FENOMENI
DI SURRISCALDAMENTO DEI MEDIA
Nell’estate del 1962,
dopo la crisi dei missili a Cuba, Stati Uniti ed Unione Sovietica decisero di
instaurare una linea di emergenza per scongiurare il pericolo di una guerra
accidentale. L’idea era semplice: al di là di ogni contrasto ideologico, i due
presidenti in carica avrebbero comunicato direttamente tra di loro prima di
prendere qualsiasi decisione sul lancio dei missili atomici. L’idea era
intelligente ma le trattative durarono quasi un anno perchè gli americani
volevano installare una linea diretta con telescrivente, mentre i russi
volevano un telefono. Andò a finire che per superare la crisi decisero di
adottare tutte e due le tecnologie ma la distanza tra i due mondi rimase, e
rimasero anche le incomprensioni che ancora oggi dividono società auditive da
quelle prettamente visive.
Sono visive quelle
società che dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili si sono evolute
frammentando le funzioni proprio come sono frammentati i caratteri tipografici
che in sè non rappresentano che un suono ma che nell’insieme logico-sequenziale
danno vita ad uno scritto, e a un prodotto (il libro) uniforme nella fattura e
nel prezzo. Dalla stampa tipografica fu relativamente semplice passare alla
catena di montaggio e alla moderna società che ha privilegiato l’occhio e le
funzioni del leggere.
Rimangono auditive
quelle società che invece hanno privilegiato l’orecchio, il tribale, i suoni
che vanno e vengono in ogni direzione.
L’occhio accoglie,
mentre l’orecchio è esclusivo, discriminante, subdolo.
Semplice quindi
comprendere come gli americani si scandalizzassero dei microfoni posti dagli
agenti sovietici per spiare nelle ambasciate nemiche (l’orecchio), mentre li
lasciava indifferenti lo scandalo suscitato dai loro aerei spia che
fotografa(va)no il territorio nemico (l’occhio). Ma stavamo parlando di
saturazione.
E’ piuttosto antico
il principio secondo il quale ogni nuova invenzione nella prima fase del suo
sviluppo appare in forma ed in funzione diversa se non addirittura opposta a
quella che finirà per assumere definitivamente. Accellerando la velocità dalla
forma meccanica a quella istantanea, l’elettricità capovolge ogni espansione in
implosione.
E’ significativo che
la società moderna, le istituzioni, gli ordinamenti sociali politici ed
economici si muovano fondamentalmente nell’unica direzione dello “sviluppo”
cioè dell’espansione, mentre appare evidente che ci troviamo dinanzi ad
un’accellerazione talmente insostenibile da esigere decisioni atte a
regolamentare l’implosione.
Ragioniamo ancora in
termini di “espansione” economica, demografica, culturale mentre il problema non
è la sovrappopolazione, ma il modo di convivenza; nell’organizzazione
scolastica a causare problemi non è tanto il numero crescente di giovani che
vogliono imparare, ma il fatto che le singole materie siano ormai tutte
correlate tra di loro, che il corpo insegnante apprende tutto il suo sapere nei
soli primi
anni di vita e poi vive
di rendita culturale, che l’elettricità ha dissolto le autorità settoriali allo
stesso modo con cui ha fatto sparire le sovranità nazionali. Gli antichi schemi
di espansione meccanica dal centro alla periferia non hanno più ragione
d’esistere, perchè ognuno di noi ormai è un centro indipendente collegato ad
altri centri.
Nasce così
l’apparente paradosso dell’uomo preistorico che andava a lavorare al sorgere
del sole e tornava al tramonto. Sono passati millenni di invenzioni
tecnologiche atte a risparmiare tempo, e ci ritroviamo con la nostra società
dove le persone continuano ad andare a lavorare dall’alba al tramonto. E dove
sarebbe quindi il progresso? Sta proprio nel fatto che tutti i congegni
fornitici dalla tecnologia per “risparmiare tempo” in realtà servono solo per
“risparmiare fatica” perchè il tempo viene da noi usato per altre attività. I
compiti che nell’Ottocento si relegavano ai servi, oggi ce li sbrighiamo da
soli – non certo risparmiando tempo – con gli elettrodomestici.
La divisibilità di
ogni processo, che ha dato origine alla macchina e alla catena di montaggio, si
è talmente suturato dal capovolgersi nell’era elettrica dell’automazione
estendendosi alla teoria del campo unificato con l’organico intrecciarsi di
tutte le funzioni nel medesimo tempo.
