ALDO GRASSO - ''LA TV NON INFLUENZA PIÙ NESSUNO? MOLTI
PENSAVANO CHE LA PUNTATA DI ''REPORT'' SUL CASO METROPOL SAREBBE STATO
L'INIZIO DELLA FINE PER SALVINI. MA NON E' ANDATA COSÌ, VISTO IL TRIONFO
DELLA LEGA IN UMBRIA. IL MONDO È IPER-CONNESSO E INTERNET, È PROPAGANDA
MOLTO PIÙ EFFICACE DI ALTRI MEDIA. UN'INCHIESTA DI MESI VALE QUANTO UN
SENTITO DIRE SU FACEBOOK''
-
Per
anni, dopo una puntata di Report condotto da Milena Gabanelli ho
ricevuto lettere, mail e post all' insegna della rassegnazione. Il tono
era sempre lo stesso: perché dopo una simile denuncia le forze dell'
ordine non sono intervenute? Per anni ho cercato di spiegare che i tempi
della magistratura e i tempi della tv sono diversi, molto diversi. Per
questo, a fine stagione, la Gabanelli si premurava di farci sapere l'
esito di alcune inchieste.
FABIO FAZIO INCHIESTA REPORT
Dopo
le puntate di Report di lunedì della scorsa settimana e dell' altro
ieri su Rai3 è successo qualcosa di analogo, riguardante però l'
efficacia della tv. Come saprete, Sigfrido Ranucci ha presentato un'
inchiesta di Giorgio Mottola sul presunto scandalo del Metropol di Mosca
in cui sono rimasti impigliati Matteo Salvini (seppur non indagato) e
il suo ex portavoce Gianluca Savoini, personaggio molto inquietante.
Report
ha raccontato di trattative della Lega per i soldi e il petrolio russo e
della nascita di un asse tra forze estremiste in Russia e negli Stati
Uniti: la «Fabbrica della paura». La forza della tv!
report e la trattativa tra savoini e i russi 14
Secondo
alcuni lettori, una simile puntata (rafforzata dalla seconda), avrebbe
fatalmente dato inizio al declino di Salvini. Evidentemente le cose non
sono andate così, visto il trionfo della Lega in Umbria. Tv, opinione
pubblica e magistratura continuano ad avere tempi differenti e, in tutta
onestà, non sappiamo come andrà a finire la storia dei presunti
finanziamenti russi.
report e la trattativa tra savoini e i russi 16
Ma
l'«istituzione tv», non influenza più nessuno? Il mondo intero è ora
iper-connesso e internet, nell' ambito della propaganda, è molto più
efficace di altri media. La rete ha fatto saltare la tradizionale
gerarchia delle notizie con il risultato che un' inchiesta durata mesi
vale quanto un sentito dire su Facebook. In epoca di social, l'
indistinta valanga dei social, il controllo delle notizie non pare più
necessario: contano di più le visioni estreme e le notizie false.
report e la trattativa tra savoini e i russi 1salvini savoini report e i soldi della legareport e la trattativa tra savoini e i russi 8report e la trattativa tra savoini e i russi 2report e la trattativa tra savoini e i russi 5report e la trattativa tra savoini e i russi 6
LA GUERRA DIGITALE È ALLE PORTE - PERCHÉ IL
5G È COSÌ IMPORTANTE NEGLI EQUILIBRI GEOPOLITICI DEL FUTURO? PERCHÉ CHI
HA IL PRIMATO DELLA RETE AVRÀ IL CONTROLLO DI TUTTA LA TECNOLOGIA
CONNESSA, DALLE SMART CITIES AI FRIGORIFERI FINO AGLI OSPEDALI PASSANDO
OVVIAMENTE PER I VOSTRI TELEFONINI - IL LIBRO DI LUCA E FRANCESCA
BALESTRIERI
-
5G.
Una sigla che è la promessa di una seconda rivoluzione digitale, con
impatti dirompenti e imprevedibili nell'economia globale e nel tessuto
socio-culturale dei continenti. E che sul piano politico sta scatenando
una nuova guerra fredda per il controllo tecnologico. Stati Uniti e
Cina, i due estremi di un mondo bipolare, che misurano la loro forza
hi-tech sui derivati del 5G: l'intelligenza artificiale, l'Internet of
Things, l'automazione intelligente, lo sviluppo di supercomputer con
tecnologia quantistica.
