domenica 25 dicembre 2022

VIDEOCAMERE BUGIARDE

 

LA REALTÀ SI PUO’ MODIFICARE A PIACIMENTO - LA START UP ISRAELIANA “TOKA” FORNISCE AI GOVERNI OCCIDENTALI UN SOFTWARE IN GRADO DI ACCEDERE A TUTTE LE TELECAMERE DI SORVEGLIANZA, DI ALTERARNE LA REALTÀ RIPRESA IN TEMPO REALE E PERSINO QUELLA DEL «PASSATO» PESCANDO LE IMMAGINI ARCHIVIATE NELLA MEMORIA DIGITALE E MODIFICANDOLE COME DESIDERATO. IL TUTTO SENZA LASCIARE, POTENZIALMENTE, ALCUNA TRACCIA DIGITALE - IL GIORNALE ISRAELIANO “HAARETZ” HA SCOPERTO LE POTENZIALITÀ DELLA TECNOLOGIA DELLA START UP FONDATA DALL’EX PREMIER EHUD BARAK, CHE HA FATTO AFFARI ANCHE IN ITALIA (CON CHI?) – COSA SI PUO' FARE? MANIPOLARE UN VIDEO PER INCRIMINARE CITTADINI INNOCENTI, PER DIFENDERE QUALCUNO TRA GLI 007 DALLE ACCUSE O PER MOTIVI POLITICI…




Da www.corriere.it

 

RIPRESE DELLE TELECAMERE DI SICUREZZA RIPRESE DELLE TELECAMERE DI SICUREZZA

La start up israeliana «Toka» fornisce ai governi occidentali un software in grado di accedere a tutte le telecamere di sorveglianza, di alterarne la realtà ripresa in tempo reale e persino quella del «passato» pescando le immagini archiviate nella memoria digitale e modificandole come desiderato. Il tutto senza lasciare, potenzialmente, alcuna traccia digitale. È il quotidiano Haaretz a svelare in una lunga inchiesta come funziona questo software — che sarebbe il primo al mondo — creato dalla società fondata dall’ex premier israeliano Ehud Barak e l’ex capo della divisione cibernetica dell’esercito del Paese ebraico Yaron Rosen.

 

telecamere videosorveglianza telecamere videosorveglianza

Le funzionalità

Secondo il giornale israeliano la tecnologia fornita da «Toka» consente ai clienti di penetrare il sistema di videosorveglianza — di un edificio governativo, di un hotel, di una casa — e anche le webcam semplicemente selezionando l’area geografica che interessa. Una volta dentro è possibile osservare in diretta cosa succede davanti a queste videocamere, ma anche intervenire per mostrare quello che si vuole a chi quegli obiettivi li usa ufficialmente. Non solo. Stando ai documenti consultati da Haaretz chi usa questo software può anche accedere all’archivio video, individuare alcuni specifici momenti e cambiarli — sia il video che l’audio — per «nascondere attività di intelligence» durante le «operazioni».

 

I clienti

telecamere di sicurezza telecamere di sicurezza

Il programma della start up israeliana può anche tracciare in tempo reale gli spostamenti di una macchina senza che nessuno se ne accorga. Sul suo sito ufficiale «Toka» spiega che i servizi vengono offerti soltanto alle forze armate, alle organizzazioni per la sicurezza nazionale, all’intelligence e alle forze dell’ordine «degli Stati Uniti e dei suoi più stretti alleati». Per il giornale israeliano i clienti sono — o sono stati — Israele, Usa, Germania, Australia, Singapore. Ma sulla mappa fornita dal pagina web della start up compare anche l’Italia, senza però fornire dettagli ulteriori. Nell’elenco ci sono anche Spagna, Portogallo, Francia, Regno Unito, Grecia, Canada.

EHUD BARAK EHUD BARAK

 

Le criticità

Qualche giurista interpellato da Haaretz lancia l’allarme sul rischio che un video venga manipolato per incriminare cittadini innocenti, per difendere qualcuno tra gli 007 dalle accuse o per motivi politici. Sempre sul suo sito «Toka» spiega che la start up «esamina regolarmente l’elenco selezionato di Paesi, utilizzando valutazioni esterne su una serie di questioni tra cui le libertà civili, lo stato di diritto e la corruzione». «Rispettiamo e siamo regolamentati dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e dall’Agenzia israeliana per il controllo delle esportazioni della difesa», prosegue la società.

