venerdì 23 settembre 2016

UNIVERSI PARALLELI

 

Leggo che il prof. Jeffrey Weeks avrebbe concepito un Universo a forma di dodecaedro grande 70 miliardi di anni luce che non si espande ma ha raggiunto uno stato di equilibrio e fluttua morbidamente nel magma cosmico, e parte delle stelle che noi vediamo, altro non sono che un’illusione ottica dovuta a non meglio precisati riflessi. ....
ehehehe
Ho quindi immaginato il Tutto fuori dal nostro Universo, fatto come una grande vasca da bagno con le pareti a specchio, dove un Dio immerso beatamente nell’acqua tiepida, abbia mollato una divina scoreggia che abbia increspato lo spazio circostante con il suo gas ( teoria accettata dagli scienziati) e generato tante bollicine che sono i nostri Universi paralleli. ...
Ecco, cominciamo a pensare alla nostra condizione senza scandalizzarci: ci vuole umilta’, non coraggio.
Adesso pensate che qualunque cosa siate, il nostro Universo esiste finche’ non cede la forza tensoattiva che tiene insieme la nostra bollicina.
E poi, puff. ..



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STORIA DEL LINGUAGGIO
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ALDO VINCENT
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giovedì 15 settembre 2016

NEMMENO QUESTO E' UN LIBRO

 nemmeno questo e' un libro

 


E' il seguito di:
 QUESTO NON E' UN LIBRO



Atto primo: l'altro ieri.
Suona il telefono: Driiiin driiiin
lei va a rispondere. E' il marito:
-                    Butta la pasta che arrivo-
Lei prepara la tavola per il pranzo. Oggi mangiano in tinello: descrizione del tinello: buffet, controbuffet, libreria.
Lui torna, lei chiama i bambini che stanno finendo i compiti e si siedono tutti con la nonna.
Inizia il pranzo e si parla delle vicende della giornata.
Lui torna al lavoro, i bimbi a giocare, la nonna ricama.
Sipario

Atto secondo: ieri pomeriggio.
Suona il telefono: musichetta scelta a pagamento da una società di servizi web
lei risponde. Il marito:
-                    Dove sei?
Lei è imbottigliata nel traffico e non sa se riuscirà ad andare a prendere i ragazzi che escono da scuola. Lui mangerà un panino nella pausa lavoro. Parlano di alcune faccende futili tra le quali un programma per andare a trovare la nonna all'ospizio per il fine settimana (non ci andranno, lo sanno bene. Ma ne parlano).
Lui torna a casa la sera. Lei sta chattando con le amiche, ( i bimbi sono chiusi in stanza a giocare con la Playstation). Ha preparato una cena fredda che lui mette in un piatto e consuma velocemente davanti al televisore dov'è iniziato il telegiornale.
E' scomparsa la libreria.
Sipario.

Atto terzo: l'alba di domani.
Sul display del lap-top di lei compare una scritta c'è una mail per te. Lei chiude il programma di telefonate hot che effettua da casa per conto di una compagnia Thailandese, e accende la telecamera per connettersi in chat col marito.
Lui oggi non si è nemmeno lavato perché non esce da settimane in quanto il lavoro ormai lo svolge tutto da casa. Sono separati da un pezzo ma ogni giorno si collegano per scambiare notizie sui figli che danno qualche problema. Infatti c'è un'interrogazione in Parlamento per discutere se il Social Network a cui si collegano giornalmente, sia un mezzo eversivo. I ragazzi ormai sono cresciuti e vivono soli con i soldi che gli passano i genitori: infatti i lavoretti a termine che svolgono non permettono loro l'indipendenza economica.
La nonna dall'ospizio sta vivendo una seconda giovinezza: ha scoperto Internet con il quale ha fondato un'associazione per la terza età e ogni fine settimana va a ballare con i nuovi amici.
E' ricomparsa la libreria, ma ora contiene CD, Videogames, e DVD coi film a noleggio.
-Sei felice? - le chiede lui
Lei pensa alla frase che le ha scritto il suo amico virtuale dalla Cambogia, e dice:
-Forse...
Sipario.


Vi riconoscete in qualcuna delle fasi descritte in questo pseudo-psico-dramma?
Riconoscete qualcuno della vostra rete di conoscenze o amicizie?
Se la risposta è no, tornate a dormire e buttate via questo lavoro che non fa per voi.
Se invece la risposta è sì oppure forse, allora siete pronti per capire il concetto del McLuhan secondo cui i mezzi di comunicazione di massa modificano non solo il nostro comportamento ma pure l'ambiente in cui viviamo.
E' ora di mandare una mail a Umberto Eco, pregandolo di scrivere un saggio riparatore sul McLuhan.
Adesso, continuate a leggere.