Una
vera Guerra digitale, come recita il titolo del libro di Luca
Balestrieri, dirigente Rai e docente di economia e gestione dei media
all'Università Luiss, scritto insieme alla figlia Francesca Balestrieri,
ricercatrice nel campo della matematica pura. «La rivoluzione digitale
odierna non è solo la prosecuzione degli ultimi tre decenni di
trasformazione digitale» iniziata con la diffusione dei computer,
Internet, telefoni cellulari, poi smartphone, spiega Balestrieri, «ma è
paragonabile al primo industrialismo di fine 700, è come possedere il
primato dell'elettricità».
LUCA BALESTRIERI
IL CONTROLLO
Non
solo, quindi, il controllo di una singola tecnologia, perché il 5G è
l'abilitatore di una serie di progressi tecnologici interconnessi, che
formano un cluster tecnologico. «Il 5G cambia il paradigma dello
sviluppo industriale e poiché siamo in un mondo iperconnesso, gli
scontri per averne il controllo anche a costo di invertire il processo
di globalizzazione è più immediato».
smart city 2
Ecco
allora che in Guerra digitale gli autori analizzano i macro segmenti
tecnologici che misurano il terreno di scontro: la realizzazione di
supercomputer dotati di chip che superano la logica binaria, e si
fondano sul calcolo quantistico (quantum computing), il deep learning
basato su «sistemi di reti neurali artificiali, che prendono a modello
il cervello umano», lo sviluppo della robotica «con la danza dei robot
che gestiscono i giganteschi magazzini di Amazon o di Alibaba», si legge
nel libro.
smart city
IL CASO GOOGLE HUAWEI BY OSHOLA GUERRA DI DONALD TRUMP A HUAWEI
E
ancora le smart cities, con l'esempio di Hangzhou, metropoli cinese con
sei milioni di abitanti, solo una delle cinquecento città del Paese
impegnate a trasformarsi in città intelligenti attraverso la
riorganizzazione dei servizi urbani. Lo sviluppo delle nuove tecnologie
ha messo in connessione i grandi gruppi, Google, Amazon, Apple, Facebook
da una parte, e Alibaba, Huawei, Tencent dall'altra solo per citare i
big players con l'apparato politico e statale dei rispettivi paesi.
trump xi jinping
«Il
5G ha velocizzato lo scontro rendendolo più brutale. Obama si era reso
conto di essere indietro nelle telecomunicazioni, ma Trump ha innescato
la conflittualità geopolitica, cercando di colpire aggressivamente
l'avversario, tentando di rompere le supply-chain del 5G prima che si
sviluppassero» spiega Balestrieri. In Cina invece si cerca di giocare
d'anticipo, «costruendo la sfida tecnologica su una crescita economica,
partendo dallo sviluppo di tecnologie rivolte al mercato da parte di
soggetti che operano nel mercato», si legge nel testo.
LA FILIERA
Un
esempio è quello del colosso Alibaba, «che presidia tutta la filiera,
dal supercomputer fino al portatile per vedere le serie tv. E Amazon
segue l'esempio». In Cina sono avanti anche nella fornitura di prodotti e
servizi finanziari, «dove hanno bypassato il pagamento con le carte di
credito, passando direttamente agli smartphone».
proteste contro il 5g 3
5g
Balestrieri
è convinto che il vero carburante del 5G siano i dati, con tutti i
problemi già noti sul rischio della perdita di privacy e della
limitazione della libertà individuale. E i consumatori costituiscono
«una miniera di dati per l'IA, il cuore di questa nuova rivoluzione
digitale, che impara mangiando dati, per realizzare servizi sempre più
efficienti che conquistano il consumatore, disposto a dare ancora più
dati, creando un circolo molto virtuoso, essenziale per chi controlla le
tecnologie».
5g smart citydonald trump xi jinping
Ecco
perché nel bipolarismo America-Cina, in cui gli oligopoli digitali si
muovono in stretto contatto con il sistema-paese, bisogna essere i
primi. E chi sta nel mezzo? «Il 5G creerà vincenti e perdenti a livello
mondiale. L'Europa - stretta tra i due blocchi- rischia di essere
ridotta a una miniera di dati, pur avendo soggetti industriali molto
forti, ma deve avere una visione integrata di politica industriale». E
l'Italia? «Ci sono molte startup, programmi per lo sviluppo del 5G,
tante potenzialità ma bisogna avere logiche competitive continentali e
muoversi più rapidamente».
