lunedì 18 maggio 2020

TOCCARSI

Fu lo psicologo statunitense Harry Harlow, negli anni Cinquanta, a condurre i primi studi sul bisogno di prossimità fisica, scoprendo che questa necessità non riguarda soltanto gli esseri umani ma anche le bestie. I bimbi appena nati vengono poggiati sul petto della madre e questo li induce a calmarsi. Proprio come i cuccioli di uomo pure quelli di scimmia tendono a ricercare qualcosa di caldo e morbido contro cui rannicchiarsi, arrivando al punto di disinteressarsi al cibo pur di godere dell' effetto confortante di un abbraccio.
baci coronavirus 1 baci coronavirus 
 

Crescendo non si estingue il nostro desiderio di fisicità.



Anzi, in certe fasi cruciali della esistenza, può divenire più urgente. Allorché siamo sotto stress, ad esempio, ci gioverebbe essere avvolti dalle braccia di chi ci vuole bene. Il paradosso è che proprio adesso che avremmo più esigenza di essere abbracciati, a causa della paura generata dallo stato di emergenza nonché da un virus sconosciuto, non possiamo neanche sfiorarci. Siamo obbligati a scansarci, a starci alla larga, ad evitarci gli uni con gli altri. Stiamo accumulando in tal modo fame di contatto. Gli americani la chiamano "skin hunger", ovvero "fame di pelle".


voglia di toccarsi voglia di toccarsi abbraccio abbraccio
 

Si tratta della brama di toccamento, giunta in questi giorni ai suoi massimi storici. Prima della pandemia, si stimava che negli Stati Uniti ne fosse affetto almeno un adulto su quattro in seguito al progressivo isolamento sociale che ha preso il via negli anni Ottanta e che ha avuto un' accelerazione con l' avvento di social network e smartphone. Oggi è probabile che ad avere un insaziabile ed insaziato appetito di tenerezza siano molte più persone, in tutto il globo. La soluzione sarebbe semplice, tuttavia non è "a portata di mani". Queste ultime è meglio tenere al loro posto, magari infilate addirittura nei guanti, almeno per ora. Poi, si salvi chi può.