La stessa strada, che
nell’Impero Romano consentì l’accellerazione dei messaggi e delle merci, nelle
nostre città ha raggiunto un livello tale di saturazione da aver capovolto
alcune sue funzioni, con autostrade che hanno assunto un carattere urbano
continuo, e città che per superare la crisi del traffico hanno adottato
tangenziali e raccordi che per consentire una relativa velocità si sono
strutturati come autostrade e come conseguenza diretta, la campagna non è più
il centro del lavoro e la città ha perso le caratteristiche di centro di svago.
Nel mondo antico la saturazione mediatica dovuta all’avvento delle strade e del
denaro, aveva capovolto la condizione tribale dell’uomo. Infatti il paradosso
sta nel fatto che una società tribale e nomade, con il suo muoversi per
procacciarsi il cibo, è una società statica, mentre la cultura dell’uomo
divenuto sedentario, ha reso la sua società mobile, dinamica, aggressiva.
Un altro punto della
saturazione si verifica quando tra le componenti che più frequentemente
conducono allo stallo e al capovolgimento del sistema, si verificano reciproche
contaminazioni o fertilizzazioni dei media. Oggi per esempio con la memoria dei
nostri computers, la parola stampata ha assunto il carattere artigianale da
sempre appartenente al manoscritto. La stampa coi caratteri mobili era stata il
più imponente limite di rottura nei confronti dell’alfabetismo fonetico, mentre
l’alfabeto a suo tempo aveva rappresentato il limite di saturazione e rottura
tra l’uomo tribale e l’individuo.
NARCOSI ED ENERGIA IBRIDA
Nell’interpretare il
mito di Narciso, molti si soffermano sul fatto che egli si sia innamorato di sè
stesso ma non è esattamente così. Che si sia innamorato di sè stesso lo
sappiamo noi, che vediamo la vicenda dall’esterno. In realtà il giovane Narciso
scambiò l’immagine di sè riflessa nell’acqua per un altra persona, vivente in
un’altra dimensione e questa estensione speculare isolò il senso della vista
fino a farlo cadere in uno strano torpore al quale tentò di rimediare la ninfa
Eco rimandandogli pezzi dei suoi stessi discorsi (l’orecchio) ma inutilmente.
Il torpore in cui era caduto Narciso ( il suo nome deriva dal greco narcosi) lo
spinse a cercare di raggiungere l’immagine amata fino a morire annegato. Se
fosse stato consapevole di essersi innamorato di sè stesso, avrebbe agito in
altro modo.
L’interpretazione di
questo mito è che gli esseri umani sono soggetti all’immediato fascino di ogni
estensione di sè fino ad intorpidirsi. Usando una ricerca di due studiosi di
medicina quali Hans Seyle e Adolphe Jonas i quali asserivano che ogni
estensione di sè è un tentativo per preservare l’equilibrio psichico della
persona e che ognuno di noi ricorra alla strategia “autoamputativa” quando la
percezione non riesce ad evitare la causa dell’irritazione (disagio), il Mc
Luhan ci mette del suo teorizzando l’individuo obbligato ad estendere varie
parti del proprio corpo mediante varie forme di autoamputazione per
riequilibrare il processo revulsivo.
Nella tensione
psico-fisica dovuta al sovrastimolo di qualunque tipo sopra uno dei nostri
sensi, il sistema nervoso centrale tende ad isolare o ad amputare l’organo col
fine di preservare lo stress. Nel caso della ruota quale estensione del piede,
per fare un esempio, l’accellerazione degli scambi dovuta alla nuova
circolazione del denaro e della scrittura fu causa dello stress e della successiva amputazione di questa
funzione dai nostri corpi. La ruota come revulsivo dell’aumento dei pesi da
trasportare, causò a sua volta una nuova e più efficace intensità dell’azione
sostituendo con una protesi il piede in rotazione. Il sistema nervoso centrale
riesce a sopportare questo nuovo stress solo intorpidendo la sensibilità se non
addirittura bloccando la percezione. Questo è il senso del mito di Narciso, vittima
di una pressione irritante di uno dei suoi sensi, che entra nel torpore che non
gli fa distinguere la realtà.