IL LIBRO FONDAMENTALE SUL ''CAPITALISMO
DELLA SORVEGLIANZA'' ESCE IN ITALIANO: SHOSHANA ZUBOFF ATTRIBUISCE A
FACEBOOK LA QUALIFICA DI ''UNTORE'', MA IL VERO CATTIVO DEL LIBRO È
GOOGLE. DOPO UN INIZIO IDEALISTA, I DUE FONDATORI PAGE E BRIN HANNO
ADOTTATO L'ESTRAZIONE DI DATI CHE ORMAI È IN GRADO DI ANTICIPARE IL MODO
DI PENSARE DEGLI UTENTI, DI FATTO INFLUENZANDOLI - IL ROBOT CHE PULISCE
I PAVIMENTI, IL MATERASSO CHE REGISTRA LA "QUALITÀ" DELLE NOTTI, IL
TERMOSTATO, IL CITOFONO E LE TELECAMERE DI CASA INCORPORANO DEI GIUDIZI
SULLA NOSTRA VITA ATTRAVERSO CUI ESERCITANO FORME DI AUTORITÀ
-
Quando
guardiamo uno schermo elettronico viviamo un' esperienza che non è nota
in natura: non guardiamo attraverso un vetro, né uno specchio, ma ci
facciamo guardare da esso.
Ho cominciato a
leggere il libro di Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza,
su un lettore elettronico mentre ero seduto sulla "red line" che mi
portava da Harvard al centro di Boston e il cui biglietto avevo pagato
con la carta di credito. Sceso vicino al Commons, il parco urbano, ho
acquistato un paio di giornali con una app del telefono e ho voluto
provare una terribile "acqua di cocco" servita in una corretta bottiglia
di vetro.
dont be evil google
Infine
ho camminato fino a South Station dove ho preso la "silver line" che
conduce all' aeroporto. A quel punto, in attesa del volo per Washington,
ho calcolato quante informazioni elettroniche avevo lasciato dietro di
me e quale profilo ne sarebbe risultato. I giornali scelti, la lunga
camminata, i mezzi pubblici, le sottolineature sul libro e ovviamente l'
acqua di cocco mi smascheravano come un potenziale elettore di
Elizabeth Warren e fiero sostenitore di Greta. Vero o no. Che io lo
volessi oppure no.
Sappiamo
che esiste un rischio nel collegamento tra tecnologia e democrazia. L'
ingenua visione delle piattaforme attraverso cui si esprime la volontà
del popolo è ridicolizzata dalla realtà. Ma non è la realtà dell' ubiqua
sorveglianza che mi ha colpito, bensì il fatto che stia avvenendo sotto
i nostri occhi senza che ne siamo sufficientemente allarmati. Come cioè
se fosse già parte della normale vita quotidiana. Il libro di Zuboff
spiega quanto poco normale tutto ciò sia.
SHOSHANA ZUBOFF IL CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZA
La
denuncia va oltre il caso di Cambridge Analytica, la società in grado
di usare i dati personali di Facebook per contribuire all' elezione di
Donald Trump. Secondo Zuboff aziende come Google stanno costruendo un
nuovo ordine economico la cui materia prima è l' esperienza della vita
umana. Qualsiasi cosa facciamo vale come fonte di dati che servono non
solo ai fini economici, ma a trasformare la vita stessa, secondo un
meccanismo senza fine.
Se
un comportamento non è conveniente al conto economico di una compagnia
di assicurazione, dati e prezzi permetteranno di dissuadere l' utente.
Il frigorifero che ordina le birre, il robot che pulisce i pavimenti, il
materasso che registra la "qualità" delle nostre notti, il termostato,
il citofono e le telecamere di casa incorporano dei giudizi sulla nostra
vita - non necessariamente morali - attraverso cui esercitano forme di
autorità.
SHOSHANA ZUBOFF IL CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZA
Tutto
ciò avviene al di fuori della tradizionale reciprocità dello scambio
economico, nel quale ognuno di noi acquista un bene o un servizio in
cambio di denaro. Nello scambio digitale sono le mie stesse informazioni
a mettermi in condizione di inferiorità rispetto al venditore, che sa
tutto di me senza che io sappia nulla di lui. Questa confutazione del
rapporto tra consumatore e tecnologia come ultima iterazione dell'
industrializzazione è forse la parte più convincente dell' inquadramento
di Zuboff e meriterebbe di essere esteso in una più ampia valutazione
del capitalismo in tutte le attività immateriali, finanza compresa.
Se
Zuboff attribuisce a Facebook la qualifica di «untore del capitalismo
della sorveglianza», il vero cattivo del libro è Google. Dopo un inizio
idealista, i due fondatori Larry Page e Sergey Brin hanno adottato l'
estrazione di dati utili all' analisi predittiva dei comportamenti,
aprendo la strada alle pubblicità mirate, portatrici di profitti per l'
azienda attraverso algoritmi mai rivelati, in grado di anticipare il
modo di pensare degli utenti, di fatto influenzandoli. Si tratta di un
potere disponibile solo a pochi super-esperti a patto che dispongano
anche dei capitali per costruire un' adeguata capacità computazionale e
trasformare l' intera internet in una rete da pesca per gli
inserzionisti.