 
MARSHALL  MCLUHAN
NON L’AVEVA PREVISTO


 
INTRODUZIONE

  “Alcuni credono che il cervello sia l’organo più complesso del corpo umano e come medico potrei anche acconsentire ma come donna trovo che non ci sia niente di più comples-so del cuore umano. Ancora oggi non si conoscono i suoi meccanismi. Nel ragionamento del cervello c’è la logica, nel ragionamento del cuore ci sono le emozioni.” Lo scriveva il Premio Nobel Rita Levi Montalcini e allora sembrava una parentesi poetica da parte di una mente geniale e invece con il progredire delle scienze che studiano il cervello e la mente ci rendiamo conto che quella frase non era poesia ma predizione.
Devo premettere che al tempo del McLuhan e delle mie prime lezioni sull’argomento, il cervello era l’organo meno conosciuto e meno studiato nelle Università anche perché la tecnologia ancora non aveva messo a punto sistemi che potessero analizzare le funzioni, le reazioni della mente e più specificamente potessero organizzare quello che oggi sono le Scienze Cognitive.
Ai miei tempi (ecco una frase che da sola mi squalifica) c’erano solo due corsi di Laurea in Psicologia, uno a Padova e l’altro a Roma. A Milano, alle Cliniche c’era un biennio di specializzazione post laurea di medicina, filosofia, e altre scienze umane che non ricordo. C’erano lezioni di Marcello Cesa Bianchi che parlava del metodo Weshler-Bellevue e Gianpaolo Fabris teneva lezioni sulle motivazioni. Erano definiti “comportamentisti”  e gli argomenti più controversi erano il famoso test da contrapporsi all’americano I.Q.
considerato discriminatorio, e le cinque funzioni della memoria che allora erano identificate con l’apprendimento, la ritenzione, il riconoscimento, l’evocazione e il richiamo. Si discuteva allora di una funzione detta spin che come una spola andava avanti e indietro durante la conversazione per non perdere il filo del discorso e memoria lunga e memoria breve sulle quali si discuteva animatamente fino a farci scendere in piazza e prendere pure un sacco di manganel-late per difendere il concetto di memoria breve che pensandoci oggi sarebbe la R.A.M. del nostro computer, ma allora erano tempi di contestazioni anche violente.
Allora la memoria era concepita come un enorme magazzino all’interno del quale l’individuo poteva conservare la propria esperienza passata, con caratte-ristiche statiche e passive mentre oggi è considerata piuttosto come un archivio cui attingere per riuscire ad affrontare situazioni di vita presente e futura, come un costruttore attivo di rappresentazioni del mondo. In tal senso, la memoria è considerata ricostruttiva.
Oggi la scienza descrive tre fasi principali dei processi di elaborazione mnestica: la fase di codifica, si riferisce al modo in cui l’informazione viene inserita in un contesto di informazioni precedenti e viene influenzato da diversi fattori, tra cui gli stati emotivi-cognitivi-motivazionali del soggetto. La fase di ritenzione, in cui il ricordo viene consolidato e stabilizzato in una condizione stabile e a lungo termine: poi ci sarebbe la fase di recupero che consiste nel recuperare il ricordo dalla memoria a lungo termine alla memoria di lavoro affinché venga utilizzata. L’intero proces-so di elaborazione può essere influenzato da diversi fattori motivazionali, come la rilevanza emotiva dello stesso stimolo, nonché’ dall’umore e dallo stato emotivo del soggetto. Ultimo dato ma non meno importante: la natura ricostruttiva della memoria cioé il fenomeno del riconsoli-damento mnemonico secondo il quale i ricordi che vengono recuperati vengono riportati in una elaborazione attiva, possono essere modificati e rielaborati e quindi reimma-gazzinati mediante una nuova traccia mnemonica con particolare rilevanza clinica psicoterapica.
   Altra premessa doverosa è che nell’analisi dei media il McLuhan li definisce protesi, cioè ognuno è la prosecuzione tecnologica di altre nostre funzioni: il martello picchia più del pugno, le forbici lavorano meglio dei denti, gli occhiali rinforzano la vista e la ruota fa meglio del piede (in questo caso ci fu un’evoluzione per trasformare il movimento rotatorio nella prosecuzione di un movimento lineare ma è un dettaglio, forse ci ritorneremo dopo).
