martedì 21 aprile 2020

ANCHOR - MAN

L’ANCHOR-MAN E L’INFORMAZIONE

Chi si ricorda di Antonio Russo?
Era uno dei tanti angeli invisibili che per Radio Radicale aiutava i profughi in Cecenia e mandava notizie. Attratto dalle sirene del Maurizio Costanzo Show, andò a mostrare la sua faccia e ad illustrare la sua meritevole attività. La conseguenza fu che al primo viaggio in Cecenia, lo catturarono e lo pestarono fino alla morte. L’Ordine dei giornalisti gli diede la qualifica di giornalista post-mortem e amen.
Ricordando questo episodio, quando la redazione di Italia News, il quotidiano con le notizie sul satellite, mi chiese una foto da far passare durante la mia intervista, io che ci avevo ancora qualcosa da fare ad Haiti e non avrei gradito qualche speciale attenzione, mandai la foto di uno qualsiasi, alla faccia della corretta informazione. Vabbè...

Tecnicamente le cose si sono svolte così: mi hanno chiamato al telefono alle otto, l’ora americana della messa in onda (in Italia andava alle 13,00) e dopo alcune prove tecniche mi hanno lasciato appeso al telefono in attesa di intervenire.
La trasmissione, più o meno era strutturata in questo modo: il conduttore Piero Di Pasquale che era anche il direttore del programma, apriva fagocitando i titoli del TG1 e la notizia d’apertura (alla mezz’ora lo farà col TG2) poi dalla sua redazione passavano le notizie dell’ultima ora, quindi a intervalli regolari sempre dalla redazione, le notizie dagli interni, esteri e regionali. L’ospite o gli ospiti in studio insieme con alcuni corrispondenti Rai collegati dalle varie sedi, sviluppavano quello che Di Pasquale aveva eletto il tema del giorno. La trasmissione risultava asciutta ed essenziale con qualche sbavatura dovuta probabilmente più a pressioni politiche per un minuto di visibilità, ma tutto sommato credo si possano considerare peccatucci veniali di un archetipo di trasmissione televisiva che funziona ancora oggi (con l’aggiunta della lettura dei quotidiani in diretta).

Certamente saprete che rimanendo appesi al telefono durante una trasmissione in diretta non è possibile rimanere accanto al televisore per non innescare un fastidiosissimo “effetto Larsen” che fischia dolorosamente nelle orecchie, pertanto ho seguito il tutto al telefono perdendo parti essenziali del discorso. Credo il tema del giorno vertesse attorno alla comunicazione e alle difficoltà del dare notizie dai luoghi “caldi”.  In studio c’era un rappresentante di reporters sans frontieres.
A TRE MINUTI dalla fine del programma, finalmente la chiusa tanto necessaria in un buon pezzo giornalistico: “Ma esiste pure un’informazione alternativa costituita dai “bloggers” e ne abbiamo DUE in linea!”
Pensate, due bloggers (tra cui un neofita) che spiegano il Web e i blog in tre minuti!
Infatti, finiamo di declinare le nostre generalità e la trasmissione finisce.

E’ successo però un fatto che ha spiazzato Piero Di Pasquale: approfittando del minuto messomi a disposizione dichiaro che hanno “bucato” una notizia. Intendiamoci bene, questo è un colpo basso. “Bucare” una notiza – cioè non registrarla e lasciarsela sfuggire-  è una delle cose che maggiormente irrita una redazione. Il direttore non si lascia sorprendere e mi sfida: “E allora ce la dia lei, la notizia!” ed io in una sintesi disperata parlo della tempesta tropicale che ha colpito l’isola (un centinaio di morti) mettendo in ginocchio la popolazione che non era stata allertata dal governo. Oso pure un paragone con il regime di Cuba che in casi analoghi si dimostra attrezzatissimo.
Questo mio intervento voleva dimostrare che noi del Web NON siamo l’informazione alternativa bensì l’informazione l’altra. E basta.

Vediamo di capirci meglio: ogni giorno “le agenzie” cioè le entità che in nome delle varie associazioni giornalistiche mettono in circolo le notizie, raccolgono circa 20.000 fatti più o meno interessanti di cui parlare e dirama un bollettino diciamo con le duemila notizie di rilievo secondo la nostra cultura e il nostro vissuto. Di queste duemila, contatele se ne avete il tempo, i giornali ne mettono una dozzina in prima pagina ed i telegiornali sono confezionati con una quindicina di queste.
E le altre? Chi ha detto che le altre non siano interessanti, almeno per qualcuno?
Ecco, nel Web succede proprio questo fenomeno: il commento (QUASI SEMPRE CONTRO CORRENTE) alle notizie ufficiali, la ricerca di vari approfondimenti (il Web ha una memoria lunghissima) e diffusione di alcuni fatti che non vengono trattati dalla stampa ufficiale.

Ma abbandoniamo il caso personale e vediamo di analizzare la funzione di Piero Di Pasquale alla luce del McLuhan.

Conservo ancora una lezione di Maurizio Costanzo che in un corso di comunicazione affermava: “Come chiaramente scritto dal McLuhan, la televisione è figlia della radio...”
Nulla di più sbagliato. Intanto perchè il massmediologo canadese non ha mai scritto una cotanta corbelleria, infatti se la radio è l’estensione dell’orecchio e deriva dal telegrafo e dal telefono, la televisione è una protesi dell’occhio e rappresenta l’evoluzione del fumetto, dell’icona e dei geroglifici!
La televisione in sè stessa non esisterebbe se non ci fosse la società che si rispecchia in essa, che è un flusso continuo di immagini senza approfondimento e senza profondità.

In questo flusso continuo si è inserito tra gli altri Piero Di Pasquale che prima con NEXT ed poi con ITALIA NEWS si è trasformato da “portatore sano di notizie” (la definizione è un po’ grottesca, spero mi perdonerete) ad anchor-man che è una figura prettamente televisiva di giornalista testimonial che con la sua faccia ed il suo lavoro in qualche modo GARANTISCE l’approfondimento che, badate bene, è sempre “viziato” dalle sue convinzioni personali.

