BEZOS PIGLIATUTTO - AMAZON E' IL NUOVO
GRANDE INDIZIATO DELLE AUTORITÀ ANTITRUST E PRIVACY - CI SONO GLI
ACQUISTI ONLINE, CERTO. MA È PURE IL PIÙ GRANDE PROVIDER DI SERVIZI IN
CLOUD AL MONDO, SU CUI PASSANO PURE I VIDEO DI NETFLIX; HA L'ASSISTENTE
VOCALE ALEXA E GLI SMART SPEAKER ECHO; PRODUCE ABITI, FILM E SHOW TV E
LI DISTRIBUISCE; PUBBLICA LIBRI, EBOOK E PODCAST; E POI RICONOSCIMENTO
FACCIALE; VIDEOGAME IN STREAMING; NEGOZI, SUPERMERCATI, CENTRALI
ELETTRICHE
-
Davide Casati e Martina Pennisi per il ''Corriere della Sera - L'Economia''
C'
è un nuovo Grande indiziato da parte delle autorità antitrust e dei
garanti della privacy di tutto il mondo. E il suo nome è Amazon. Dopo
anni nei quali a finire sotto la lente delle authority - europee, in
primis: e poi statunitensi - sono stati Google (tre sanzioni in tre
anni, solo dalla Commissione Ue) e Facebook (la cui reputazione è stata
talmente colpita nel corso del suo biennio horribilis, il 2017-2018, da
spingere il suo fondatore ad annunciare una rivoluzione nel modello di
business dell' azienda), l' attenzione inizia a concentrarsi anche sulla
società fondata da Jeff Bezos.
E
la causa è anzitutto nel sempre più vasto scollamento tra quello che
per tutti è Amazon - il marchio che ha reso gli acquisti online una
pratica naturale, e ubiqua - e quello che davvero è Amazon: un' azienda
quasi impossibile da evitare. Per chiunque si muova online, ma anche
fuori dal mondo della Rete.
Un'
esagerazione? No: e basta dare un' occhiata all' ampiezza dell' impero
con il rassicurante logo del sorriso. Ci sono gli acquisti online,
certo: dove Amazon veste la molteplice veste di negozio, negoziante e
postino. C' è il mondo della pubblicità online, affamata della
profilazione garantita dal gigante di Bezos, e che per Amazon vale 2,7
miliardi di dollari, secondo i conti del primo trimestre 2019, con una
crescita del 36% rispetto all' anno precedente (negli ultimi trimestri
2018 era andata ben oltre il 100 per cento e sta iniziando a dare
fastidio a Google e Facebook, che fino a qualche anno fa si spartivano
il mercato).
Ma c'
è molto, molto di più: Amazon è il più grande provider di servizi in
cloud al mondo, tramite Amazon Web Services, vero motore di ricavi dell'
azienda (qui lo scontro è con Microsoft e, ancora, Google). E se la
dizione «servizi in cloud» vi sembrasse generica, pensate che ogni volta
che guardate un film su Netflix, o usate l' app di messaggistica Slack,
lo state facendo sui server di Amazon.
L'
azienda di Bezos sta dietro l' assistente vocale Alexa e gli smart
speaker Echo (leader mondiali e «in guerra» con Apple e, ancora,
Google). Ha dato vita a marchi di abiti; produce film e show tv e li
distribuisce con la sua tv (sulla quale decide quali contenuti dei
concorrenti ospitare o meno, esattamente come fanno i rivali, obbligando
i consumatori a dotarsi di più dispositivi e servizi); pubblica libri
(che offre sui suoi ereader, i Kindle) e podcast; offre tecnologie per
il riconoscimento facciale; è leader mondiale di videogame in streaming;
possiede negozi fisici, catene di supermercati, centrali elettriche.