"Street
view" e la mappatura di Google-Earth, per esempio, costituiscono il
panottico benthamita dei tempi moderni che corrisponde allo spirito del
tempo - la sorveglianza appunto - emerso dopo l' 11 settembre 2001. A
chiudere il cerchio sono state la campagna di Barack Obama del 2008 e
soprattutto quella di Trump nel 2016: i dati dei cittadini sono entrati
in una dinamica tale per la quale essi avrebbero votato prima ancora di
deciderlo.
google
La
dimensione della sfida posta da big-tech ha fatto salutare il libro di
Zuboff come un testo epocale. Il collegamento diretto che vede tra
manipolazione dei dati e dinamiche capitaliste non è però del tutto
convincente. Il problema dei tech-giants è che diventano rapidamente
monopolisti: più li si usa, e più i loro algoritmi migliorano, mettendo
fuori gioco gli avversari.
Il
regolatore pubblico può e deve intervenire, sanzionando le pratiche
monopolistiche e manipolatorie. Il problema è quello antico dei monopoli
e dell' asimmetria informativa, quest' ultima con le nuove tecnologie
diventa molto pericolosa. Intervenire è un' opportunità per migliorare
il funzionamento del mercato. Aiutare il consumatore a fare un uso
informato delle tecnologie non servirà solo a sostituire Google con
altri motori di ricerca più attenti ai diritti degli individui, ma forse
aprirà la porta a una nuova cultura dell' intervento pubblico nell'
economia. È una riflessione su cui la cultura pubblica americana è tanto
vivace a parole quanto le istituzioni sono in ritardo nei fatti
rispetto a quella europea.
prostitute a roma su street view 2
Zuboff
osserva che identificare le minacce nel potere dello Stato «ci ha
lasciato impreparati a difenderci da nuove aziende dai nomi fantasiosi,
guidate da giovani geni apparentemente in grado di offrirci
gratuitamente tutto quello che volevamo». Il fallimento dell' Antitrust
americana rispetto a quella europea non ha però a che fare solo con le
ideologie, ma per paradosso con una minor cura per i diritti degli
individui. La Corte di Giustizia europea ha riconosciuto l' importanza
della libera circolazione delle informazioni, senza però metterla sullo
stesso piano della salvaguardia della dignità, della privacy e della
protezione dei dati.
10. tempismo perfetto
Furono
le autorità tedesche a scoprire che Street View catturava dati dalle
abitazioni private, e gli abitanti di una cittadina inglese a fermare le
auto di Google. I cittadini riescono a difendersi anche oltre il
"diritto al santuario", l' area di privatezza che definisce il solo
spazio di libertà dell' individuo. C' è una componente magica nell'
esaudire i desideri con una semplice ricerca sul web, opere come quella
di Zuboff contribuiscono al disvelamento di questo incanto a cui siamo
tutti esposti.
PREMETTO CHE NON HO LETTO QUESTO CATALOGO E PROBABILMENTE NON LO LEGGERO' Mi ha solo colpito la settimana televisiva composta da interventi tutti nella direzione dello sdoganamento della commedia sexy all'italiana con relativi cinepanettoni portata avanti da noti scrittori televisivi che vanno in televisione a promuovere il loro libro che hanno scritto dopo essere diventati famosi in televisione ( altri autori, nisba). Riporto un articolo del Venerdì di Repubblica che sdogana come processo culturale il diffondersi delle commedie sconce: Possiamo infatti considerare (ecco la tesi) le commedie sexy come
"varianti" (non certo copie, giammai sequel) di uno dei quattro film
campioni di incasso nelle sale tra il 1970 e il 1974: il Decameron, con
l' intera Trilogia della vita, di Pier Paolo Pasolini (da cui i
"decamerotici"), Malizia e Peccato veniale di Salvatore Samperi (da cui
cameriere, nipotine, erotismo siculo, buchi della serratura ecc.),
Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci e Amarcord di Fellini... Mah, non saprei. Io penso che se invece di andare a vedere questi filmetti ci fossimo seduti a leggere un buon libro, forse l'Italia non sarebbe conciata in questo modo. Da parte mia mi accorsi che qualcosa non andava quando "liberammo" l'Afghanistan portandogli là la Democrazia anche bombardandogliela. Quando finalmente arrivammo a Kabul, gli americani aprirono un McDonalds, i tedeschi una barberia per tagliargli la barba e il nostro centro culturale, restaurò il cinematografo dove per mesi proiettammo LA LICEALE CON GLORIA GUIDA... Forse abbiamo sbagliato qualcosa...