Torniamo alla mia intervista. In pratica cos’ha fatto Di Pasquale? Ha raccolto tutto il mondo fuori da sè e FAGOCITANDOLO, lo ha restituito ai fruitori come televisione pura!
Ora, la domanda è questa: in un mondo dove predomina la polemica sul relativismo (anche storico) non sarà un’imprudenza lasciare che alcuni anchor-men abbiano la facoltà di indirizzare (influenzare?) con le loro opinioni il pubblico televisivo?
La risposta la lascio a voi, ma mi permetto di farvi notare che nella storia della moderna televisione, non esistono Anchor-men che abbiano tradito il loro mandato e quei pochissimi che sono stati scoperti ad alterare anche di un ette i fatti per derivarne vantaggi (anche d’opinione) personali, sono stati prima sbeffeggiati e poi si sono dissolti come nebbia al sole, scomparendo dal video.

Aldo Vincent

lunedì 20 aprile 2020

DATI PERSONALI

Chi raccoglie e vende (senza dirci nulla) i nostri dati personali


Natali_Mis via Getty Images

La vicenda Facebook/Cambridge Analytica che ha imperversato sui media di tutto il mondo, ha posto all'attenzione del mondo intero il problema dei nostri dati sui social e della raccolta indiscriminata che se ne fa a fini di sfruttamento commerciale o politico.
I dati personali sono, come è noto, il motore dell'economia digitale. Sono raccolti e rivenduti all'ingrosso o al dettaglio, in forma aggregata o in forma personalizzata e tarata sul singolo individuo.
Il mercato di riferimento è servito da un esercito di società che in tutto il mondo raccolgono, organizzano e confezionano i dati relativi alle nostre consultazioni dei siti internet, agli acquisti di ogni genere che effettuiamo, alle relazioni sui social, alle nostre proprietà, ai processi giudiziari cui siamo stati eventualmente sottoposti, al nostro stato civile, ai figli, alla fascia di reddito, alle preferenze politiche, religiose, sessuali e tanto altro.
Queste società registrano tutto ciò che facciamo, prendendo nota e organizzando le tracce che lasciamo dietro di noi, dal momento che ormai quasi tutte le attività sono online. Perché fanno questo e perché ciò che fanno vale tanto?
Perché i dati raccolti su ciascuno di noi possono rilevare anche gli aspetti più nascosti della nostra personalità, cose che non confideremmo neanche a un familiare, e tutti questi dati vengono raccolti da mani estranee (a nostra insaputa) e combinate con altre migliaia di dati che ci riguardano e che ricostruiscono la nostra personalità.
Naturalmente, la semplice raccolta di questa immensa mole di dati non è sufficiente. È come estrarre il petrolio grezzo. E il petrolio ha bisogno di ulteriore trattamento per diventare benzina e far aumentare significativamente il proprio valore di mercato.
Così è per i dati. Devono essere trattati con attività di Analytics, per essere organizzati e ottimizzati per dare luogo a profili emotivi e comportamentali quanto più possibile affidabili in base ai dati raccolti. Essi sono trattati da software di intelligenza artificiale, che valorizza ogni aspetto del materiale raccolto, collocandolo in un contesto coerente.
Quando poi quelle elaborazione effettuate da software di intelligenza artificiale vengono coniugate con le applicazioni di Machine Learning, ovvero di software che apprendono altre funzioni di calcolo mentre effettuano quelle per cui sono state programmate, allora chi è interessato a voi (perché ha raccolto i vostri dati o li ha acquistati) potrà avere anche delle previsioni comportamentali sulle vostre attitudini future. Il che allarma e non poco.
Del resto, lasciar tracce è inevitabile, il problema nasce proprio quando qualcuno annota ogni dettaglio della nostra vita e ne vende i contenuti a terzi, a nostra insaputa ovvero senza neanche informarci dell'uso che si farà di quelle informazioni che ci riguardano.
Nel caso di Facebook, Google o Amazon, per citare tre giganti del web, le informazioni che diamo loro riguardano ogni aspetto anche emotivo della nostra vita e servono prevalentemente a fini di sfruttamento e indirizzamento della pubblicità (anche se non possiamo sapere a chi vendono le informazioni di cui dispongono e che uso questi ne farà).
Chi userà questi dati potrà proporre un prodotto (commerciale o politico) avendo quasi la certezza dell'interesse del destinatario. Un business che vale una fortuna, perché può vantare di fatto la proprietà dei gusti, delle attitudini, dei segreti, della vita delle persone.
Facebook, per esempio, raccoglie i profili di quasi 2 miliardi di persone e può agevolmente venderli ricavando cifre da capogiro. D'altra parte, a cosa si dovrebbe la capitalizzazione di Borsa di oltre 500 miliardi di dollari di Facebook se non al valore dei dati che raccoglie, dal momento che tutto il resto della società è fatto giusto da data center e software, asset patrimoniali di scarso valore se si considera la capitalizzazione della società.
Il fenomeno della compravendita dei dati, va detto, non è nuovo ed è precedente a internet. È vecchio di alcuni decenni ed è nato negli Usa per esigenze di marketing, di prevenzione delle frodi e di affidabilità del credito.
Con lo sviluppo di internet tutto si è moltiplicato all'ennesima potenza, ma con un comune denominatore: l'assoluta mancanza di trasparenza nella raccolta, gestione e valorizzazione dei dati personali raccolti. A svolgere tale ruolo troviamo decine e decine di migliaia di società in tutto il mondo, alcune delle quali con proprie filiali in molti paesi, per le attività eminentemente nazionali. Intanto vediamo quali sono le più importanti nel mondo.
Acxiom.
È forse la più importante in assoluto. Ha iniziato come società demografica per poi spostarsi sulla raccolta di dati a fini politici. Grazie ad accordi con banche e negozianti è diventata, nei primi anni Ottanta, leader mondiale nel direct marketing. Ha i profili di quasi 1 miliardo di persone e serve oltre 8.000 clienti in tutto il mondo.
A fronte delle proteste di opinione pubblica sull'uso dei dati raccolti (in Usa non vi sono regole forti come in Europa sull'uso dei dati personali), Acxiom ha reso disponibile un sito attraverso il quale si può verificare l'esistenza dei propri dati personali raccolti ed eventualmente chiedere la cancellazione (senza richieste del genere la loro compravendita è certa).
Equifax.
È la più antica in assoluto, essendo stata fondata nel 1899. Alla ribalta della cronaca alcuni mesi fa per l'assalto hacker di cui è stata vittima, che ha fruttato il furto dei dati personali di oltre 230 milioni di persone. Negli anni Settanta fu al centro di una polemica per una procedura offerta sul mercato, fondata sul principio che alcune attitudini comportamentali, quali ad esempio quelle sessuali potessero condizionare l'affidabilità nella restituzione dei prestiti bancari. Possiede informazioni dettagliate su oltre 1 miliardo di persone e fattura oltre 3 miliardi di dollari.
Corelogic.
Altro marchio top. Attivo prevalentemente nei mercati di lingua inglese, è specializzato nei servizi immobiliari e nella valutazione dei profili individuali per l'assegnazione di mutui. Custodisce una banca dati con quasi 1 miliardo di transazioni immobiliari e circa 100 milioni di file di assegnazioni di mutui.
Il mercato italiano dei dati ha un consistente valore, pur considerando le differenti valutazioni in base alla valorizzazione delle attività solo italiane o quelle effettuate sulla popolazione italiana anche da società che raccolgono i dati dall'estero (tutti i giganti del web, per esser chiari). Si va da 1 miliardo circa dell'Osservatorio PoliMi a oltre 4,6 miliardi dell'IDC (che ha svolto nel dicembre 2016 una ricerca sull'argomento su incarico della Commissione europea).
Naturalmente la lista delle società più grandi al mondo è particolarmente corposa: DataLogix, Epsilon Data Management, Fair Isaac, Lexis Nexis, TransUnion, Intelius, Experian, Harte-Hanks e tante altre).
Se poi guardiamo all'Europa, secondo IDC il mercato dei dati vale 60 miliardi di euro (2016), con una previsione di crescita fino a 106 miliardi di euro entro il 2020 e coinvolge oltre 255mila aziende (360mila entro il 2020).
Questo mercato, nelle mani dei giganti del web e di tante altre società (a cui oggi si aggiungono anche quelle cinesi), dovrà fare i conti con l'entrata in pieno vigore, il prossimo 25 maggio, del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR), che imporrà maggiori tutele per i cittadini europei e regole più chiare per tutti coloro che tratteranno dati relativi a cittadini europei.
È tuttavia singolare che qualsiasi considerazione sul mercato dei dati, sia che si tratti di un convegno sia di una trasmissione televisiva, consideri tale mercato come un luogo di incontro tra coloro che raccolgono (per vendere) i dati personali e coloro che li cercano (per acquistarli).
È uno schema corretto quanto all'incontro tra domanda e offerta, che però trascura l'elemento più importante: il fornitore dei dati, che sta esattamente nel mezzo e che viene debitamente tenuto all'oscuro di tutto in un contesto di quasi totale opacità e mancanza di trasparenza.
I dati saranno anche il petrolio del XXI secolo, ma occorre ribadire che il pozzo dei propri dati personali è di proprietà di ciascuno di noi.
Ed è bene che di questo tenga conto sia la domanda che l'offerta del mercato dei dati.