 

Il caso «Pegasus»

PEGASUS PEGASUS

Israele — in particolare l’area a nord di Tel Aviv centro di una start up valley della sicurezza — si sta rivelando sempre più il Paese che realizza la tecnologia più avanzata per gli 007 di tutto il mondo. I servizi segreti di diversi Stati cercano ancora di fermare l’impatto di «Pegasus», lo spyware che aggira le difese degli smartphone rubando foto, video, spostamenti, telefonate, password, registri di chiamata, post pubblicati sui social. Il programma può anche attivare telecamera e microfono dello smartphone. Ma allo stesso tempo si tenta di capire l’impatto di un altro software-spia, sempre «made in Israel» e chiamato «Predator».

martedì 8 novembre 2022

LO SMARTPHONE SOPPRIME LA RIVOLUZIONE

“LO SMARTPHONE SOPPRIME OGNI RIVOLUZIONE” – IL FILOSOFO-STAR BYUNG-CHUL HAN SI SCAGLIA CONTRO IL DIGITALE E L'INVADENZA DELLA TECNOLOGIA, IL NARCISISMO COLLETTIVO E IL CONSUMISMO SERIALE: “LO SMARTPHONE NON È SOLO UN EFFICACE STRUMENTO DI SORVEGLIANZA, MA ANCHE UN CONFESSIONALE MOBILE. LA CONFESSIONE ERA UNA TECNICA DI DOMINIO MOLTO EFFICACE. NOI CONTINUIAMO A CONFESSARCI, MA DIGITALMENTE” – “VIVIAMO IN UNA SOCIETÀ DELLA SOPRAVVIVENZA. BRANCOLIAMO DA UNA CRISI ALL'ALTRA. LA VITA SI RIDUCE A MERA RISOLUZIONE DI PROBLEMI”

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Byung-Chul Han Byung-Chul Han

Nell'abito dell'apocalittico ci sta comodo. Il filosofo Byung-Chul Han ha indossato i panni della Cassandra e, con piglio nichilistico e rigore tutto teutonico (è di origine coreana ma tedesco d'adozione), ha avviato una radicale critica della nostra epoca. Il digitale e l'invadenza della tecnologia; il narcisismo collettivo; l'erosione della comunità e la perdita dei riti; lo sfrenato capitalismo neoliberista che ci ha trasformati in un drappello di consumatori seriali e indiscriminati; e così via - questi alcuni degli aspetti sui quali il filosofo ha poggiato il suo sguardo, ineludibile.

 

Per scrivere queste sue severe analisi l'autore non invoca mai nessuna musa: glaciali, le sue pagine hanno una grana sempre troppo fine - aspetto che gli ha portato qualche critica e molto, molto successo. I suoi libri sono letti, discussi, commentati. Ora arriva in libreria una raccolta dal titolo Perché oggi non è possibile una rivoluzione. Saggi brevi e interviste - come sempre ottimamente tradotta da Simone Aglan-Buttazzi per le edizioni nottetempo. Ed è l'occasione per fargli qualche domanda.

 

Byung-Chul Han Perché oggi non è possibile una rivoluzione Byung-Chul Han Perché oggi non è possibile una rivoluzione

Secondo lei uno dei motivi dell'impossibilità, oggi, di una rivoluzione, è la trasformazione del potere: prima era disciplinare, ora fa sì che tutti noi ci sottomettiamo volontariamente.

"Kafka scrive in un aforisma: 'L'animale strappa di mano la frusta al padrone e si frusta da sé per diventare padrone'. Frustandosi, l'animale crede di essere libero. Noi ci sfruttiamo volontariamente - e appassionatamente - nell'illusione di realizzarci. Quindi la coazione distruttiva non viene esercitata tramite l'Altro, bensì tramite me stesso. Scaturisce dalla mia interiorità. Io non vengo sfruttato dal mio padrone, mi sfrutto da solo. Sono al contempo servo e padrone".

 

E questo avviene perché, come scrive, il sistema di dominio neoliberista si è trasformato da repressivo a seduttivo?

"Il neoliberismo è un capitalismo del mi piace. Esso si distingue in maniera sostanziale dal capitalismo dell'Ottocento che lavorava per mezzo di costrizioni disciplinari e divieti. Il potere del regime neoliberista si muove in chiave smart. Questo potere smart si stringe a noi, cerca di strapparci dei mi piace invece di subordinarci a costrizioni e divieti. Non ci impone nemmeno il silenzio.

