giovedì 16 aprile 2020

SURRISCALDAMENTO DEI MEDIA


FENOMENI DI SURRISCALDAMENTO DEI MEDIA

Nell’estate del 1962, dopo la crisi dei missili a Cuba, Stati Uniti ed Unione Sovietica decisero di instaurare una linea di emergenza per scongiurare il pericolo di una guerra accidentale. L’idea era semplice: al di là di ogni contrasto ideologico, i due presidenti in carica avrebbero comunicato direttamente tra di loro prima di prendere qualsiasi decisione sul lancio dei missili atomici. L’idea era intelligente ma le trattative durarono quasi un anno perchè gli americani volevano installare una linea diretta con telescrivente, mentre i russi volevano un telefono. Andò a finire che per superare la crisi decisero di adottare tutte e due le tecnologie ma la distanza tra i due mondi rimase, e rimasero anche le incomprensioni che ancora oggi dividono società auditive da quelle prettamente visive.

Sono visive quelle società che dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili si sono evolute frammentando le funzioni proprio come sono frammentati i caratteri tipografici che in sè non rappresentano che un suono ma che nell’insieme logico-sequenziale danno vita ad uno scritto, e a un prodotto (il libro) uniforme nella fattura e nel prezzo. Dalla stampa tipografica fu relativamente semplice passare alla catena di montaggio e alla moderna società che ha privilegiato l’occhio e le funzioni del leggere.
Rimangono auditive quelle società che invece hanno privilegiato l’orecchio, il tribale, i suoni che vanno e vengono in ogni direzione.
L’occhio accoglie, mentre l’orecchio è esclusivo, discriminante, subdolo.
Semplice quindi comprendere come gli americani si scandalizzassero dei microfoni posti dagli agenti sovietici per spiare nelle ambasciate nemiche (l’orecchio), mentre li lasciava indifferenti lo scandalo suscitato dai loro aerei spia che fotografa(va)no il territorio nemico (l’occhio). Ma stavamo parlando di saturazione.

E’ piuttosto antico il principio secondo il quale ogni nuova invenzione nella prima fase del suo sviluppo appare in forma ed in funzione diversa se non addirittura opposta a quella che finirà per assumere definitivamente. Accellerando la velocità dalla forma meccanica a quella istantanea, l’elettricità capovolge ogni espansione in implosione.
E’ significativo che la società moderna, le istituzioni, gli ordinamenti sociali politici ed economici si muovano fondamentalmente nell’unica direzione dello “sviluppo” cioè dell’espansione, mentre appare evidente che ci troviamo dinanzi ad un’accellerazione talmente insostenibile da esigere decisioni atte a regolamentare l’implosione.
Ragioniamo ancora in termini di “espansione” economica, demografica, culturale mentre il problema non è la sovrappopolazione, ma il modo di convivenza; nell’organizzazione scolastica a causare problemi non è tanto il numero crescente di giovani che vogliono imparare, ma il fatto che le singole materie siano ormai tutte correlate tra di loro, che il corpo insegnante apprende tutto il suo sapere nei soli primi
anni di vita e poi vive di rendita culturale, che l’elettricità ha dissolto le autorità settoriali allo stesso modo con cui ha fatto sparire le sovranità nazionali. Gli antichi schemi di espansione meccanica dal centro alla periferia non hanno più ragione d’esistere, perchè ognuno di noi ormai è un centro indipendente collegato ad altri centri.
Nasce così l’apparente paradosso dell’uomo preistorico che andava a lavorare al sorgere del sole e tornava al tramonto. Sono passati millenni di invenzioni tecnologiche atte a risparmiare tempo, e ci ritroviamo con la nostra società dove le persone continuano ad andare a lavorare dall’alba al tramonto. E dove sarebbe quindi il progresso? Sta proprio nel fatto che tutti i congegni fornitici dalla tecnologia per “risparmiare tempo” in realtà servono solo per “risparmiare fatica” perchè il tempo viene da noi usato per altre attività. I compiti che nell’Ottocento si relegavano ai servi, oggi ce li sbrighiamo da soli – non certo risparmiando tempo – con gli elettrodomestici.