  BUSINESS DELLE INFORMAZIONI PRIVATE

Scandalizzati da Facebook? I vostri dati sono in vendita da anni

di Alberto Magnani
Mark Zuckerberg è il fondatore di Facebook
Mark Zuckerberg è il fondatore di Facebook
3' di lettura
L'aspetto più clamoroso del datagate, lo scandalo dei dati ceduti da Facebook, è che non c'è nulla di clamoroso. Dietro al comportamento di Zuckerberg e di altri colossi tech, Google in testa, c'è un'industria che fa parte della nostra quotidianità anche a riflettori spenti. Di cosa si parla? Di quelli che vengono chiamati «il petrolio» della nuova economia: i dati, le informazioni sui cittadini e consumatori immagazzinate con (o senza) il consenso dei diretti interessati. Attivando un account Facebook abbiamo scoperchiato al colosso di Zuckerberg una lunga serie di dettagli sul nostro conto, disseminati anche con gesti inconsapevoli come un “like” sui post di amici o la ricerca di un negozio fuori Milano.
Ma basta solo dimenticarsi di disattivare la posizione sul proprio smartphone per consegnare a Google Maps, il sistema di mappatura di Google, un itinerario millimetrico dei nostri spostamenti. Come in un diario involontario, ad uso e consumo di aziende e inserzionisti interessati a colpire l'utente con messaggi calibrati su misura. La falla si chiude ogni volta che spegniamo lo smartphone o ci ricordiamo di effettuare il log-out? Non proprio, perché offriamo informazioni ogni volta che ci avviciniamo a qualcosa di connesso. Dal vecchio Pc di casa agli elettrodomestici agganciati al Web grazie alla famosa rivoluzione dell'Iot, l'internet of things che fa entrare la Rete in oggetti di uso quotidiano.
Il mercato dei dati: i numeri ufficiali. E quelli nascosti
Il mercato dei dati si divide, come buona parte dei settori economici, in un mercato legale e in uno illegale. Quello legale si aggira su numeri importanti, anche se persino le stime più eclatanti vengono considerate riduttive dagli addetti ai lavori. Idc, una società di consulenza statunitense, prevede un giro d'affari in ascesa da 130 miliardi nel 2016 a oltre 203 miliardi nel 2020, con un tasso di crescita annuo composto (la crescita percentuale media) dell'11,7%. Altre aziende di consulenza abbassano o alzano le stime, ma in entrambi i casi si resta nell'ottica di un business globale e in fortissima espansione. «Che esista un mercato dei dati legittimo è un dato di fatto. Facebook è gratis perché il suo prodotto siamo noi, visto che vendono informazioni a nostro riguardo agli investitori. In maniera legale», spiega Gabriele Faggioli, responsabile dell'Osservatorio Information security e privacy del Politecnico di Milanoe presidente del Clusit (associazione italiana per la sicurezza informatica). Persino il caso di Cambridge Analytica è in bilico, e si candida a fare giurisprudenza: non si è trattato di una classica data breach, violazione di dati, ma di una «cessione considerata illegittima - dice Faggioli - Vedremo cosa stabiliranno i giudici».
E allora, quando si sconfina nel reato? Ufficialmente, si entra nel mercato illegale di dati se le informazioni vengono elaborate e cedute senza un consenso esplicito. Ufficiosamente, la compravendita di informazioni sfugge ai paletti legislativi fissati finora. «La gente non continua forse a evadere le tasse o spacciare stupefacenti anche in presenza di leggi? - si chiede Faggioli - Vuol dire che la repressione non fa da deterrente, anche se un impianto sanziatorio importante aiuta». Magari un «impianto» come quello della Gdpr, il regolamento europeo sui dati che avrà efficacia dal prossimo 25 maggio. Il testo prevede una multa pari a picchi del 4% del turnover annuo di un'azienda, da pagare per ogni giorno di violazione. Esercitata su colossi come Facebook e Google, si tradurrebbe in sanzioni nell’ordine dei miliardi di dollari.
Perché tenersi fuori è (quasi) impossibile
Parte della colpa, però, va ai «prodotti» di social network e aziende del Web. Ovvero gli utenti, distratti su quelli che sono diventati obblighi più di igiene che di privacy: negare l’accesso alla propria posizione, non diffondere documenti e foto private, ricordarsi anche solo il fatidico log-out quando si naviga online. Sul piatto non vengono messi solo i nostri dati, ma l'elaborazione che ne viene svolta: «Un conto è comprare cibo per cani, un conto è sapere che ho un cane e bombardarmi di pubblicità in proposito», fa notare Faggioli. L’attenzione dovrebbe alzarsi perché, nell'era dell'internet of things, le finestre su di noi si aprono ovunque: dal frigorifero alla pentola «connessa» che ci indica i minuti di cottura e, nell'attesa, profila i nostri gusti alimentari. Gli accorgimenti di base salvano da parte delle intrusioni. L'importante è non illudersi di essere completamente al sicuro: «A meno che non si raggiunga la disconnessione completa, siamo sempre esposti - dice Faggioli - Per il resto, c'è poco da fare. Se “craccano” i dati della mia banca, non lo posso impedire io».