 È successo che dopo secoli in cui con la tecnologia abbiamo operato ogni genere di estensione, ora con l’applicazione del computer ci ritroviamo con l’estensione della nostra mente, estensione che non può più essere considerata protesi, bensì campo. Ci troviamo nell’età dell’angoscia dove non è più possibile il distacco e la non partecipazione. Dopo tremila anni di espansione delle innumerevoli funzioni tecnologiche del corpo umano e delle sue funzioni, ci ritroviamo dinanzi ad una implosione. L’elettricità ed il computer hanno contratto il nostro pianeta riunendo in modo repentino e contemporaneo tutte le funzioni sociali e politiche, intensificando la nostra consapevolezza. Ogni singolo anche se nobilissimo punto di vista, ha perso nell’era elettrica ogni funzione lasciandoci l’ansia e la ribellione contro gli schemi imposti e soluzioni obsolete.
A differenza di ciò che accadeva quando gli avvenimenti erano posti in sequenza o in concatenazione, nell’era elettrica la velocità istantanea ci fa percepire le cose in una nuova dimensione. Questo era il pensiero di Marshall McLuhan e non ce n’è un altro, anche se un certo Bruce R. Powers, un professore che ha pagato le royalties alla vedova per poter (forse) millantare che questo fosse il pensiero del grande pensatore canadese ha pubblicato nel 1984, quattro anni dopo la morte del McLuhan, un libro postumo e lo ha intitolato IL VILLAGGIO GLOBALE autore McLuhan e ci ha messo dentro un sacco di corbellerie tra le quali i popoli che ragionano con l'emisfero sinistro contro quelli che ragionano  con l'emisfero destro, la Tetralicomia ovvero: previsioni sul un mondo che verrà ( e non se n'è avverata nemmeno una) e la registrazione, questa vera, di una conversazione informale avuta con il McLuhan, una di quelle cose che ti metti a parlare anche di sciocchezze, davanti ad un bicchiere di bourbon, e questo tizio ci ha tessuto sopra un pamphlet da cui ricavare soldi. Inutile dire che andai a cercare questo presunto collega di McLuhan, chiesi informazioni sul suo conto ma era morto senza infamia né gloria come era vissuto e amen.
Sembra che stia divagando ma la premessa è d’obbligo. Più avanti riporterò una sintesi del pensiero di Marshall McLuhan che era un professore di letteratura inglese, che per anni non si seppe se catalogarlo tra i filosofi o tra i semiologi, che per anni il mondo accademico si accanì ad attaccare invece di tentare una sintesi mentre alcune tecnologie apparivano nel sistema mondiale della comunicazione e provocavano vere rivoluzioni, che il McLuhan aveva intuito, per cui si era allarmato, a fronte delle quali aveva lanciato accorati allarmi purtroppo senza esito.
Successe quello che era successo a Freud quando irruppe nel pensiero occidentale teorizzando l’inconscio e tutti i suoi dintorni. Mentre gli accademici europei discettavano chiedendosi se quella di Freud fosse scienza o chissà che, gli americani lo invitarono oltreoceano per una serie di conferenze. Un giorno confidò a Jung che lo accompagnava, di aver notato che per radio i programmi venivano interrotti da un motivetto musicale al quale faceva seguito un messaggio pubblicitario. Egli si rendeva conto che dopo una serie di interventi, bastava ascoltare il jingle musicale, e veniva alla mente senza alcuna sollecitazione il nome del prodotto:
-      Abbiamo portato la peste in questo continente – disse.
Alla stessa maniera mentre si discuteva della salute mentale di McLuhan (ho partecipato personalmente ad una conferenza con questo argomento) prendevano corpo sistemi elettronici americani che invadevano le nostre coscienze con i Social, i telefonini, e vari modi del comunicare che hanno cambiato il nostro modo di relazionarci.
Ora che con la tecnologia elettrica abbiamo esteso non solo i nostri organi ma persino il nostro sistema nervoso, l’informazione che si sposta alla velocità della luce ha reso obsoleti tutti i sistemi di accelerazione meccanica quali la strada, la ferrovia, la ruota. I vecchi sistemi di adattamento psico-fisico e sociale non contano più nulla.
Siamo entrati nella fase del campo totale della consapevolezza. Le nostre estensioni elettriche hanno superato lo spazio ed il tempo e ci coinvolgono in problemi di organizzazione mai affrontati prima.
    "Oggi il tiranno non governa più col bastone o con il pugno di ferro ma, travestito da ricercatore di mercato, pascola il suo gregge sui sentieri della praticità e della comodità"        
 La moderna Cappuccetto Rosso, allevata a suon di pubblicità, non ha nulla in contrario a lasciarsi mangiare dal lupo.