''PER CHI VOLEVA DI PIÙ C'ERA L'HARD'' - IL
''DIZIONARIO STRACULT DELLA COMMEDIA SEXY DI GIUSTI'': ''MALIZIA'' DI
SAMPERI, INVITATO AL FESTIVAL DI BERLINO, CON LAURA ANTONELLI, FU
MODELLO PER DECINE E DECINE DI CAMERIERE, COGNATINE, VEDOVE, NIPOTINE
CHE ANDRANNO AVANTI PER UN DECENNIO (E NON SONO MAI PASSATE DI MODA,
NEMMENO SU YOUPORN) - QUELLI CHE VENIVANO CHIAMATI ''FILMACCI'' ANDAVANO
RECENSITI, PERCHé VANNO NEI QUARTIERI E INFLUENZANO I COMPORTAMENTI DI
MASSA IN UNA PRECISA DIREZIONE IDEOLOGICA
-
Cominciamo
dalla fine. «Ricordo perfettamente il lancio che Carlo Freccero, allora
responsabile dei film di Canale 5, fece delle commedie sexy con Edwige
Fenech e Gloria Guida» scrive Marco Giusti in fondo alla chilometrica
introduzione al suo Dizionario Stracult della Commedia Sexy
(Bloodbuster, pp. 528, euro 35). Erano i primi anni Ottanta, età dell'
oro della nostra televisione. Continua Giusti: «Non era facile accettare
che, di tutta la grande esperienza rivoluzionaria e liberatoria del
cinema erotico italiano degli anni Sessanta, quello che rimaneva erano
la poliziotte e le liceali della Medusa nelle reti berlusconiane».
marco giusti dizionario stracult della commedia sexy
Conosco
Marco dai tempi di Blob, andato in onda una decina d' anni dopo, e
penso di sapere che l'«esperienza liberatoria e rivoluzionaria» di film
come - cito a caso sfogliando il dizionario - La bella Antonia, prima
monica e poi dimonia, La dottoressa del distretto militare, La signora
gioca bene a scopa? non è una simpatica boutade da critico stracult.
Ed
è sincera la delusione per l' imbellettamento televisivo del genere più
scorretto e sottoproletario di tutti - commediacce che alla fine si
vedevano solo nelle sale di provincia e nei pipparoli palinsesti
notturni delle private. La citazione di Freccero, attuale direttore di
Rai2, come quelle - nel libro - di Goffredo Fofi e Mereghetti, degli
scomparsi Alberto Farassino e Giovanni Buttafava (il critico dell'
Espresso, indimenticato maestro stracultista di Marco), rivangano
schermaglie tra vecchi cinefili, quando i social e tante altre cose
erano di là da venire.
laura antonelli in malizia
Ok
Buzzanca e Lino Banfi, ok la Fenech e Gloria Guida, il trash e il
revival. Ma la tesi rivoluzionaria del Dizionario è un' altra. Scrive
Giusti: la commedia sexy e in generale «la via al cinema erotico in
Italia è stata una rivoluzione artistica e politica, dal momento che ad
aprire la strada è stata la prima linea del cinema più impegnato e
artistico, diciamo la nostra nouvelle vague».
Possiamo
infatti considerare (ecco la tesi) le commedie sexy come "varianti"
(non certo copie, giammai sequel) di uno dei quattro film campioni di
incasso nelle sale tra il 1970 e il 1974: il Decameron, con l' intera
Trilogia della vita, di Pier Paolo Pasolini (da cui i "decamerotici"),
Malizia e Peccato veniale di Salvatore Samperi (da cui cameriere,
nipotine, erotismo siculo, buchi della serratura ecc.), Ultimo tango a
Parigi di Bernardo Bertolucci e Amarcord di Fellini (fondamentale per la
tabaccaia e le successive commedie "scolastiche", dal momento che lì
nasce il personaggio di Alvaro Vitali).
Giusti
cava dall' archivio Stracult la testimonianza di Gabriele Crisanti,
produttore del Decameron n. 2 di Mino Guerrini: «Arrivammo alla De
Paolis e vedemmo che stavano girando il Decameron di Pasolini. Chiamai
subito uno sceneggiatore. Punto di forza dei decameroni era il dialetto.
COMMEDIA SEXY ALL ITALIANA
Non
servivano più gli attori ma i caratteristi () Chiamammo il fioraio
della De Paolis. La sceneggiatura fu scritta man mano che si girava».
Furono prodotti 31 film decamerotici nel 1972, 13 nel 1973. Possiamo
ridere di gusto ancor oggi alla lettura dei titoli (vecchio espediente
comico): Decameron Proibito,Decameron Proibitissimo(Boccaccio mio statte
zitto), Decameroticus, Fra' Tazio da Velletri, I racconti di Viterbury,
Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno, E si salvò solo l' Aretino
Pietro, con una mano davanti e l' altra dietro...