venerdì 17 aprile 2020

SERATA MCLUHAN


QUESTO NON E' UN LIBRO

Sembra una frase di Magritte scritta sotto la sua famosa pipa, invece è proprio così. Questo non è un libro o per lo meno non lo è nel senso classico del termine, essendo in questi ultimi anni cambiati tutti i parametri di un libro, di come era fatto, di chi lo scrivesse e di chi sono stati per secoli i suoi fruitori. Infatti, nel momento in cui lo sto scrivendo – non su carta, non usando l'inchiostro e nemmeno la penna, tanto per sottolineare le differenze – non posso escludere che per uno strano rigurgito culturale, queste note finiscano stampate su di un supporto di carta, rilegate e distribuite. Dove? Non solo in libreria, o meglio le probabilità che finisca solamente in libreria sono ridotte. 

Infatti, se fino al 1700 i libri erano scritti prevalentemente da coloro che li leggevano, se col romanticismo l'idea della fama e dell'immortalità risiedeva tutta nell'aver scritto un libro importante, oggi il libro è una tappa di un percorso che porta  dalla notorietà (per pubblicare un libro devi già essere conosciuto) alla celebrità. La fama eventualmente verrà attraverso altri mezzi.
Questo, quindi non è un libro ma un espediente escogitato dall'autore per far il punto sul McLuhan cinquant'anni dopo.

Nemmeno i cinquant’anni sono tali. Si tratta di mezzo secolo per approssimazione, utile nella sintesi di un titolo, insomma rende l’idea:
La Sposa Meccanica è del 1951, Galassia Gutenberg è del 1962 (anche se in Italia è arrivata colpevolmente solamente nel 1972), Gli strumenti del Comunicare (Il Saggiatore, Milano) del 1964, The Medium is the Massage (scritto con Quentin Fiore) è del 1967 e il Villaggio Globale del 1968.
Questo è il periodo del suo successo, delle sue frasi ad effetto che hanno fatto il giro del mondo (il medium è il messaggio, il villaggio globale, ecc.) molte volte citato anche da gente che non lo ha mai letto. In realtà la sua fama accademica viene da lontano: professore di letteratura anglosassone che sapeva citare a memoria pagine intere di autori famosi, La sua tesi di dottorato a Cambridge del 1943 è un saggio di formidabile erudizione, che studia la storia delle arti verbali (grammatica, logica e dialettica, retorica, cioè il trivium) dall'epoca di Cicerone fino al tempo di Thomas Nashe.

Nell'anno accademico 1936-37, insegnò all'Università del Wisconsin. Dal 1937 al 1944, egli insegnò inglese nell'Università di Saint Louis. Qui ebbe tra gli studenti un giovane gesuita di nome Walter J. Ong, che sarebbe diventato in seguito, un'autorità nel campo dei mezzi di comunicazione e delle relative tecnologie. Dal 1944 al 1946, McLuhan insegnò presso l'Assumption College a Windsor, nel Canada. Dal 1946 al 1979 insegnò al St. Michael's College, University of Toronto, dove Hugh Kenner fu uno dei suoi studenti. McLuhan insegnò anche per un anno alla Fordham University. Si spense a Toronto nel 1980.

Riportiamo qui di seguito alcune delle sue predizioni:

La società tattile trasformerà le nostre città imponendo la sua velocità, che è quella dell'elettrone. Abolirà le distanze ma soprattutto smaterializzerà i medium di comunicazione. Il denaro da moneta si trasformerà in credito, la parola scritta muterà in immagine e per poter essere processata, in pixel e, poi, in bit di informazione. Alla struttura lineare dei testi subentrerà la fluidità degli ipertesti. E le murature, sinora solide e perenni, diventeranno sottili membrane che, simili alla pelle, interreleranno l'uomo con l'ambiente circostante. Basterà un comando vocale o il semplice movimento del corpo per aprire porte, muovere oggetti, accendere elettrodomestici. All'esterno il vento o la luce per comandare l'oscuramento di un infisso o avviare l'impianto bioclimatico. Se l'architettura tradizionale ha dato forma ai muscoli e alle ossa alla costruzione, la contemporanea attiverà nuovi sistemi nervosi....
( Marshall McLuhan, una sua profezia scritta nel 1940)


E Questa più recente:

Abbiamo inserito con i media elettrici i nostri corpi fisici in sistemi nervosi estesi. Tutte le tecnologie precedenti, che sono protesi delle mani, dei piedi, dei denti, del controllo termico del nostro corpo – le città sono protesi del nomadismo – con l'avvento del computer vengono tradotte in sistemi d'informazione. Lo stesso computer è la protesi del cervello ma a differenza delle altre estensioni dei nostri sensi, esso genera un "campo", che con tutta la tecnologia elettromagnetica, richiede dall'uomo una docilità profonda come quella della meditazione poichè egli si trova ora con il cervello fuori dal cranio ed i nervi fuori dalla pelle. L'uomo deve servire questa nuova tecnologia con la stessa dedizione da servomeccanismo con la quale serviva tutte le altre, come la canoa, il mulino, la stampa a caratteri mobili, e tutte le altre estensioni dei suoi organi fisici. La differenza però è che tutte le altre tecnologie erano frammentarie e parziali, mentre questa elettronica è totale, immediata, istantanea e compatta.