 

Byung-Chul Han Byung-Chul Han

Al contrario, ci stimola continuamente affinché raccontiamo la nostra vita, affinché comunichiamo opinioni, bisogni, desideri e preferenze. Questa assoluta verbalizzazione della vita conduce a un'influenza totale sul nostro comportamento. Nel regime neoliberista il dominio non si espleta mediante l'oppressione, bensì attraverso la comunicazione. Veniamo storditi dall'ebbrezza comunicativa".

 

Siamo sottomessi dall'uso che facciamo dei nostri telefonini?

"Ciascun dominio crea dei devozionali impiegati per opprimere. Essi consolidano il dominio mediante l'habitus. Chi è devoto è sottomesso. Lo smartphone è un devozionale digitale, il devozionale per eccellenza dell'ambito digitale. Soggetto significa in origine "essere sottomesso". Lo smartphone funge da dispositivo soggettivizzante. Il like è un amen digitale. Mentre noi clicchiamo sui like, ci sottomettiamo al contesto di dominio. Lo smartphone non è solo un efficace strumento di sorveglianza, ma anche un confessionale mobile. La confessione era una tecnica di dominio molto efficace. Noi continuiamo a confessarci, ma digitalmente. Ci denudiamo di nostra sponte. Nel farlo non chiediamo perdono, bensì attenzione. Lo smartphone sopprime qualsiasi rivoluzione".

 

SMARTPHONE E STRESS SMARTPHONE E STRESS

Quindi come ne veniamo fuori?

"Nel suo libro Il capitalismo della sorveglianza (in italiano per Luiss University Press, ndr), Shoshana Zuboff evoca la resistenza collettiva rimandando alla caduta del muro di Berlino: "Il muro di Berlino è caduto per molti motivi, ma soprattutto perché i cittadini di Berlino Est avevano detto 'Adesso basta!'. [...] Basta! Questa dev'essere la nostra dichiarazione". Il sistema comunista che opprime la libertà si differenzia in maniera sostanziale dal capitalismo neoliberista della sorveglianza che sfrutta la libertà. Siamo troppo presi dalla droga digitale e dall'ebbrezza comunicativa affinché possa levarsi un 'Basta!', una voce resistente".

 

Il problema è che una voce non basta, ci vorrebbe una comunità che si solleva...

"Il regime neoliberista è un regime della paura. Esso isola le persone rendendole imprenditrici di se stesse. La concorrenza totale e l'assolutizzazione della performance erodono la comunità. L'isolamento crescente, la mancanza di solidarietà e la narcisizzazione dell'essere umano rafforzano la paura. Anche il rapporto con noi stessi viene sempre più caratterizzato dalle paure: paura di fallire, paura di non essere all'altezza delle proprie ambizioni, paura di non tenere il passo, paura di venire lasciati indietro o paura di prendere una decisione sbagliata".

 

Byung-Chul Han Byung-Chul Han

Insomma, va proprio tutto male...

"Oggi viviamo in una società della sopravvivenza. Brancoliamo da una crisi all'altra, da un problema all'altro. La vita si riduce a una mera risoluzione di problemi. Dinanzi a eventi apocalittici come la pandemia, la guerra e le catastrofi climatiche guardiamo impauriti il futuro buio che ci attende. L'ascesa delle forze populiste di destra in Europa ha proprio a che vedere con la paura crescente".

 

Non resta che il fallimento come specie umana?

"L'antidoto alla paura è la speranza. È la speranza a unirci, a far emergere comunità e solidarietà. È il nucleo primario della rivoluzione. È lo slancio, il balzo in avanti. Ci apre gli occhi dinanzi a una vita diversa e migliore. La paura vive delle cose passate, del risentimento. La speranza apre al futuro. Solo lo spirito della speranza può salvarci".

 

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Ma cosa intende per speranza? Intende collettiva, politica? A questi ultimi interrogativi però Byung-Chul Han non risponde, sorvola, come se al nostro filosofo interessino soltanto rovine e macerie... che si sia comodamente seduto al Grand Hotel Abisso - così Lukács criticava Adorno e i suoi sodali della Scuola di Francoforte - dal quale assiste, sprezzante, alla fine del nostro mondo? Detta en passant, bisogna ricordare che sarebbe anche la nostra fine, il fallimento di tutti. Filosofi compresi.