La Sposa Meccanica, 1951

Credo che questo sia il momento più adatto per porci la domanda fatidica: che ne è del McLuhan e di tutte le sue teorie? Ha ancora senso, a settant'anni dal suo LA SPOSA MECCANICA seguire i suoi enunciati per tentare di capire il mondo della comunicazione?  La risposta è complessa non solo per la personalità eclettica dell'autore che ha esposto il suo pensiero in modo apodittico rifiutando la serena discussione (famoso per i suoi: “Lei non ha capito nulla del mio lavoro”) rimanendo all'esterno alla dialettica del mondo accademico, spostandosi o avventurandosi nell'imprendi-toria e nella consulenza, col risultato di non riuscire mai a far parte di un nucleo intellettuale che potesse meditare, assimilare ed eventualmente riproporre i suoi difficili (per allora) concetti. Anche l'esposizione delle sue teorie avveniristiche con fulminanti sintesi adatte più ad essere citate che ad essere capite, non ha agevolato la compren-sione dei fenomeni che il McLuhan descriveva.
In Italia specialmente, i suoi libri vennero pubblicati con colpevole ritardo e delle tante critiche che in tutti questi anni l'autore ha accumulato, ne propongo solamente tre che per l'importanza degli autori e delle loro posizioni possono riassumere buona parte della critica italiana.
Il primo intellettuale di altissimo spessore è Umberto Eco, che pubblicò nel 1967 “Cogito Interruptus”, una vigorosa stroncatura del libro: “Understanding Media” edito in Italia dal Saggiatore di Alberto Mondadori, e commentando il famoso “Il mezzo è il messaggio” scrisse: “Va bene. Vorrà dire allora che quando riceverò un telegramma leggerò il postino!” Battuta fulminante che per arguzia e intelligenza ciascuno di noi sarebbe disposto a scrivere a costo di qualsiasi bassezza. In tutto questi anni Eco è ritornato sull'argomento solo un paio di volte e di sfuggita per chiarire se si sia trattato semplicemente di una battuta, o se a distanza di anni abbia cambiato il suo parere. Eco occultamente e scientemente è stato l'intellettuale che meglio ha assimilato e si è avvantaggiato delle teorie del McLuhan per migliorare il proprio lavoro di semiologo e ne riconobbe i meriti solo nel 2014 in un intervento tenuto a Camogli, al Festival della Comunicazione e intitolato "Comunicazione: soft e hard".
Il secondo intellettuale che vorrei citare è Stefano Bartezzaghi che in occasione del venticinquennale della morte del McLuhan scrisse su Repubblica un interessante articolo in cui con la sua consueta leggerezza ripercorreva i capisaldi delle sue teorie, riportava gli slogan più incardinati nella memoria collettiva, ripercorreva qualche episodio della vita e del pensiero dell'autore e poi in conclusione lasciava elegantemente il giudizio in sospeso.
 Il terzo è Gino Agnese, giornalista del Tempo, nel 1982 fondò la rivista “Mass Media” e tra l'altro collegò il McLuhan al futurismo del Marinetti. Gli chiesero un giudizio sul McLuhan, e lui che era accreditato come uno dei più profondi conoscitori dell'argomento, dichiarò:

“Di McLuhan resta semplicemente questo: il merito di averci mostrato la necessità di avere un atteggiamento critico verso i media. Poi molte cose che lui ha detto si sono rivelate infondate, ma questo no, questo resta: siamo critici, stiamo attenti: questo è il suo insegnamento. Quanto alla sua attualità, lì il discorso è diverso, perché McLuhan muore prima di Internet, senza averne previsto l’invenzione. Internet è una realtà che non è stata prospettata da nessun futurologo. La grande novità è che la Rete in qualche modo ha capovolto il messaggio più noto di McLuhan, secondo il quale il mondo è il "villaggio globale", poiché dopo Internet si può ben dire che ogni villaggio sia diventato mondo. E quindi la conclusione è un po’ malin-conica perché si può dire che il profeta – McLuhan è stato definito "il profeta dei media" – nel tempo nostro è una figura impossibile: le cose evolvono così in fretta, le novità si profilano all’orizzonte in maniera così veloce e impreveduta, che le personalità di forte intuito, di più vasta apertura mentale e di più grande coraggio intellettuale finiscono col non essere all’altezza dei tempi.

Riprendo nella totalità questa affermazione perché rispecchia il pensiero di molti intellettuali che benché prepa-ratissimi, non hanno potuto o peggio voluto capire il punto di vista del McLuhan. Questi intellettuali finissimi, alfabetiz-zati e difensori del “punto di vista” non riescono più a concepire una comunicazione senza centro, dove non c'è più un referente e un fruitore perché è scomparso il prima e il dopo, il davanti e il didietro, il sopra e il sotto e loro che sono diventati il “centro” della intellighenzia, non possono o non vogliono accettare ciò che a loro giudizio è diventato il caos. È successo ai ballerini del Rock and Roll che dopo anni di allenamenti ed esibizioni, si videro superati nelle discoteche (le balere erano scomparse) da gente senza specializzazione che ballava il twist e il surf e si divertiva contorcendosi in modo disordinato e senza regole sotto gli occhi dei “rocchettari” che si erano specializzati in passi, figure e volteggi coordinati. Così a questi raffinati alfabeti diventati punti di riferimento, ripugna la contemporaneità immediata e il coinvolgimento totale della forma elettrica della comunicazione senza centro da cui partono le perife-rie, ma con le periferie che sono diventati esse stesse centri di comunicazione. Per molti di loro poi, le cui sensibilità sono state deformate e in qualche modo bloccate nelle posizioni fisse della scrittura meccanica della tipografia, le forme tattili della comunicazione elettrica sono addirittura invisibili. Non è colpa degli intellettuali che in questi casi hanno una funzione di retroguardia, ma è compito degli artisti avere visioni con cui evocare e rappresentare le nuove frontiere tecnologiche. Aggiunge il McLuhan:
“Queste persone sono vittime dei media riluttantemente mutilati dai loro studi e dal loro lavoro come i bambini in una fabbrica vittoriana...”
Che McLuhan poi, muoia prima di Internet senza averne previsto “l'invenzione” è una frase che secondo me può dire solo qualcuno che non ha letto “Understanding Media” o che l'ha letto distrattamente o che se l'è fatto riassumere in comodi bigini. Mi spiego meglio: vediamo la funzione del profeta.
Secondo il Mito, Cassandra che aveva ingannato Apollo promettendogli amore in cambio della chiaroveggenza, venne punita dal dio per non aver mantenuto la promessa facendo in modo che prevedesse il futuro ma che nessuno le credesse. Il Mito è fondatore e porta sempre con sé brandelli di verità ma in questo caso potremmo andare ancora più a fondo dicendo che coloro che non credono alla profezia, di solito lo fanno perché non si rendono conto di che si tratti. Prendiamo per esempio Gesù Cristo dinanzi al Tempio e la sua profezia: “Non ne resterà pietra su pietra”, che a coloro che lo stavano ascoltando poté sembrare semplicemente un'invettiva. Furono gli estensori dei Vangeli dopo il 70 A.D. cioè dopo la distruzione del Tempio da parte di Tito che si accorsero che ciò che era stato detto mezzo secolo prima era una profezia. Diversa invece la frase sempre di Gesù Cristo: “Ognuno prenda la sua croce, e mi segua” che con ogni probabilità è una reminiscenza dell'estensore delle loghìe, perché la croce non aveva nessun significato simbolico PRIMA che vi fosse lo scandalo di un Dio crocifisso. È come se il Papa si fosse affacciato all'udienza del mercoledì ed avesse affermato:” Piangete i vostri morti nei grattacieli a causa di aeroplani e non andate a distruggere un altro popolo” frase incomprensibile ai suoi contemporanei, ma acclamata con vigore dopo le vicende dell'11 Settembre alle Twins Tower di New York.