Fisiologicamente
tutto riporta al sistema nervoso centrale e alle sue funzioni equilibratrici di
controllo, isolamento e asportazione di ogni materia revulsiva. Occorre però
distinguere tra le varie estensioni dei nostri organi che potremmo definire protesi, e l’estensione della nostra mente
dovuta al computer e all’elettricità che non può essere considerata protesi ma campo che col sistema nervoso centrale
organizza e regola tutte le altre funzioni, usando per esempio il piacere (lo sport, la discoteca,
l’alcool) come revulsivo o il comfort quale
soppressore delle cause di stress.
Dopo tremila anni di
estensioni fisiche dei nostri organi, con l’avvento della tecnologia elettrica,
l’uomo ha esteso il suo sistema nervoso centrale, creando cioè al di fuori di
sè stesso quella rete neuronale che apparentemente è un’autoamputazione
disperata e suicida, ma che in realtà rappresenta l’extrema ratio dell’essere per arginare con cuscinetti protettivi
nuovi stimoli e meccanismi violentemente avversi. Narciso è intorpidito dalla
sua immagine autoamputata e la sua incapacità di reagire ad un trauma (psichico
o fisico non fa alcuna differenza) lo conduce all’autodistruzione.
Nell’esperienza pratica, invece, l’autoamputazione mediante la tecnologia,
induce il sistema a cercare nuovi equilibri tra gli altri sensi. Se si
intensifica per esempio il suono, tutti gli altri sensi come la vista, il gusto
e il tatto ne rimangono influenzati. L’avvento della radio sull’uomo alfabeta o
visivo ridestò i suoi echi tribali, l’effetto del cinema sonoro fu di cancellare
l’importanza del mimo, della tattilità, dell’esperienza corporea-cinestesica.
Non è possibile
opporsi per esempio ai nuovi rapporti tra i sensi dovuto alla nuova tecnologia,
ma le reazioni variano con il variare dell’esperienza. Nell’esempio della radio,
diverso fu l’effetto tribale suscitato dai discorsi di Mussolini e Hitler,
dalla reazione dell’Inghilterra o dell’America dello stesso periodo, che grazie
al loro alto livello di alfabetizzazione, avevano accolto la novità della radio
come un ludico fruire di divertimento, musica, informazione locale.
I
loro idoli sono d’oro e d’argento, opera di mani umane
Hanno
bocche ma non parlano, orecchie ma non ascoltano,
Hanno
occhi ma non vedono, hanno nasi ma non odorano
Hanno
mani ma non toccano, hanno piedi ma non camminano,
E
neppure parlano con la loro voce.
Coloro
che li fabbricano saranno simili a loro,
Così
come coloro che in essi confidano.
(Salmo 115)
La contemplazione di
idoli, cioè l’uso della tecnologia, conforma gli uomini ad essi.
“Ed essi diventarono
quello che avevano contemplato” scrive il poeta Blake nel suo poema Jerusalem dove prosegue: “Se cambiano
gli organi di percezione, sembrano variare anche gli oggetti della percezione.
Se gli organi della percezione si chiudono, anche gli oggetti si chiudono” vuol
significare che per ricevere, percepire o utilizzare qualsiasi estensione di
noi stessi nella forma tecnologica che abbiamo applicato, è necessario fruirne.
Ascoltare la radio, leggere il giornale, guardare la televisione significa
accogliere nel nostro sistema nervoso la percezione delle nostre stesse
estensioni provocando quello “spostamento”, quella “chiusura” che
automaticamente ne consegue. Il flusso continuo della ricezione di tutte le
nostre tecnologie nell’uso quotidiano ci fa adagiare anche inconsciamente nella
posizione subliminale di coloro che sebbene narcotizzati, trovano meccanismi
automatici di difesa per sopravvivere, uno dei quali è quello di porsi come
servomeccanismi di dette tecnologie. In pratica, per poterne usufruire, occorre
mettersi al servizio delle macchine.
Il pellerossa era il
servomeccanismo della sua canoa così come il ferroviere lo è del treno. Si
instaura un rapporto per il quale l’uomo è perpetuamente modificato dalla
macchina che a sua volta trova sempre nuovi metodi per modificarla. Si potrebbe
dire che l’uomo diventa l’organo sessuale della macchina, così come lo è l’ape
per il mondo vegetale, che permette il processo fecondativo e l’evoluzione in
nuove forme.
(Una delle scoperte
più clamorose della ricerca motivazionale degli anni sessanta fu il rivelare il
rapporto sessuale esistente tra l’uomo moderno e la sua automobile.)