Benissimo
anche il folklore del cinema di serie b, dai produttori all' ultima
comparsa. Il succo del discorso è però un altro: «Persino nei decameroni
più sciatti e modesti si sente qualcosa della libertà di messa in scena
del sesso e dell' esibizione dei corpi nudi perfettamente riconducibili
a Pasolini» scrive Giusti con sincera passione. «Lo notai allora da
spettatore, e l' ho notato anche nelle visioni recenti».
COMMEDIA SEXY ALL ITALIANA
Primo
corollario stracult: i film vanno visti. Tutti. Posso testimoniare che
molte delle parole che Marco usa nelle sue schede sono le stesse che
appuntava all' epoca della visione in sala su certi suoi quadernetti.
Sua la raccolta - riprodotta in piccola parte nel Dizionario - di flani,
le matrici di stampa delle "frasi di lancio" che uscivano sui
quotidiani nelle pagine dei cinema. Vecchia fissa. Frase di lancio del
Decameron Proibitissimo: «S' è già sparsa la voce: è il più comico e il
più audace!». Il ricordo di certi turbamenti privati aggiunge una
svagata dimensione letteraria al tutto: «Ricordo un trailer di Le
conseguenze di Sergio Capogna con Marisa Solinas che turbava le mie
visioni estive tra un film western e uno di Franco e Ciccio, mettendomi
in testa un' idea di sesso come malattia e tragedia».
Secondo
corollario stracult: maggiore è l' apparente disvalore dell' oggetto,
più appuntito e ossessivo dev' essere il dibattito critico. Giusti su
Grazie zia di Salvatore Samperi (1968): «Già allora lo leggemmo come una
specie di film alla Bellocchio in salsa erotico-politica». Seguirono
gli altri titoli del filone: Peccato veniale e, soprattutto, Malizia,
invitato al Festival di Berlino, con Laura Antonelli, modello per decine
e decine di cameriere, cognatine, vedove, nipotine che andranno avanti
per un decennio (e non sono mai passate di moda, nemmeno su YouPorn).
Oreste del Buono, pazzo dell' Antonelli: «Il film dovrebbe portare come
sottotitolo "il disgusto indiscreto della borghesia"». Buttafava: «Sesso
italico, voyeurismo endemico e piccole porcherie esplosive fissati in
un catalogo da variare all' infinito».
COMMEDIA SEXY ALL ITALIANA
Due cose si possono appuntare invece su Ultimo tango a Parigi, massimo incasso italiano di tutti i tempi.
Uno:
l' incredibile follia della censura che toccò tutti i film erotici del
tempo col sequestro (temporaneo) da parte di pretori di provincia, per
lo più del Sud (Bari, Catanzaro, Sulmona), paradosso o no quasi gli
stessi ambienti in cui film erano girati e visti. Spiega Giusti: «La
censura diventa, nel bene e nel male, parte attivissima del sistema
cinematografico. Può rovinare per sempre un film, ma anche farne un
fenomeno talmente grande da portarlo a un successo inaspettato». Due: la
questione critica aperta da Ultimo Tango a Zagarol di Nando Cicero,
grande totem stracultista, ponte tra il cinema erotico e la commedia
sexy. Giusti, ancora turbato: «In qualche modo questo nel ricordo di
allora ci apparve però una rivelazione che contraddiceva il naturale
collegamento tra i generi».
COMMEDIA SEXY ALL ITALIANA
Marco
ha scritto dizionari sul western, gli spy-movie, i caroselli. Ora la
commedia sexy. Affezionato a una forma ormai ingombrante che guarda (e
sfida, in una specie di parodia) i dizionari "seri". Ha intervistato
decine di registi, produttori e caratteristi del cinemaccio italiano
prima che tirassero le cuoia, ha curato due rassegne "epocali" a Venezia
sui generi western e comico (proiettò W la foca e qualcuno se ne
adontò). Quando usa il plurale evoca comunità cinefile, collettivi e
riviste che non ci sono più: i critici di Nocturno e Amarcord, i
milanesi di Bloodbuster, che gli hanno stampato il volumone. Anni
Ottanta-Novanta, i tarantinati. Cerca interlocutori nelle generazioni
dei blogger e dei twittaroli. Dove sono i nuovi "ragazzi terribili"?
Dove il buongusto da sfidare?
Questa ricerca è la forza e il limite di tutta la critica stracult.
