Gustav
Le Bon
Psicologia
delle Folle
(1895)
PREMESSA
Non so
se succede ancora, ma quando digitavi questo PSICOLOGIA DELLE FOLLE
in PDF su digilander.libero.it saltavano fuori gli Antivirus
indemoniati e persino Windows mandava un warning, e Facebook non
permetteva la condivisione del sito in quanto sarebbe stato dannoso
per il computer
Ecco la
ragione per cui metto on line questo lavoro nella speranza che sia
possibile farlo girare per una lettura gratuita.
GUSTAVE
LE BON (1841 - 1931)
Filosofo,
etnologo, psicologo, biologo, per tutta la vita si fece chiamare
professore senza mai aver conseguito neppure una laurea ma
incontrovertibilmente si trattava di un personaggio centrale tra gli
intellettuali francesi e tra le sue mani probabilmente capitò il
lavoro di Seghele ( le date lo confermerebbero) e lui con estrema
intelligenza non solo lo completò ma lo diffuse con una esposizione
chiara ed articolata, tanto che non solo il suo libro gli fece
guadagnare fama internazionale, ma è accertato che divenne un
manuale studiato da Lenin, Stalin, Hitler e Mussolini che addirittura
lo indicò come il suo "libro del comodino" i quali
basarono il loro potere sulla capacità di governare le masse, nuovo
soggetto sociale che si affacciava sulla scena politica della fine
'800 e rimase protagonista di tutto il '900.
Lenin,
Stalin, Hitler lessero meticolosamente l'opera di Le Bon e l'uso di
determinate tecniche
di
persuasione nella loro dittatura sembra ispirato direttamente dai
suoi consigli; ma anche
Mussolini
fu un fervido ammiratore dell'opera dello psicologo francese. "Ho
letto tutta l'opera
di
Le Bon - diceva Mussolini-e non so quante volte abbia riletto la sua
"Psicologia delle folle"
E'
un opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno".
La
leggerezza di certi discorsi fatti da questi dittatori (alcuni li
leggeremo nel penultimo
capitolo
"Le folle elettorali") che hanno esercitato un'influenza
enorme sulle folle, talvolta
stupisce
alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare le
folle, e non per
essere
letti da filosofi. L'oratore si mette in intima comunione con la
folla e sa evocare le
immagini
che la seducono. Le affermazioni sono fatte in modo così
autoritario, che vengono
accettate
a causa del tono che le accompagna. E normalmente queste suggestioni
non sono
accompagnate
da argomenti o prove logiche, esse sono cacciate dentro quali verità
lampanti,
e
sono cristallizzate in epigrammi ed assiomi, che vengono accettati
per veri, in conseguenza
della
apparente arguzia, senza che nessuno pensi ad analizzarli. I sofismi
politici e le
spiegazioni
usuali, appartengono a questa classe.
Il
moderno dittatore, sostiene Le Bon, deve saper cogliere i desideri e
le aspirazioni segrete
della
folla e proporsi come l'incarnazione di tali desideri e come colui
che è capace di
realizzare
tali aspirazioni. Anche in questo caso l'illusione risulta essere più
importante della
realtà,
perché ciò che conta non è portare a compimento tali improbabili
sogni quanto far
credere
alla folla di essere capace: "nella storia -aggiunge Le Bon
-l'apparenza ha sempre
avuto
un ruolo più importante della realtà". Le folle non si
lasciano influenzare dai
ragionamenti.
Le folle sono colpite soprattutto da ciò che vi é di meraviglioso
nelle cose. Esse
pensano
per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. L
'immaginazione popolare é sempre stata la base della potenza degli
uomini di Stato, dei trascinatori di folle, che il più delle volte,
non sono intellettuali, ma uomini d'azione.
Prima
di iniziare l'analisi degli scritti di De Bon è necessaria una
riflessione che ci rimanda alla prima citazione che feci
nell'anteprima: ricordate? Il Generale David Sarnoff che accettando
una laurea ad honorem presso l'Università di Notre Dame tenne una
"lectio magistralis" che trasse in inganno milioni di
persone per decenni. Egli disse: "Siamo troppo propensi a fare
degli strumenti tecnologici i capri espiatori dei peccati di coloro
che li maneggiano. In se stessi i prodotti della moderna tecnologia
non sono né buoni né cattivi, dipende dall'uso che se ne fa."