Vincent:

 L'avvento del Web poi ha fatto sì che il nostro cervello fuori dal cranio sia diventato un punto neuronico collegato ai miliardi di altri punti neuronici sulla superficie della Terra costituendo la massa cerebrale più estesa oggi conosciuta nell'Universo.

Prosegue il McLuhan:

"Queste nuove tecnologie elettriche che estendono i nostri nervi ed i nostri sensi in un discorso globale, possono avere grande influenza sul futuro del linguaggio perchè non hanno bisogno delle parole così come il calcolatore non ha bisogno dei numeri. Sono nuove tecnologie che aprono la strada a nuovi processi della consapevolezza, su scala mondiale e senza bisogno di verbalizzare. Se il linguaggio con la mitica Torre di Babele è stato una tecnologia che ha diviso e frammentato, oggi i computer sono in grado di tradurre un linguaggio o un cifrario in qualunque altro. Una sorta di condizione pentecostale di unità e comprensione totale. E' facilmente prevedibile che la prossima fase non sarà più quella di tradurre ma di superare i linguaggi a favore di una consapevolezza cosmica assai simile all'inconscio collettivo, una condizione di "imponderabilità" che secondo i biologi promette l'immortalità fisica e che potrebbe avere un parallelo in una condizione di averbalismo capace di assicurare un periodo di pace e armonia collettiva.


SERATA M.LUHAN
(traccia)

Scrittura evase
dal Giardino dei Numeri
e sulle ali di Poesia
saltò il muro
Librandosi…

non c’è pensiero se non c’è linguaggio e non c’è linguaggio se non c’è la parola.
Ma è la parola che genera il pensiero oppure è il pensiero che tiene sotto controllo la parola? Fino a pochi anni fa questo era il grande motivo di discussione, superata da McLuhan che ha teorizzato che il linguaggio è  “metafora attiva”. La scimmia prima di cadere dall’albero e cominciare ad esplorare il terreno circostante, usava una mano davanti all’altra per procedere sui rami. Quando fece la scoperta che poteva dondolarsi e lanciarsi da un ramo  PRIMA di afferrarsi ad un altro, QUELLA fu l’invenzione della metafora. Sempre che Darwin possa essere accettato, allora potremmo teorizzare che la prima scimmia che toccò il terreno e cominciò ad esplorarlo, si perse. Le altre, più prudenti toccarono anch’esse il terreno ma rimasero molto più vicine all’albero della loro comunità e così rappresentarono le avanguardie

Ogni nuovo medium, che secondo il McLuhan altri non è che una protesi, cioè l’estensione tecnologica dei nostri sensi, non solo è in grado di modificare le nostre percezioni personali e le nostre convinzioni individuali, ma è in grado persino di modificare l’ambiente in cui viviamo e la società che ci circonda. Facciamo un esempio: ammettiamo come presupposto che uno dei primi ominidi sia sceso dall’albero ed abbia scoperto di poter raccogliere frutti maturi caduti per terra. All’arrivo di un ominide più grosso di lui che vuole cacciarlo, dopo un accenno di conflitto, il Nostro decide di andarsene più in là per evitare dolorose conseguenze. Lo stesso avviene per l’accoppiamento, dove il più forte in natura lo dimostra non solo nel proclamarsi l’unico maschio in grado di riprodursi, ma proprio nella sua capacità di tenere lontano i rivali.
Ammettiamo ora che il piccolo ominide in questione abbia scoperto per caso che alcuni frutti quali noci e mandorle, si possono aprire usando un sasso od un bastone. Questa nuova sua invenzione tecnologica altri non è – secondo il McLuhan – che la protesi, cioè il prolungamento del suo pugno. Ne consegue che tutte le invenzioni tecnologiche altro non siano che estensioni delle nostre facoltà, la ruota sarebbe l’estensione del piede, il cannocchiale dell’occhio, la radio dell’orecchio e così via. Ma torniamo al nostro ominide.
Quando arriva l’ominide più grosso e di conseguenza più prepotente, il nostro eroe cambierà lo stato delle cose perché grazie all’aiuto della sua nuova tecnologia sarà in grado non solo di avere la meglio in un eventuale conflitto, ma addirittura andrà ad insidiare le femmine del rivale cambiando di fatto la gerarchia basata sulla forza, indipendentemente dall’uso che adesso fa del sasso o del bastone.

una delle prime cause della guerra, oltre alle donne che rappresentavano non solo la prosperità ma pure il più economico animale da soma prima del cavallo, fu certamente il fuoco. Esso impiegò 15.000 anni a diffondersi in tutta l’area del Mediterraneo e a causa di queste dispute gli uomini passarono dalle unghie, dai pugni e dai morsi, alle pietre, ai bastoni, alle asce… primo esempio di tecnologia applicata quale estensione dei nostri organi. Da notare che se il bastone è l’estensione del pugno, il tamburo della voce, le pelli del calore corporeo, un salto intelligente fu trasformare il movimento dei piedi nella ruota, cioè migliorare la funzione cambiando il movimento. Successe qualche millennio più tardi pure con il volo.
È probabile che tribù emancipate preferissero lo scambio di merci al furto e alla guerra, nacque così il tabù e forse pure la cessione di sciamani che sapessero  come mantenere il fuoco.
Lo scambio di merci e di persone cominciò a generare ricchezza per mantenere la quale gli uomini diventarono stanziali col fine di trasformare il lavoro in beni pregevoli che avessero la funzione del danaro.

C’è un bellissimo racconto di Roth che parla di un tremendo catacli-sma che stava per colpire un villaggio paleolitico situato sulla riva di un fiume. I segnali della catastrofe c’erano tutti: gli animali salivano dalle loro tane, alcuni rinforzavano gli argini, altri si attrezzavano come la natura li aveva allenati. Gli abitanti del villaggio si rivolsero al loro sciamano che li condusse in cima alla montagnola per implorare la clemenza del dio della pioggia, e loro danzarono con lui. Venne il cata-clisma, il fiume tracimò portandosi via il villaggio. Dopo, gli animali tornarono alle loro tane e tutto tornò come prima. L’autore si chiede: chi aveva ragione? La risposta è semplice: avevano ragione gli uomini che si chiesero: perché? Qual è la causa di tutto questo?

Parlavamo della velocità d’informazione. La scoperta del fuoco per coprire tutto il bacino mediterraneo impiegò 15.000 anni. La polvere da sparo un centinaio. La penicillina il tempo della seconda guerra mondiale e il vaccino antipolio di Sabin un paio d’anni. La lettura del genoma avvenne in pieno sviluppo d’internet dove la comunicazione va con l’elettricità che compie sei volte il giro del mondo in un secondo: impiegò un paio di giorni per collocarsi sui monitor di tutto il mondo scientifico e non.


