giovedì 29 marzo 2018

STO PERDENDO LA MEMORIA


Sono un giovane autore esordiente
ho messo on line una ventina di romanzi
ho registrato 250.000 letture gratuite
ho riceuto sul mio profilo FB 200.000 like documentati
e tante, tante manifestzioni di incoraggiamento.

Ora, poichè ho scritto una cosa nuova
ed ho compiuto 74 anni
vorrei sollecitarvi a leggere il mio manoscritto
perchè questo giovane autore esordiente
tra un poco vi lascia
rimanendo inedito
e poi chissenefrega di essere pubblicato postumo?
(non so se mi piego)

Vi allego il mio lavoro.
Grazie per l'attenzione.

Aldo Vincent


E’ la storia di un uomo che sta perdendo la memoria e sospetta si tratti di Alzheimer.
Il medico gli dice di non arrendersi e di scrivere tutto quello che gli torna in mente. Comincia così con una scrittura leggera, alla maniera della Coscienza di Zeno per intenderci, la soggettiva del suo cammino verso il buio e lui comincia a sbocconcellare ricordi alla rinfusa ma ogni volta che si ritrova davanti al ricordo del suo grande amore si blocca perchè non si ricorda più come si chiama.
Qui comincia l’interessante analisi di come elabora i ricordi, di quali appigli usa per ricomporre le sinapsi, quali accorgimenti... ma davanti al  nome della sua amata, il nulla! Come se fosse un buco nero, levigato, lucido, senza protuberanze, o fronzoli, o maniglie...


Qui si apre un piccolo probema, in quanto penso che non si possa parlare di memoria senza citare Umberto Eco che fece scalpore con un suo articolo sull’Espresso. Io lo cito, metto pure le foto, e mi spiacerebbe per ragioni di copyright doverlo togliere, ma è un problema tecnico e ci penserò su


Quando torniamo al racconto, il nostro omino è in uno stato avanzato del suo percorso verso l’ignoto. E’ sul letto, in uno stato di torpore, tra il dormiveglia, il sogno e l’allucinazione.
Nel suo delirio immagina di trovarsi davanti ad una grossa cupola di onice con tante fessure dalle quali entrano grosse api come fosse un alveare. Lui si fa piccolo, entra e in un androne buio trova una massa spugnosa nera che capisce essere il suo cervello e tra la materia che si sgretola sotto le picconate di alcuni nani, cadono grossi diamanti azzurrini che emettono una luce intermittente. Quando la luce si spegne, i nani con una pala caricano le some degli asinelli.
-          Cos’hai da guardare, non hai mai visto un nano in miniera?
-          Certamente, ma solo nei cartoni animati, mai dal vero. Tu come ti chiami?
-          Trufolo
-          Trufolo? Non mi pare che Biancaneve...
-          Non ci sono solo i nani di Biancaneve, ci sono in tutte le favole, solo che a volte non appaiono per non  disturbare il racconto.. Quelli non sono diamanti ma i tuoi ricordi che stiamo picconando per portarli via... –
Il nostro protagonista prende in mano queste pietre fluorescenti e ci vede alcuni dei suoi ultimi ricordi, l’ultimo dei quali lo vede tornato nelle dimensioni normali, steso sul suo letto in uno stato pre-comatoso. Dall’orecchio escono tanti somarelli  che in colonna si portano via i suoi pensieri. Per ultimo quattro nani portano in spalla una lettiga romana. Lui scosta la cortina per vedere chi c’è dentro e:
-          Ma tu sei Beatrice Serani, il mio grande amore!
-          Sì, grande amore, che non ti ricordavi nemmeno come mi chiamo..
Fermati, non posso, suvvia, non posso ti dico, è tutto finito, non hai capito?
E se ne va al seguito della carovana.
Per ultimo esce dal suo orecchio il somarello che porta il ricordo dei somarelli che portano via i suoi ricordi, e infine Cucciolo, il nano muto di Biancaneve, appare saltellando sulla coperta bianca del letto suonando un flauto traverso.
Ad un certo punto si gira e mostra sopra la testa un cartello con su critto:  FINE

Sì lo so, raccontata così sembra una storia da nulla, e lo è.
Ma emoziona.





