nostre abitudini di
vita si può definire la campagna che, a prezzo di molti milioni di
dollari, l’industria dell’abbigliamento maschile decise di
condurre per costringere gli uomini a curate la propria eleganza. Gli
uomini americani non mostravano infatti molto interesse per queste
cose, e avevano la deplorevole abitudine di portare lo stesso vestito
per anni e anni di seguito. Mentre gli altri settori della produzione
facevano passi da gigante le vendite di abiti maschili stagnavano.
Alcuni anni fa il direttore della National Fashion Previews of Men’s
Appatel, Inc., diagnosticò: «Il vero male di cui soffre il nostro
ramo è la mancanza di invecchiamento”. E già fin dal 1955 il
presidente dell’American Institute of Men and Boy’s Wear poneva
il problema in questi termini: il consumatore ha “un atteggiamento
indifferente se non addirittura negativo nei confronti del proprio
guardaroba”. Perché mai nella famiglia, si chiesero alcuni, la
donna deve spendere nell’abbigliamento il 6o per cento più
dell’uomo, il quale, essendo «quello che guadagna il pane”,
dovrebbe sempre cercate di ben figurare nel mondo?
Perfino per quanto riguardava le
calzature il maschio americano lasciava molto a desiderare. Nel 1953
egli possedeva, in media, 1,9 paia di scarpe, cifra davvero molto
bassa rispetto alle 2 paia e più del 1942. Tale declino venne in
parte attribuito al fatto che molti uomini usavano come scarpe da
riposo le calzature messe in liquidazione dai magazzini
dell’esercito. Un esponente della Associazione Nazionale dei
Calzaturifici dichiarò: «Gli uomini americani, questa è la verità,
non comprano abbastanza scarpe”.
Gli psicologi che studiarono il
problema giunsero alla conclusione che gli uomini erano trattenuti
dal timore di apparire troppo vistosi. Ma i persuasori di professione
pensarono che tale atteggiamento poteva essere controbilanciato dal
crescente desiderio degli americani di far buona impressione sul
gruppo sociale cui appartengono, o, in altri termini, dal fatto che
essi sono ormai etero-diretti. (Secondo la definizione di David
Riesman, il sociologo dell’Università di Chicago, etero-diretto è
colui che — a differenza dell’auto-dirètto di un tempo, il quale
è guidato dai principi che durante l’infanzia i suoi maggiori
hanno instillato in lui — è guidato in prevalenza, nel suo
comportamento, dal desiderio di adeguarsi a ciò che da lui si
aspetta il gruppo sociale che egli frequenta abitualmente).
Era evidente che gli uomini americani
dovevano ad ogni costo essere richiamati all’eleganza. Pierre
Mattineau osservò che mentre la maggior parte delle industrie del
consumo americane aveva raddoppiato le vendite e i profitti nel
decennio, l’industria dell’abbigliamento maschile non aveva fatto
un passo avanti; e ciò perché “non si è fatto abbastanza per
vendete al maschio americano sulla base dell’eleganza”. Occorreva
dunque fargli sentire che nel campo dell’abbigliamento “stanno
succedendo cose molto eccitanti”.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 179
«il più grave pericolo” che
minaccia la nostra economia, il pericolo che la produzione superi il
consumo.
Ma
la più ricca e affascinante delle terre vergini su cui i persuasori
posarono gli occhi fu quella del riposo (relaxing).
Era
questo un campo che, adeguatamente sfruttato, poteva rendete non
milioni ma decine di miliardi di dollari. Come notava la rivista
«Tide”: «è incredibile la quantità di denaro che un uomo può
spendere mentre si riposa”.
Ciò
che metteva i persuasoti in uno stato di frenetica eccitazione era il
fatto che, a causa dell’automazione e di altri fattori, l’orario
settimanale di lavoro andava continuamente riducendosi. Secondo un
consulente dell’agenzia pubblicitaria di New York, Batten, Batton,
Durstine e Osborn, il lavoratore medio se ne stava lontano dalla
fabbrica o dall’ufficio per 125 giorni all’anno, durante i quali
disponeva di più denaro che in passato. Entro il 1960 l’orario di
lavoro sarebbe sceso a una media di 3 ore settimanali, e entro il
1980 a non più di 30 ore. Questa porzione sempre più larga di tempo
libero, convennero i persuasori, era un fenomeno di enorme
importanza. A saperlo sfruttare, osservava la rivista “Tide
“,
si
sarebbero potuti “risolvere innumerevoli problemi”. Un professore
di Yale affermò che il tempo libero era forse in grado di dissipare
«il più grave pericolo” che minaccia la nostra economia, il
pericolo che la produzione superi il consumo. Un altro giornale
economico scrisse che il mercato degli svaghi poteva diventare la
componente dinamica di tutta l’economia americana. E «Tide”
dedicò un dibattito in quattro puntate alla situazione — e al
miglior modo di trarne profitto.
I
persuasori non tardarono a scoprire una particolarità del carattere
americano che, dal loro punto di vista, era altamente encomiabile:
l’americano medio non sa starsene senza far nulla. L’idea di
abbandonarsi completamente al riposo, lasciando da parte ogni
preoccupazione, gli riesce assolutamente intollerabile. Gli europei
hanno avuto modo di notare che i turisti americani non sono capaci di
andarsene a spasso, godendosi pigramente le bellezze locali; essi
devono seguire un programma rigorosissimo, di cui potranno poi
vantarsi una volta tornati in patria. Questo orrore dell’otium
offriva
la possibilità di persuadere milioni di americani a dedicate le loro
giornate “di
riposo “ agli hobbies più svariati e dispendiosi.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 186
Anche i maghi del profondo
cominciavano a interessarsi alla politica. Durante la campagna del
1952 il dottor Dichter affermò che le varie prese di posizione su
problemi come la Corea e l’inflazione avrebbero avuto ben poca
influenza sul risultato finale. Il perno della campagna, egli
assicurò, stava nella suggestione emotiva esercitata dai candidati
rivali. Durante la campagna del 1952 la sua agenzia condusse
un’inchiesta fra gli elettori che rispondono «non so”,
servendosi, per sondate il loro sottofondo emotivo, degli stessi test
di proiezione usati per individuare possibili affinità tra
l’immagine di un prodotto e il consumatore. Dopo l’elezione
l’agenzia intervistò le persone che erano state interrogate (tutte
incerte) e scopri che il 97 per cento di esse aveva votato proprio
come le risultanze dell’indagine avevano lasciato prevedere. Un
portavoce dell’agenzia disse che l’elettore incerto non è
affatto il cittadino lucido e «indipendente” che spesso si ritiene
sia. Al contrario, egli “prende la sua decisione per ragioni spesso
futilissime, quali ad esempio l’antipatia per la moglie di un
candidato”. James Vicaty svolse una indagine dello stesso tipo a
Kingston, nello stato di New York, durante una campagna per le
elezioni municipali, e constatò che era possibile predite con
notevole esattezza per chi avrebbe votato il cittadino «incerto”.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 196
Vari
commentatori politici (fra i quali Reston, Dorothy Thompson, Doris
Fleeson) rilevarono nel 1956
la
crescente importanza del fattore “personalità
“ nella vita politica americana. Dorothy Thompson lo definì
addirittura il “culto
della personalità”. Il sociologo David Riesman, notando lo stesso
fenomeno, lo considerava una prova di più del fatto che la vita
americana è entrata nella fase etero-diretta. Consumatori accaniti,
gli americani considerano ormai perfino la politica come un genere di
consumo. Ciò li induce sempre più a preferire il candidato che “si
presenta “ meglio; e la scelta di un “contenuto “ politico
dipende in misura crescente dalla “forma
“
che
esso prende in pubblico. Ne La
folla solitaria Riesman
osserva: “Come,
in campo commerciale, la suggestione esercitata dalla confezione e
dalla pubblicità di un prodotto si sostituisce alla convenienza del
prezzo, cosi in campo politico, la suggestione esercitata dalla
confezione” del candidato o mediante una tendenziosa manipolazione
dei mezzi di diffusione di massa, si va sostituendo alla ricerca
dell’interesse personale che determinava la scelta del tipo
auto-diretto”.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 196
Le
difficoltà democratiche erano aggravate dal fatto che sebbene
avessero stanziato almeno 8 milioni di dollari per la propaganda
radiotelevisiva, non riuscivano a trovate una agenzia pubblicitaria
disposta a curare i loro interessi. I grossi persuasori erano per lo
più orientati verso l’altra parte. La cosa assunse le proporzioni
di uno scandalo negli ambienti pubblicitari tra la fine del 1955 e
l’inizio del 1956: i mesi passavano e i democratici continuavano a
cercate invano di interessate un’agenzia ai loro milioni. Il
periodico commerciale “Printer’s
Ink “ riconobbe che i democratici incontravano difficoltà in tal
senso “perché,
a quanto si afferma, le grandi agenzie non vogliono alienarsi gli
uomini d’affari repubblicani che sono alla testa di molte industrie
loro clienti. In taluni circoli pubblicitari si definisce un’idea
simile ridicola”. Anche «Advertising Age “giudicava alquanto
ridicolo il sospetto, ma ammetteva:
L’affermazione
secondo la quale i repubblicani avrebbero una scelta potenziale molto
più ampia contiene probabilmente quel minimo di verità che basta a
renderla imbarazzante “. La rivista proseguiva dicendosi lieta che
1e
agenzie e i metodi pubblicitari trovassero una sempre più larga
applicazione in campo politico. “un fatto molto positivo”. Meno
positiva, secondo la rivista, era “la discussione attualmente in
corso circa l’importanza della pubblicità in campo politico “ e
l’impressione, sempre più diffusa tra i cittadini, che per un
partito o candidato abbia grande importanza il colore dell’agenzia
pubblicitaria prescelta. (Una indicazione delle simpatie politiche
dei circoli pubblicitari la si trova nella relazione sul
finanziamento dei partiti presentata dal Senato al termine della
campagna elettorale: risulta da essa che i dirigenti di trentasette
grandi agenzie di pubblicità sottoscrissero 51 mila dollari per il
partito repubblicano, e non un solo dollaro per il partito
democratico).
Mentre
la ricerca dei democratici si faceva sempre più affannosa si
cominciò a parlare di fate intervenire in loro aiuto una “squadra
di soccorso”, sotto forma di un pool
anonimo
di tecnici pubblicitari reclutati dalle varie agenzie. Taluni
avanzarono anche la proposta di creare una sorta di speciale “agenzia
di salvezza “ cui avrebbero potuto ricorrere i partiti in mancanza
di una regolare agenzia.
Le
acque si calmarono quando infine una piccola, ma attiva agenzia, la
Notman, Ctaig e Kummel, accettò di prendere in mano la campagna
democratica. Si tratta della stessa ditta cui si deve la celebre
serie di manifesti: «Ho sognato che fermavo il traffico col mio
reggiseno Maidenform “. Il rapporto di forze con la BBD &
O
era quello tra Davide e Golia, ma, a prescindere da ogni
considerazione politica, gli ambienti pubblicitari attesero il
confronto con estremo interesse.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 211
L’uomo eterodiretto
L’apparizione
nella società americana dell’uomo eterodiretto — l’uomo che
tende sempre più a vivete la vita del gruppo e a giocare il gioco di
squadra venne accolta con molto favore da un vasto settore
dell’industria degli Stati Uniti. Le persone che si imbrancano in
gruppi, come ogni generale sa bene, sono più facili da guidare,
controllate, domare. Il concetto della «squadra” era un grande
aiuto, se non addirittura una necessità, per le grandi aziende, i
grandi sindacati e le grandi organizzazioni politiche e governative
che, dal 1950, dominavano completamente la scena americana. Charles
Wilson, una creatura della grande industria che i repubblicani
nominarono ministro della difesa, sintetizzò chiaramente i termini
della questione allorché, nel i 956,
taluni
dei suoi più autorevoli subalterni ebbero l’ardite di esprimere
concetti propri. “Chiunque non faccia il gioco di squadra — disse
il ministro — e si permetta di metter fuori la testa, può venirsi
a trovare in una situazione pericolosa”.
Intorno
al 1950
la
rivista «Fortune”, che è considerata una emanazione della grande
industria americana, esprimeva una certa inquietudine nei confronti
della nuova tendenza, e si serviva del termine orwelliano “pensiero
collettivo “ per definirne taluni aspetti. Nell’articolo si
consigliava ai rappresentanti del grande capitale di lasciar perdere
per un momento le invettive contro i criptosocialisti di Washington
per dare un’occhiata alle “subdole
trasformazioni dilaganti “
nel
loro stesso giardino. L’autore, William H. Whyte, affermava: «Una
cosa molto curiosa è accaduta nel
nostro
paese senza che quasi ce ne avvedessimo. In un paese dove
l’individualismo — indipendenza e autonomia — e stato per tre
secoli la parola d’ordine, si è giunti insensibilmente alla
conclusione che l’individuo non ha di per sé nessun valore se non
in quanto appartiene a un gruppo”. Whyte affermava che il nuovo
ideale nazionale stava, ormai diventando una sorta di “conformismo
razionalizzato “,
e
denunciava la comparsa di un numero sempre crescente di social
engineers, pronti
a collaborare entusiasticamente con le grandi aziende nei problemi
relativi al personale.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 215
Applausi preconfezionati
Crescendo
il bisogno di ilarità sintetica in dosi esatte, vennero via via
perfezionate le tecniche per produrla. Un ingegnere televisivo
inventò una macchina simile a un organo, con sei tasti che possono
accendete e spegnere sei tipi di risata, da quella a fior di labbra,
alle frenetiche esplosioni a gola spiegata. Per giunta, l’operatore
può combinarle tra loro, improvvisando decine di variazioni sui sei
temi fondamentali. Sempre secondo “Newsweek “ il produttore della
rivista televisiva I
love Lucy ha
escogitato un apparecchio capace di produrre cento diversi tipi di
risate.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 218
Nelle
industrie, che qui soprattutto ci interessano, la dottrina del gioco
di squadra coincise con l’ingresso in fabbrica e negli uffici di
psicologi e di altri social
engineers. Costoro
applicarono ai problemi del personale le tecniche della dinamica di
gruppo, del sociodramma, della psicoterapia di gruppo, della fisica
sociale. Come ebbe a scrivere «Fortune”: «Uno sbalorditivo
arsenale di tecniche e discipline sono state prese a prestito dalle
scienze sociali per scatenare una grande offensiva contro
l’imprevedibilità dell’uomo”. La rivista faceva notate che le
cosiddette riunioni di gruppi si erano a tal punto diffuse che in
talune aziende i dirigenti «non
hanno letteralmente un solo minuto per starsene soli”. Se un
impiegato si mostra scontento dell’azienda o dell’ambiente in cui
lavora, i social
engineers ritengono
loro dovere aiutarlo a liberarsi della sua insoddisfazione
psicologica. «Fortune” citava le parole di uno di questi
specialisti: «Gli
psicologi hanno ottenuto grandi successi nella cura e nella
manipolazione di individui inadattati. Pare a me che nulla ci
impedisca di raggiungere risultati altrettanto brillanti applicando
le stesse tecniche ai dirigenti d’azienda”.