   Che gli uomini del Paleolitico vivessero nelle caverne non è certo, anzi è assai poco probabile. La caverna è un non-luogo senza luce e senza punti di riferimento ed è più probabile che fosse considerato un posto magico che potesse essere percorso solamente con la guida dello sciamano. I ritrovamenti di ossa o suppellettili all’interno di esse, probabilmente sono la testimonianza di rituali religiosi non di popolazioni stanziali. Pure i graffiti che vi si trovano, visti oggi perdono tutta la loro magia: entriamo in una grotta grazie a manufatti o passerelle, l’ambiente è illuminato dalla luce elettrica e quando ci troviamo davanti a questi disegni non ne capiamo la forza magica che acquisivano al buio illuminato dalla torcia dello stregone che con la sua fiamma tremula dava persino l’impressione che gli animali rappre-sentati sulla parete si muovessero. Quella era l’origine dei riti propiziatori della caccia, e dei primordi di una religione naturalistica, con divinità quali il cielo, la terra, il grande cervo, il mammuth…

   Immaginate un uomo agli albori della civiltà, con un linguaggio primitivo, senza strumenti del comunicare, che osserva il sole che ogni giorno nasce ad Est e tramonta ad Ovest e poi viene la notte. Ci vuole un soffio divino per riuscire a distinguere, dare le definizioni, a cata-logare e misurare gli avvenimenti. È quello che fece lo sciamano andando nel luogo più alto ed osservando giorno dopo giorno questo fenomeno per capirlo. Per misurarlo. Per prima cosa pose delle pietre a mo’ di traguardo visivo e notò che Est non è fisso.

   Dopo aver isolato in un perimetro sacro il Sapere, dopo esserselo passato per discendenza e poi per cooptazione tramite un lungo apprendistato, ecco che la Casta sacerdotale acquisì tali e tante nozioni da poter aspirare al potere. Scoprì intanto, attraverso osservazioni durate secoli, che dopo il tramonto, ad Ovest con la notte cominciavano a brillare stelle che tornavano ciclicamente nella stessa posizione. Nacque lo zodiaco, e la costruzione fantastica di alcuni animali tratti dalla posizione delle stelle, coincideva con periodi dell’anno in cui l’apparire di Acquario, per esempio, voleva dire la tracimazione dei fiumi, il Toro la transumanza, i pesci un buon periodo per la pesca, e così via. In pratica i Sacerdoti possedevano sacralmente il calendario e sancivano le feste, le ricorrenze, e i momenti propizi per l’agricoltura e gli allevamenti. Acquisirono talmente tanto potere che le prime forme di governo furono diarchie: il Re e il Sacerdote con gli stessi poteri.

In principio fu la paura.
Gli animali che non hanno paura sono i primi ad essere mangiati dai predatori, ne consegue che l'imprinting si riproduce per generazioni rinforzando la paura. Gli erbivori sono meno intelligenti dei predatori perché devono solo trovare il cibo e scappare mentre chi se li mangia deve elaborare strategie per la cattura.

Abbiamo detto che la ricchezza si produceva spostando le merci. Nel caso degli animali, non essendoci i frigoriferi,  gli armenti, le greggi venivano spostati vivi. Le mandrie partivano da un luogo e arrivavano ad un altro luogo senza fretta, tanto durante il percorso gli animali ingrassavano e aumentavano il proprio valore tanto da essere diventati un succedaneo del danaro e le speculazioni avvenivano proprio durante il percorso. Un investitore comprava una certa quantità di animali e le rivendeva ricavandoci un guadagno. Per non essere costretti ad uccidere gli animali ad ogni passaggio di mano, i commercianti inventarono un sistema ingegnoso: mettevano in un vaso bastoncini sagomati che rappresentavano la quantità di bestiame del gregge o della mandria poi sigillavano il tutto e un'autorità garantiva l'autenticità dell'operazione. questo sigillo valeva una prebenda. Per non rompere i sigilli ad ogni passaggio di mano (e pagare una nuova tassa) si cominciò a disegnare fuori da questi contenitori la quantità di animali che erano racchiusi e fu così che forse iniziarono i numeri, non solo, alcuni segni si trasformarono in quello che sarebbe diventato poi l'alfabeto. L'Alfa è una testa di toro capovolta, la B sta per Beth, le capanne, fidi il serpente divenne la F e così via.

   Ecco che siamo in grado di decifrare la poesia che vi ho scritto all'inizio: la scrittura fuggì dal recinto dei numeri e sulle ali della poesia (epica, la prima forma di scrittura occidentale) volò per il mondo librandosi, cioè diventando libri...
Facile, no?


giovedì 16 aprile 2020

PAROLA


LA PAROLA

Quando i primi ominidi scesero dagli alberi e si misero ad esplorare il territorio, cominciarono a guadagnare la posizione eretta con immediati vantaggi. Innanzi tutto liberarono gli arti superiori e il rinnovato uso delle mani spostò il pollice dal metacarpo consentendo la “presa di precisione” che contraddistingue gli umani da ogni altro animale. La posizione eretta inoltre allungò la laringe dando inizio alla modulazione dei suoni e alla creazione della parola che potremmo definire la prima opera d’arte umana. Secondo il McLuhan infatti, la parola altro non sarebbe che la protesi del pensiero e la scrittura la protesi della parola. Senza il linguaggio, insomma, l’intelligenza umana sarebbe rimasta totalmente imprigionata dal mondo esteriore sottoposto alla sua attenzione. In pratica il linguaggio fa per l’intelligenza ciò che la ruota ha fatto per il piede: permette agli uomini di spostarsi da una cosa all’altra con maggior facilità (metafora) e sempre minor partecipazione.

Se la parola parlata attraverso la voce e l’orecchio è inizialmente servita per lanciare grida, allarmi, grugniti, canti e ritmi (la sua protesi diventerà la radio) la parola scritta in realtà è l’estensione primordiale della memoria, e se la stampa tipografica (estensione della scrittura) ha dato inizio alla logico-sequenzialità, e quindi al nazionalismo e alla catena di montaggio, oggi la tecnologia elettrica ed il computer ha la capacità di estendere i nostri sensi ed i nostri nervi in un discorso globale che potrà avere un’influenza determinante nel futuro del linguaggio.