ALZHEIMER


COME T’IMBROGLIO L’ALZHEIMER – UN GRUPPO DI RICERCATORI ITALIANI HA SCOPERTO COME BLOCCARE LA PERDITA DI MEMORIA – VA INONDATO DI DOPAMINA L’IPPOTALAMO - LA SPERIMENTAZIONE SU PAZIENTI UMANI 


Cristina Marrone per il Corriere della Sera

Per la prima volta in uno studio su pazienti, è stato scoperto da scienziati italiani il ruolo chiave di una piccola regione cerebrale, l’area tegumentale ventrale, nella malattia di Alzheimer. Se questa area (deputata al rilascio di una importante molecola «messaggera» del cervello, la dopamina, in neurotrasmettitore della felicità) funziona poco, ne risente il «centro» della memoria, l’ippocampo, quindi la capacità di apprendere e ricordare.

alzheimer alzheimer
Resa nota sul Journal of Alzheimer’s Disease, la scoperta potrebbe rivoluzionare sia la diagnosi precoce, sia le terapie per questa forma di demenza, spostando l’attenzione su farmaci che stimolano il rilascio di dopamina. Autrice dello studio è Annalena Venneri, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience (SITraN) in Gran Bretagna, che spiega: «la nostra scoperta indica che se l’area tegmentale-ventrale (VTA) non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, questo non funziona più in modo efficiente» e la formazione dei ricordi risulta compromessa.

STUDIO SU ESSERI UMANI
VILLAGGIO ALZHEIMER VILLAGGIO ALZHEIMER
Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani. Venneri e Matteo De Marco della University of Sheffield hanno eseguito test cognitivi e risonanze magnetiche su 29 pazienti con Alzheimer, 30 soggetti con declino cognitivo lieve e 51 persone sane, trovando una correlazione tra dimensioni e funzioni della VTA con le dimensioni dell’ippocampo e le funzioni cognitive dell’individuo. Più piccola risulta la VTA, minori le dimensioni dell’ippocampo e la capacità del soggetto di apprendere e ricordare. La scoperta arriva a un anno dai risultati di esperimenti di laboratorio condotti presso l’Ircss Santa Lucia e l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Coordinato da Marcello D’Amelio, lo studio (su Nature Communication) evidenziava anche l’effetto del mancato rilascio di dopamina da parte della VTA su un aspetto che accompagna spesso la malattia fin dalle sue prime fasi: la perdita di motivazione della persona.

SCOPERTA IMPORTANTE PER LA DIAGNOSI PRECOCE
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«La nostra scoperta - spiega Venneri - indica che se una piccola area di cellule del cervello, chiamata area tegmentale ventrale, non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, un piccolo organo situato dentro il lobo temporale, questo non funziona più in modo efficiente. L’ippocampo è associato con la formazione di nuovi ricordi, per questo la scoperta è cruciale per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. Il risultato mostra un cambiamento che scatta repentinamente e che può innescare l’Alzheimer». «Stiamo somministrando farmaci `agonisti-dopaminergici´ - spiega Giacomo Koch, Direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale dell’IRCCS capitolino - a pazienti con malattia di Alzheimer per osservare se questi farmaci stimolano la plasticità cerebrale e quindi la conservazione delle facoltà cognitive».

IL NODO DEI FINANZIAMENTI
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«Un altro possibile beneficio di questa scoperta è che potrebbe portare a un’opzione di trattamento differente della malattia, con la possibilità di cambiarne o fermarne il corso molto precocemente, prima che si manifestino i principali sintomi. Adesso - conclude Venneri - vogliamo stabilire quanto precocemente possono essere osservate le alterazioni nell’area tegmentale ventrale e verificare anche se queste alterazioni possono essere contrastate con trattamenti già disponibili». Ma la ricerca fa i conti con il ‘nodo’ dei finanziamenti. «Non è possibile quantificare il tempo necessario - conclude - perché tutto dipende da quanto verrà investito per finanziare la ricerca necessaria a portare a questo risultato».