La
crescente richiesta, da parte delle aziende, di quadri dirigenti
idonei al «gioco
di squadra”, contribuì alla formazione di una classe di funzionari
dalle caratteristiche personali ben distinte. Una prova indiretta si
trova nelle risultanze di uno studio condotto da Lyle Spencer,
presidente della Science Research di Chicago, sulla Associazione dei
Giovani Presidenti. Si tratta di uomini che sono diventati presidenti
delle loro società prima dei quarant’anni. Necessariamente, o per
lo meno conseguentemente, la maggior parte di costoro sono alla testa
di aziende relativamente piccole, non di grandi complessi. A
proposito della personalità di questi giovani presidenti Spencer
scriveva:
«Non sono molto portati al gioco di
squadra. Una cosa sola impedisce loro di essere a capo della Generai
Motors: non hanno imparato ad essere dei pazienti conformisti. Hanno
agito troppo a lungo di testa propria”.
La tendenza delle società a
discriminare il personale a seconda della maggiore o minore idoneità
al gioco di squadra si è palesata in mille modi. Nel febbraio del
1954 la «Dun’s Review and Modem Psychiatry” scriveva: “Prima
di procedere a un’assunzione o a una promozione occorre accettate
se il candidato sia un buon “giocatore di squadra”... La capacità
di inserimento dell’individuo nel complesso aziendale ha assunto
tale importanza sia per la direzione che per l’individuo stesso,
che tutto ciò che la psichiatria può rivelate sul conto
dell’individuo diventa di estrema importanza per il gruppo”.
«Iron
Age”,
in
un articolo intitolato Le
domande di assunzione al vaglio della psicologia, riferiva
come le acciaierie Atmco si fossero convertite alla psicologia, che
il giornale definiva “termine eufemistico per indicate una tecnica
che solleva il “sipario di ferro” dietro il quale gli esseri
umani cercano spesso riparo... “ Grazie a questi nuovi metodi di
selezione, scriveva il giornale, la Armco era riuscita a ridurre dal
5 all’1 per cento il numero dei nuovi assunti che in seguito
risultavano avere caratteristiche personali indesiderabili o al
limite della norma. Fra l’altro, la Atmco sottoponeva i candidati a
una serie di test sulla loro “socievolezza “. L’articolo
affermava che 20 mila dipendenti erano stati «intervistati”
per
stabilite in base alla loro personalità avanzamenti e nomine a posti
di maggior responsabilità.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 219
Come si devono trattare le persone
ostinate
Fra i tratti più deplorevoli che
caratterizzavano i ribelli, andavano annoverate la «suscettibilità”
e la «permalosità”.
Un dirigente dell’ufficio personale
della Sears, Roebuck, scriveva in un opuscolo destinato a illuminare
centinaia di migliaia di adolescenti americani: «Quando scegliete un
lavoro, entrate a far parte di una squadra... Non dovete pretendere
che il resto del gruppo si adegui alla vostra personalità. I vostri
colleghi lavoravano in perfetto accordo già prima che arrivaste voi.
Tocca a voi diventare uno di loro...”
La Science Research Associates di
Chicago, offre ai grandi complessi i servigi di «provetti psicologi
e sociologi” per le seguenti funzioni: vagliare gli aspiranti a
cariche direttive; scoprire ciò che pensano i dipendenti del loro
lavoro e della società; misurare con maggiore esattezza le
prestazioni dei dipendenti.
Varie aziende assunsero direttamente
uno psichiatra di professione. E cominciò a diffondersi l’uso di
psicanalizzare in vari modi i dipendenti durante il lavoro. In un
grande magazzino di Boston le commesse servivano la clientela sapendo
che, alle loro spalle, uno psicologo le teneva in osservazione
registrando ogni loro azione su uno strumento chiamato «cronografo
dell’interazione”, che incideva i dati su nastro magnetico. Le
informazioni così raccolte sul modo di parlare delle ragazze, sui
loro sorrisi e sui loro minimi gesti e movimenti mentre trattavano
col cliente, fornivano un quadro della loro socievolezza e delle loro
attitudini.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 220
Situazioni sindacali
Gli
psicologi aziendali estesero le loro attività anche al settore
sindacale. Uno di essi, Robert McMurry, percepiva dai datori di
lavoro i 25 dollari l’ora per diagnosticare e risolvere le più
difficili situazioni sindacali. È opinione generale che gli operai
aderiscano ai sindacati per ottenere salari più alti, maggiore
sicurezza sul lavoro, e altri benefici tangibili. Ma il dottor
McMurry, in base alla documentazione raccolta nelle 100 e più
aziende in cui aveva prestato la propria consulenza, giunse alla
conclusione che quelle suddette, in molti casi, non sono affatto le
ragioni determinanti. La ragione più importante, egli affermò,
stava nell’inconscia aspirazione degli operai a migliorare il clima
emotivo
del
lavoro, sicché spesso la lotta sindacale altro non sarebbe che un
mezzo per sfogare impulsi aggressivi non risolti.
McMurry riassunse i risultati della
sua inchiesta «psicodinamica “ sulle cause di tanti conflitti
aziendali cui aveva assistito con queste memorabili parole: «Là
dove la direzione non ha saputo assumersi il ruolo del padre bonario
e protettivo, il sindacato è diventato una madre affettuosa che
strappa concessioni a quell’avaraccio di padre”. McMurry scopri
che circa il 5 per cento di tutti i lavoratori era composto di
insoddisfatti cronici. Per costoro non si poteva più far nulla. Ma
per il restante 95 per cento egli era persuaso che si potesse far
molto modificando il sotto-fondo emotivo del loro ambiente di lavoro
e creando un clima di armonia.
Una agenzia specializzata
nell’appianare le vertenze aziendali con metodi psicologici cita il
caso seguente: un industriale dell’Ohio venne informato, con sua
grande meraviglia, che gli impiegati suoi dipendenti erano sul punto
di iscriversi in massa al sindacato operaio della fabbrica. Si
affrettò allora a chiedere l’intervento dell’agenzia, sperando
che quegli psicologi scoprissero le ragioni dello scontento e
trovassero il modo di impedire un cosi grave tradimento. Una
pattuglia formata da due psicologi e da un sociologo sottopose tutto
il personale a una minuziosa inchiesta. Risultò che una buona parte
degli insoddisfatti erano donne che lavoravano in un’ala buia e
isolata, dove si sentivano trascurate. Il loro morale risali di colpo
non appena ottennero più ampie finestre, migliore illuminazione, e
un certo numero di privilegi. Altri impiegati si sentivano sperduti e
infelici in uffici troppo affollati e anonimi. Quando furono
suddivisi in squadre riacquistarono la loro identità e tranquillità
d’animo.
Devo sottolineare che questa
manipolazione dei dipendenti dell’industria ha di solito lo scopo,
innegabilmente costruttivo, di render loro più gradito il lavoro.
Molto spesso ciò si ottiene semplicemente concedendo un
riconoscimento e una attenzione individuali, o tenendo conto del
fatto che i simboli di prestigio possono assumere un‘importanza
enorme agli occhi di chi lavora in una azienda fortemente
stratificata. Tipico è a questo proposito il caso di un funzionario
che godeva, apparentemente, dello stesso prestigio e degli stessi
privilegi dei suoi pari-grado, e tuttavia continuava a mostrarsi
profondamente afflitto. Un’inchiesta permise di appurarne il
motivo: la sua scrivania aveva soltanto tre cassetti, mentre quelle
dei suoi colleghi ne avevano quattro. Non appena gli venne concessa
una scrivania con quattro cassetti il suo risentimento scomparve.
È
interessante notare che le grandi industrie si sono servite della
manipolazione e della selezione psicologica soprattutto nei confronti
dei propri quadri dirigenti. Intorno al 1950 «Fortune” osservava
che «il fenomeno più importante che si sia verificato nel campo
della direzione aziendale dalla fine della guerra a questa parte è
l’adozione da parte delle grandi industrie di metodi psicologici
per la scelta dei propri supervisori e alti funzionari”. La rivista
citava, fra le società seguaci di questo nuovo orientamento, la
Standard Oil, la Sears Roebuck, la Inland Steel, la Union Carbide and
Carbon, la Generai Electric. Parallelamente le agenzie specializzate
nella consulenza aziendale potenziavano i propri uffici psicologici.
La grande agenzia di consulenza Stevenson, Jordon e Harrison, ad
esempio, che non aveva prima del 1940 un ufficio psicologico, nel
1945
disponeva
di una équipe di trenta psicologi. Uno di essi, Perry Roher, se ne
staccò in seguito (portando con sé diciotto colleghi) e apri una
agenzia per proprio conto, che entro il 1950 aveva già analizzato i
quadri direttivi di ben 175 aziende. In quei primi anni, una delle
iniziative più rimarchevoli fu la elaborazione di un test (ad opera
di Burleigh Gardner, Lloyd Warner e William Henry) per individuare,
tra gli alti funzionari dell’industria, le persone idonee ad
occupare le cariche più elevate. Risultò che per entrare nella
ristretta rosa dei papabili era indispensabile avere un alto concetto
dell’autorità. «Il dirigente ideale l’accetta senza
risentimenti, e guarda ai suoi superiori come a persone di maggiore
esperienza e capacità... che hanno il compito di elaborare direttive
cui egli obbedisce senza riserve mentali”.
E la relazione aggiungeva: «Un simile
atteggiamento è la condizione prima per essere un buon dirigente,
giacché da esso dipendono i rapporti con i superiori”. Gli autori
citavano poi vari casi di individui apparentemente idonei alle
massime cariche direttive, che invece, allume dell’analisi
psicologica, rivelavano nei confronti dell’autorità atteggiamenti
ben poco rassicuranti. Uno di costoro vedeva i suoi colleghi come
«rivali o avversari che era suo compito sconfiggere. Né per lui il
superiore si configurava chiaramente come una persona degna di
guidare o dirigere”.
Un altro candidato aveva un alto
concetto dell’autorità, ma purtroppo riteneva di essere il più
qualificato ad esercitarla: “Inconsciamente, si sentiva di gran
lunga superiore a quasi tutti i suoi superiori “. Tale scoperta,
evidentemente, segnò la fine della sua carriera.
Alcune aziende cominciarono a
sottoporre tutti gli aspiranti a cariche direttive a dei test
psichiatrici, come le tavole del Rorschach, per individuare i
nevrotici e gli psicotici potenziali. Una fabbrica di matite, ad
esempio, rivelò che questo sistema dava spesso concreti risultati, e
citò il caso di un dipendente affetto da una forma acuta di
narcisismo. Invece di licenziarlo, la ditta pensò bene di servirsi
proprio di questo suo disturbo, elargendogli tutte le lodi di cui la
sua egocentrica personalità aveva bisogno.
Per
mostrare ai “circoli responsabili “ dell’industria americana i
vantaggi offerti da una analisi psicologica completa di tutti i
quadri direttivi di un’azienda, la rivista «Fortune” pubblicò
nel luglio 1950
una
diagnosi compiuta per conto di una ditta dagli esperti della
Stevenson, Jordon e Harrison. Si trattava di una vera e propria
mappa, che rendeva conto graficamente — con circoli, quadrati e
frecce —delle caratteristiche di quarantasei supervisori e alti
dirigenti della ditta. Ogni valutazione era il risultato di lunghe
interviste e di una serie di test. Quei circoli, quadrati e frecce
stavano a indicare l’efficienza sul lavoro, l’equilibrio emotivo,
ecc. Anche il loro colore aveva un significato: si andava decrescendo
dal blu (eccezionale) attraverso il nero e il giallo, fino al rosso
(pressoché irrecuperabile).
Non sorprende che la valutazione
relativa al presidente della ditta in questione, al quale
presumibilmente la relazione venne sottoposta, risultasse
«eccezionale”, giustificando cosi la sua attuale posizione. Vari
altri soggetti avevano qualche circolo blu. Mentre le cose si
mettevano male per il direttore amministrativo della società, il
quale aveva un quadrato giallo, un circolo nero e una freccia gialla,
il che significava: «Al disotto della media… lavora al minimo
delle proprie possibilità... Equilibrio emotivo inferiore alla
media: per sviluppare le proprie qualità necessita di una terapia
continuata”. Quello che, nelle alte sfere, stava peggio di tutti
era il direttore delle relazioni industriali. C’è da sperare che
non fosse un uomo ambizioso, perché sul grafico comparivano accanto
al suo nome un quadrato, una freccia e un circolo rossi, vale a dire:
«Inadatto alla carica che ricopre... Capacità potenziali dubbie.
Profondo squilibrio emotivo: inutile tentare il ricupero”.
Conclusa la diagnosi, spiegava la
relazione, comincia la terapia. Uno psicologo di un’altra agenzia
disse: «Lasciare un uomo senza aiuto dopo che ha messo a nudo i suoi
problemi più intimi significa condannano alla frustrazione e allo
smarrimento”.
Il
dottor Whyte, nel suo libro The
Organization Man, spiega
ai dirigenti come si riesca ad eludere questi test psicologici e in
che modo si possa barare.