Nota per i neofiti:

Chi fosse arrivato qui per sbaglio, o perchè pioveva e sono entrati in libreria per non bagnarsi e stanno sfogliando svogliatamente queste pagine in attesa che spiova, oppure perchè il libro glielo hanno prestato e mai più tornerà sullo scaffale d’origine, o perchè se lo sono infilato sotto il maglione e guadagnata l’uscita all’inglese, ora stanno spaparazzati sul divano aspettando Godot, o udite udite perchè LO HANNO COMPRATO! Insomma a tutti coloro che sono arrivati su questa riga senza essere passati dalla precedente conversazione occorre precisare che questo – che ribadisco, non è un libro – ha una scrittura circolare. Vuol dire che non ha un inizio ed una fine con un percorso rettilineo come la Bibbia, ma si può aprire ad una pagina qualsiasi, come il Corano, leggere e mettere via, poi terminate le pagine, si può tranquillamente iniziare di nuovo, senza soluzione di continuità. E’ scritto secondo il metodo del McLuhan, caotico e puntuativo, e se volete saperne di più, ahimè, dovete procurarvi una copia del lavoro precedente.


Se fosse un libro questo sarebbe il capitolo primo.


Il centro delle piazze, dei palazzi, è un punto focale per la voce del silenzio che secondo Marshall McLuhan sarebbero le statue, i monumenti, le fontane, e dentro i palazzi sarebbero i tavoli, i salotti e nel centro dei salotti i tavolini. Parrebbe quasi che partendo dall'Agorà di Atene tutti gli altri architetti abbiano cercato la cornice dei propilei o che partendo dal semicerchio del Teatro abbiano voluto imprigionare idealmente lo sguardo, indirizzando l'occhio dell'osservatore su un punto focale preludio della prospettiva lineare su un punto più o meno occulto, come in Piazza San Pietro, dove il punto focale non è l'obelisco o le fontane, ma due piastrelle rotonde di marmo verso cui si indirizza la pavimentazione della piazza, che indicano il punto da cui di tutto il colonnato si vede solo la prima colonna delle quattro che formano l'emiciclo.
Succede così al visitatore occidentale di provare la sensazione di assenza, quasi di vertigine quando si trova davanti alle immense piazze russe, asiatiche o sudamericane con grandi spiazzi riempiti di niente, come le moschee che al confronto con le nostre chiese sembrano cornici che contengono il nulla, solo un punto esterno all'edificio, essendo il tutto chiaramente orientato verso la Mecca. Anche l'interno della stanza principale della casa islamica, quella dove si riceve, non ha nulla al centro. Le poltroncine per gli ospiti sono contro le pareti e al centro c'è solamente lo splendore di un tappeto che occupa tutta la stanza. Piccoli tavolini di servizio reggeranno frutta e qualche dolce. Una volta seduti si scopre la differenza tra la piazza e la casa islamica: se nella piazza dovevi sopprimere il desiderio di gridare, di spiegare la tua voce, nella casa scopri che la conversazione si può fare tra persone sedute da una parete all'altra, senza gridare.
L'ospitalità islamica si intreccia col piacere del parlare.
La piazza italiana è il piacere dello sguardo.

°

Se vi capitasse di passare da Como, scendendo per la via Napoleona, vi troverete davanti a Porta Torre il principale ingresso alla città medievale, e fuori dalle mura rimaste integre fin dall'anno Mille (il Barbarossa non le abbattè perchè "Como è coi forti e abbandonò la Lega") potrete vedere il più antico mercato d'Italia. Oggi è una sequela di bancarelle con merci varie ma il giorno di Sant'Abbondio, il patrono della città, il mercato viene allestito esattamente com'era allora.
Tra i tanti commercianti che esponevano le loro merci fuori dalle mura di Como che ricordo, era uno snodo importante di commerci anche con l'estero, c'erano anche i librai che trasportavano i loro prodotti in botti di legno per proteggerli dalle intemperie e si preparavano a scambiare i codici. Infatti a quel tempo il libro era costituito da pagine di pergamena – più tardi fogli di carta di straccio – scritti dagli studenti secondo le buone regole della Scolastica. Portavano un titolo che si riferiva al primo argomento scritto che si incontrava aprendo la rilegatura, ma poi gli altri fogli riportavano svariati argomenti a seconda dell'orientamento scolastico.
Occorre fare due osservazioni, la prima è che i bibliotecari che gestivano le biblioteche private dei castelli, dei conventi e dei signorotti, avevano difficoltà non tanto ad archiviare ma a reperire determinati argomenti, e dovevano affidarsi alla propria pratica o alla propria memoria per andare in un luogo lontano a cercare un libro su Platone dentro il quale ricordavano esserci calcoli matematici o astronomici o di qualsiasi altro argomento che con Platone non avevano nulla da spartire.
La seconda osservazione è che secoli dopo il genio di Leonardo Da Vinci non solo riuniva gli argomenti che reputava più interessanti, ma li metteva tutti in un codice dal cui titolo si potesse intuire che tutti i fogli inseriti in quel codice riguardavano un solo argomento. Il fatto che scrivesse con la sua criptica calligrafia mancina ha fatto credere a qualche studioso superficiale che tutto il materiale scritto da Leonardo fosse stato pensato e concepito dallo stesso, e invece per la maggior parte delle volte copiava. Questo non toglie nulla al suo genio, perchè aveva la capacità superlativa di scegliere argomenti che a distanza di tempo – salvo rare eccezioni – si sono mostrati scientificamente esatti o quantomeno giustamente orientati. Diciamo che la riconoscibilità degli scritti di Leonardo influenzò una pratica che seguì poi nel futuro: ogni libro ha un autore.