E veniamo al McLuhan. Quando cominciò a scrivere le sue prime intuizioni il computer era una macchina che registra-va dati su un nastro magnetico. Da qui la sua prima consta-tazione che esso fosse il proseguimento della tipografia perché spezzava e inanellava dati in modo logico sequen-ziale. Per spiegarci, poiché si erano scoperte le alte funzioni della memoria elettronica, si sarebbe potuto per esempio mandare una lettera a tutto l'elenco telefonico di Toronto perché i dati stavano comodamente in ordine alfabetico, un po' meno veloce la ricerca per esempio di tutti gli utenti di Trafalgar Square classificati per numero civico perché tra quelli che cominciavano per la lettera A e quelli con la Zeta occorreva scorrere tutto il nastro. Con questo vogliamo dire che il McLuhan non si rese conto che sarebbe arrivato il processore su disco fisso e quindi non capì la funzione del computer? Non mi pare. Credo piuttosto che parlando delle nuove tecnologie della comunicazione di massa (tra le quali non cita il computer) si intuisca A POSTERIORI che ne prevedesse gli sviluppi. Allo stesso modo è errato pensare che egli sbagliasse nel teorizzare un villaggio globale mentre la realtà ci mostra come ogni villaggio sia diventato il mondo, quando i due concetti sono perfettamente identici, cosa più volte teorizzata dall'autore. Anzi, per essere obiettivi, vediamo in realtà quali furono le previsioni sbagliate del McLuhan. Primo, nello spiegare l'impatto mediatico della fotografia, egli cita come esempio: “la vista di gentiluomini che ordinavano da bere nei circoli standosene comodamente seduti sui loro cavalli provocò rapidamente un senso di revulsione tra la gente comune che indusse i ricchi americani ad abitudini timidamente modeste e oscure dalle quali non si sono più discostati...
Anche le persone diventano istantanee... quando devono condividere con l'intera umanità l'estensione del loro sistema nervoso centrale. In tali condizioni i consumi dimostrativi o gli sprechi da status symbol diventano impossibili anche per il più audace dei ricchi che si riduce a consumi omologati.”
Non aveva previsto il SUV, il Rolex da due milioni di dollari, e tutti i consumi che vengono definiti come “status symbol”.
Aveva previsto la scomparsa della ruota, intesa come mezzo di trasporto, partendo dalla considerazione che l'aereo usa le ruote solo per una minima parte del suo percorso. La ruota è scomparsa dal disco del telefono e da qualche altro marchingegno, ma quella dell'auto per ragioni di macroeconomia, non scomparirà tanto facilmente.
Con il computer ha previsto la diminuzione dell'uso della carta che invece è aumentato. Ha previsto la scomparsa del manuale d'istruzioni che invece è diventato sempre più voluminoso visto le molteplici funzioni degli oggetti elettronici.
Una cosa invece che McLuhan non ha previsto e non poteva prevedere è il fenomeno Google, l'espediente tecnologico più rivoluzionario dopo l'invenzione della stampa a caratteri mobili. Per la verità egli aveva teorizzato che qualsiasi nuova tecnologia nasce con alcuni obiettivi immediati apparenti per poi svilupparsi in un'innovazione tecnologica che rompendo i privilegi di un ristretto numero di usufruitori apre la possibilità di accesso ad una nuova popolazione di utenti. E così è successo alla Rete, nata per scopi militari che si è sviluppata in modo imprevedibile specie quando gruppi economici e di potere tentarono di catturare gli utenti che vagavano per il Web indirizzandoli in Portali, specie elettronica di centri commerciali che raggruppavano servizi e offerte interessate dagli sponsor dove secondo i maghi del marketing si sarebbe concentrato il business elettronico. Errore pagato carissimo (in termini di perdite aziendali). Infatti l'utente, che nel web ha acquisito una indipendenza individuale persa nella vita reale, presto si chiese: perché devo entrare in un portale per conoscere che tempo farà al mio paese, quando posso collegarmi direttamente ai satelliti che in contemporanea mi danno tutte le previsioni del tempo sulla Terra? Il problema era quello di conoscere l'indirizzo web di queste strutture e per agevolare la navigazione erano nati i motori di ricerca tipo Altavista che fungevano da enciclopedia elettronica. Bastava cliccare una parola e comparivano tutte le pagine del mondo in cui quella parola era scritta. Il difetto stava nel fatto che comparivano in modo casuale e non in ordine di importanza ma in base alla frequenza della parola che il motore di ricerca trovava nelle pagine cercate. Se per esempio uno avesse cliccato la parola “porcini” sarebbero comparse 1.200.000 pagine sui funghi porcini, evidentemente non consultabili tutte e un milione duecentomila! Il problema era che probabilmente tra le prime pagine comparivano i porcini di Borgotaro, poiché esiste una famosa fiera in quella località, alcune pagine di ricette messe on line da casalinghe deliziose, qualche caso di intossicazione per l'Amanita Muscaria, libri per bambini ma le cose più importanti, tipo il Bresadola, Wikipedia con le catalogazioni, un manuale di scienze naturali e cose così interessanti, si potevano trovare solamente dopo aver aperto pagine e pagine di notizie inservibili.