Talvolta, la valutazione e la terapia
dei dirigenti avvengono all’insaputa degli interessati. Non è raro
che gli psicologi lavorino sui soggetti durante una partita di golf o
con-versando al bar. Una delle maggiori agenzie specializzate in test
psicologici fornisce alle aziende dei questionari che permettono di
valutare l’intelligenza del soggetto a sua insaputa. In apparenza,
sono questionari di ordinaria amministrazione. Il direttore di una
agenzia specializzata in test psicologici mi ha rivelato che prima di
decidere un importante avanzamento negli alti quadri, molte ditte
chiedono il suo intervento per valutare il candidato all’insaputa
di questi. Uno dei suoi metodi preferiti è di conversare col
soggetto dopo che questi ha bevuto un paio di cocktails: in tal modo
si può vagliare la personalità del candidato, allorché le
componenti emotive fondamentali emergono alla superficie.
Una tecnica psicologica che ebbe
grande fortuna nel mondo industriale e che si propone di modificare
il comportamento e gli atteggiamenti degli alti dirigenti è il
cosiddetto “psicodramma “, nel quale due o più funzionari
recitano, improvvisando, davanti a un pubblico di colleghi.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 225
La moglie
Presso molte aziende, anche la vita
privata dei dirigenti è ormai sottoposta a un attento scrutinio, per
stabilire se essa sia conforme ai superiori interessi della “squadra
“o azienda. Un giornalista del “New York Herald - Tribune “
illustrava in un lungo articolo apparso intorno al 1950 un nuovo tipo
di accanitissima caccia all’uomo, condotto da agenzie specializzate
nel reclutamento di dirigenti d’azienda qualificati. Dopo aver
elencato i principali requisiti di cui i soggetti dovevano essere in
possesso, il giornalista aggiungeva: “Un altro punto non meno
cruciale è rappresentato dalla moglie. È un aspetto del problema al
quale si attribuisce una importanza sempre maggiore. L’ambiente
familiare agli occhi dei “caccia tori d’uomini” rappresenta un
elemento essenziale per la qualifica di un candidato. Tutte le
agenzie del ramo sono concordi su questo punto. Un funzionario di
primissimo ordine può essere escluso da un posto di maggior
responsabilità perché sua moglie è troppo civetta, o perché è
troppo sensibile all’effetto dei cocktails, o perché è una
pettegola incorreggibile. Gli accertamenti in proposito vengono
condotti con estrema severità”.
Un consulente psicologico, James
Bender, mi ha detto di essere stato invitato da un grande cotonificio
ad elaborare un piano di selezione del personale basato interamente
sulla valutazione delle mogli. Prima di assumere un impiegato o un
venditore, la società, come ultima misura precauzionale, lntervista
la moglie del candidato. Si tratta, spiegò il mio interlocutore, di
una valutazione reciproca. La moglie viene messa al corrente dei vari
inconvenienti che il posto può comportare per la famiglia, quali
traslochi, prolungate assenze del marito, ecc. In alcuni casi la
moglie, dopo l’intervista, aveva convinto il marito a non accettare
il posto. «E in alcuni altri casi noi abbiamo deciso — dopo aver
vagliato la moglie — di non assumere il marito”.
Alcune società sono inclini a vedere
nella moglie una possibile rivale, che contende loro le attenzioni
del marito. La rivista «Fortune” dedicò, nell’ottobre 1951, un
acuto articolo alla crescente importanza che la figura della moglie
ha assunto agli occhi dell’industria. La rivista aveva interrogato
un gran numero di dirigenti in tutto il paese; uno di essi aveva
riconosciuto tristemente: «Noi abbiamo il controllo sull’ambiente
di lavoro di un uomo, ma lo perdiamo completamente non appena egli
varca la soglia di casa. La direzione ha perciò l’arduo compito, e
il dovere, di indurre nella moglie un atteggiamento favorevole e
positivo, che permetta al marito di dedicarsi al lavoro con tutte le
sue energie “.
Quali sono i più importanti requisiti
di una moglie, dal punto di vista dei datori di lavoro? “Fortune “
proseguiva:
“La
direzione sa perfettamente che tipo di moglie le occorra. Con una
significativa identità di termini, i dirigenti da noi intervistati
da un capo all’altro del paese, hanno tracciato questo profilo
ideale: la moglie dev’essere 1) molto adattabile, 2) molto
socievole, 3)
consapevole
che suo marito appartiene all’azienda”.
Una inchiesta condotta su 8300
dirigenti d’azienda da Lloyd Warner e James Abegglen, pubblicata
sulla “Harvard Business Review “, definisce in termini ancora più
specifici le esigenze dei datori di lavoro. Oggi, la moglie di un
dirigente americano «non deve pretendere per sé una percentuale
troppo alta del tempo o dell’attenzione del marito. Poiché questi
è interamente assorbito dal lavoro, perfino la sua attività
sessuale è relegata in una posizione secondaria”.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 227
Il nuovo assunto ideale
S’intende che diventare un buon
giocatore di squadra ha pure degli inconvenienti. Nel luglio 1954,
una rivista diffusa quasi esclusivamente tra gli uomini d’affari,
«Changing Times “, dava uno sguardo al “mondo di domani”. Per
domani intendeva dieci anni più tardi, ossia il 1964. Secondo le sue
previsioni, il grande capitale, la grande burocrazia e le grandi
organizzazioni sindacali avrebbero via via livellato la gente a un
denominatore comune, dove sarebbe stato assai più difficile per un
uomo «essere indipendente, individualista, padrone di se stesso”.
Una ristretta casta di scienziati, tecnici e uomini d’affari
avrebbe praticamente diretto ogni attività commerciale e
industriale. La rivista spiegava: «Questi eletti a loro volta,
saranno dotati di una più alta specializzazione tecnica e meno
portati all’individualismo, selezionati a seconda della loro
idoneità al lavoro collettivo... Tutti, praticamente, dovranno
sottoporsi a una minuziosa inchiesta psicologica e psicotecnica. Non
si permetterà più che il tradizionale scienziato con la barba si
trastulli privatamente con i suoi alambicchi nei recessi del
laboratorio...”
Forse,
il giorno in cui l’individualista non avrebbe più saputo dove
nascondersi, non era così lontano come «Changing Times” sembrava
ritenere. Nel 1956,
la
rivista «Newsweek “ pubblicò, alla fine dell’anno accademico, i
risultati di una inchiesta condotta tra i “cacciatori d’uomini “
per stabilire verso qual genere di neolaureati si orientassero le
loro preferenze (con speciale riferimento alla personalità). Tra i
requisiti ritenuti indispensabili da questi «ufficiali di
reclutamento” dell’industria, l’espressione «conformismo
dinamico” figurava nelle prime posizioni. «I segugi
dell’industria, — spiegava la relazione, — non vogliono né i
topi di biblioteca né i fuoriclasse. «Meglio un ragioniere di un
filosofo, — dicono. — I geni è meglio che si dedichino alla
ricerca pura “.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 228
Bernays
difende il diritto di indirizzare il pubblico scrivendo: “L’ideale
sarebbe, naturalmente, che ciascuno di noi prendesse le proprie
decisioni in piena libertà, dopo aver vagliato obiettivamente tutti
i dati. Una cosa simile non è, tuttavia, possibile”. In un
successivo saggio del volume, un altro autore ritorna su questo
argomento a proposito di Vilfredo Pareto e della sua teoria sui
fattori non-logici nelle attività umane; e cita il commento di
Richard Worthington alla Sociologia
Generale di
Pareto:
“Vi sono [in questo libro] talune
idee e scoperte che possono.., essere di molto aiuto.., a quanti
vogliano trasformare la società... Molti uomini.., hanno tentato di
modificare la condotta del prossimo col ragionamento, o promulgando
delle leggi. I loro sforzi si sono spesso dimostrati singolarmente
infruttuosi... Pareto mostra come il loro fallimento sia connesso con
i fattori non-logici... Per controllare gli uomini occorre manipolare
i loro [istinti e le loro emozioni] e non già tentar di correggere
il loro modo di ragionare. È questo un fatto ben noto a molti uomini
politici, che sogliono persuadere i loro elettori facendo leva sui
loro sentimenti più. che ricorrendo [ad argomenti logici], che non
sarebbero ascoltati o che, per lo meno, non basterebbero in nessun
caso a commuovere le folle”.
Il
dottor Bryson, docente di antropologia sociale, disse ai
convenuti: «Se voi siete dei social
engineers, tengo
ad avvertirvi che è indispensabile una analisi preliminare dei tre
livelli in cui, in una società come la nostra, si manifesta
l’assenso”.
Il primo, egli disse, è la natura
umana; e aggiunse che qui ben poco si poteva fare per «manipolare”
la gente.
Il secondo livello è quello
culturale, dove si formano, e si modificano, le idee del pubblico.
Il terzo livello è la zona in
cui l’individuo opera le sue scelte le quali sono spesso
determinate da impulsi che non hanno alcun fondamento razionale.
A questo livello, «è relativamente
facile manipolare gli uomini”. Se, invece, intendete modificare le
loro idee, «dovete operare sui secondo livello”, ricorrendo «a
pressioni psicologiche, a tecniche e a ritrovati del tutto diversi da
quelli impiegati per il terzo livello”.
Sempre nel 1953, la stessa rivista
dedicò due lunghi articoli a un congresso nel quale erano stati
esaminati “gli stretti legami che apparentano le public-relations
alle scienze sociali”. Le due relazioni venivano presentate dalla
rivista nei seguenti termini: «Le scienze sociali hanno trovato la
soluzione — e ora non ci resta che impadronircene — a molti dei
problemi coi quali stiamo da tempo lottando senza successo”.
Due
eminenti studiosi, il dottor Rensis Likert, direttore dell’Istituto
degli Studi Sociali dell’Università del Michigan, e il dottor
Samuel Stouffer, direttore del Laboratorio di Relazioni Sociali
dell’Università di Harvard, si incaricarono di insegnare agli
interessati il modo di “impadronirsi “ di queste soluzioni.
Stouffer esordì affermando che era per lui un grande onore parlare a
un pubblico di «professionisti delle human
relations “,
e prosegui enunciando un postulato fondamentale: il comportamento
degli uomini si controlla più facilmente attraverso le loro emozioni
che attraverso il loro intelletto.
Aggiunse che al laboratorio di Harvard
«erano in corso studi particolareggiati sul problema della paura in
relazione alla teoria dell’apprendimento”. E promise che negli
anni avvenire gli esperti di PR avrebbero trovato nel materiale
raccolto «preziose indicazioni pratiche”. Il dottor Likert
intrattenne invece i convenuti sui moventi, e sul modo di influenzare
il comportamento del pubblico «ritoccando le forze motivazionali che
operano sugli individui”.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 233
Le donazioni
La regia del consenso si è diffusa in
maniera sorprendente in un campo che potrà, a prima vista, sembrare
strano: quello delle sottoscrizioni. Gli americani hanno fama di
essere il popolo più generoso del mondo. Verso la metà di questo
secolo, la filantropia, come “volume d’affari”, occupava ormai
il quarto posto tra le grandi industrie nazionali. Tuttavia, per
quanto riguarda la filantropia su vasta scala, la generosità non
aveva più nulla di spontaneo.
Per
raccogliere fondi su un piano di massa, occorrevano persuasori di
massa. Nel 1956
c’erano
già, in tutto il paese, oltre quattrocento agenzie specializzate
nella raccolta di fondi, e la maggior parte di esse era più o meno
iniziata ai
«Business Week” consigliava ai..
suoi lettori (in massima parte uomini d’affari) di non trattare
dall’alto in basso i collettori di professione che bussavano alla
loro porta. Costoro, affermava la rivista, non sono necessariamente
dei «visionari o dei sognatori”. Anzi, aggiungeva, «potrete
constatare che molti di essi hanno uno spiccato senso degli affari”.
Dal
canto loro, questi specialisti si vantano di poter raccogliere per
una data causa somme immensamente superiori a quelle che i loro
clienti devono sborsare per assicurarsi la loro collaborazione. E
hanno probabilmente ragione. Il più famoso di essi, John Price
Jones, scrisse nel già citato The
Engineering of Consent (uno
dei saggi della raccolta e opera sua) che l’arte di raccogliere
fondi rappresenta una delle forme più avanzate di public-relations.
“È più difficile persuadere un uomo a donare un dollaro che a
spendere un dollaro”, egli afferma.
Secondo Jones, neppure l’entusiasmo
è sufficiente a fare un buon collettore, se non lo si «canalizza in
un sistema organizzato”. Tuttavia, mentre gli «entusiasti” vanno
da porta a porta, gli «organizzatori” che spesso i membri della
comunità non vedono di buon occhio, se ne stanno dietro le quinte
limitandosi a dirigere l’offensiva.
Se siete, potenzialmente, un grosso
sottoscrittore, il collettore di professione è meglio informato sul
vostro conto di quanto non siano i vostri più intimi amici. Come
spiegava Jerome Beatty, illustrando le attività del signor Jones su
«The American Magazine”:
«Lo stratega delle sottoscrizioni
spiegherà ai suoi uomini quali siano le vostre debolezze, i punti di
minor resistenza. Negli schedari di John Price Jones si trovano
elencati oltre 66 mila nomi di persone residenti in tutti gli Stati
Uniti, le quali hanno versato grosse somme di denaro per nobili cause
e che, si presume, tornerebbero a versarne se debitamente stimolate.
Gli schedari sono continuamente aggiornati da sei segretarie, che
hanno il compito di leggere e ritagliare da giornali, riviste,
bollettini aziendali, relazioni di bilancio ecc., tutte le
informazioni pertinenti. Per ogni persona esiste una scheda non meno
completa di quelle che l’FBI riserva alle persone sospettate di
essere comuniste”.
Packard
Vance, “I
persuasori occulti”,
1958, Einaudi, pag. 237
|
Persuasori
occulti
Persuasori
occulti
redazione
ECplanet
B.J.Fogg,
psicologo sperimentale e direttore del Persuasive Technology
Lab presso l'Università di Stanford, con un il libro
intitolato “Tecnologia della persuasione”, in uscita a
uscirà a maggio per Apogeo, denuncia la forza persuasiva di
Internet e dei videogame.
Studioso da 12 anni di
“captologia” (gioco di parole che contiene l'acronimo di
Computers as Persuasive Technologies), termine da lui coniato
per indicare lo studio di come i computer, i siti Web, ma
anche i cellulari e i videogiochi possono essere progettati
per controllare e influenzare i nostri comportamenti e le
nostre credenze, Fogg ha delineato per primo un modello di
manipolazione delle idee e delle menti che trova nella Rete il
mezzo più rapido ed efficace per raggiungere le persone di
tutto il mondo.