COMMEDIA SEXY ALL ITALIANA
I
«filmacci di terza visione» si leggeva in un pezzo di Re Nudo del 1976,
sempre ripescato da Giusti e inserito tra i materiali dell'
introduzione, «sono questi i film che bisogna recensire, perché sono i
film che vanno nei quartieri, che influenzano indubbiamente
comportamenti di massa in una precisa direzione ideologica». Intanto,
stesso anno, i compagni dei circoli giovanili di Milano, «Prima visione,
facciamo l' autoriduzione!». E qualche anno prima, 1973, Pasolini,
intervenendo a un convegno parla della sua Trilogia della vita, ma si
allunga in una cupezza inattesa: «L' ansia di conformismo ha trasformato
i giovani in miseri erotomani nevrotici».
È
proprio vero? Ce lo chiediamo da quarant' anni, di Pasolini e delle sue
"profezie". Se qualcosa manca da questo enciclopedico sguardo sulla
commedia sexy, forse è proprio una storia del pubblico: i giovani, i
vecchi, la città, la provincia. Solo maschi? «La commedia sexy è
parolaccia, sbirciatina, scappatella» scrive in un esergo Alberto
Farassino, critico gentile e coltissimo di Repubblica negli anni
Ottanta.
COMMEDIA SEXY ALL ITALIANA
È
«grammatica della reticenza». Che effetto ebbero sul finire degli anni
Settanta, il femminismo, la politica, i generali cambiamenti della
società italiana sulle fortune di un genere (e di una macchina
narrativa) inevitabilmente adulto, cialtrone e d' altri tempi, ma
soprattutto così inutilmente "reticente"? Che effetto ha avuto su tutti
noi la trasformazione di quella stessa macchina nell' immaginario
televisivo del passato ventennio berlusconiano? «A colori e gratis.
Prezzo imbattibile. Per chi voleva di più c' era l' hard».
«Il nome della Bestia l’ho
copiato dalla campagna elettorale di Barack Obama («The Beast» era
proprio la struttura creata, con un peso schiacciante di internet, per
arrivare alla Casa Bianca)». Le similitudini però si fermano giusto al
nome. Pochi giorni fa il 46 enne Luca Morisi, il noto consulente
d’immagine di Matteo Salvini, lascia il bunker di Mantova da dove
produce l’epica del Capitano, per una lezione a Torino a 50 giovani
aspiranti spin doctor (organizzata da YouTrend). I documenti presentati
in quell’occasione permettono a Dataroom di ricostruire il funzionamento della potente macchina social che dal 2014 sta dietro l’ascesa del leader della Lega, oggi il politico con più consenso in Italia (sabato a Roma in piazza San Giovanni c’erano oltre 100 mila partecipanti).
A far funzionare la Bestia ci sono 35 esperti digitali che coprono la vita pubblica e privata di Salvini 24 ore al giorno, festività incluse. Il vincolo è quello della riservatezza assoluta.
I numeri record
Durante i cinque mesi di campagna elettorale per le Europee del 26 maggio, su Facebook, definito l’ammiraglia del Capitano: 17 post al giorno; 60,8 milioni di interazioni (che vuol dire like, commenti, condivisioni); 40 milioni di like e oltre 5 milioni di ore di video visualizzati. Risultato delle elezioni: Lega primo partito con il 34%.
Da giugno i ritmi sono un po’ più lenti ma continua a crescere: i like
sui post hanno raggiunto i 52 milioni, 11,5 milioni le condivisioni.
Oggi i fan su Facebook sono oltre 3,8 milioni, su Instagram 1,8, su
Twitter 1,2.
È una corazzata senza pari in Italia
che dal buongiorno con pane e Nutella, alle castagne in padella per la
figlia, fino alla domenica sera da Barbara d’Urso, macina
ininterrottamente. In rapporto alla popolazione, «La Bestia» performa meglio delle macchine social del presidente del Brasile Jair Bolsonaro, dell’americano Donald Trump e del primo ministro indiano Narendra Modi.
Il gioco degli specchi
I meccanismi per aumentare i fan sui social sono sfruttati in tutto il loro potenziale, a partire dal T-R-T: una sigla che sta per televisione, rete, territorio. Si tratta di un gioco di specchi per mettere continuamente in comunicazione i tre ambiti:
l’attesa dell’intervista tv viene trainata da ripetuti annunci su
Facebook, durante la trasmissione si estrapolano e commentano in tempo
reale fermi immagine e tweet live con i messaggi chiave da diffondere.