 Era il 1966 e Larry Page e Sergey Brin, i due studenti ventitreenni che stavano rivoluzionando il mondo della comunicazione, intuirono l'importanza dei links, cioè di quei rimandi ragionati che indirizzavano verso le pagine più importanti: più importante era il sito che indirizzava, maggiori erano i link che le indicavano, quelle erano le pagine che comparivano per prime nel motore di ricerca.
Questo è Google: milioni di frecce che vi indirizzano verso pagine guida della conoscenza, come se uno si trovasse in una città sconosciuta e chiedesse a tutti quelli che incontra dove si trova Piazza Garibaldi, per seguire poi la maggio-ranza delle indicazioni che vanno in una direzione che si rivelerà quella esatta. Il problema però, nella cultura, non è così semplice e le pagine più cliccate non è detto che siano le più profonde o le più preziose. Sono solo le più frequen-tate, per cui la Verità non è più solo quello che credono gli altri, ma soprattutto quello che gli altri hanno trovato più velocemente.
Non è un problema da poco.
Recentemente per esempio, un'amica virtuale, di quelle per intenderci con cui si chatta ma non si hanno relazioni, mi ha mandato una frase: ”Le parole che non ti ho detto” che mi hanno ricordato il mio amore per Jorge Luis Borges e il piacere che mi ha dato in molti Paesi dove ho vissuto, di leggerlo nella lingua originale. Intellettuale eclettico, ha scritto poesie in italiano, spagnolo, francese, inglese e tedesco ed io ricordavo il verso di una delle sue ultime poesie dedicate a Maria Kodama, la sua giovane segretaria che si prese cura di lui fino a diventarne la moglie negli ultimi istanti della sua vita, a cui aveva dedicato alcuni versi che pressappoco facevano: “Quando morrò, e verrai al cimitero a visitarmi, ti raccomando di non strappare quei papaveri rossi che troverai cresciuti attorno alla croce della mia tomba: quelle sono le parole che non ti ho detto, le frasi d'amore che non ti ho scritto” La mia amica virtuale, male interpretando le mie parole, mi mandò lo spezzone di un film con Kevin Costner e Paul Newman. Le scrissi facendole notare che il film di Mandoki in originale aveva un altro titolo: “The message in a bottle” e lei rispose scusandosi per essersi confusa con il libro. Poiché io da anni seguo la ferrea regola inglese del “Rubbish in, rubbish out” cioè che se nel computer metti spazzatura poi quando vai a cercare ritrovi spazzatura, mi affrettai a correggere l'affermazione della mia amica secondo cui la frase in questione era relativa ad un libro, e andai su Google per cercare la poesia di Borges digitando: “le parole che non ti ho detto” e sono uscite 4.000.000 di pagine (diconsi quattro milioni! ) che portavano nelle prime trenta pagine il film di Mandoki, poi il libro di Spark, poi la canzone di Bocelli, poi Ron (che forse ha scritto i testi di detta canzone) in seguito Enrico Brignano che aveva girato l'Italia con uno spettacolo con quel nome, quindi poesie sparse di giovani poeti italiani, e qualche blog dove accidentalmente e non sempre in questo ordine venivano riportate le medesime parole. Dopo 40 pagine (circa 500 Siti citati) di Google, Jorge Louis Borges, l'autore di quei versi sublimi a cui si erano ispirati altri artisti, non comparivano. Allora ho ricominciato la ricerca anteponendo BORGES alla frase precedente, sono uscite 400 pagine (circa 5.000 Siti) che non mi hanno portato da nessuna parte. La soluzione sarebbe stata quella di cercare BORGES POESIE, ma non ricordavo in che lingua avevo letto il libro, in quale Paese l'avevo comprato, e soprattutto in quale contesto la poesia (se si trattava di una poesia o di un biglietto d'addio) era stata pubblicata.
Morale: da Google, cioè dalla nostra cultura di lingua italiana è scomparso l'autore di quei versi sublimi, non solo. Poiché le pagine più cliccate sono le prime cinque, sei, sette e rare volte qualcuna in più, ci ritroveremo nella condizione che più le pagine inerenti il film saranno cliccate, e a maggior ragione appariranno tra le prime dieci, più rimarranno posizionate tra le prime dieci, più saranno cliccate.... e buonanotte a Borges.
E veniamo all’ultimo fraintendimento del McLuhan che è pure il motivo di questo libro: egli ha confuso il computer con l’estensione del cervello. Ha intuito che non poteva essere considerata una protesi, e infatti ha introdotto una teoria del “campo” ma si è fermato qui perché non aveva i mezzi per un’analisi più dettagliata ma era in errore perché il computer rappresenta solo una parte del cervello, e qui mi fermo.