L'influenza dei computer e delle
tecnologie può risultare positivo, come quando la Rete
promuove uno stile di vita più sano o lo spirito di
tolleranza. Ma può essere anche nocivo come nel caso di certi
videogiochi che abituano le persone alla violenza. Fogg ha
individuato ben 43 modi con cui un computer può persuaderci
tra cui: la bambola computerizzata “Baby Think It Over”
che ha ridotto la percentuale delle mamme adolescenti, il
bisogno indotto di aggiornare continuamente il software, un
recente videogioco distribuito dall'esercito americano che ha
avuto l'effetto di aumentare il reclutamento di nuovi soldati.
Fogg afferma che l'idea della Rete come una grande
enciclopedia è un'illusione, il Web è piuttosto un luogo nel
quale la gente cerca di venderti idee e progetti. Ancor più
problematico il caso dei videogiochi, diffusi in tutto il
mondo, chiamati “training games” che promuovono una certa
visione del mondo e certi modelli di comportamento e che
riflettono un'epoca che usa le macchine per modellare i
pensieri ed i comportamenti delle persone.
Per
contrastare la persuasione occulta hi-tech, Fogg ha creato un
sistema Internet alternativo che fa incontrare i ragazzi di
diverse nazionalità, nella convinzione che solo l'educazione
delle persone e non certamente i divieti e gli obblighi
possano limitare il fenomeno. Questa notizia è stata
pubblicata dal periodico “noemalab.org”.
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Ho
visto cose che vuoi umani non
potreste neanche immaginare Rutger
Hauer
La
pubblicità subliminale è stata fra le protagoniste del secolo
scorso in tema di comunicazione, essendo riuscita ad attirare su di
sé l'attenzione del mondo scientifico, culturale e politico, ma
soprattutto l'interesse attivo delle grandi masse, dell'opinione
pubblica, prendendo spesso la forma della leggenda metropolitana. La
sua storia si intreccia a doppio filo con quella del cinema, quello
americano in particolare, che ha contribuito parecchio ad alimentare
il dibattito sulla tecnica, e ancora oggi il fantasma del subliminale
aleggia intorno al cinema inteso sia come industria sia come arte.
Vicary-Packard-Key: il
triangolo della persuasione
Potevamo
stupirvi con effetti speciali
e colori ultravivaci... PUBBLICITA
DELLA PHILIPS
L’evento
che portò alla ribalta l'argomento della pubblicità subliminale è
ormai molto noto. Nel 1957 James
Vicary,
uno studioso di marketing, durante la proiezione del film Picnic
(Joshua Logan, Usa, 1955) mandò sullo schermo tramite un apposito
strumento, le scritte «bevete Coca-Cola» e «mangiate pop corn».
Il tempo di proiezione, 1/3000 di secondo, risultava così breve da
rendere impossibile la visione agli spettatori. Alla fine del film si
scopri che vi era stato un consumo medio di Coca-Cola e pop corn
statisticamente superiore alla media (rispettivamente del 18% e 57%),
dal che se ne dedusse che il comportamento d'acquisto era stato
condizionato da quel messaggio non visto. L’ulteriore deduzione che
seguiva era incredibile: si prospettava l'ipotesi di poter
influenzare i consumi di una persona semplicemente proponendole dei
messaggi di cui essa stessa rimaneva ignara. Quando i risultati di
questo esperimento divennero di dominio pubblico si accese
immediatamente in America un forte dibattito etico sulla tecnica.
La
questione attirò l'interesse del mondo industriale perché, come
disse Vicary:
Il miraggio che
questa forma persuasiva potesse incrementare il fatturato delle
aziende fece trovare finanziatori interessati ad approfondire il
tema, tanto che nacquero le prime agenzie specializzate in pubblicità
subliminale.
A
livello governativo, invece, le massime autorità istituzionali in
materia di pubblicità, come la Federal
Communication
Commission
e la Federal
Trade
Communication,
si schierarono subito contro il subliminale, in modo preventivo e
senza alcuna prova scientifica della sua presunta pericolosità,
richiamando i pubblicitari e tutto il settore della comunicazione
all'etica e alla correttezza professionali. Le prime dichiarazioni
della Fcc, infatti, risalgono già al 1958, anno successivo
all'esperimento, a riprova dell'allarme creato. Nella scienza
ufficiale, dove già si conosceva il subliminale (inteso come
«percezione subliminale»), e nelle ricerche di marketing si
vivacizzò invece il dibattito accademico, interrogato direttamente
dall'opinione pubblica sull'efficacia di questo tipo di tecnica.
Vicary
si rivelò un vero apprendista stregone, perché anche quando cercò
di ridimensionare l'importanza dei suoi risultati, che non furono mai
replicati nemmeno da lui stesso, la dichiarazione della sua scoperta
fu come una formula magica capace di far muovere tutto un mondo di
curiosità, interessi, divieti e attenzioni che non riuscì a fermare
nemmeno la più radicale delle sue affermazioni: «L’esperimento
era stato tutta una montatura [ ... ] allo scopo di allargare la
clientela della mia ditta di marketing che attraversava un momento di
difficoltà» (siamo nel 1962 ... ).
Da
quel momento iniziarono a fiorire ritrovamenti di inserimenti
subliminali, non più solo nel cinema, ma anche nella musica, alla
Tv, alla radio, negli spot pubblicitari di ogni genere, cioè in
tutti quei messaggi che quotidianamente arrivavano a milioni di
persone. Si cominciò anche a sperimentare questa tecnica su larghe
masse, con esperimenti fatti alla radio e alla Tv, episodi che
aumentarono la notorietà di Vicary e spinsero l'opinione pubblica a
prendere posizione sull'argomento. Questa pratica associava una
frenesia e un timore nascosto che solo successivamente potranno
essere chiaramente compresi: la pubblicità subliminale si rivelò un
tema capace di attirare una curiosità morbosa, perturbata da
fantasmi che gonfiavano l'importanza della sua presunta influenza. Le
numerose prove scientifiche provenienti da più discipline, che
mettevano plausibilmente in serio dubbio la sua efficacia e
addirittura il suo oggettivo funzionamento, non riuscivano ad
arginare la propagazione delle credenze intorno ad essa, arrivando
invece a creare una teoria irrazionale dell'evento, montata su
«prove» la cui validità era tutta da verificare. Più ne parlavano
giornali e media, più sembrava accrescersi la convinzione della sua
efficacia. Nel 1958 Richard
Lessler
(vicepresidente della Grey
Advertising Agency)
consigliò ai suoi clienti, in un messaggio televisivo, l'uso della
pubblicità subliminale, proponendola come una buona integrazione tra
lo spettacolo e il messaggio commerciale.
Anche
il cinema, grande protagonista della scena sociale di quegli anni,
colse al balzo l'occasione di questo morboso interesse del pubblico,
facendone un nuovo soggetto da sceneggiare, da romanzare,
compiacendosi indirettamente di alimentare i fantasmi più turpi
sull'efficacia della persuasione subliminale. Fantasmi che oggi
ritroviamo, come idea più o meno strutturata in opinioni e credenze,
anche nelle nostre ricerche sul cinema e sulla pubblicità in genere.
Scrive Pratkanis:
Da un sondaggio
effettuato attorno al 1970 negli Usa emerse che l'8 1 % di coloro che
avevano risposto e che avevano sentito parlare della pubblicità
subliminale la riteneva una pratica corrente e che oltre il 68%
riteneva che essa riuscisse a vendere i prodotti. Fatto più
sorprendente, le indagini dimostrano che molti vengono a conoscenza
degli influssi subliminali attraverso i mass media e i corsi di
scuole medie e college, ulteriore indicazione della necessità di
un'educazione scientifica nelle scuole americane.'
Ma
ancora, nel 1982, il «Journal of Marketing» riportò un articolo in
cui veniva definita come «la più allarmante e oltraggiosa arma
inventata dopo la mitragliatrice», il «Globe Mail» ripropose il
problema della possibilità che fosse usata senza scrupoli per scopi
politici, e il «New Yorker» affermò che con il subliminale la
mente della persone potesse essere «rotta e invasa» (vedremo fra
poco l'insidiosità di un linguaggio simile). Gli stessi studi
scientifici non si arrestarono, anche se subirono delle radicali
trasformazioni rispetto al subliminale proposto da Vicary.
Un
altro fattore a favore della diffusione di questo «mito» fu che
proprio in quegli anni, negli Stati Uniti, stava emergendo una
particolare lettura della società consumistica ben rappresentata nei
contenuti del libro di Vance
Packard,
“I persuasori occulti”. Se la sua impostazione scientifica era
quella della ricerca motivazionale, che nasceva proprio in quel
periodo, leggendo il suo testo si ha la sensazione di essere messi
costantemente in guardia dai pubblicitari, presentati come totalmente
schierati a favore dei produttori, che a loro volta considerano i
consumatori solo come polli da spennare senza pietà, ingannandoli in
tutti i modi pur di rifilare loro il proprio prodotto: pur di
vendere.
Nel libro domina un senso di spiazzamento costante del
lettore/consumatore, spaventato dalla trama diabolica del
supermercato, come quando Packard cita il nome di Vicary e la sua
ipotesi dell'«ipnosi da supermercato». Vi è un criptico piacere
nel presentare il prodotto come una trappola cognitiva e affettiva,
il gusto dello smacco e dello scacco ai danni del consumatore
perpetrato dalla pubblicità, tanto che a volte il libro sembra il
manuale di un mago in vena di svelare i suoi trucchi.
Analizzando
il linguaggio usato da Packard si nota come faccia ampio uso del
registro psicoanalitico e di questa teoria consideri proprio il più
fondante ma sibillino dei suoi concetti: l'inconscio. Il ricorso a
questo linguaggio, usato al di fuori di un setting terapeutico
psicoanalitico, predispone a un uso manipolatorio del senso della
frase, anche se la lettura mantiene una forte impressione di
plausibilità argomentativa, frutto più delle qualità intrinseche
del linguaggio psicoanalitico che delle argomentazione addotte. E
proprio il ricorso a questo registro, se non proprio alla teoria in
generale, tra il 1960 e il 1970 era in piena affermazione: inizia il
tempo in cui si afferma «quella psicoanalisi da salotto» che farà
tanto male agli psicanalisti seri e alla materia in generale, ma che
in compenso darà luogo alle brillanti interpretazioni di Woody
Allen.
Un esempio, parallelo a Packard, è un libro di Cousin
dal titolo emblematico Imbrattare l'inconscio (1957), dove la
pubblicità subliminale viene presentata in questo tono: «[una
tecnica capace di] penetrare le parti più profonde e intime della
mente umana per lasciarvi ogni sorta di graffi». Questo linguaggio è
fortemente induttivo di associazioni che fanno sentire esposti e
indifesi, come sottolinea la metafora della violenza carnale
(«penetrare le parti [ ... ] intime»), ma ancor peggio è la
seconda frase («graffiare la mente») perché induce a pensare alla
mente come a una specie di tavola di gesso su cui si incide un
graffio indelebile (il messaggio subliminale) che segnerà per sempre
la coscienza. E’ come se il subliminale fosse paragonabile a un
grave trauma infantile o a traumi post-torture, tanto per citare due
eventi che «lasciano il segno». E su questa strada si scende verso
generalizzazioni indebite e facilone, del tipo: «Se è possibile
vendere più pop corn usando questa tecnica, perché non lo si può
fare anche per spingere l'approvazione dell'uso di testate
nucleari?».
Il
subliminale, quel «qualcosa che non si percepisce bene», sarebbe
andato a sostituire i decenni di studi sulla comunicazione
persuasiva, che si arrovellava su come far cambiare opinione alla
gente, ignorando gli aspetti principali che questi studi avevano già
individuato: le caratteristiche della fonte (l'aspetto fisico,
l'importanza percepita, la credibilità, ecc.), la struttura del
messaggio (la coerenza argomentativa, la logicità interna ed
esterna, ecc.), il medium utilizzato (il gruppo, la televisione, la
radio, ecc.).
Ma sarà ancora la strada dell'inconscio che verrà
battuta, qualche anno più tardi (1970), da un altro celebre
protagonista della saga del subliminale: il professor Wilson
Bryan Key,
un ricercatore di marketing che diventerà famoso per le scoperte
sulle «figure subliminali», nascoste nelle normali immagini
pubblicitarie, che avrebbero la proprietà di sedurre lo spettatore.
Anche questa proposta di Key e i suoi libri ebbero molto successo,
trovando nel grande pubblico entusiasti sostenitori disposti a
credervi, nonostante i risultati sperimentali successivi non
concordassero con le sue ipotesi.
Il
successo «di pubblico» di questa tecnica fu enorme e quasi
inversamente proporzionale alle prove scientifiche della sua
efficacia, ancora oggi rileviamo nelle nostre ricerche sul cinema (e
sul product placement) residui di alcuni fantasmi di allora. Cercando
le cause di questo successo, la letteratura pare ormai concordare su
alcune spiegazioni.
La prima è contenuta nel discorso fatto
finora sui mass media. Giornali, Tv, cinema, radio fecero da cassa di
risonanza al fenomeno subliminale: quando un argomento stuzzica e
incuriosisce, infatti, questo si propaga da solo, come se il
sassolino lanciato quasi sbadatamente da Vicary, scendendo a valle,
avesse provocato una valanga.
Vi
è una seconda spiegazione, di tipo psicologico, su cui concorda la
letteratura: la strana facilità che ebbe il tema del subliminale ad
attecchire nell'opinione pubblica, grazie al clima sociale che si
respirava in quel tempo. Si era all'inizio di una stagione
sociopolitica particolare, in cui si stava sviluppando il timore che
un pugno di uomini di potere potesse usare questi mezzi per
condizionare la popolazione, piegandola ai proprio scopi. Nel 1958
William
Dawson,
un rappresentante del Congresso, guidò una battaglia contro il
subliminale affermando che potesse «essere usato per scopi
politici»'. Si temeva uno scenario orwelliano di un'umanità
annichilita e impotente di fronte a chi detiene gli strumenti della
propaganda: un mondo di zombi al servizio di un qualsiasi big brother
fu evocato con particolare insistenza nei confronti della pubblicità
subliminale.