Subito dopo vengono postati gli interventi tv (nel caso di Renzi
rimontato ad hoc) con l’invito ai fan a esprimere il loro parere. Questo
meccanismo trascina gli utenti social sulle reti tv (e viceversa) e
contribuisce ad aumentarne l’audience. Salvini è il politico più
invitato, e la parola d’ordine è: spolpare ogni evento fino all’osso. Lo
stesso sistema vale per i comizi. Poi, siccome è proprio la velocità
dei like che contribuisce a fare impennare l’algoritmo di Facebook e
dunque ad ampliare la platea di chi vede il post, ecco sotto elezioni il
gioco «Vinci Salvini»: chi per primo mette «Mi piace» entra in una
graduatoria che alla fine farà guadagnare ai primi classificati una
telefonata o un caffè con il leader.
Come «La bestia» arriva alla pancia degli elettori
Per raccogliere fan è cruciale la scelta dei messaggi: più toccano temi divisivi e più generano partecipazione
(come le campagne contro gli immigrati #finitalapacchia, #prima gli
italiani e #portichiusi); funzionano gli slogan motivazionali («la Lega
continua a volare»), gli attacchi ai rivali politici («Sono ministri o
comici?»), le immagini di vita privata («Mano nella mano» come commento a
un post con la figlia), il coinvolgimento degli utenti («Siete
pronti?»). Lo staff utilizza anche il software che individua l’argomento del giorno più discusso in rete,
e consente di adeguare i messaggi da lanciare. Dal tortellino al pollo,
fino a Mahmood. A caldo si era schierato contro la vittoria del
cantante, salvo poi fare marcia indietro e lodarlo. Un ruolo strategico è affidato ai sondaggi.
Il 17 dicembre 2017 la Lega commissiona a Swg di testare la percezione
degli elettori su una possibile minaccia dei Naziskin: il 67% degli
elettori del Carroccio non li ritengono pericolosi (al contrario di chi
vota per altri partiti). Da allora Salvini può tranquillamente spendersi
a favore di CasaPound. Il documento, mai reso pubblico, lo ha scovato Report, che approfondirà questa sera su Rai 3.
La propagazione del messaggio
La diffusione del messaggio del Capitano è capillare grazie ai ripetitori digitali:
almeno 800/1000 fedelissimi ricevono il link dei post su una chat
WhatsApp e immediatamente lo condividono sulla propria pagina Facebook e
lo rilanciano in altre chat. Contemporaneamente i canali
fiancheggiatori inseriscono lo stesso contenuto su più pagine pubbliche.
Vietati invece i commenti con #49 miliioni, #Siri o qualunque parola
evochi uno scaldalo in cui è coinvolta la Lega. «L’esercito va nutrito e
motivato», è il Morisi-pensiero: affinché tutti si sentano
protagonisti, per la manifestazione di Roma del 19 ottobre sono stati
creati cartelloni automatizzati con la propria foto di fianco a Salvini.
Profilatura dei fan
I fan vengono profilati, al fine di inviare messaggi mirati.
L’ultimo esempio è proprio legato al raduno di piazza San Giovanni dove
Salvini lancia l’invito: «Mandate i vostri dati personali a
legaonline.it e riceverete le informazioni richieste per i pullman e i
treni diretti alla manifestazione di Roma». I 137.000 euro spesi da
marzo a oggi in pubblicità su Facebook, vengono utilizzati soprattutto
per geolocalizzare il messaggio e scegliere il target: inviare per
esempio perfino ai tredicenni il post contro il governo che pensa di
tassare le merendine, oppure raggiungere il più alto numero di elettori
dell’Umbria in vista delle elezioni del 27 ottobre. Un’onda d’urto che, sfruttando l’abilità del leader leghista, ha fatto leva su tutte le debolezze del paese.
Alla fine probabilmente un buon 90% di quei 3,8 milioni di fan vota
Salvini, ma da tutta questa attività social intrisa di slogan e
provocazioni è difficile capire quale sia il progetto politico.
Le spese e chi le paga
«La Bestia» ha anche un costo
e qualcuno lo pagherà. Luca Morisi e il socio Andrea Paganella,
fatturano tramite la SistemaIntranet, una società in nome collettivo
(snc) che non ha l’obbligo di depositare i bilanci. Durante i 14 mesi di Salvini ministro dell’Interno entrambi hanno avuto un contratto con il Viminale: 65 mila euro per Morisi, 86 mila per Paganella.
Pagati anche altri 4 contratti del team social: 41.600 euro ciascuno. A
gestire i soldi del partito è invece la Lega per Salvini premier. Due
milioni di euro sono arrivati da 187 mila contribuenti che nel 2018
hanno donato il loro 2x1000.
Per il 2019 è previsto «un robusto incremento» delle entrate,
poiché in cassa sta confluendo 1/3 dello stipendio di ogni eletto del
Carroccio. Nel bilancio la principale voce di costo, è genericamente
indicata come «servizi»: 623 mila euro.