Amazon dà lavoro a oltre 600 mila persone: più del doppio di Google,
Facebook e Microsoft messe insieme.
jeff bezos e mackenzie tuttle 1
Il
punto, per dirla con le parole di Christopher Mims del Wall Street
Journal, è che le dimensioni di Amazon sono un problema per la stessa
Amazon. E le spine - almeno dal punto di vista regolatorio - sono di tre
tipi, come spiega Giovanni Pitruzzella, ex Garante per la concorrenza
del mercato in Italia dal 2011 al 2018. «Ci sono anzitutto rischi di
abuso di posizione dominante, per i quali ad esempio l' autorità
italiana ha aperto un' istruttoria su Amazon poche settimane fa», spiega
al Corriere. «C' è poi il tema dell' uso dei dati, sia sotto il profilo
della concorrenza, sia sotto quello della privacy. E infine c' è quello
delle clausole contrattuali, di fronte alle quali i consumatori
potrebbero trovarsi in condizione di impotenza».
Quello
dell' Antitrust è il tema più caldo, per Bezos. La Commissione europea
ha lanciato un' indagine, ormai vicina alla conclusione, sull' utilizzo
dei dati da parte della piattaforma: il sospetto è che il «centro
commerciale» Amazon utilizzi le informazioni che ha sui «negozi» che
ospita per anticiparne le contromosse, e favorire la vendita diretta di
prodotti da parte del suo negozio. «Il Garante italiano - spiega
Pitruzzella - ha indicato come ormai oltre la metà dei consumatori,
quando deve fare acquisti online, si muova direttamente su Amazon: un
tempo si utilizzavano i motori di ricerca».
JEFF BEZOS ALLA PARTENZA DEI LAVORI PER L AEROPORTO DI AMAZON
E
il problema rischia di acutizzarsi con il diffondersi degli assistenti
vocali nelle case dei cittadini: non potendo il consumatore osservare
con un solo colpo d' occhio più offerte, cresce il peso delle prime
risposte date dall' assistente a qualsiasi richiesta. Insomma: l'
attività dell' antitrust nell' epoca degli smart speaker prende il via
con due domande, secondo Pitruzzella: «Con quali criteri funziona l'
algoritmo? Cosa pone in evidenza, e in base a quali caratteristiche?».
Legato
a doppio filo al tema degli assistenti vocali, ma non solo, c' è l'
altro fronte rovente: quello della protezione dei dati personali. «Che
uso ne viene fatto», si chiede il Garante europeo per la Privacy,
Giovanni Buttarelli, confermando come Amazon sia «il nuovo grande
indiziato» delle autorità. Nel corso delle ultime settimane, la casa di
Seattle è stata accusata negli Usa di violare la privacy dei bambini con
gli smart speaker Echo Dot Kids; in un altro caso, è emerso che una app
(di Amazon: Neighbors) collegata ai citofoni intelligenti (di Amazon:
Ring) consente agli utenti di ricevere informazioni su «attività
sospette» e «crimini» commessi nel proprio quartiere, notificate in
tempo reale.
AMAZON E IL SUO AEROPORTO
Non
solo: Amazon dispone, negli Stati Uniti, di una licenza per vendere
farmaci, e Alexa permette di dialogare con una app, Livongo, che
monitora i livelli del sangue. Si tratta, spiega ancora Buttarelli, di
dati estremamente sensibili, per i quali la protezione va tenuta a
livelli più alti. E ancora, un brevetto depositato sempre negli Usa
rivela l' intenzione del colosso di far registrare ai suoi smart speaker
tutto quello che sentono, senza dover essere chiamati in causa dal loro
possessore con la parola d' ordine (e di controllo) «Alexa», come
accade adesso. Ed è di fronte alla rapidità di questi sviluppi, continua
il Garante, che spesso «il diritto non è del tutto pronto, e la
cassetta degli attrezzi a disposizione delle autorità rischia di essere
inadeguata».
Di
fronte alle accuse, i giganti web rispondono sottolineando la propria
adesione alle norme vigenti - a partire dal regolamento europeo per la
protezione dei dati personali - e l' efficienza dei propri servizi,
giustificazione ultima del loro successo (e del loro potere).
Pitruzzella e Buttarelli non sembrano sicuri che possa bastare.
«Internet è come Giano, ha due volti», spiega l' ex Garante.
«Da
un lato ha aumentato enormemente le possibilità di scelta, e l' offerta
di servizi, molti dei quali gratuiti. Dall' altro, a fare da motore a
quei servizi sono dati personali per i quali è necessario chiedere e
garantire la massima tutela: per evitare posizioni monopolistiche, e per
proteggere davvero i cittadini».
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