Non
era infrequente vedere rappresentati i piani alti del potere politico
come una cricca di burattinai interessati solo che le persone
facessero i movimenti da loro voluti, nullificando il libero arbitrio
del singolo cittadino in favore dei propri interessi personali.
Questo comportamento di massa, conosciuto alla psicologia e ben
descritto dalla cosiddetta «teoria della cospirazione», consiste
nella tendenza a imbastire trame spesse e complicate intorno ad
argomenti che abbiano certe caratteristiche, come il non essere
supportati da prove certe, non essere «falsificabili». Questi
eventi sono gli omicidi politici, come quello del presidente Kennedy
(1963), trame politiche come quelle del Watergate
(1973) o del nostrano «caso Ustica» (1980), le vicende delle sette
(come i suicidi di massa), l'operato delle agenzie di spionaggio
(come il caso MkUltra
della Cia). Su questa interpretazione, tramite la teoria della
cospirazione, converge gran parte della letteratura.
Ma
accanto a queste due spiegazioni ve ne è un'altra che è pari per
importanza e che emerge adottando uno sguardo che contestualizzi il
periodo storico. Ciò di cui ci si sta occupando accadeva negli anni
in cui era in pieno processo di formazione la «società dei
consumi», che si sviluppava su una base di fondamentale ottimismo
fondato sulla fioritura economica e che scopriva lentamente e «in
tempo reale» sia i suoi pregi sia i suoi difetti. Il raggiungimento
del benessere aveva fatto emergere nuovi problemi (inquinamento,
nuovi conflitti sociali, ecc.), dando luogo a un'analisi critica del
mondo economico in cui la pubblicità, e quindi il subliminale,
svolgevano un ruolo chiave. La nascita del movimento artistico della
Pop Art, che trovava la sua ragion d'essere proprio in relazione alla
società dei consumi, è la prova di questa elevata sensibilità. La
Pop Art promosse un'autoriflessione sociale grazie ad artisti come
Warhol, Oldenburg, Segal…
(…)
Fa’
ciò che ti dico!
La
persuasione si presenta
di
Angelo Palazzolo
La
parola “persuasione” è la nominalizzazione del predicato
“persuadere”. Non è un’etichetta applicabile costantemente e
in maniera automatica.
Vi
è una relazione strettissima tra comunicazione e persuasione: il
fine principale della comunicazione è perlocutorio, pragmatico[1].
Si comunica sempre con una finalità. Finalità che non è
raggiungibile senza la collaborazione dell’interlocutore o degli
astanti in generale. La comunicazione non è dunque tutta intrisa di
persuasione?
Richard
Bandler
John
Grinder
Ci siamo convinti (perlopiù lo hanno fatto gli psicoterapeuti,
oh!oh!) che l’ipnosi non è quella stregoneria che dà potere di
vita e di morte all’ipnotista, che l’ipnotizzato (sia pur in uno
stato profondissimo di trance) agisce secondo ragione e non farebbe
mai qualcosa contraria ai suoi principi coscienti.
Ipnosi
e Trasformazione[2], è un libro in cui si spiega molto bene cos’è
l’ipnosi e come per centinaia di anni la gente comune abbia
equivocato il suo significato attribuendo a questa pratica effetti
magici e spettacolari. Effetti e capacità che l’ipnosi non ha.
Ecco cos’è l’ipnosi: una “alterazione dello stato di
coscienza”[3] in cui la corrispondenza tra la propria coscienza e
le coordinate spazio-temporali esterne si sfuma e addirittura
sparisce. Entrare in uno stato di trance ipnotica non rappresenta un
fenomeno rarissimo o paranormale. In effetti, si entra in questo
stato più volte al giorno: quando si guida per lunghi tratti, quando
si sogna ad occhi aperti o quando si assiste ad una lezione noiosa
tanto che gli sguardi degli alunni guardano oltre la lavagna per
perdersi in paradisi tropicali, ascoltarne suoni e rumori, o
avvertirne sensazioni costruite dalla fervida immaginazione
giovanile …a chi non è successo?
Ho
introdotto l’ipnosi per continuare a parlare di persuasione.
I
persuasori occulti[4], il libro esplosivo di Vance Packard, uscì
alla fine degli anni ’50 per mettere in guardia qualcuno da
qualcun’altro.
Da
una parte il popolo (considerato massa informe plasmabile),
dall’altra i persuasori, o peggio, i manipolatori (dei veri e
propri demiurghi della mente, persone con un Q.I. altissimo? in grado
di modellare pensieri e guidare comportamenti).
Cosa
è cambiato mezzo secolo dopo?
Vance
Packard
È
uscito un libro di Robert Cialdini, Le armi della persuasione[5], nel
quale il bravissimo psicologo sociale spiega come funzionano alcuni
nostri meccanismi mentali e come si entra dentro questi ingranaggi
per manometterne il funzionamento. No, in realtà non è così, non
si manomette nulla, si utilizzano delle leve automatiche, e quindi
inconscie, per guidare verso un determinato comportamento.
È
giusto? È etico? Lo vedremo dopo.
Robert
Cialdini
Ora riflettiamo su questo: “il rapporto fra informazioni possibili
e capacità di elaborazione mentale è divenuto quasi
impossibile”[6]. Il mondo oggi si presenta così pieno di messaggi
ed informazioni che l’uomo ha dovuto prendere contromisure
drastiche, si è dovuto affidare a dei navigatori interni che lo
conducessero fuori dalla confusione mediatica, fuori dall’enormità
di dati da analizzare, classificare, ponderare. Ci si affida sempre
più a quelle che Robert Cialdini chiama euristiche mentali, ossia
delle scorciatoie che la nostra mente utilizza per agire in maniera
rapida e funzionale in comprensione utile alla sopravvivenza.
La
nostra società è un inno alla velocità. È una Società ad Alta
Velocità, guai a fermarla: si rimarrebbe indietro, si scenderebbe in
serie B.
E
noi non vogliamo questo, quindi… riflettiamo di meno e agiamo di
più?
Ed
ecco fatta la fortuna di questi fantomatici persuasori.
Poi,
chi sono mai questi persuasori occulti? I
pubblicitari? I venditori? I politici? Non è forse tale un
ragazzo che cerca di abbordare una ragazza? E una madre che vuole
fare mangiare le verdure al figlioletto?
E
poi, abbiamo concordato che la persuasione è un fenomeno che
riguarda attivamente e passivamente tutti noi, oltre ad essere un
elemento ineliminabile del processo comunicativo.
Eppure,
c’è qualcosa che non quadra, percepiamo qualcosa di sbagliato.
Bisogna
trovare un metro di giudizio che condanni la persuasione malvagia.
Perché
la percepiamo tutti come esistente. ...o no?
Chi
come me ascolta un dibattito politico a “cuor leggero” senza
avere posizioni definite e dogmatiche e senza avere una forte
cognizione del passato socio-economico-politico italiano, fa come una
bandiera al vento, si lascia trascinare da una tesi e dalla sua
antitesi, da un discorso e dal suo opposto.
Se
a parlare sono due oratori capaci, il dibattito elettorale si
trasforma in uno scambio dialettico bellissimo ed infinito, in cui
tutto è parola, tutto è forma. I contenuti cadono con una battuta,
una metafora, un aneddoto. Tutto diventa interpretazione.
La
campagna elettorale delle elezioni politiche 2006 ne è un esempio
folgorante, illuminante, straziante. Le frasi, i dati, i numeri, le
cifre, i sondaggi, tutto è interpretazione.
L’ermeneutica
sofistica dei nostri politici è la vera vincitrice delle politiche
2006.
Ma
tornando alla vita di tutti i giorni e alla nostra querelle:
"possiamo dare un valore etico alla persuasione?"
Troviamo
un metro che ci permetta di sentenziare sulla giustezza o no di una
persuasione.
Forse
potremmo focalizzarci sul mezzo utilizzato dal persuasore. Definendo
alcuni mezzi scorretti ed altri no. Ad esempio, se si sfruttano i
meccanismi di risposta automatica di cui parla Cialdini[7] per
raggiungere i propri scopi, si agisce in modo deplorevole.
O
forse ci si può concentrare sul risultato finale dell’interazione
tra persuasore e persuaso: se, a distanza di tempo, quest’ultimo è
soddisfatto delle decisioni prese di concerto con il persuasore,
allora vuol dire che non c’è stata una persuasione ingannevole,
poiché la sua volontà è stata rispettata.
…o
è cambiata definitivamente?
Beh,
se anche così fosse, non siamo tutti in continuo divenire?
Se
la percezione di un’azione (comprare, vendere, votare, baciare)
viene co-costruita da due soggetti in modo tale che entrambi ricevano
soddisfazione da questa, penso si possa dire che non c’è stato un
sopruso.
Dove
sta il crimine se uno dei due ha proposto l’azione e ha trovato le
giuste maniere di far vedere e percepire all’altro i vantaggi di
quell’azione?
"I
fatti sono stupidi solo le loro interpretazioni sono intelligenti"
(F. Nietzsche).
Angelo
Palazzolo
aprile
2006
--------------------------------------------------------------------------------
[1]
Si vedano il metalogo “perché i francesi..” in Bateson, G.,
1972, Verso un’ecologia della mente, tr. it. Adelphi, Milano, 1976
e Beavin, H., Jackson, D. D., Watzlawick, P., 1967, La pragmatica
della comunicazione umana, tr. it. Astrolabio, 1971.
[2]
Bandler, R.,Grinder J., 1981, Ipnosi e Trasformazione. La
Programmazione Neurolinguistica e la struttura dell’ipnosi, tr. it.
Astrolabio, 1983.
[3]
Cit. p. 7 Richard Bandler, John Grinder, 1981, Ipnosi e
Trasformazione. La Programmazione Neurolinguistica e la struttura
dell’ipnosi, tr. It. Astrolabio, 1983.
[4]
Packard Vance, I persuasori occulti, 1958, Einaudi
[5]
Cialdini, R. B., 1984, Le armi della persuasione, tr. it. Giunti,
Firenze, 1989.
[6]
Assunto Quadrio - Università Cattolica di Milano in
www.xenu.freewinds.cx
[7]
Coerenza, reciprocità, conferma sociale, autorità, simpatia e
scarsità. Le armi della persuasione op. cit.
Angelo
Palazzolo si è laureato nel 2005 in Scienze delle Comunicazioni
(Università di Perugia), con una tesi su "La Programmazione
Neurolinguistica in contesti professionali: punti di forza e punti di
debolezza". Ha svolto numerose attività con l'I.C.S.
(International Civil Service), in Irlanda, Scozia, Belgio, Stati
Uniti. Ha partecipato al Progetto Erasmus a Madrid, nel 2004 e
attualmente è tirocinante presso il Consolato italiano di La Plata
(Argentina).
Contatto:
angelopalazzolo@hotmail.com
Le
Armi della Persuasione
Come
e perché si finisce per dire sempre di sì.
Di Robert B. Cialdini
Giunti
- Saggi, 1999. Pagg. 228, ISBN 88-09-20567-7, L. 22.000.
Presentazione
Introduzione
Presentazione
(A cura del Prof. Assunto Quadrio - Università Cattolica di Milano)
È
capitato anche a me come, credo, a molti altri colleghi che si
occupano di psicologia sociale di essere interpellato ogni tanto per
qualche conferenza in tema di "comunicazione persuasiva"
oppure di essere richiesto come consulente per qualche campagna
pubblicitaria o propagandistica di tipo commerciale o politico. Ogni
volta che mi sono state rivolte delle richieste di questo genere non
ho potuto evitare una certa ambivalenza ed un certo disagio. Da un
lato, infatti, riconosco di aver provato un certo compiacimento per
essere ritenuto appartenente alla categoria di coloro che conoscono
ed usano le "armi della persuasione"; dall'altra mi sono
sentito colpevole, vuoi di presunzione vuoi, al contrario, di truffa
ai danni delle persone da persuadere.
Ogni
volta, poi, che, a posteriori, mi sono stati illustrati i risultati
efficaci di qualche azione o campagna persuasiva, mi sono trovato
nuovamente a disagio ed ho cercato in ogni modo di trovare una
spiegazione "eccezionale" del fenomeno di influenzamento
perché, in sostanza, mi disturba dover constatare che, negli anni
2000, l'umanità così esperta e tecnologicamente progredita continui
a manifestare tanta ingenuità e tante debolezze.
Probabilmente
l'illusione razionale che mi porto dietro sin dai tempi del liceo ha
resistito bene a tutta la psicologia che ho studiato e praticato; ha
esorcizzato tutte le diavolerie regressive di cui parla la psicologia
sociale o clinica: conformità, imitazione, suggestione,
identificazione, plagio e via dicendo. Così io continuo a pensare
che millenni di storia, di filosofia, di cultura non siano passati
invano e che l'umanità debba pure decidersi a mostrare che ha
imparato a riconoscere quei meccanismi che ha visto tante volte
rappresentati in tragedie o commedie. Non può essere quindi che
l'ignoranza e la dipendenza ipocritica siano tanto ampiamente diffuse
come ci raccontano gli psicologi o i persuasori occulti: la
suggestionabilità non può essere che un fenomeno di minoranza che
avrà vita breve.
Partendo
da queste premesse è comprensibile come io non simpatizzi né con i
persuasori e neppure con i persuasi che mi appaiono, in qualche modo,
colpevoli anch'essi; e come io continui a sperare che almeno i nostri
posteri siano un po' meno eterodiretti e riescano a liberarsi di
tutti quei manipolatori del consenso che sfruttano le loro debolezze
ed il loro narcisismo.
Ho
scritto questa premessa "personalizzata" per poter
confessare che ho affrontato la lettura del volume di Cialdini con
molti pregiudizi pensando di trovarlo divertente ma con qualche pecca
di superficialità. Invece ho dovuto ricredermi: il volume è davvero
divertente e per niente superficiale. È chiaro, non saccente né
cinico ma ampiamente documentato su quel che dice, con un continuo
riferimento ad esperienze di laboratorio o sul campo.