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lunedì 7 febbraio 2022

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

 

LA VERA “VALUTA DIGITALE” SONO I NOSTRI DATI PERSONALI (E BISOGNA MONETIZZARLI) - IL FILOSOFO MASSIMO FERRARIS: “OGGI CONSUMANDO CIBI, INTRATTENIMENTO, INFORMAZIONE NON SOLO DIAMO LORO VALORE, MA NE GENERIAMO DI NUOVO, L'ENORME CAPITALE DEI DATI PRODOTTI DAI NOSTRI COMPORTAMENTI. NON CI SI PENSA MAI, PRESI COME SIAMO DAL TIMORE CHE LE PIATTAFORME CI SPIINO O CI TRASFORMINO IN AUTOMI. SERVE UNA STRATEGIA PER UN PROCESSO DI WELFARE DIGITALE. E CI SONO DUE PASSAGGI POSSIBILI..."




BIG DATA 

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Maurizio Ferraris per "la Stampa"

 

Di solito ci si preoccupa che i ragazzi studino, io mi preoccuperei prima di tutto del fatto che a studiare siamo noi adulti, impegnandoci a comprendere ciò che sta avvenendo in questi tempi post-coronali.

 

Il tempo non ci manca perché l'automazione, ossia l'abilitazione di macchine a comportarsi come umani, sta crescendo grazie al web, cioè di questa grande macchina per attrarre umani, regalando loro perline (servizi e informazioni) e drenando tesori: profitti pubblicitari, flussi di preferenze (profilazione), riproduzione meccanica di comportamenti (automazione). 

 

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Ci sono rimedi? Certo, ma non sono i due attualmente sul mercato. Il primo è quello regressivo, che si limita a condannare la voracità neoliberista delle piattaforme, inventando ircocervi come il «capitalismo di sorveglianza» di cui tanto si parla non considerando che la sorveglianza è un costo che il capitalismo non ha interesse a sostenere.

 

E, quel che è più grave, non comprendendo che il rimedio proposto (aumentare i controlli statali sulle piattaforme) sarebbe peggiore del male, creando uno stato quello sì uguale al Panopticon di Bentham, come in Cina, dunque realizzando l'incubo che si voleva scongiurare, perché gli Stati, diversamente dai capitalisti, sono interessati alla sorveglianza. 

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Il secondo è semplicemente virtuale, o meglio chimerico. Come quando si sostiene che basterebbe investire il 2% del Pil globale riducendo le spese militari per risolvere la crisi ambientale. Non è la scelta giusta per ragioni di fatto e di diritto.

 

Di fatto, non è attuabile, e dunque non è una soluzione: non dubito che tutti noi preferiremmo che in Ucraina non succeda niente, ma dubito che questo auspicio abbia la più remota influenza sul corso del mondo. 

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Di diritto, quando pure per un caso unico nella storia l'umanità si disarmasse, mettendosi alla mercé del bullo di turno, sarebbe una soluzione regressiva, perché inciderebbe sul valore esistente (un valore moralmente problematico, ma pur sempre un valore) invece che crearne del nuovo.

 

Ora, proprio questo è il punto. L'ambiente, e l'umanità che ci vive, non si salverà mai con una riduzione di risorse, significherebbe condannare a morte milioni di persone, ma con l'introduzione di risorse nuove, dell'immenso capitale di quella fascia preponderante di umanità che prima non aveva nulla, perché non aveva soldi, mentre oggi ha dati, che se bene investiti costituiscono il capitale del XXI secolo. 

 

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Il primo atto, qui, è il riconoscimento del valore che gli umani producono sul web, che non esisterebbe se non ci fossero i loro bisogni. Si osservi una circostanza che pare un'inezia: si può automatizzare la produzione, ma non il consumo. Posso inventare una macchina per fare la pizza o per scrivere articoli, ma non per mangiare la pizza o leggere articoli. È proprio su questa circostanza che si fonda la possibilità di immettere nuovo valore nel mondo. 

 

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Perché sono i nostri bisogni, immediati come la pizza o mediati come l'articolo, a determinare il valore dell'una e dell'altro, ed è così da sempre. Quello che è nuovo è che oggi consumando cibi, intrattenimento, informazione non solo diamo loro valore, ma ne generiamo di nuovo, l'enorme capitale dei dati prodotti dai nostri comportamenti. 

 

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Sembra banale, ma non ci si pensa mai, presi come siamo dal timore che le piattaforme ci spiino, mentre hanno di meglio da fare; o che ci trasformino in automi, opzione fisiologicamente impossibile visto che siamo organismi, oltre che economicamente rovinosa perché in un modo di automi non ci sarebbero bisogni, dunque valori.

 

Lasciando da parte distopie che purtroppo hanno effetti reali, quelli di convincerci che siamo le vittime sacrificali delle piattaforme, oltre che dello stato biopolitico di altri malanni, elaboriamo una strategia che ci trasformi negli attori di un processo di welfare digitale (Webfare). 