Come dire che si costruiscono armi che non sono né buone né
cattive, le pistole per esempio se in mano alla polizia uccidono un
criminale sono buone, se in mano ad un criminale uccidono un bambino
sono cattive. Come dire che le torte alle mele non sono né buone né
cattive, dipende dall'uso che se ne fa: portate ad una festa sono
buone, tirate in faccia alla sposa sono cattive, che i pomodori non
sono nè buoni nè cattivi, se ci fai il sugo sono buoni, se li tiri
ad un comizio sono cattivi, vi rendete conto che il discorso è
fuorviante perchè qualunque nuova tecnologia adottiamo essa non farà
che aggiungere, amplificare, accelerare, quello che già siamo. E'
chiaro?
L'analisi
che fa Le Bon e che fecero i dittatori che lo applicarono va
applicata alle nuove tecnologie che altro non fanno che ampliare
amplificare accelerare i fenomeni di massa, che occorre conscere se
vogliamo opporci, perchè solo così facendo si dimezza la forza di
chi li manipola e li maneggia, per diminuire il loro potere, se
proprio non siamo ancora organizzati per vincere...
INTRODUZIONE
Evoluzione
dell'età attuale. -I grandi cambiamenti di incivilimento sono la
conseguenza di
cambiamenti
nel pensiero dei popoli. -La moderna credenza nella potenza delle
folle, e
com'essa
trasforma la politica tradizionale degli Stati. - Come si produce
l'avvento delle classi
popolari
e come si esercita la loro potenza. - Conseguenze necessarie della
potenza delle folle.
Esse
non possono esercitare che un'azione distruttiva. -Come per esse si
compie la
dissoluzione
delle civiltà troppo vecchie. -Ignoranza generale della psicologia
delle folle. Importanza dello studio delle folle: per i legislatori e
gli uomini di Stato.
I
grandi sovvertimenti che precedono i cambiamenti di civiltà,
sembrano, di primo acchito,
determinati
da trasformazioni politiche considerevoli : invasioni di popoli o
rovesciamento di
dinastie.
Ma uno studio attento di tali avvenimenti rivela, più comunemente,
come causa
reale,
dietro le cause apparenti, una modificazione profonda nelle idee dei
popoli. I veri
sconvolgimenti
storici non sono quelli che ci stupiscono con la loro grandiosità e
violenza. Gli
unici
mutamenti importanti, quelli da cui scaturiscono rinnovamenti di
civiltà, si operano
nelle
opinioni, nelle concezioni e credenze. Gli avvenimenti memorabili
sono gli effetti visibili
degli
invisibili cambiamenti dei sentimenti degli uomini. Se essi raramente
si manifestano, si
è
che il fondo ereditario dei sentimenti di una razza è il suo
elemento più stabile.
L'epoca
attuale costituisce uno dei momenti critici in cui il pensiero umano
è in via di
trasformazione.
Due
fattori fondamentali sono alla base di questa trasformazione. Il
primo è la distruzione
delle
credenze religiose, politiche e sociali da cui derivano tutti gli
elementi della nostra
civiltà.
Il secondo, la creazione di condizioni d'esistenza e di pensiero
interamente nuovi
creati
dalle moderne esigenze delle scienze e dell'industria.
Le
idee del passato, benchè scosse, essendo ancora potentissime, e
quelle che dovranno
sostituirle
non essendo che in via di trasformazione, l'età moderna rappresenta
un periodo di
transizione
e d'anarchia. Da un tal periodo, necessariamente un po' caotico, non
è facile dire
per
ora ciò che un giorno potrà scaturire. Su quali idee fondamentali
si edificheranno le
società
che seguiranno alla nostra ? Lo ignoriamo ancora. Ma, fin da ora, si
può prevedere
che,
nella loro organizzazione, esse avranno a che fare con una nuova
potenza, ultima sovrana
dell'età
moderna: la potenza delle folle. Sulle rovine di molte idee, già
tenute per vere e oggi
morte,
sulle rovine di molti poteri, via via spezzati dalle rivoluzioni,
questa forza è l'unica che
si
sia innalzata, e par voglia assorbire ben presto le altre. Mentre le
nostre antiche credenze
vacillano
e scompaiono, e le vecchie colonne a mano a mano sprofondano,
l'azione delle folle
è
l'unica forza non minacciata e il cui prestigio ogni giorno si
accresce. L'epoca in cui
entriamo,
sarà veramente l' Era delle folle.