Cialdini
illustra gli abissi dell'umana persuadibilità, ma lo fa in modo che
l'umanità stessa non ne esca priva di dignità. L'ambizione del
volume è dichiarata esplicitamente dall'autore: dimostrare che le
varie tecniche di "acquiescenza" (come egli le chiama) sono
riconducibili a sei diverse categorie, ognuna delle quali corrisponde
ad un principio psicologico di base, un fattore che «...orienta e
dirige il comportamento umano e pertanto dà alle tattiche usate il
loro potere».
I
sei principi che compongono questa sorta di sistema persuasorio sono
elementi ben conosciuti dell'universo psicosociale: la
coerenza-impegno, la reciprocità, la riprova sociale (o imitazione),
l'autorità, la simpatia, la scarsità (o timore di restare privi di
qualcosa). Ciascuno di questi principi, nelle sue molteplici
incarnazioni teoriche e pratiche, rappresenta un fattore
motivazionale molto importante, un elemento portante del
comportamento individuale e sociale in ogni sfera della convivenza e
dell'azione, un dato, quindi, di abitudine, consueto e rassicurante.
Non meraviglia dunque che noi siamo sempre pronti ad accettare esempi
o argomentazioni, situazioni anche nuove che si riferiscano ad uno di
tali fattori.
Se
un persuasore fa appello alla mia coerenza non mi trascina affatto su
un terreno nuovo e quindi ansiogeno; al contrario, egli mi dà
l'illusione di combattere sul mio terreno abituale, di mantenere o
ricostituire un equilibrio consueto. Basta che egli inserisca la sua
argomentazione con un minimo di abilità per trovarmi disponibile a
pensare od agire come egli vuole. Lo stesso accade per ogni altro
fattore; pensiamo al meccanismo della reciprocità: è talmente
abituale e diffuso che non ho difficoltà a lasciarmi guidare da
esso. Anzi, è la sua mancanza a pormi in crisi, ad indebolire le mie
difese e le mie diffidenze ed è proprio su questo che il persuasore
fa leva.
Il
sistema proposto da Cialdini è scientificamente attendibile. Ma lo
stesso autore ci pone in guardia contro di esso proprio
sottolineandone l'attendibilità. La sua argomentazione, che chiude
il volume in un ultimo capitolo critico, parte da premesse che la
psicologia cognitiva ci ha abituato a considerare: l'uomo è un
risparmiatore di energie cognitive, un abile scopritore di euristiche
e altre scorciatoie di ragionamento; sa trarre conclusioni da un
minimo di informazioni e compiere sintesi fulminee su pochi dati
presenti. Se questo è vero, afferma Cialdini, dobbiamo stare in
guardia doppiamente contro i persuasori occulti; probabilmente essi
conoscono le nostre abitudini cognitive e soprattutto la necessità
ineliminabile di procedere in modo "economico", di cogliere
segnali parziali ed incompleti, informazioni sommarie. Può darsi che
essi siano tentati di colpirci proprio "lungo le scorciatoie"
del pensiero per indurci ad azioni e decisioni sbagliate; quelle
scorciatoie a cui non possiamo affatto rinunciare perché ormai il
rapporto fra informazioni possibili e capacità di elaborazione
mentale è divenuto quasi impossibile.
Occorre
quindi un "contrattacco": non indiscriminato, non
generalizzato ma limitato a quei persuasori che «falsificano,
adulterano o fabbricano di sana pianta quei segnali che naturalmente
attivano le nostre risposte automatiche…». Ma vi sono anche coloro
che «si comportano lealmente» e possono essere considerati «alleati
in un proficuo gioco di scambio…». Sono quegli informatori sociali
che lavorano su dati reali e che quindi svolgono un proficuo ruolo di
guida ed orientamento del comportamento altrui
Introduzione
Ormai
posso ammetterlo tranquillamente. Per tutta la vita sono stato un
ingenuo. Per quel che riesco a ricordare, sono stato facile preda di
venditori, esattori, rappresentanti, operatori d'ogni genere. È
vero, solo alcune di queste persone avevano scopi disonesti: gli
altri - per esempio, gli inviati di certe istituzioni benefiche -
erano animati dalle migliori intenzioni. Fa lo stesso. Con una
frequenza imbarazzante, mi sono trovato in possesso di abbonamenti a
riviste che non desideravo affatto, o di biglietti per un ballo di
beneficenza. Probabilmente questo antico status di vittima designata
spiega il mio interesse per lo studio dell'acquiescenza. Quali sono
esattamente i fattori che inducono una persona a dire di sì alle
richieste di un'altra? E quali sono le tecniche che sfruttano con più
efficacia questi fattori? Perché una richiesta formulata in un certo
modo viene respinta, mentre una richiesta identica presentata in
maniera leggermente diversa ottiene il risultato voluto?
E
così, come psicologo sociale, ho cominciato a fare ricerche sulla
psicologia dell'acquiescenza. Dapprima il lavoro di ricerca prese la
forma di esperimenti eseguiti per lo più in laboratorio su studenti
universitari. Volevo scoprire i principi psicologici che intervengono
nella tendenza ad accondiscendere alle richieste. Oggi gli psicologi
ne sanno abbastanza su questi principi, quali sono e come agiscono.
Io li ho definiti "armi di persuasione"; alcune delle più
importanti le descriverò nei capitoli di questo libro.
Dopo
qualche tempo, però, cominciai ad accorgermi che il lavoro
sperimentale, benché importante, non bastava. Non mi permetteva di
giudicare l'importanza di quei principi fuori delle mura del
laboratorio e dell'università dove li esaminavo. Mi resi conto che
se volevo capire appieno la psicologia dell'acquiescenza, avrei
dovuto allargare il mio campo d'indagine. Avrei dovuto studiare i
professionisti della persuasione, le stesse persone che spesso
avevano usato quei principi su di me con tanto successo. Loro sanno
che cosa funziona e che cosa non funziona: lo garantisce la legge
della sopravvivenza. Il loro mestiere è farci acconsentire alle
richieste e i loro mezzi di sostentamento dipendono proprio da
questo. Quelli che non sanno portare la gente a dire di sì ben
presto escono di scena, quelli che lo sanno fare rimangono e
prosperano.
Naturalmente,
i professionisti della persuasione non sono i soli a conoscere e
usare questi principi a proprio vantaggio. Noi tutti li utilizziamo e
ne cadiamo vittime in qualche misura, nei nostri rapporti quotidiani
con i vicini, gli amici, la donna o l'uomo amato, i figli. Ma lo
specialista ha molto più della nostra vaga e dilettantesca
cognizione di ciò che funziona o no. Pensandoci, mi sono convinto
che queste persone rappresentavano la fonte più ricca d'informazione
cui potessi accedere. Per quasi tre anni, ho combinato i miei studi
sperimentali con un programma decisamente più divertente di
immersione sistematica nel mondo dei professionisti della
persuasione: venditori, esattori, addetti alla selezione del
personale, pubblicitari ed altri ancora. Lo scopo era osservare
dall'interno le tecniche e le strategie usate dagli specialisti. Il
mio programma di osservazione ha preso varie forme: interviste, a
volte con i professionisti della persuasione, a volte coi loro nemici
naturali (per esempio, poliziotti della squadra antitruffe,
associazioni di consumatori); in altri casi l'analisi dei materiali
scritti mediante i quali le tecniche della persuasione vengono
tramandate da una generazione all'altra, manuali di vendita e simili.
Ma soprattutto ho adottato l'osservazione partecipante, un metodo di
indagine in cui il ricercatore funge quasi da spia.
Con
intenzioni e identità contraffatte, il ricercatore si infiltra
nell'ambiente che gli interessa e diventa un membro a pieno titolo
del gruppo che intende studiare. Così, quando volevo capire le
tattiche di persuasione delle organizzazioni di vendita di
enciclopedie (o aspirapolvere, o ritratti fotografici, o lezioni di
ballo), rispondevo a un annuncio che ricercava aspiranti venditori da
sottoporre a un corso di addestramento e mi facevo quindi insegnare i
loro metodi. Con strategie simili ma non identiche, sono riuscito a
introdurmi in agenzie di pubblicità, di pubbliche relazioni, di
raccolta di fondi, per esaminare le loro tecniche. Gran parte dei
dati che riferisco in questo libro proviene quindi dalla mia
esperienza nelle mentite spoglie di professionista della persuasione,
o aspirante tale, nelle più varie organizzazioni dedite a ottenere
l'assenso delle persone.
Un
aspetto di ciò che ho imparato in questi anni di osservazione
partecipante è stato molto istruttivo. Benché esistano migliaia di
tattiche diverse che gli specialisti dell'acquiescenza usano per
ottenere l'assenso, la maggior parte rientra in sei categorie base.
Ciascuna di queste categorie è governata da un principio psicologico
fondamentale che orienta e dirige il comportamento umano e pertanto
dà alle tattiche usate il loro potere. il libro è organizzato
intorno a questi principi, uno per capitolo. I principi - coerenza,
reciprocità, riprova sociale, autorità, simpatia e scarsità - sono
esaminati ciascuno alla luce della funzione che svolgono nella
società e dei modi in cui la loro enorme forza può essere
utilizzata dai professionisti della persuasione, che sanno introdurli
abilmente nelle loro richieste di acquisti, donazioni, concessioni,
voti, assenso, ecc.
Vale
la pena di notare il fatto che non ho incluso, fra i sei principi
sopra citati, la semplice regola dell'interesse materiale, secondo la
quale le persone intendono ottenere il massimo del vantaggio con il
minimo del costo. Da questa omissione non è affatto lecito inferire
che io ritenga ininfluente, nei nostri processi decisionali, il
desiderio di ottimizzare il rapporto tra costi e benefici: anzi, dai
dati di cui dispongo, i professionisti della persuasione sembrano ben
consapevoli del potere di questa regola. Nelle mie ricerche, infatti,
mi è spesso capitato di osservare specialisti che facevano uso
(talvolta in modo onesto, talvolta no) dell'irresistibile approccio
che consiste nel far subodorare un buon affare. Ho scelto di non
trattare separatamente in questo libro la regola dell'interesse
materiale semplicemente perché la considero niente più che un dato
motivazionale, un fattore implicito in ogni scelta, che va
indubbiamente riconosciuto come importante ma che non necessita di
una descrizione dettagliata.
Infine,
di ogni principio si esamina l'attitudine a produrre un certo tipo
preciso di acquiescenza automatica e distratta, cioè la
disponibilità a dire di sì senza rifletterci prima. I dati fanno
pensare che il ritmo sempre più accelerato della vita moderna e
l'ingorgo d'informazioni renderanno sempre più diffusa in futuro
questa forma particolare di acquiescenza inconsulta. Sarà quindi
sempre più importante per la società capire il come e il perché
della persuasione automatica.
È
passato ormai del tempo da quando la prima edizione di questo libro è
stata pubblicata. Nel frattempo, sono intervenuti alcuni cambiamenti
di cui, in questa nuova edizione, ritengo si debba tener conto. In
primo luogo, adesso sappiamo di più sulla persuasione. Lo studio
dell'acquiescenza, dell'influenza e dei mutamenti decisionali ha
compiuto molti progressi, e i capitoli che seguono sono stati
adattati in modo da riflettere l'avanzamento della ricerca. Oltre ad
aggiornare il vecchio materiale, mi è parso comunque opportuno
tenere in qualche considerazione le reazioni dei lettori della prima
edizione delle Armi della persuastione. Molte persone, dopo la
lettura del libro, mi hanno scritto per comunicarmi come alcuni dei
principi da me illustrati avevano agito su loro stessi in qualche
particolare circostanza concreta: ne sono risultate delle brevi
descrizioni di fatti quotidiani che ho inserito in una serie di
appendici alla fine di ogni capitolo, e che illustrano chiaramente
con quale facilità e frequenza possiamo essere vittime delle armi
della persuasione nella nostra vita quotidiana.
Desidero
ringraziare le seguenti persone che, sia direttamente sia tramite i
loro esercitatori universitari, hanno dato il loro contributo al
materiale riportato in tali appendici: Pat Bobbs, Mark Hastings,
James Michaels, Paul R. Nail, Alan J. Resnik, Daryl Retzlaff, Dan
Swift e Karla Vasks. Infine, vorrei invitare anche i lettori di
questa nuova edizione a farmi pervenire (presso il Dipartimento di
Psicologia della Arizona State University, Tempe, Arizona,
85287-1104) simili esempi e descrizioni, che potrebbero venire
inseriti in un'eventuale terza edizione del volume.
Robert
B. Cialdini
Las formas ocultas de la publicidad y
propaganda
Publicidad de Empresas Polar
Propaganda de Salas Romer
Publicidad de Empresas Polar
De acuerdo al libro del autor Vance
Packard en su libro titulado "Las formas ocultas de la
publicidad y propaganda nos encontramos con elementos interesantes
para analizar en los anuncios escogidos por el grupo.
La publicidad analizar es la del grupo
Polar, que desde el primer momento se da cuenta la persona, debido a
que esta goza de elementos institucionales, que engloba en ese
comercial todo el sentimiento y el grupo de marcas como Pepsi, Polar,
Mavesa y Primor que ellos producen en sus distintas plantas.
En el comercial de empresas Polar, se
encontraron varias claves importantes que constituyen nuestras
necesidades, anhelos y deseos que despiertan el interés del público
televidente.
De acuerdo a las 8 necesidades básicas
identificadas en el comercial, tenemos un elemento indispensable como
lo es vender seguridad emocional, porque despierta ese anhelo e
identificación por ser una de las marcas productoras por excelencia
del país, ya que todos los productos que ellos producen engloban el
80% de lo consumido en el país, lo que quiere decir que todas las
personas que compren x producto, es un producto Polar.
Se vende seguridad emocional cuando las
empresas Polar dan esa identificación de sus productos con
Venezuela, con ese capital humano que son las personas, aparte del
compromiso que la misma empresa ofrece, al decir no están solos, las
empresas Polar seguirán dando y ofreciendo un compromiso con el
pueblo venezolano. Mediante este efecto se explota otro elemento
indispensable que son los sentimientos de las personas al sentirse
parte del país, al sentirse consumidor y al sentirse también que
los problemas que suceden son problema de todos.