 

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La prima mossa è alla portata di ognuno di noi. Come cittadini dell'Unione Europea abbiamo il diritto di richiedere alle piattaforme i nostri dati, che per noi non valgono niente giacché non sono aggregati e sono difficilmente leggibili. Questa mossa è facile in teoria, complicata in pratica, e di per sé inutile, perché è, in grande, come conservare tutti i biglietti dei treni, gli scontrini dei negozi, le cartoline dal mare: cosa ce ne facciamo, a parte riandare ai bei tempi che furono e che interessano solo noi, quando va bene? 

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Oltre che inutile, l'operazione appare sciocca, perché in quell'enorme pagliaio di like, di comportamenti, di bioritmi ci vorrebbe una pazienza inumana, quella di un computer, per trovare non dico un valore, ma un senso qualsiasi. È qui che si tratta di compiere la seconda mossa, che richiede l'intervento di corpi intermedi vecchi e nuovi. Se quei dati non valgono per noi ma per le piattaforme è perché queste, aggregandoli con milioni di altri dati, tendono a renderli significativi e dunque capitalizzabili appunto in quanto fonte di proventi pubblicitari, profilazione e automazione. 

 

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Se le cose stanno in questi termini, si tratta di creare delle agenzie di intermediazione, o rimodellarne di esistenti, capaci di aggregare i dati e di capitalizzarli per finalità socialmente utili. Concretamente: una azienda sanitaria è autorizzata dai suoi clienti a mettere sul mercato i dati sanitari aggregati, cioè anonimizzati, oltre che i dati social (immagino che la correlazione sarebbe molto significativa), e i proventi coprono la spesa sanitaria. 

 

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Una banca è autorizzata dai suoi correntisti a mettere sul mercato, sempre in forma anonimizzata, tanto i dati finanziari quanto i dati social, e i proventi vanno a sostegno del territorio e delle persone o imprese in difficoltà.

 

E così via per musei (aggregare i 4 milioni di dati dei visitatori del Museo Egizio con i loro archivi social ci direbbe molte cose sul mondo di oggi), scuole, università, biblioteche. Con questo processo si produrrebbe nuovo valore, che prima era silente o inutilizzato, senza intaccare il valore già esistente, quello delle piattaforme. 

 

l'intelligenza artificiale e le emozioni 7 l'intelligenza artificiale e le emozioni 7

Cosa non meno importante, si darebbe vita a un mercato dei dati che in questo momento manca. Quanto valgono le informazioni che permettono di far volare gli aerei a pieno carico grazie ai dati sui comportamenti dei passeggeri? Ecco una domanda a cui non si potrà mai rispondere se l'acquisto dei dati è il frutto di una trattativa privata tra una piattaforma e una compagnia.

 

Se esistesse un mercato (e non potrà non esistere con l'ingresso di investitori di dati che siano diversi dalle piattaforme) ci sarebbe una domanda e un'offerta e, su quella base, si determinerebbe il valore economico che potrà essere investito nell'incremento del valore culturale e umano. 

l'intelligenza artificiale e le emozioni l'intelligenza artificiale e le emozioni

 

Il punto è dirimente. Solo una società capace di creare nuovo valore invece di litigarsi le briciole del valore esistente può trovare le risorse educative e culturali, cioè anche le disponibilità finanziarie, per generare nuovi valori invece che piangere la morte dei vecchi. Le piattaforme hanno insegnato all'umanità come dar valore commerciale ai suoi comportamenti; tocca ora all'umanità insegnare alle piattaforme come dare valore culturale e morale a questo immenso capitale indicando la via per la transizione, lunga, ma in ogni momento reale, dall'homo faber all'homo sapiens. 

 

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Ecco perché il futuro dell'umanità, un avvenire che durerà a lungo, sarà caratterizzato da un peso crescente dell'educazione, proprio come gli ultimi 10mila anni sono stati assorbiti dalla produzione. Le risorse ci sono, solo si tratta di riconoscerle e di investirle con una cooperazione tra valore economico, valore culturale e valore morale capace di creare un circolo virtuoso. 

 

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Creando così una scienza nuova in cui gli spiriti animali dell'umanità, presenti da che umano e umano ma oggi trasformabili in dati e in valore, costituiscano una risorsa che ci accompagni nel passaggio infinito, ma doveroso e definitorio della natura umana, dalla scimmia all'uomo, dall'odiatore al formatore, e magari anche dal pensatore negativo al pensatore propositivo.