Or
è appena un secolo, la politica tradizionale degli Stati e le
rivalità dei principi costituivano i
capitali
fattori degli avvenimenti. Quasi sempre, l'opinione delle folle non
contava. Oggi le
tradizioni
politiche, le tendenze individuali dei sovrani, le loro rivalità,
pesano poco. La voce
delle
folle è diventata preponderante. Detta ai re la loro condotta; e non
più nei consigli dei
principi,
ma nell'anima delle folle, si preparano i destini delle nazioni.
L'assunzione
delle classi popolari alla vita politica, la loro progressiva
trasformazione in classi
dirigenti
è una delle caratteristiche più profonde della nostra epoca di
transizione. Tale
avvento
non è stato veramente portato dal suffragio universale che tanto
poco ha influito per
lungo
tempo e in senso tanto facile agli inizi.
L'origine
della potenza delle folle si è dapprima verificata per il propagarsi
di certe idee
lentamente
radicatesi negli spiriti, poi per la graduale associazione degli
individui che porta
alla
realizzazione di concezioni un tempo teoriche. L'associazione ha
permesso alle folle la
formazione
di idee, se non giustissime, per lo meno ben decise nei loro
interessi e di assumere
coscienza
della loro forza. Esse fondano dei sindacati dinanzi ai quali tutti i
poteri capitolano,
borse
del lavoro che, a dispetto delle leggi economiche, tendono a
governare le condizioni del
lavoro
e del salario. Inviano nelle assemblee governative rappresentanze
prive di ogni
iniziativa,
di ogni indipendenza, e ridotte, il più delle volte, a essere
semplici portavoce dei
comitati
che le hanno scelte.
Oggi
le rivendicazioni delle folle si fanno sempre più precise, e tendono
a distruggere dalle
basi
la società attuale, per ricondurla a quel comunismo primitivo che fu
lo stato normale di
tutti
gli aggregati umani prima dell'aurora della civiltà. Limitazione
delle ore di lavoro,
espropriazione
delle miniere, delle ferrovie, delle officine e della terra;
ripartizione equanime
dei
prodotti, eliminazione delle classi superiori a vantaggio delle
classi popolari, ecc. Tali sono
queste
rivendicazioni. Poco atte al ragionamento, le folle si mostrano
invece adattissime
all'azione.
L'attuale organizzazione conferisce ad esse una forza immensa. I
dogmi che noi
vediamo
nascere acquisteranno ben presto la potenza dei vecchi dogmi, vale a
dire la forza
tirannica
e sovrana che mette al sicuro dalla discussione. Il diritto divino
delle folle sostituisce
il
diritto divino dei re.
Gli
scrittori favoriti della nostra borghesia, e che meglio rappresentano
le sue idee un po'
anguste,
le sue vedute un po' corte, il suo scetticismo un po' sommario, il
suo egoismo a volte
eccessivo,
si impauriscono dinanzi al nuovo potere che essi vedono aumentare, e,
per
combattere
il disordine degli spiriti, rivolgono i loro disperati richiami alle
forze morali della
Chiesa,
un tempo da loro disdegnata. Parlano del fallimento della scienza, e
ci rammentano
gli
insegnamenti delle verità rivelate. Ma questi nuovi convertiti
dimenticano che se la grazia
li
ha veramente toccati, essa non potrebbe avere la stessa potenza su
anime poco preoccupate
dell'altra
vita. Oggi le folle non vogliono più gli dei che i loro vecchi
maestri avevano già
rinnegato
e infranto. I fiumi non risalgono verso la sorgente.
La
scienza non é incorsa in nessuna bancarotta e nulla teme
dall'attuale anarchia degli spiriti
né
dalla nuova potenza la quale, in mezzo a questa anarchia, si
accresce. Essa ci ha promesso
la
verità, o almeno la conoscenza delle relazioni accessibili alla
nostra intelligenza; non ci ha
mai
promesso né la pace, né la tranquillità. Sovranamente indifferente
ai nostri sentimenti,
non
ode le nostre suppliche e nulla varrebbe a far rivivere le illusioni
che essa ha fatto
dileguare.