sabato 24 marzo 2018


ECCO TUTTE LE COSE CHE FACEBOOK CONOSCE DELLA NOSTRA VITA - E’ POSSIBILE ATTIVARE UNA FUNZIONE CHE RIVELA LE INFORMAZIONI RACCOLTE: DAI NUMERI DI TELEFONO DEGLI AMICI ALLA RELIGIONE - SAPEVATE CHE E' POSSIBILE SCARICARE UNA COPIA DI TUTTO CIO' CHE ABBIAMO CONDIVISO? (ECCO COME SI FA) - E IL SOCIAL NETWORK, DOPO LA NOSTRA MORTE…
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Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
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Facebook conosce e conserva tutti i frammenti della nostra vita. Conosce e conserva la frase rabbiosa che abbiamo scritto in chat a una fidanzata che ci voleva lasciare nell'ottobre del 2012; conosce e conserva la foto che ci siamo scattati ubriachi a playa d' en Bossa nel luglio del 2014 e abbiamo inviato in privato a un amico di cui ci fidiamo; conosce e conserva i nostri pensieri sull' immigrazione e sulla religione che abbiamo consegnato a dei post nel febbraio del 2017.

Non solo: Zuckerberg ha tutti i numeri di telefono della rubrica del nostro smartphone. Gli abbiamo consegnato la scatola nera dei nostri giorni, uno per uno, ora per ora, post dopo post, conversazione dopo conversazione. C' è tutta la nostra vita, quanto meno quella cominciata quando siamo entrati in Facebook, nel decennio scorso.

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E' semplicissima, istruttiva e un po' ci stordisce la verifica di cosa il social network sa e conserva di noi. Basta accedere a impostazioni e cliccare su «scarica una copia dei tuoi dati». Dopo una decina di minuti Facebook consegna una serie di file con tutte le tracce della nostra attività da quando ci siamo iscritti.

Ci sono sorprese inquietanti: Zuckerberg ha le nostre foto, ma non solo quelle che non abbiamo pubblicato, ma anche quelle che abbiamo condiviso con una fidanzata o un amico in chat; di più: ha i numeri di tutti i nostri contatti memorizzati sullo smartphone, anche se non sono iscritti a Facebook. Come è possibile? Lo abbiamo autorizzato a prenderli quando abbiamo installato l' applicazione; ha l' elenco di tutti i nostri amici e nella copia dei dati conservati che gentilmente ci invia, ci spiega quando abbiamo accettato un' amicizia o quando l' abbiamo cancellata.
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Nicola Zamperini, studioso e autore del libro Manuale di disobbedienza digitale: «Abbiamo esternalizzato la nostra memoria. C' è un altro risvolto che ci deve spaventare: sulla base di questi dati Facebook applica la funzione del ricordo che ci ripropone ogni tanto. Finisce l' attivazione della memoria involontaria, tutto è legato a un algoritmo che ci indica cosa ricordare».

C'è poi il lato oscuro legato all' utilizzo di questa infinita banca dati di pezzi di vite: temevamo che sarebbe stata usata per venderci qualcosa, la cronaca ci racconta altro. Chi accede a questi dati può orientare il dibattito politico, favorire alcune tesi e alimentare le paure. Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, ha scritto una lettera a Zuckerberg chiedendo spiegazioni sullo scandalo Cambridge Analytica. Osserva: «Sui giganti del web bisogna dar vita a un sistema di regole, sono gli unici sistemi di comunicazione che non ne hanno».
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DOPO LA MORTE
Eppure, la scatola nera della nostra vita che abbiamo consegnato a Zuckerberg cela anche un lato più suggestivo e denso di incognite. Viene in mente un episodio di Black Mirror (serie inglese che descrive futuri distopici) in cui una ragazza fa rivivere il fidanzato morto, sulla base dei dati lasciati sul social network. Rileggendo le conversazioni che in dieci anni abbiamo avuto sulla chat di Fb capiamo come eravamo e come siamo cambiati, come sono mutate le persone che conosciamo, ricordiamo dialoghi, litigi o lampi di tenerezza che non avevamo impresso nella memoria ma che Zuckerberg ha conservato per noi; possiamo commuoverci rileggendo la lunga chat nel 2012 sul campionato di calcio o sulla birra preferita con un amico che pochi anni dopo sarebbe morto. Un tempo andavamo a rileggere lettere o cartoline, oggi c' è qualcosa di molto più dettagliato, una verbalizzazione continua delle nostre vite.
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«Ma scompaiono le gerarchie dei ricordi - avverte Zamperini -: di mio padre so distinguere le foto cartacee più importanti, quelle del matrimonio o di un viaggio, noi lasceremo migliaia e migliaia di immagini e testi in cui i nostri figli si perderanno».