Approfittando della secca stagionale del fiume Colorado, avevamo percorso per una intera giornata il tragitto che ci portava al villaggio del capo Chochone che aveva accettato di farci da guida. Non vedeva il suo villaggio dallo scorso autunno, quando era sceso in città dove aveva lavorato tutto l’inverno esibendosi per i turisti. Arrivati sull’ermo di un colle scorgemmo le tende, il fumo dei fuochi e i cavalli sciolti attorno al villaggio della sua gente e lo vidi commosso. Mi sorpresi nel non vederlo accelerare il passo per raggiungere il suo villaggio, ma fu solo quando si sedette e socchiuse gli occhi che osai chiedergli:
-     Non scendiamo?
E lui mi rispose:
-     Adesso no. Aspettiamo le nostre anime –
Fu allora che compresi che arriva un momento della propedeutica in cui ti devi sedere ed aspettare la tua anima.


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Lettera di Massimo Cacciari* a “la Stampa”

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Per quanto ancora frammentari e non univoci, i messaggi che ci raggiungono in questo esordio della fase 2 a proposito della scuola sono ben più che allarmanti.
La prospettiva che emerge è quella di una definitiva e irreversibile liquidazione della scuola nella sua configurazione tradizionale, sostituita da un' ulteriore generalizzazione e da una ancor più pervasiva estensione delle modalità telematiche di insegnamento. Non si tratterà soltanto di utilizzare le tecnologie da remoto per trasmettere i contenuti delle varie discipline, ma piuttosto di dar vita ad un nuovo modo di concepire la scuola, ben diverso da quello tradizionale.

Ebbene, si può certamente riconoscere - come da più parti nel corso degli ultimi anni si è sostenuto in maniera argomentata - che la scuola italiana avrebbe bisogno di interventi mirati, collocati su piani diversi, tali da investire gli stessi modelli della formazione e lo statuto epistemologico delle varie discipline.
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Ma altro è porre all' ordine del giorno un complessivo e articolato processo di riforma, frutto di una preventiva e meditata elaborazione teorica, tutt' altra cosa è appiattire il complesso processo dell' educazione sulla dimensione riduttiva dell' istruzione. Basterebbe mettere il naso oltre le Alpi per avvedersi che quasi tutti i Paesi europei, in prima fila i nostri competitors sul piano economico, hanno già riaperto (o stanno riaprendo) le scuole, pur permanendo condizioni sanitarie analoghe a quella italiana.

Francia e Germania, Belgio, Danimarca e Olanda, Norvegia e Repubblica ceca, Austria e Svizzera, e in parte perfino il Regno Unito, sono ripartiti, sia pure con prudenza e gradualità, mentre anche la Spagna, ormai più tormentata di noi dal flagello del virus, sta valutando di svolgere almeno qualche settimana di scuola prima della pausa estiva.
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Per quanto riguarda il prossimo anno scolastico, nessuno sottovaluta i vincoli oggettivi che potrebbero persistere anche in autunno, rendendo troppo rischioso il tentativo di ritorno alla normalità. Ma dare superficialmente per assodata l' intercambiabilità fra le due modalità di insegnamento - in presenza o da remoto - vuol dire non aver colto il fondamento culturale e civile della scuola, dimostrandosi immemori di una tradizione che dura da più di due millenni e mezzo e che non può essere allegramente rimpiazzata dai monitor dei computer o dalla distribuzione di tablet.

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È probabilmente superfluo ricordare che il termine greco scholé, dal quale derivano i termini che nelle lingue moderne descrivono la scuola, indica originariamente quella dimensione di tempo che è liberata dalle necessità del lavoro servile, e può dunque essere impegnata per lo svolgimento di attività più nobili, più corrispondenti alla dignità dell' uomo.

Ne consegue che la scuola non vuol dire meccanico apprendimento di nozioni, non coincide con lo smanettamento di una tastiera, con la sudditanza a motori di ricerca. Vuol dire anzitutto socialità, in senso orizzontale (fra allievi) e verticale (con i docenti), dinamiche di formazione onnilaterale, crescita intellettuale e morale, maturazione di una coscienza civile e politica. Insomma, qualcosa di appena più importante e incisivo di una messa in piega o di un cappuccino.

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* I firmatari dell' appello Alberto Asor Rosa Maurizio Bettini Luciano Canfora Umberto Curi Donatella Di Cesare Roberto Esposito Nadia Fusini Sergio Givone Giancarlo Guarino Giacomo Marramao Caterina Resta Pier Aldo Rovatti Carlo Sini Nicla Vassallo Federico Vercellone Il filosofo Massimo Cacciari è tra i firmatari della lettera sul nuovo modello di scuola La lettera I due metodi di insegnamento - in presenza e on line - non sono intercambiabili Alberto Asor Rosa Scrittore, docente, critico Così si appiattisce il processo di educazione sulla dimensione riduttiva dell' istruzione Nadia Fusini Scrittrice e critica letteraria Luciano Canfora Filologo classico, saggista Donatella Di Cesare Filosofa, saggista, docente.
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