Sintomi
universali mostrano in tutte le nazioni il rapido accrescersi della
potenza delle folle.
Qualunque
cosa ci apporti, dobbiamo subirla. Le recriminazioni non sarebbero
che vane
parole.
L'avvento delle folle segnerà forse una delle ultime tappe delle
civiltà occidentali, un
ritorno
verso quei periodi di incerta anarchia che preludono al sorgere delle
nuove società.
Ma
come impedirlo?
Fino
a qui le grandi distruzioni di vecchie civiltà hanno costituito il
compito più chiaro delle
folle.
La storia insegna che nel momento in cui le forze morali, impalcatura
di una società,
hanno
perduto la loro efficacia, la finale dissoluzione é effettuata da
quelle moltitudini
incoscienti
e brutali giustamente qualificate barbariche. Le civiltà sono state,
fin qui, create e
guidate
da una piccola aristocrazia intellettuale, mai dalle folle. Queste
non hanno che la forza
di
distruggere. La loro dominazione rappresenta sempre una fase di
disordine. Una civiltà
implica
regole fisse, disciplina, passaggio dall'istintivo al razionale,
previdenza dell'avvenire,
un
grado elevato di cultura, condizioni totalmente inaccessibili alle
folle abbandonate a se
stesse.
Per la loro potenza unicamente distruttiva, esse operano come quei
microbi che
aiutano
la dissoluzione dei corpi debilitati o dei cadaveri. Quando
l'edificio di una civiltà é
infestato
di vermi, le folle compiono la distruzione. Allora si rivela la loro
funzione. Per un
istante,
la forza cieca del numero diventa la sola filosofia della storia.
Avverrà
lo stesso per la nostra civiltà ? C'è da temerlo, ma lo ignoriamo
ancora. Poiché delle
mani
imprevidenti hanno via via rovesciato tutte le barriere che potevano
contenere le folle,
rassegniamoci
a subire il loro dominio. Gli psicologi professionisti, vissuti
lontano da loro, le
hanno
sempre ignorate, e non se ne sono occupati che dal punto di vista dei
delitti che esse
possono
commettere. Le folle criminali esistono senza dubbio, ma vi sono
anche folle
virtuose,
folle eroiche e anche molte altre. I delitti delle folle non
costituiscono che un caso
particolare
della loro psicologia, e ciò non farebbe conoscer meglio la loro
costituzione
mentale
di quel che si possa conoscere quella di un individuo, descrivendone
soltanto i vizi.
A
dire il vero, i padroni del mondo, i fondatori di religioni o di
imperi, gli apostoli di tutte le
credenze,
i più grandi uomini di Stato, e, in una sfera più modesta, i
semplici capi di piccole
collettività
umane, sono stati sempre psicologi incoscienti, che avevano
dell'anima delle folle
una
conoscenza istintiva, spesso sicurissima. Conoscendola bene, ne sono
facilmente
diventati
i padroni. Napoleone penetrava meravigliosamente la psicologia delle
folle francesi,
ma
a volte disconobbe completamente quella delle folle di razze
differenti (*).
(*)
I suoi più sottili consiglieri, non la compresero di più.
Talleyrand gli scriveva che « la
Spagna
avrebbe accolto come liberatori i suoi soldati ». Invece li accolse
come bestie feroci.
Uno
psicologo, edotto degli istinti ereditari della razza, avrebbe potuto
facilmente
prevederlo.
Questa
ignoranza gli fece intraprendere, specialmente in Spagna e in Russia,
delle guerre che
prepararono
la sua caduta. La conoscenza della psicologia delle folle costituisce
la risorsa
dell'uomo
di Stato che vuole non governarle - ciò é diventato assai difficile
- ma per lo meno
non
essere troppo governato da esse.
La
psicologia delle folle mostra a qual punto le leggi e le istituzioni
esercitano scarsa azione
sulla
loro natura impulsiva e come esse siano incapaci d'avere qualsiasi
opinione al di fuori di
quelle
che sono loro suggerite. Delle regole derivate dalla pura equità
teorica, non saprebbero
condurle.