La divisibilità di ogni processo, che ha dato origine alla macchina e alla catena di montaggio, si è talmente suturato dal capovolgersi nell’era elettrica dell’automazione estendendosi alla teoria del campo unificato con l’organico intrecciarsi di tutte le funzioni nel medesimo tempo.
La stessa strada, che nell’Impero Romano consentì l’accellerazione dei messaggi e delle merci, nelle nostre città ha raggiunto un livello tale di saturazione da aver capovolto alcune sue funzioni, con autostrade che hanno assunto un carattere urbano continuo, e città che per superare la crisi del traffico hanno adottato tangenziali e raccordi che per consentire una relativa velocità si sono strutturati come autostrade e come conseguenza diretta, la campagna non è più il centro del lavoro e la città ha perso le caratteristiche di centro di svago. Nel mondo antico la saturazione mediatica dovuta all’avvento delle strade e del denaro, aveva capovolto la condizione tribale dell’uomo. Infatti il paradosso sta nel fatto che una società tribale e nomade, con il suo muoversi per procacciarsi il cibo, è una società statica, mentre la cultura dell’uomo divenuto sedentario, ha reso la sua società mobile, dinamica, aggressiva.

Un altro punto della saturazione si verifica quando tra le componenti che più frequentemente conducono allo stallo e al capovolgimento del sistema, si verificano reciproche contaminazioni o fertilizzazioni dei media. Oggi per esempio con la memoria dei nostri computers, la parola stampata ha assunto il carattere artigianale da sempre appartenente al manoscritto. La stampa coi caratteri mobili era stata il più imponente limite di rottura nei confronti dell’alfabetismo fonetico, mentre l’alfabeto a suo tempo aveva rappresentato il limite di saturazione e rottura tra l’uomo tribale e l’individuo.





NARCOSI ED ENERGIA IBRIDA

Nell’interpretare il mito di Narciso, molti si soffermano sul fatto che egli si sia innamorato di sè stesso ma non è esattamente così. Che si sia innamorato di sè stesso lo sappiamo noi, che vediamo la vicenda dall’esterno. In realtà il giovane Narciso scambiò l’immagine di sè riflessa nell’acqua per un altra persona, vivente in un’altra dimensione e questa estensione speculare isolò il senso della vista fino a farlo cadere in uno strano torpore al quale tentò di rimediare la ninfa Eco rimandandogli pezzi dei suoi stessi discorsi (l’orecchio) ma inutilmente. Il torpore in cui era caduto Narciso ( il suo nome deriva dal greco narcosi) lo spinse a cercare di raggiungere l’immagine amata fino a morire annegato. Se fosse stato consapevole di essersi innamorato di sè stesso, avrebbe agito in altro modo.

L’interpretazione di questo mito è che gli esseri umani sono soggetti all’immediato fascino di ogni estensione di sè fino ad intorpidirsi. Usando una ricerca di due studiosi di medicina quali Hans Seyle e Adolphe Jonas i quali asserivano che ogni estensione di sè è un tentativo per preservare l’equilibrio psichico della persona e che ognuno di noi ricorra alla strategia “autoamputativa” quando la percezione non riesce ad evitare la causa dell’irritazione (disagio), il Mc Luhan ci mette del suo teorizzando l’individuo obbligato ad estendere varie parti del proprio corpo mediante varie forme di autoamputazione per riequilibrare il processo revulsivo.

Nella tensione psico-fisica dovuta al sovrastimolo di qualunque tipo sopra uno dei nostri sensi, il sistema nervoso centrale tende ad isolare o ad amputare l’organo col fine di preservare lo stress. Nel caso della ruota quale estensione del piede, per fare un esempio, l’accellerazione degli scambi dovuta alla nuova circolazione del denaro e della scrittura fu causa dello stress  e della successiva amputazione di questa funzione dai nostri corpi. La ruota come revulsivo dell’aumento dei pesi da trasportare, causò a sua volta una nuova e più efficace intensità dell’azione sostituendo con una protesi il piede in rotazione. Il sistema nervoso centrale riesce a sopportare questo nuovo stress solo intorpidendo la sensibilità se non addirittura bloccando la percezione. Questo è il senso del mito di Narciso, vittima di una pressione irritante di uno dei suoi sensi, che entra nel torpore che non gli fa distinguere la realtà.