Al vender una afirmación del propio
valer en la publicidad de empresas Polar, sé exaltan los valores y
motivos de orgullo de lo que significa ser venezolano, de cómo las
empresas Polar bajo el grupo de marcas que engloba este comercial,
crean un compromiso serio y establecen la afirmación que fabrican
productos que gozan de una alta calidad en el mercado. Al influir
mediante estos métodos de persuasión, las personas piensan lo mejor
de la marca al decir: estamos comprometidos con ustedes.
Un elemento clave es que establece la
imagen sobre todas las cosas, al ver como las empresas Polar pone
énfasis a las capacidades de compromiso, desarrollo y liderazgo en
Venezuela.
Otro elemento clave es vender una
satisfacción por el propio yo, que de acuerdo al libro de Vince
Packard es considerado por vender una confianza, ya que sin duda las
personas que adquieren un producto, ya sea pepsi, chess tres, cerveza
polar o algún producto bajo la misma marca, las personas se dejan
influenciar mucho por los comentarios y recomendaciones de otras
personas, no solamente por el comercial que demuestre satisfacción,
sino al consumirlos.
Las personas al analizar y ver un
elemento clave que es satisfacción, aparte del compromiso y calidad
de la marca a través de su publicidad, no solamente sé siente
identificados, sino también comprometidos ya que le venden una
satisfacción de ser la marca mas vendida además que genera
confianza al decir estamos aquí, continuamos y ahora seguiremos
produciendo para la nación.
Al analizar el pasaje que habla sobre
las facultades creadoras, sin duda se establecen infinidades en el
comercial, ya que con productos como Pepsi, Mavesa y arroz Primor que
son hechos y patrocinados bajo la marca Polar, establece sentimientos
de las infinidades de cosas a realizar, preparar con los distintos
rubros que ahí se producen.
En elemento llamado vender objetos de
amor, se puede establecer una comparación indispensable e
inequívoca, de que el elemento de amor más emotivo en la publicidad
analizada es el compromiso de seguir en el país a pesar de la
situación económica y de paralización que ha vivido Venezuela.
además la música, el estilo de publicidad es conmovedora, ya que
explota ese sentimiento del venezolanismo, debido a que el amor se
manifiesta de mucha maneras, y es el sentimiento, la empatía que
existe entre los ciudadanos de viven en un mismo país, que coinciden
en este comercial.
La necesidad de poder envuelta en este
tipo de publicidad es evidente, ya que Polar es una empresa que
produce varios productos, pero a la vez también es una marca de
cerveza, lo que conlleva a resaltar las virtudes tanto masculinas
como femeninas de tomar o comer cualquier tipo de producto que
englobe dicha empresa. Este tipo de sensación crea o despierta un
sentido de interés en el público, al explotar las necesidades
alimenticias con el compromiso con el consumidor.
Al vender sensación de arraigo
empresas Polar en su publicidad, esta vendiendo años de experiencia,
asociando uno de los productos mas viejos como lo es la cerveza, con
los nuevos productos como Pepsi, y los otros snack o pasapalos que
vende una de mas multimarcas mas presentes en el mercado.
Se asocian las viejas costumbres
venezolanas con el compromiso, al ser un producto consumido de varias
generaciones con el futuro, y muestra de ello son los cambios que ha
tenido el elemento gráfico del oso polar, desde el punto de vista de
los colores, que antes eran mas grises y con un oso sentado, hasta
ser lo que es hoy en día es su nuevo símbolo gráfico, con colores
más vivos y con una figura adaptada a estos nuevos tiempos de
cambio, producto de las exigencias del mercado y de la globalización.
Uno de los elementos que parece no
estar presentes en el comercial, pero existe muy implícito, es el
elemento clave como vender inmortalidad, al decir que los productos
de la marca polar seguirán en el mercado a pesar de todas las
vicisitudes y problemas que puedan estar pasando en el entorno
económico, político y social venezolano. Por ende es un elemento
que las personas valoran ya que da un sentimiento que va más allá
del trasfondo personal, es el psicológico, ya que las personas
pueden envejecer pero el producto se renueva y la marca sigue con sus
compromisos, y con ese público consumidor.
Como lo establece Vance Packard en su
libro donde dice: "la perspectiva de la inmortalidad a través
de la perpetuación de su influencia, lo que no quiere concebir es la
muerte física ni su olvido". Lo que quiere decir con este tipo
de mensajes ya sea en la publicidad y sus distintas formas, sé logra
posicionar en la mente de ese público receptor con el fin de tener
un índice de recordación que puede llegar hacer inmortal si esa
marca vende una gran gama de productos como empresas polar.
Un tipo de inmortalidad usado en este
tipo de comercial es la de protección anhelada, al concentrarse en
problemas emocionales como los vividos durante el paro y al reafirmar
el compromiso. Se pinta o se establece un factor clave como la
seguridad, la unidad de la marca con el pueblo y la personalidad
viva, al decir estamos presentes con ustedes como elemento clave al
abastecer los diferentes tipos de mercados.
El ser humano es un ser que necesita
sentirse tomado en cuenta, como lo sugiera la pirámide de las
jerarquía de las necesidades de Maslow, el hombre tiene distintos
tipos de necesidades pero las básicas son vestido y alimentación,
siendo la última una de las mas importantes. Es ahí donde se enfoca
el autor Packard al enfocar el sentido de seguridad, satisfacción,
compromiso y emotividad entre otras.
Las necesidades desde el punto de vista
del trasfondo psicológico explotado en este importante libro con
respecto a la publicidad de Polar, se ve claramente como en un tipo
de publicidad se establece un compromiso de marca hacia las personas
y por ende crece el nivel de optimismo y seguridad hacia determinado
anuncio visto en televisión, además el factor emotivo al decir
estamos contigo, te damos confianza, polar seguirá contigo a pesar
de la situación. Estos elementos valorativos, equilibrados se
entrelazan en dicho comercial al establecer un compromiso.
Un ejemplo claro y real relacionado con
industrias polar, es el desabastecimiento de la harina Pan, que al no
estar presente en el mercado por razones políticas y económicas por
el libre cambio de dólares para producir ciertos rubros, crean
inquietud dentro el público consumidor al no satisfacer las
necesidades del mercado. Por eso es necesario y bien tratado en la
publicidad analizada el compromiso y respaldo de la marca, para que
las personas no estén inseguras y tengan en cuenta que ellos
seguirán presentes por mucho tiempo a pesar de las razones
mencionadas anteriormente.
La publicidad de empresas Polar es un
buen caso de análisis debido a que cada una de sus partes reflejadas
en el comercial, explota esas necesidades ocultas que todos los seres
humanos necesitan que se tomen en cuenta para su propia satisfacción.
Todo ser humano tiene necesidades ocultas que necesitan ser
satisfechas y no solamente eso, sino ser tomadas en cuenta por parte
de ese tipo de comerciales.
Al establecer un compromiso, seguridad
y desarrollo se crea un sentido de confianza entre los consumidores
de determinado producto, que se aplica a nivel de mercadeo y a nivel
psicológico con lo planteado en el libro.
Propaganda de Salas Romer
Al analizar la propaganda política del
excandidato a la presidencia Enrique Salas Römer, quién también
fuera gobernador del Estado Carabobo, conseguimos elementos
indispensables para analizar con respecto al libro de Vance Packard.
Al empezar la propaganda política de
dicho candidato, hay un primer elemento clave, que es el paso de los
últimos cuatro años de gobierno connotados desde un fondo negro,
donde se muestran cada uno de los años transcurridos.
Desde ese comienzo el excandidato habla
sobre los últimos cuatro años de gobierno del presidente actual,
resaltando que no se ha hecho nada, además diciendo que ya llego la
hora de un cambio, y ese cambio tiene que ser ya, además que lo dará
el pueblo venezolano.
Viendo ese mensaje de índole política
se aprecia como una propaganda y su respectivo mensaje oculto o de
trasfondo persuade a ese público que está al otro lado de la
pantalla de el televisor, debido a que se estudia un elemento
recalcado en el libro y que es muy evidente, ya que todos los
anuncios sé examinan cuidadosamente para saber como quieren los
realizadores que estos mismos reaccionen, tanto a niveles concientes
como inconscientes, ya que todo presenta un mensaje que va mas allá
de lo meramente dicho.
Se establecen en este tipo de
propaganda las verdaderas razones por que la gente las quiere ver, es
decir antes de persuadir se estudian los elementos claves que las
personas quieren escuchar, y es evidente como por ejemplo el
descontento popular de la mayoría de las personas que no aprueban la
gestión del gobierno de Chávez, y es por ello que Salas-Romer hace
alusión, que ha llegado la hora del cambio.
De acuerdo a la investigación
motivacional y de propaganda, nos dice que los mensajes deben ser de
interés para todos mediante una investigación sobre los aspectos
mas importantes que generan la motivaciones humanas. Se explota una
figura o elemento que es la desesperación de cambio de presidente,
debido a que lo esta realizando mal por ende el mensaje de una figura
optimista, que la hora ha llegado.
La persuasión o convencimiento se
logra diciendo los puntos clave de una investigación sobre la
opinión pública, al ver elementos que las personas rechazan o
aprueban como en el caso de esta propaganda política bien realizada.
Propagandas como la de este excandidado
que al parecer aspira a una futura presidencia, se da por medio de
aspectos psicológicos muy bien reflejados en la calle debido a la
protesta, también a través de otros medios de comunicación que
reflejan la actualidad día a día generando mayor descontento, lo
que hace que este tipo de mensajes sea mayor reforzado, por que todo
el tiempo escuchamos de lo mismo, que si la crisis económica,
política, y la supuesta salida electoral o no del actual mandatario
nacional.
Uno de los pasajes del libro dice: "lo
que ustedes deben hacer fundamentalmente es crear una situación
ilógica. Ustedes necesitan que el cliente se enamore del producto
que le ofrecen y que arraigue en él una profunda lealtad"... Lo
que nos quiere decir que en el caso de la propaganda ha analizar se
fundamenta en hechos de origen ilógicos como la inestabilidad
política del país, lo que la gente desea es en el caso de
Salas-Romer, es una figura de estabilidad y tranquilidad que
garantice no sólo liderazgo, sino el compromiso y desarrollo con su
pueblo.
Se construye una imágen, si en los
medios de comunicación como en la televisión, sale siempre un
candidato político no hablando bien de si mismo, sino explotando las
debilidades de otros sin enfocarse el mismo debido a que se explota
el idealismo, personalidad y se crea como dice en el libro una
autoimagen del candidato idóneo.
Se exploran cuidadosamente las llamadas
secretas miserias y dudas que se vienen a reforzar con la propaganda
del Salas-Romer, debido a la manipulación de sentimientos de culpa
(por haber votado o elegido a otro candidato que no sirve), también
a los temores, la ansiedad y a las tensiones internas tales como la
desesperanza como ejemplo claro que el desempleo aumenta cada día
producto de las políticas erradas del gobierno.
Desde el punto de vista motivacional,
el medio de comunicación al realizar esa propaganda política,
estudia los métodos para hacernos superar los temores, mediante
mensajes de interés y optimistas mostrados en la propaganda.
En la propaganda se vende la seguridad
emocional, que muestra el candidato con sus convicciones y poder de
la palabra, también por su mirada directa hacia el público. Se
vende afirmación que hace valer por todas las demás, al dejar de
entrever que con él mismo hay un cambio.
Al hablar del elemento poder total,
significa que el poder total esta en manos del elector, aparte de
incentivar el cambio, se impulsa que a través del voto es el cambio,
por ello la importancia de votar como trasfondo político.
Un aspecto importante de implícito en
el comercial del excandidado Salas-Romer sobre los aspectos del
simbolismo de determinada propaganda al decir la revista Advertising
Angecy, que los elementos gráficos, simbólicos que están dentro
del mensaje como los colores crean esperanzas desde el punto de vista
psicológico.
Al analizar hacia donde va dirigido
este tipo de mensajes nos encontramos que de acuerdo al libro de
Vance Packard, nos dice sobre los distintos tipos de clase hacia
donde se dirigen los mensajes, como la alta superior, la baja
superior, la alta media, baja media, la alta inferior y la baja
inferior. Al dar un mensaje por televisión no quiere decir que
determinada clase no lo vea sino que ciertas clases más estudiadas y
con mayor estatus social entenderán mejor mi mensaje con respecto a
la clase más baja.
De acuerdo a Lloyd Warner, describir la
situación con respecto al sistema de clases, que opera como factor
que está en el mismo centro de la vida y es la fuerza mas impulsiva
de muchas personas, al decir, lo que llaman la movilidad social, el
impulso ascendente, el afán de logro y el movimiento de un individuo
y su familia de un nivel hacia otro superior de manera que la gente
adquiera una condición de vida mas elevada. Al analizar lo
anteriormente expuesto, nos quiere decir a través de este tipo de
propaganda política, el candidato deja en claro que debe haber un
cambio, y que ese cambio puede generar un impulso en la economía
para generar riquezas y fuentes de empleo, que es la necesidad básica
de la población.
Los que estudian los métodos más
efectivos para vender símbolos de condición social a las personas,
afirman que la mayoría son vulnerables a las siguientes tácticas
comerciales como: ofrecer grandezas en el caso de la propaganda, al
crear una buena impresión de parte del señor Salas-Romer. Otra que
se pone en práctica en la propaganda es el llamado del candidato, al
generar conciencia de los años que han transcurrido desde que inicio
el gobierno, se han agravando los problemas de toda índole en le
país.
Hay que hacer una interesante
distinción en lo que se refiere a la actitud de la gente frente a
una propaganda. Si existe aunque sea una promesa básica como lo es
en nuestro caso de análisis, entonces se estará generando un cambio
psicológico a nivel conductual al recibir este mensaje.
Una de las figuras mas importantes en
la propaganda es la llamada manipulación política efectiva, que da
cambios en la vida política del público, mediante el impacto
emotivo ejercido por el candidato rival, mediante el uso de técnicas
proyectivas para descubrir o mostrar la imágen del candidato a las
personas. Por medio de esta, se establece que el candidato es
sincero, elocuente, capaz y todas las razones fijadas para que su
mensaje sea creíble.
En la propaganda de Salas-Romer se
muestra la cara del cambio con razonamientos lógicos que las cosas
no han funcionado y por ende se muestra él como una alternativa poco
vista o percibida durante los últimos años del gobierno chavista.