Soltanto le impressioni fatte nascere dalla loro anima, possono
sedurle. Se un
legislatore
vuole stabilire, ad esempio, una nuova imposta, dovrà scegliere la
più giusta
teoricamente?
Niente affatto. La più ingiusta potrà essere praticamente la
migliore per esse,
se
tale imposta é in apparenza meno visibile e onerosa.
E
così, che un'imposta indiretta, anche esorbitante, sarà sempre
accettata dalla folla. Essendo
giornalmente
prelevata su oggetti di consumazione, a frazione di centesimo, non
preoccupa le
sue
abitudini e suscita poca apprensione. Sostituitela con un'imposta
proporzionale sui salari
o
altri redditi, da pagarsi in un unico versamento, foss'anche dieci
volte meno oneroso
dell'altro,
essa solleverà unanimi proteste.
Ai
centesimi invisibili di ogni giorno si sostituisce, infatti, una
somma totale relativamente
elevata,
destinata a impressionare. Essa passerebbe inosservata se fosse stata
messa da parte
soldo
per soldo; ma questo procedimento economico rappresenta una dose di
previdenza del
quale
le folle sono incapaci.
L'esempio
citato mostra in modo lampante la loro mentalità. Essa non era
sfuggita a uno
psicologo
come Napoleone; ma i legislatori, ignorando l'anima delle folle, non
saprebbero
comprenderla.
L'esperienza non ha loro ancora abbastanza insegnato che gli uomini
non si
guidano
mai con le prescrizioni della pura ragione.
Molte
applicazioni potrebbero essere fatte in proposito. La conoscenza
della psicologia delle
folle
getta una viva luce su una quantità di fenomeni storici ed economici
totalmente
incomprensibili
senza di essa. Non foss'altro che per pura curiosità, lo studio di
tale
psicologia
meriterebbe di essere tentato. Investigare i moventi delle azioni
degli uomini é
interessante
quanto studiare un minerale, una pianta.
Il
nostro studio dell'anima delle folle non potrà essere che una breve
sintesi, un semplice
riassunto
delle nostre ricerche. Bisogna accontentarsi soltanto di qualche
suggestivo aspetto
della
questione. Altri scaveranno di più il solco. Per intanto noi non
faremo che tracciarlo su
un
terreno ancora inesplorato (*).
(*)
I rari autori che si sono occupati dello studio psicologico della
folla, l'hanno esaminata lo
dicevo
più sopra -unicamente dal punto di vista criminale. Non avendo
consacrato a
quest'ultimo
soggetto che un breve capitolo, rimanderò i lettori agli studi del
Tarde e
all'opuscolo
dei Sighele: "Le folle criminali". Quest'ultimo lavoro non
contiene un'idea soda
dell'autore,
ma é una compilazione di fatti preziosi per gli psicologi. Le mie
conclusioni sulla
delinquenza
e la moralità della folla sono, del resto, completamente contrarie a
quelle dei
due
scrittori or ora citati. Nelle mie opere, e specialmente ne La
psicologia del Socialismo, si
troverà
qualche conseguenza delle leggi che governano la psicologia delle
folle. Tali
conseguenze
possono, del resto, essere utilizzate nei soggetti più disparati.
Gevaert,
direttore
del Conservatorio reale di Bruxelles, ha trovato recentemente una
notevole
applicazione
delle leggi da noi esposte in un lavoro sulla musica, assai
giustamente da lui
qualificata
«arte della folla». « Sono state le vostre due opere - mi scriveva
quell'eminente
professore,
inviandomi il suo lavoro - a darmi la soluzione di un problema
considerato fin
qui
come insolubile: l'attitudine grandissima di ogni folla a sentire
un'opera musicale
recente
o antica, indigena o straniera, semplice o complicata, purché essa
sia prodotta da
una
esecuzione e da esecutori diretti da un capo entusiasta". Il
Gevaert dimostra
ammirevolmente
perché "un'opera rimasta incompresa (perchè poco estetica) a
musicisti
emeriti
che lessero lo spartito nella solitudine del loro studio, é poi
afferrata di colpo da un
uditorio
privo di ogni cultura tecnica". Egli spiega inoltre assai bene
perché queste
impressioni
estetiche non lasciano alcuna traccia.
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