Fisiologicamente tutto riporta al sistema nervoso centrale e alle sue funzioni equilibratrici di controllo, isolamento e asportazione di ogni materia revulsiva. Occorre però distinguere tra le varie estensioni dei nostri organi che potremmo definire protesi, e l’estensione della nostra mente dovuta al computer e all’elettricità che non può essere considerata protesi ma campo che col sistema nervoso centrale organizza e regola tutte le altre funzioni, usando per esempio il piacere (lo sport, la discoteca, l’alcool) come revulsivo o il comfort quale soppressore delle cause di stress.

Dopo tremila anni di estensioni fisiche dei nostri organi, con l’avvento della tecnologia elettrica, l’uomo ha esteso il suo sistema nervoso centrale, creando cioè al di fuori di sè stesso quella rete neuronale che apparentemente è un’autoamputazione disperata e suicida, ma che in realtà rappresenta l’extrema ratio dell’essere per arginare con cuscinetti protettivi nuovi stimoli e meccanismi violentemente avversi. Narciso è intorpidito dalla sua immagine autoamputata e la sua incapacità di reagire ad un trauma (psichico o fisico non fa alcuna differenza) lo conduce all’autodistruzione. Nell’esperienza pratica, invece, l’autoamputazione mediante la tecnologia, induce il sistema a cercare nuovi equilibri tra gli altri sensi. Se si intensifica per esempio il suono, tutti gli altri sensi come la vista, il gusto e il tatto ne rimangono influenzati. L’avvento della radio sull’uomo alfabeta o visivo ridestò i suoi echi tribali, l’effetto del cinema sonoro fu di cancellare l’importanza del mimo, della tattilità, dell’esperienza corporea-cinestesica.
Non è possibile opporsi per esempio ai nuovi rapporti tra i sensi dovuto alla nuova tecnologia, ma le reazioni variano con il variare dell’esperienza. Nell’esempio della radio, diverso fu l’effetto tribale suscitato dai discorsi di Mussolini e Hitler, dalla reazione dell’Inghilterra o dell’America dello stesso periodo, che grazie al loro alto livello di alfabetizzazione, avevano accolto la novità della radio come un ludico fruire di divertimento, musica, informazione locale.

I loro idoli sono d’oro e d’argento, opera di mani umane
Hanno bocche ma non parlano, orecchie ma non ascoltano,
Hanno occhi ma non vedono, hanno nasi ma non odorano
Hanno mani ma non toccano, hanno piedi ma non camminano,
E neppure parlano con la loro voce.
Coloro che li fabbricano saranno simili a loro,
Così come coloro che in essi confidano.
(Salmo 115)

La contemplazione di idoli, cioè l’uso della tecnologia, conforma gli uomini ad essi.
“Ed essi diventarono quello che avevano contemplato” scrive il poeta Blake nel suo poema Jerusalem dove prosegue: “Se cambiano gli organi di percezione, sembrano variare anche gli oggetti della percezione. Se gli organi della percezione si chiudono, anche gli oggetti si chiudono” vuol significare che per ricevere, percepire o utilizzare qualsiasi estensione di noi stessi nella forma tecnologica che abbiamo applicato, è necessario fruirne. Ascoltare la radio, leggere il giornale, guardare la televisione significa accogliere nel nostro sistema nervoso la percezione delle nostre stesse estensioni provocando quello “spostamento”, quella “chiusura” che automaticamente ne consegue. Il flusso continuo della ricezione di tutte le nostre tecnologie nell’uso quotidiano ci fa adagiare anche inconsciamente nella posizione subliminale di coloro che sebbene narcotizzati, trovano meccanismi automatici di difesa per sopravvivere, uno dei quali è quello di porsi come servomeccanismi di dette tecnologie. In pratica, per poterne usufruire, occorre mettersi al servizio delle macchine.
Il pellerossa era il servomeccanismo della sua canoa così come il ferroviere lo è del treno. Si instaura un rapporto per il quale l’uomo è perpetuamente modificato dalla macchina che a sua volta trova sempre nuovi metodi per modificarla. Si potrebbe dire che l’uomo diventa l’organo sessuale della macchina, così come lo è l’ape per il mondo vegetale, che permette il processo fecondativo e l’evoluzione in nuove forme.
(Una delle scoperte più clamorose della ricerca motivazionale degli anni sessanta fu il rivelare il rapporto sessuale esistente tra l’uomo moderno e la sua automobile.)