Questa nuova tecnologia non ha bisogno delle parole così come il computer non ha bisogno di cifre e apre la strada a nuovi processi di consapevolezza su scala mondiale e senza alcun bisogno di verbalizzazione. Siamo passati dal linguaggio inteso come forma di divisione – la Torre di Babele – ai moderni computers che ci permettono la traduzione immediata di qualsiasi cifrario, codice o linguaggio in un altro. La fase successiva potrebbe consistere non nel tradurre ma nel superare i diversi linguaggi a favore di una consapevolezza collettiva. L’”averbalismo” insomma, potrebbe essere una via per la pace e l’armonia cosmica.

La parola scritta servì a tradurre il ricco mosaico visivo in una forma che lo privò di molte qualità dell’esperienza causando un mutamento dell’uomo tribale in individuo alfabetizzato, un essere cioè che ha eliminato i suoi rapporti ed i sentimenti emozionali e collettivi col gruppo sociale a cui appartiene diventando emotivamente libero di staccarsi dall’inconscio collettivo della tribù per trasformarsi in individuo civilizzato, organizzato visivamente con atteggiamenti, abitudini, diritti conformi a quelli di tutti gli altri individui alfabetizzati.

Il mito greco di Cadmo, che introdusse in Grecia le lettere fonetiche, narra di questo re che seminò denti di drago dai quali germinarono uomini armati. L’ntroduzione dell’alfabeto infatti aumentò il potere, l’autorità e il controllo a distanza delle strutture militari. Se la scrittura su pietra accentrò il potere dei sacerdoti rimanendo statica a resistere nel tempo, il papiro più leggero e malleabile, consentì alla scrittura di superare lo spazio, cosa che gli antichi Romani capirono benissimo, costruendo strade per ampliare il loro impero militare.

L’alfabeto fonetico è una tecnologia del tutto particolare. Precedentemente vi erano già stati molteplici tipi di scrittura, ma solo l’alfabeto pose in linea logico-sequenziale segni semantici privi di significato a cui corrispondono suoni semanticamente privi di significato. Questa prima traduzione da un mondo auditivo ad un sistema visivo erano rozzi e spietati perchè la traduzione fonetica sacrifica mondi di significato e percezione.
Prendete per esempio la nostra bandiera. Togliete i colori e scrivete sopra uno straccio bianco: “Bandiera italiana, tricolore” e poi fatela sventolare. Non escludo che il parallelismo ideale rimanga immutato ma riconoscerete che emotivamente non è la stessa cosa! Allo stesso modo le nuove forme di scrittura, culturalmente più ricche, sacrificavano un mondo magicamente discontinuo, magico, tradizionale.
Se secoli di ideogrammi non hanno minimamente intaccato la struttura della società cinese, oggi basta una generazione di alfabetismo per distaccare la persona dalla ragnatela tribale e farlo sentire individuo, e questo fatto non ha nulla a che vedere con il contenuto delle parole usate, ma è una rottura dell’esperienza da auditiva a visiva, perchè solo l’alfabeto fonetico ti dà un occhio in cambio di un orecchio liberando l’individuo dal trance tribale della parola magica, dalle affinità totemiche e gli obblighi di sangue.
La separazione degli individui, la continuità dello spazio e del tempo, l’uniformità delle leggi e dei comportamenti, sono le principali caratteristiche delle società alfabete e civilizzate, mentre le culture tribali non ammettono l’ipotesi del cittadino separato.
Non ammettono l’individuo.

I risultati raggiunti dal mondo occidentale testimoniano ovviamente gli enormi meriti dell’alfabetismo anche se da qualche tempo la saturazione del medium comincia a presentare qualche problema. Al trance tribale della parola magica, si è sostituito un trance tecnologico e visivo che modifica i nostri comportamenti. Forse stiamo pagando a caro prezzo le nostre strutture di tecnologie e di rapporti via via sempre più specialistici. Si sta persino modificando il concetto di coscienza, da sempre consideraza un carattere distintivo dell’essere razionale benchè nel campo della consapevolezza – che esiste in ogni momento della coscienza – non ci sia nulla di lineare o conseguenziale, perchè la coscienza non è un processo verbale. Nella società alfabetica occidentale è ancora plausibile ed accettabile pensare che ad una cosa ne “consegue” un’altra anche se David Hume ha dimostrato fino dal Settecento che in nessuna sequenza naturale o logica esiste un nesso di casualità. La sequenza si limita ad aggiungere senza esserne la causa. Oggi nell’era informatica ci stiamo liberando dai processi lineari, dalle geometrie euclidee e persino la catena di montaggio ha perso la sua caratteristica di linearità per accedere all’automazione che è un “campo” dove tutto è istantaneo. La frantumazione di ogni tipo di esperienza in unità compatte, uniformi e lineari è stata l’essenza del successo dell’Occidente che ha saputo usare questa tecnica di trasformazione per rendere uniformi, continui e ripetibili tutti i processi di trasformazione dell’uomo e della natura.

Così come la concepiamo noi, la Civiltà è costruita sull’alfabetismo in quanto esso è il trattamento uniforme della cultura mediante l’alfabeto che è l’estensione del senso visivo esteso nel tempo e nello spazio e fornisce aglle persone mezzi per agire senza reagire. Per fare senza essere coinvolti emotivamente. L’udito è iperestetico, delicato ed onnicomprensivo, la vista invece è fredda e neutrale e permette alla cultura occidentale di espandersi con tubi, cavi, fili elettrici, strade, catene di montaggio, inventari, prezzi uniformi e accellerazioni del movimento delle merci, senza provare alcuna emozione.

Allora come ora il barbaro, cioè l’uomo tribale, era ostacolato dal pluralismo culturale e dalla discontinuità, mentre la nostra cultura, che deriva dalla tecnologia di Gutemberg, è omogenea, uniforme e continua. Se le varie scritture pittografiche, geroglifiche, ideogrammatiche erano e sono un’estensione del senso visivo per immagazzinare con più facilità le esperienze umane e renderne più rapido l’accesso (in pratica si tratterebbe delle origini delle strips e dei cartoni animati) l’alfabeto fonetico invece riesce a racchiudere con pochissime lettere tutte le lingue del mondo. Per ottenere questo però, è stato necessario separare segni e suoni dai loro significati semantici. Nessun altro sistema è riuscito ad ottenere questi notevoli risultati.





STRADE

La parola metafora deriva dal greco e significa trasportare e potrebbe essere applicata a qualsiasi forma di movimento di merci o di informazioni. Rappresenta non solo lo spostamento da un luogo all’altro di qualsiasi cosa, ma evidenzia la trasformazione e la traduzione del mittente, del ricevente e del messagio perchè l’uso di qualsiasi medium altera gli schemi di interdipendenza  tra le persone e i rapporti tra i loro sensi.

