L’ESTETICA DEI NOSTRI TEMPI: DALLA MASCHERINA DI LADY GAGA ALLA MODELLA “RACCHIA” ARMINE – QUIRINO CONTI: “DA
SIMBOLO DOLENTE DEL NOSTRO TEMPO, UNA VOLTA IN MANO AGLI STILISTI, LA
MASCHERINA È DIVENTATA LUDICA (E SCOSTUMATA) - COLORO CHE, DA ESPERTI
LOMBROSIANI, SI AVVENTANO SULLE IRREGOLARITÀ FISIOGNOMICHE DI ARMINE,
SONO INCONSAPEVOLI CHE FURONO IRREGOLARI TUTTE LE MODELLE. “INGOBBITE”
PER BALENCIAGA, DEL TUTTO “APPIATTITE” PER CHANEL. È CON L’AVVENTO DELLA
MILANO DA BERE CHE SI TRASFORMANO IN AVVENENTE ESCORT…’’
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L’attuale
parsimonioso spettatore dello Stile Digital – giacché in un passivo
cinefilo virtuale si è trasformato l’antico e irrefrenabile consumatore
della Moda –, l’inattivo guardone del Gusto, non dovrebbe stupirsi che
l’ormai familiare mascherina anti-COVID, tanto scarna e dolente, abbia
avuto perfino gli onori degli MTV Video Music Awards, con lo show di
Lady Gaga; e, come predizione e versione profetica, illustri varianti
(tra l’etnico, il rituale, il cerimoniale e l’erotizzante) nelle più
sontuose ed espressive collezioni degli ultimi anni.
Con
reticoli, ricami e frange in materiali preziosi, lustri e cangianti
sulle pedane di quasi tutti i giapponesi, come anche su quelle di
Alexander McQueen e di John Galliano, fino all’indimenticabile Givenchy
disegnato da Tisci (tanto per limitarci ai vertici).
Giacché
è sempre il ludico (e lo scostumato), assieme al camp, ad anticipare da
orecchianti l’uso meno prevedibile eppure più risolutivo – e in alcuni
casi (quale il nostro) terribilmente realistico – degli oggetti dello
Stile.
maison margela by john galliano ss 2018:19
Come
ora, un’obbligatoria e forzata sobrietà abbrutente che (per taluni una
grazia) ci cancella per metà il volto, simile a una celata o a una
borgognotta. Che la si porti o meno, la mascherina diverrà il simbolo
del nostro tempo. Ed è terribile che lo si sia anticipato proprio con un
gioco sadico.
Ma
tale, e così visceralmente morboso, è l’intreccio tra consapevole e
inconscio nel gioco degli Stili. Fino alla versione filosofica del
problema nascosta dentro la lucida esegesi di un critico di “Vogue”:
“Penso che un gran numero di designer dovrebbero indossare stabilmente
una maschera laddove è la loro bocca”.
riccardo tisci for givenchy ss 2016
Questo
evidentemente vale per molti: soprattutto per quanti, esercitando la
professione dell’arruffapopolo, se ne avvantaggerebbero comunque. Per i
più mangioni, come soggolo, cagoul o copri-pappagorgia; e per tutti gli
altri, tutelando oltre al volto anche il posteriore.
Tutela,
questa, da consigliare tuttavia anche a coloro che in questi giorni, da
esperti lombrosiani, si avventano sulle irregolarità fisiognomiche di
una modella ora sulle bocca di tutti (Armine Harutyunyan). Perfettamente
inconsapevoli – i nuovi studiosi dello Stile – di cosa sia stata e di
cosa sia ancora la dimensione eccezionale di una simile professione.
Da
sempre, infatti, una anomalia formale: un “errore”, quale sintesi
concettuale di una forma che unicamente su quelle proporzioni
strampalate dava il meglio de sé. Famosissime “ingobbite” per
Balenciaga, del tutto “appiattite” per Chanel, furono irregolari tutte
le mannequin-vedette fino all’avvento di Gianni Versace.
È
con quello sguardo fumettistico che la fisionomia della pin-up si
innesta grossolanamente su una genia di semi-dee; mai “belle” come
potrebbero essere delle aspiranti Miss o starlet, ma austere, regali e
concettuali come l’altera clientela che le apprezzava e le applaudiva:
le immortali bête-de-mode.
È
con l’avvento di una neo-plebe – sollecitata dal successo della
cosiddetta Milano da bere – che questa creatura difficile come un
Fontana o un Brancusi si trasforma in avvenente escort. Naturalmente, la
Moda dagli oscuri maneggi non poté che adeguarsi. Peccato, dopo la
sparizione dei sofisticati, evirati cantori, perdere una simile,
preziosa antropologia. Ma ora purtroppo è tempo di fare i conti con chi,
tuonando da ogni orifizio, mette a rischio non l’estetica generale ma
la salute di tutti.