Se sul piano sociale
è la pressione e l’accumulazione a suscitare come revulsivi l’invenzione e
l’innovazione delle macchine, l’incrocio o l’ibridazione di due o più media
libera un gran numero di forze nuove e di nuove energie, un po’ come accade
nella fissione atomica. Essere o no ciechi mediatici conta poco in questo
campo, quando ci venga imposto qualcosa da osservare perchè l’azione dei media
o estensioni dei sensi, ha la funzione di “far accadere” gli avvenimenti e non
certo quella di “darne coscienza”.
Così come il
telegrafo aveva modificato le notizie dei giornali, la radio ne modificò pure
la forma e il contenuto. La stessa radio di cui abbiamo già parlato, elemento
scatenante di riminiscenze tribali nell’Europa continentale, ibridata con il
grammofono divenne per l’Inghilterra e l’America quella che è ancora oggi: un
mix di musica e notizie. Sempre con il telegrafo cominciarono a raccogliersi
pure le prime notizie metereologiche che vennero diffuse dalla radio con
notevole successo, mentre la radio influenzò il cinema muto, dimostrando che
non solo i nuovi media vemgono avanti a due per volta, uno come contenente
l’altro come contenuto, ma che l’ibridazione con altre tecnologie o altri
media, scatena nuovi processi creativi.
Forse questo è il
momento di parlare della radio quale evoluzione del telegrafo che è
un’evoluzione del messaggio (infatti per la prima volta il messaggio arriva
prima del messaggero) che a sua volta è l’estensione della strada e della
carta. Il cinema invece è il movimento della fotografia, con la sua
tridimensionalità e la descrizione amplificata dei minimi dettagli. La
televisione invece è bidimensionale, ha cioè solo pochi tratti essenziali, e
deriva dalle strip giornaliere dei quotidiani americani, e dai cartoni animati
da cui ha preso l’essenzialità dei dettagli che devono essere completati dal
fruitore.
E’ improprio quindi
definire (come fa l’insigne Maurizio Costanzo durante i suoi corsi) la
televisione figlia della radio, in quanto sono due tecnologie che derivano da
esigenze diverse.
Una delle ibridazioni
più notevoli che generano furiosi scatenamenti di energia è la guerra. Essa è
da sempre l’aggressione di una società tecnologicamente più avanzata nei
confronti di una società tecnologicamente inferiore. Da oltre mezzo secolo essa
è l’incontro-scontro tra culture visive e letterarie con altre culture
prettamente orali con contenuti tribali. Non c’è nulla di più scatenante e
creativo del primo periodo che segue un’invasione militare. Qui, come su di un
confine ideale tra culture alfabetizzate e pseudo-tribali, si scatena lo
scambio culturale e tecnologico più travolgente di uno tsunami. Ne abbiamo
esempi recentissimi con l’invasione di Kabul. Lo ricorderete, la sconfitta dei
talebani portò nella capitale nuovi cambiamenti epocali, si aprirono barberie
per tagliare barba e capelli, si aprì un McDonalds, una birreria e gli italiani
ci misero del proprio, riaprendo il cinema locale e proiettando “La Liceale” un film con
Gloria Guida, tanto per mostrare il livello culturale delle nostre scelte. Ma
questa forma di contaminazione non agìa senso unico. Com’era già successo col
Vietnam, dietro le prime linee sbarcarono stilisti, modelle, fotografi glamour,
e in occidente si impose, ancora una volta, la moda militare.
Occorre fare
attenzione: quell’esplosione dell’occhio che genera furiosi scatenamenti di
energia in zone del mondo che noi consideriamo “arretrate” e che noi chiamiamo
“occidentalizzazione” non va in una sola direzione e la nostra società
alfabetizzata, che ha fornito all’uomo l’occhio al posto dell’orecchio, si
trova a riscoprire con la moda, i reportages, la letteratura, il fascino di un
mondo tattile e auditivo. Ora che l’alfabetismo sta per ibridare l’Africa, il
Medio Oriente e l’India, ci ritroviamo a dover condividere, capire, accettare
le antiche culture orali di angoli del mondo di cui ignoravamo persino
l’esistenza.
Ogni volta che si
stabilisce un immediato confronto tra due strumenti della comunicazione, siamo
costretti a confrontarci con nuove frontiere della conoscenza che ci strappano
dal sonno ipnotico di Narciso e ci scoglie dallo stato di trance e di torpore
che si è impossessato dei nostri sensi.
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