Con la strada, la scrittura si stacca da materie solide e statiche come la pietra, per circolare su supporti come l’argilla dei vasi e delle tavolette, e imprimere maggiore velocità con il papiro. L’nformazione, nel suo passaggio dalla pietra alla carta, compie la medesima trasformazione della moneta quando si staccò dalle merci, dalle pelli, dai lingotti e dai metalli, per diventare carta e in seguito semplicemente credito. Con le strade, crollano le città-stato, che racchiudevano in sè stesse tutto il fabbisogno e le attività umane, e si affermano le capitali centro del potere in costante comunicazione con le proprie periferie.

 Accresciuta la velocità e di conseguenza intensificato il controllo militare a distanza, l’accellerazione della comunicazione separò le funzioni commerciali da quelle politiche creando quelle che gli economisti chiamano strutture economiche centro-marginali, che di fatto sono reti con flussi continui e omogenei, mentre in precedenza, le conquiste avvenivano via mare, con territori da colonizzare con insediamenti che erano centri senza periferie. La storia più recente di queste crisi è quella della guerra d’indipendenza americana quando le prime colonie inglesi a causa di processi di saturazione dei commerci, trovarono più conveniente usare merci (come il tè) per pagare le loro transizioni piuttosto che assoggettarsi ad un cambio con la Sterlina che era diventato poco favorevole, per non dire punitivo. Quando la Virginia ufficializzò il tabacco come forma di pagamento, scoppiò la crisi. Essendo però le colonie americane distantissimi centri senza periferie al di là del mare, fu chiaro per tutti che l’Inghilterra, malgrado atroci rappresaglie, fosse destinata a perdere la partita. E così fu.

Ecco come commenta Arnold Toynbee nel suo: A study of history :
“ ...uno dei segno più cospicui della disgregazione si verifica...quando una civiltà che sta disintegrandosi ottiene una proroga sottoponendosi ad una forzata unificazione politica in uno stato universale...”
Peccato che un eminente autore come Toymbee non faccia parte della nostra cultura nazionale, perchè oltre nell’opera già citata (12 volumi, 1934-1961) vi sono considerazioni eccelse. Comparando per esempio la grandezza e la caduta di 26 imperi, rileva che le principali cause del crollo, non sono mai ambientali o fisiche, ma l’incapacità di rispondere alle istanze morali, etiche e religiose del popolo. Anche la sua frase riportata, se letta con attenzione potrebbe risultare di grande attualità per l’analisi del tramonto e degrado della civiltà americana. Ma stavamo parlando di strade.
I diversi modelli di organizzazione sociale, si realizzano tentando di far coesistere le diverse velocità dei movimenti d’informazione perchè un nuovo mezzo che si inserisce, se è contemporaneamente disponibile e se possiede una velocità omogenea, di fatto non crea problemi, ma la saturazione di tutti questi mezzi porta, come tutti possiamo constatare nella nostra società moderna, scompensi e e rotture dovute a grandi discrepanze tra il movimento degli aerei e delle auto, tra la posta e Internet, tra la società civile e l’amministrazione pubblica, ecc. Se la velocità di tutti i mezzi fosse uniforme non ci sarebbero conflitti gravi. Nell’antica Roma, invece, a ridurre la discontinuità della comunicazione c’erano soltanto l’alfabeto e le strade che la inviavano dal centro alla periferia. Quando gli arabi si ripresero l’Egitto, il rifornimento di papiro cessò e le strade rimasero inutilizzate e deserte come potrebbero essere le nostre se mancasse la benzina. In questo modo l’Impero Romano collassò e le strade divennero inutili facendo risorgere le città-stato con il feudalesimo.

La strada è l’estensione dello spazio sempre più omogeneo ed uniforme che permette l’accellerazione della ruota e del messaggio. Fu la stampa a caratteri mobili che impresse una maggiore accellerazione dal centro alla periferia. Dopo l’elettricità e l’informatica non solo questa velocità ha assunto un valore assoluto pari alla velocità della luce, ma ha pure perso il suo carattere unidirezionale trasformandosi in un movimento centripeto.
Dal lento movimento dal centro alla periferia di una società specialistica e frammentata, ci ritroviamo in un’implosione dove improvvisamente e spontaneamente i frammenti meccanizzati si riorganizzano in un tutto organico. E’ il Villaggio Globale.

Oggi che la massima parte del trasporto consiste nello spostamento di informazioni si assiste ad una saturazione e alla conseguente trasformazione dell’uso della ruota e della strada. Se il villaggio e la città-stato avevano contribuito al rapporto reciproco di dare-avere con la campagna, dopo l’avvento dell’automobile e il capovolgimento dei ruoli, la famosa “gita in campagna” ha visto la strada stessa trasformarsi in campagna a cui è seguita l’autostrada come città, un continuo ininterrotto di agglomerati urbani che ha dissolto la forma antica della città stessa. Forma spazzata via dall’avvento dell’ aeroplano che usufruisce della ruota e della strada solo in un’infinitesima parte del suo percorso negli aeroporti che a loro volta si sono trasformati in città. Pensate che alcune compagnie offrono viaggi in aereo a costo irrisorio purchè l’atterraggio avvenga in aeroporti periferici trasformati in piccole città dove fare shopping.

Il principale impatto dei media sulla società contemporanea sono l’accellerazione dell’informazione e lo sconvolgimento sociale, la trasformazione dalla soluzione di problemi fisici al superamento dei problemi etici e morali. Se l’accellerazione tende a migliorare tutti i mezzi di scambio e di associazione umana, la velocità accentua i problemi di forma e di struttura e di conseguenza le persone che tentano di adattare le vecchie forme fisiche al nuovo e più rapido movimento scoprono un progressivo inaridimento dei valori della vita.

Ora che con la tecnologia elettrica abbiamo esteso non solo i nostri organi ma persino il nostro sistema nervoso, l’informazione che si sposta alla velocità della luce ha reso obsoleti tutti i sistemi di accellerazione meccanica quali la strada, la ferrovia, la ruota.
I vecchi sistemi di adattamento psico-fisico e sociale non contano più nulla.
Siamo entrati nella fase del campo totale della consapevolezza. Le nostre estensioni elettriche hanno superato lo spazio ed il tempo e ci coinvolgono in problemi di organizzazione mai affrontati prima.