Uno de los aspectos claves en cualquier
propaganda es la persuasión mediante las relaciones publicas que
tenga ese candidato con respecto a las personas, ya que a través de
ello trata de aumentar su poder de penetración en el público,
además de tener influencia y saber lo que la gente quiere escuchar
por parte de ese candidato.
De acuerdo con el libro nos dice: "La
gente debe ser dirigida mediante la manipulación de sus instintos y
emociones, más que cambiando sus razonamientos. De esto siempre han
echado mano los políticos cuando han tratado de persuadir a sus
electores dirigiéndose a sus sentimientos, en vez de emplear razones
que nunca serian oídas o por lo menos no resultarían efectivas para
sacudir las multitudes". De acuerdo a lo anteriormente expuesto,
el señor Salas-Romer, explota exactamente lo mismo en su propaganda,
al dirigirse hacia los sentimientos encontrados y de desesperación
por parte de las personas.
Ganarse la confianza de la mente
colectiva del público es una tarea monumental, sin embargo la
industria de la publicidad y propaganda parece haberlo logrado.
Uno de los aspectos ligados con los
sentimientos y ligados al índole político es el factor psicológico,
a través de él se estudian todos los aspecto y estrategias a tratar
por determinado candidato, persona o producto para llegar a la
conciencia del colectivo, creando un factor llamado estimulo
respuesta.
Los esfuerzos de los persuasores por
descubrir nuestros hábitos y sentidos ocultos, interesan muchas
veces tan sólo por los imprevistos rasgos nuestros que revelan. Los
investigadores buscan el porque de nuestra conducta de modo que
puedan manipular eficazmente los hábitos y preferencias para ventaja
suya.
La investigación motivacional juega un
gran papel en esta clase de propaganda, ya que tratan de indagar los
motivos que inducen a elegir al candidato, utilizando técnicas
destinadas a llegar al inconsciente y subconsciente. Por ello en la
propaganda anteriormente analizada se resaltan todos los aspectos que
logran, que se construya una clase de mensaje como el dicho por el
candidato en su exposición.
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Snap Shots adage.com/century/
NEWS & RIFLESSIONI
QUI PARLO DI MARKETING E DI
COMUNICAZIONE, CON UN OCCHIO DI RIGUARDO AL MIO LAVORO, IL
COPYWRITING, AL WEB MARKETING E ALLA LINGUISTICA. QUANDO SONO
DISPONIBILI, PUBBLICO ANCHE AGGIORNAMENTI SUI LAVORI CHE HO ESEGUITO
lunedì 12 marzo 2007
LE CINQUE GENERAZIONI DELLA PUBBLICITÀ
Terzo di una serie di cinque articoli
Questa serie di articoli è ripresa da
quella che ho scritto nel 1992 per DORLAND NEWS, l'house organ di
DORLAND-AYER, la più grossa agenzia per la quale ho lavorato, house
organ di cui avrei assunto la gestione operativa alcuni mesi più
tardi.
Lo scopo non è tanto quello di
ripercorrere le tappe storiche della comunicazione di impresa, quanto
piuttosto di capire il perché e il come di una evoluzione a valanga.
La terza generazione: i "Persuasori
Occulti" e la suggestione
È solo dopo la Seconda Guerra
Mondiale, con il conseguente crollo del vecchio ordine politico,
sociale ed economico e la conseguente "colonizzazione"
culturale ed economica dell'Europa impoverita da parte americana, che
anche da noi si sviluppa il marketing vero e proprio che, negli Stati
Uniti, intanto, sta subendo nuove e più importanti trasformazioni.
Come la teoria economica insegna, per
ciascun mercato esiste la tendenza, da parte del leader, a
raggiungere una posizione di monopolio, quando non ne è impedito da
fattori limitanti di natura politica. In America, con la spinta
economica e produttiva dovuta alle commesse belliche e ai programmi
di assistenza per le nazioni sconfitte, ma non solo ad esse, si sono
sviluppate industrie con potenzialità multinazionali che, presto, si
sono stabilite nei territori in cui erano di stanza i G.I. Questo ha
avuto come conseguenza la nascita del marketing strategico secondo la
scuola di Boston (Boston Consulting Group), e di politiche produttive
non più basate su un unico prodotto, o su una sola marca. I grandi
complessi industriali americani, anche se all'epoca non sentivano
ancora la necessita di acquistare filiali all'estero, avevano
tuttavia già posto le premesse per la loro espansione in tutto il
mondo, iniziando la loro ragnatela globale.
Questo è il periodo in cui iniziano a
prendere piede i punti vendita di grande superficie, come i
supermercati e gli ipermercati, che si sostituiscono, poco per volta
ai dettaglianti tradizionali. In essi, evoluzione dello spaccio di
paese come quelli dei film western, il commesso è praticamente
inesistente e bisogna sopperire alla carenza dell'usuale consigliere
d'acquisto con nuove forme di stimolo.
È la pubblicità la protagonista
principale di questa evoluzione del marketing, anche se,
innanzitutto, è alle ricerche di mercato che viene chiesto di
fornire non più solo la composizione del pubblico, la sua
propensione all'acquisto e le motivazioni palesi per tale
comportamento, ma anche, attraverso l'uso della tecnica
psicoanalitica, di recente introduzione, di definire il rapporto
inconscio tra il consumatore e i prodotti, e anche con l'azienda
produttrice. la speranza , come denuncia con veemenza Vance Packard
in un libro che ha fatto epoca, anche se solo per il suo tono
scandalistico, "I Persuasori Occulti", di riuscire a
stabilire un rapporto meccanico tra comunicazione e azione nel
consumatore.
Le ricerche motivazionali di Ernest
Dichter scoprono sì un universo di legami inconsci tra i soggetti
analizzati e i prodotti di consumo, ma ci si rende rapidamente conto
che, ne i meccanismi behavioristici, ne la psicologia della gestalt
possono essere usati come si era sperato, per creare dei riflessi
condizionati di tipo pavloviano. Anche se la dissonanza cognitiva,
ovvero, quella tecnica espressiva che tende a creare uno stato di
malessere nel destinatario della comunicazione commerciale perché
esso vi ponga rimedio acquistando l'oggetto che è la causa del suo
stato di angoscia, ha effetto solo finché il soggetto è in uno
stato di ipersensibilità. Tuttavia ci si rende effettivamente conto
che, nella nuova organizzazione del punto vendita, i meccanismi
inconsci sono quelli che guidano il consumatore all'acquisto
d'impulso.
Inoltre, un'altra nuova tecnica di
ricerca, l'analisi psicografica, permette ora di verificare anche i
rapporti di valore delle diverse fasce di consumo, non più divise
unicamente per gruppi socio-economici, ma soprattutto per gruppi di
affinità? culturale. Nascono i concetti di target e di segmentazione
del mercato, che permettono una più spinta ottimizzazione delle
risorse produttive, della distribuzione e della spesa promozionale.
Per adeguare la comunicazione alla
nuova impostazione del commercio, le agenzie di pubblicità producono
nuove forme di approccio: essenzialmente vengono sviluppati due nuovi
concetti. Il primo è di natura essenzialmente tecnica, la campagna
pubblicitaria integrata, ovvero una serie di azioni di comunicazione
articolata su più media e destinata ad assicurare la copertura in
tutte le fasi della vita del prodotto e in tutto il ciclo di consumo,
concetto espresso con la cosiddetta formula D.A.G.M.A.R. (Definining
Advertising Goals for Measured Advertising Results - Definizione di
Obiettivi di Comunicazione per l'Ottenimento di Risultati
Quantificabili) per la pianificazione delle strategie, e del modello
AIDA per stimolare gli acquisti d'impulso, azioni che, oltretutto, si
avvalgono del grosso successo del nuovissimo arrivato nel settore dei
media, la televisione, con la sua altissima capacità di penetrazione
e di segmentazione del pubblico a seconda delle fasce d'ascolto, ma
con costi iniziali d'acquisto degli spazi estremamente elevati, causa
il passaggio, nella pianificazione e nell'acquisto dei media, dal
concetto di costo contatto a quello di Gross Rating Points (G.R.P.),
ovvero del numero di contatti in target, e a tecniche basate
contemporaneamente sulla valutazione di dati di statistica
macroeconomia e sulle tipologie di consumo dei prodotti, per
l'elaborazione delle quali, oltretutto, si inizia ad avvalersi
dell'assistenza di un altro nuovo miracolo della tecnologia, il
computer.
La seconda innovazione è di ordine
creativo. Nell'elaborazione delle strategie
creative vengono introdotti concetti che rispondono ai nomi di Claim,
Positioning, Consumer's Benefit, Reason Why, Plus, Brand Image,
Desired Consumer Response e Tone of Voice.
I personaggi chiave di questo periodo
della storia della pubblicità sono soprattutto dei copywriter, come
Rosser Reeves della Ted Bates, creatore della formula detta "Unique
Selling Proposition" (U.S.P.), secondo la quale il prodotto deve
essere venduto per una sua proprietà esclusiva, vera se esistente, o
creata ad hoc se esso non presenta alcuna caratteristica di rilievo.
Reeves, però è ancora un pubblicitario della vecchia scuola,
sostenitore della vendita aggressiva, sempre meno accettata dai
consumatori. Siamo arrivati agli anni 'sessanta, il periodo della
contestazione e dell'anticonsumismo ad oltranza. L'industria scopre
che non può più considerare i consumatori esclusivamente come
soggetti passivi, ma che ormai deve restituire sotto forma di
immagine e di gratificazioni per gli utenti una parte dei sui
crediti.
E la pubblicità sforna nuovi eroi,
quali David Ogilvy, che nel suo libro "Confessioni di un
Pubblicitario", uscito nel 1963, è il primo personaggio della
pubblicità a rivolgersi al grosso pubblico per spiegare i "segreti
del mestiere", o come Bill Bernbach, il primo direttore
d'agenzia a privilegiare la creatività pura piuttosto che quella
condizionata dai copy-test e dalla redemption, e che ha prodotto
campagne storiche, come quelle della Volkswagen, proseguita per un
lunghissimo numero di anni con la stessa impostazione, modificando,
volta per volta, unicamente il soggetto degli annunci.
Verificate anche su The
Advertising Century di Advertising Age.
To my English speaking
readers
There is a good deal of
information in English in the sites I quote. Please check the links.
For the usual translation of this page, please check the Google link
below.
BEWARE, IT IS TOTALLY
INACCURATE!
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postato da AAA Copywriter
alle 19:32 8 Commenti Link a questo post
8 Commenti:
sacha catalano ha detto...
Anche se pensavo di non farcela, ho
letto le prime uscite di questa serie di articoli molto
interessanti...
Scoprire l'evoluzione passata
dell'advertising può indicarci la strada che questa attività umana
imboccherà nel futuro.
attendo il seguito con curiosità.
Ciao
12 marzo 2007 22.24
AAA Copywriter ha detto...
Beh, non scappano mica... Ma si, hai
ragione, anche se qui la storia dell'advertising l'ho presa molto
alla leggera (mentre lo sono molto di meno i link e i riferimenti),
l'idea di base, nel rivangare cose scritte 15 anni fa, era proprio
quella. Infatti è il queinto articolo, quello che devo ancora
scrtivere di sana pianta che mi preoccupa. Tirare delle conclusioni
in una situazione così poco definita come quella dell'avertisig di
adesso non sarà facile. Fammi gli auguri! :)
Alex
12 marzo 2007 22.32
MarketingPark ha detto...
Sui "persuasori occulti" ed
un certo tipo di pubblicità, il mio prof. di Lettere in IV°
ginnasio dedicò una intera settimana di lezioni ed esempi.
In quei giorni furono messe da parte le
guerre greco-persiane.
Fu l'inizio di un percorso che si
concluse con la lettura di Eco e del suo "Diario Minimo",
che è rimasto negli anni il mio vademecum-portafortuna.
13 marzo 2007 9.59
AAA Copywriter ha detto...
Ho letto Vance Packard molto in
riitardo rispetto alla pubblicazione, per rimanere inorridito davanti
alle scempiaggini che era riuscito a mescolare a delle indubbie
verità. Ma anche per me Eco è stata una lettura rivelatrice, non
solo con i suoi libri principali, ma anche nelle raccolte di "Bustine
di Minerva", vedi "La notizia Findus" e "L'opera
aperta"...
Alex
13 marzo 2007 10.09
Pier Luca Santoro ha detto...
Divulgativo ma assolutamente
interessante. Sino ad ora ho seguioto tutte "le puntate",
sono davvero curioso di arrivare ai giorni nostri.
Un abbraccio.
Pier Luca Santoro
14 marzo 2007 12.49
AAA Copywriter ha detto...
Si, lo ammetto, l'intento originario
era di spingere la pubblicità emozionale, allora cavallo di
battaglia di Dorland con il claim "L'emozione al potere"
(eravamo nel 1992), ma adesso, adattando l'articolo per il web ho
tentato di rimediare inserendo dei link che danno un'idea molto più
completa dell'argomento. In particolare quello di AD Age. Il quinto
capitolo, allora ne esisteva. Quello lo scriverò ad hoc...
Ricambio l'abbraccio! :)
Alex
14 marzo 2007 12.56
parolamia06 ha detto...
A quando la prossima uscita?
15 marzo 2007 10.46
AAA Copywriter ha detto...
Tra un paio d giorni...
Alex
15 marzo 2007 11.09
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Nome: Alex Badalic
Località: Varese, VA,
Italy
...NON sono una
agenzia di pubblicità e comunicazione creativa specializzata in
strategie di comunicazione, copywriting in lingua, web copywriting e
localizzazione di campagne pubblicitarie. ??AAA Copywriter
Pubblicità Varese sono solo io, Alex Badalic. In pubblicità dal
1969. Dopo anni in azienda, sono stato consulente di numerose imprese
ed agenzie, mi sono occupato di radio, televisione musica, editoria
pubblicità e ho diretto un istituto di ricerche di mercato. Sono un
copywriter strategico e pianificatore di strategie di comunicazione,
freelance dal 1983, e opero come consulente per agenzie di pubblicità
e web agency. Occasionalmente gestisco anche clienti diretti. Scrivo
i miei testi indifferentemente in inglese, francese e tedesco, oltre
che in italiano, sia off-line che per campagne sul Web. Per
me vale ancora il principio di David Oglivy: "Not rules, fools,
tools".
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