Succedeva che il cliente si portasse al mercato il suo codice e ne scegliesse un altro che reputava interessante scambiandoli e lasciando una prebenda al libraio. L'avvento della stampa a caratteri mobili rivoluzionò tutto questo modo di procedere perchè i libri offerti non erano più pezzi unici ma quantità definite esattamente riproducibili. Questo cancellò la trattativa che dipendeva dalle diverse opinioni che i due contrattori avevano su determinati prodotti. Adesso arrivava il libro esattamente uguale ad altri libri con lo stesso titolo e pertanto si instaurò un mercato di prodotti omogenei con prezzi fissi (non è una rivoluzione da poco, pensandoci).

 (continua)


 NEMMENO QUEsTO E' UN LIBRO
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ALDO VINCENT
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martedì 13 settembre 2016

mc luhan e dintorni




QUESTO
NON E' UN LIBRO




    ( E' solo un espediente dell'autore per spiegarvi le intuizioni del
           McLuhan cinquant'anni dopo...)




QUESTO NON E' UN LIBRO

Sembra una frase di Magritte scritta sotto la sua famosa pipa, invece è proprio così. Questo non è un libro o per lo meno non lo è nel senso classico del termine, essendo in questi ultimi anni cambiati tutti i parametri di un libro, di come era fatto, di chi lo scrivesse e di chi sono stati per secoli i suoi fruitori. Infatti, nel momento in cui lo sto scrivendo – non su carta, non usando l'inchiostro e nemmeno la penna, tanto per sottolineare le differenze – non posso escludere che per uno strano rigurgito culturale, queste note finiscano stampate su di un supporto di carta, rilegate e distribuite. Dove? Non certo il libreria, o meglio le probabilità che finisca solo in libreria sono molto ridotte, perché quello è il luogo dove è incartapecorita la stampa degli ultimi secoli con i suoi autori classici messi negli scaffali per avvicinarci ai quali dobbiamo zigzagare attraverso tavoli ed esposizioni dove si riversano trenta nuovi titoli al giorno, diecimila all'anno che con le loro copertine colorate vivono lo spazio di qualche settimana. 

Infatti, escluso un centinaio di autori che possiamo ritenere intellettuali che si nutrono e sfornano letteratura, quindi vivono, esistono, si alimentano con il libro, altri autori con il libro hanno un rapporto occasionale, come la fermata obbligatoria in una stazione per il rifornimento in vista di un viaggio che porterà altrove. Autori come giornalisti, che una volta scrivevano le loro inchieste sui giornali che li stipendiavano, ora scrivono libri che li porteranno in televisione a parlare dei temi scottanti delle loro inchieste. Comici che si sono affacciati alla televisione e che grazie alla coazione a ripetere sono rimasti impressi nella memoria effimera del pubblico, approfittano del momento di popolarità per scrivere un libro a cui allegheranno un CD con il loro ultimo spettacolo, sperando di generare la richiesta di altri spettacoli. Attrici scrivono libri di ricette e cantanti memorie sui loro inizi che diventeranno sceneggiature di film giovanilistici.
Insomma, se fino al 1700 i libri erano scritti prevalentemente da coloro che li leggevano, se col romanticismo l'idea della fama e dell'immortalità risiedeva tutta nell'aver scritto un libro importante, oggi il libro è una tappa di un percorso che porta  dalla notorietà (per pubblicare un libro devi già essere conosciuto) alla celebrità. La fama eventualmente verrà attraverso altri mezzi.
Questo, quindi non è un libro ma un espediente escogitato dall'autore per far il punto sul McLuhan quarant'anni dopo. Non è scritto in modo rettilineo ma circolare: vuol dire che potete aprirlo a caso e finire di leggere dove vi pare, senza alterare la struttura di questa conversazione.
E per ora, fermiamoci qui.



 continua
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