Se sul piano sociale è la pressione e l’accumulazione a suscitare come revulsivi l’invenzione e l’innovazione delle macchine, l’incrocio o l’ibridazione di due o più media libera un gran numero di forze nuove e di nuove energie, un po’ come accade nella fissione atomica. Essere o no ciechi mediatici conta poco in questo campo, quando ci venga imposto qualcosa da osservare perchè l’azione dei media o estensioni dei sensi, ha la funzione di “far accadere” gli avvenimenti e non certo quella di “darne coscienza”.

Così come il telegrafo aveva modificato le notizie dei giornali, la radio ne modificò pure la forma e il contenuto. La stessa radio di cui abbiamo già parlato, elemento scatenante di riminiscenze tribali nell’Europa continentale, ibridata con il grammofono divenne per l’Inghilterra e l’America quella che è ancora oggi: un mix di musica e notizie. Sempre con il telegrafo cominciarono a raccogliersi pure le prime notizie metereologiche che vennero diffuse dalla radio con notevole successo, mentre la radio influenzò il cinema muto, dimostrando che non solo i nuovi media vemgono avanti a due per volta, uno come contenente l’altro come contenuto, ma che l’ibridazione con altre tecnologie o altri media, scatena nuovi processi creativi.

Forse questo è il momento di parlare della radio quale evoluzione del telegrafo che è un’evoluzione del messaggio (infatti per la prima volta il messaggio arriva prima del messaggero) che a sua volta è l’estensione della strada e della carta. Il cinema invece è il movimento della fotografia, con la sua tridimensionalità e la descrizione amplificata dei minimi dettagli. La televisione invece è bidimensionale, ha cioè solo pochi tratti essenziali, e deriva dalle strip giornaliere dei quotidiani americani, e dai cartoni animati da cui ha preso l’essenzialità dei dettagli che devono essere completati dal fruitore.
E’ improprio quindi definire (come fa l’insigne Maurizio Costanzo durante i suoi corsi) la televisione figlia della radio, in quanto sono due tecnologie che derivano da esigenze diverse.
Una delle ibridazioni più notevoli che generano furiosi scatenamenti di energia è la guerra. Essa è da sempre l’aggressione di una società tecnologicamente più avanzata nei confronti di una società tecnologicamente inferiore. Da oltre mezzo secolo essa è l’incontro-scontro tra culture visive e letterarie con altre culture prettamente orali con contenuti tribali. Non c’è nulla di più scatenante e creativo del primo periodo che segue un’invasione militare. Qui, come su di un confine ideale tra culture alfabetizzate e pseudo-tribali, si scatena lo scambio culturale e tecnologico più travolgente di uno tsunami. Ne abbiamo esempi recentissimi con l’invasione di Kabul. Lo ricorderete, la sconfitta dei talebani portò nella capitale nuovi cambiamenti epocali, si aprirono barberie per tagliare barba e capelli, si aprì un McDonalds, una birreria e gli italiani ci misero del proprio, riaprendo il cinema locale e proiettando “La Liceale” un film con Gloria Guida, tanto per mostrare il livello culturale delle nostre scelte. Ma questa forma di contaminazione non agìa senso unico. Com’era già successo col Vietnam, dietro le prime linee sbarcarono stilisti, modelle, fotografi glamour, e in occidente si impose, ancora una volta, la moda militare.

Occorre fare attenzione: quell’esplosione dell’occhio che genera furiosi scatenamenti di energia in zone del mondo che noi consideriamo “arretrate” e che noi chiamiamo “occidentalizzazione” non va in una sola direzione e la nostra società alfabetizzata, che ha fornito all’uomo l’occhio al posto dell’orecchio, si trova a riscoprire con la moda, i reportages, la letteratura, il fascino di un mondo tattile e auditivo. Ora che l’alfabetismo sta per ibridare l’Africa, il Medio Oriente e l’India, ci ritroviamo a dover condividere, capire, accettare le antiche culture orali di angoli del mondo di cui ignoravamo persino l’esistenza.

Ogni volta che si stabilisce un immediato confronto tra due strumenti della comunicazione, siamo costretti a confrontarci con nuove frontiere della conoscenza che ci strappano dal sonno ipnotico di Narciso e ci scoglie dallo stato di trance e di torpore che si è impossessato dei nostri sensi.

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