Se
fosse un libro questo sarebbe il capitolo primo.
Il
centro delle piazze, dei palazzi, è un punto focale per la voce del
silenzio che secondo Marshall McLuhan sarebbero le statue, i
monumenti, le fontane, e dentro i palazzi sarebbero i tavoli, i
salotti e nel centro dei salotti i tavolini. Parrebbe quasi che
partendo dall'Agorà di Atene tutti gli altri architetti abbiano
cercato la cornice dei propilei o che partendo dal semicerchio del
Teatro abbiano voluto imprigionare idealmente lo sguardo,
indirizzando l'occhio dell'osservatore su un punto focale preludio
della prospettiva lineare su un punto più o meno occulto, come in
Piazza San Pietro, dove il punto focale non è l'obelisco o le
fontane, ma due piastrelle rotonde di marmo verso cui si indirizza la
pavimentazione della piazza, che indicano il punto da cui di tutto il
colonnato si vede solo la prima colonna delle quattro che formano
l'emiciclo.
Succede
così al visitatore occidentale di provare la sensazione di assenza,
quasi di vertigine quando si trova davanti alle immense piazze russe,
asiatiche o sudamericane con grandi spiazzi riempiti di niente, come
le moschee che al confronto con le nostre chiese sembrano cornici che
contengono il nulla, solo un punto esterno all'edificio, essendo il
tutto chiaramente orientato verso la Mecca. Anche l'interno della
stanza principale della casa islamica, quella dove si riceve, non ha
nulla al centro. Le poltroncine per gli ospiti sono contro le pareti
e al centro c'è solamente lo splendore di un tappeto che occupa
tutta la stanza. Piccoli tavolini di servizio reggeranno frutta e
qualche dolce. Una volta seduti si scopre la differenza tra la piazza
e la casa islamica: se nella piazza dovevi sopprimere il desiderio di
gridare, di spiegare la tua voce, nella casa scopri che la
conversazione si può fare tra persone sedute da una parete
all'altra, senza gridare.
L'ospitalità
islamica si intreccia col piacere del parlare.
La
piazza italiana è il piacere dello sguardo.
°
Se vi
capitasse di passare da Como, scendendo per la via Napoleona, vi
troverete davanti a Porta Torre il principale ingresso alla città
medievale, e fuori dalle mura rimaste integre fin dall'anno Mille (il
Barbarossa non le abbattè perchè "Como è coi forti e
abbandonò la Lega") potrete vedere il più antico mercato
d'Italia. Oggi è una sequela di bancarelle con merci varie ma il
giorno di Sant'Abbondio, il patrono della città, il mercato viene
allestito esattamente com'era allora.
Tra i
tanti commercianti che esponevano le loro merci fuori dalle mura di
Como che ricordo, era uno snodo importante di commerci anche con
l'estero, c'erano anche i librai che trasportavano i loro prodotti in
botti di legno per proteggerli dalle intemperie e si preparavano a
scambiare i codici. Infatti a quel tempo il libro era costituito da
pagine di pergamena – più tardi fogli di carta di straccio –
scritti dagli studenti secondo le buone regole della Scolastica.
Portavano un titolo che si riferiva al primo argomento scritto che si
incontrava aprendo la rilegatura, ma poi gli altri fogli riportavano
svariati argomenti a seconda dell'orientamento scolastico.
Occorre
fare due osservazioni, la prima è che i bibliotecari che gestivano
le biblioteche private dei castelli, dei conventi e dei signorotti,
avevano difficoltà non tanto ad archiviare ma a reperire determinati
argomenti, e dovevano affidarsi alla propria pratica o alla propria
memoria per andare in un luogo lontano a cercare un libro su Platone
dentro il quale ricordavano esserci calcoli matematici o astronomici
o di qualsiasi altro argomento che con Platone non avevano nulla da
spartire.
La
seconda osservazione è che secoli dopo il genio di Leonardo Da Vinci
non solo riuniva gli argomenti che reputava più interessanti, ma li
metteva tutti in un codice dal cui titolo si potesse intuire che
tutti i fogli inseriti in quel codice riguardavano un solo argomento.
Il fatto che scrivesse con la sua criptica calligrafia mancina ha
fatto credere a qualche studioso superficiale che tutto il materiale
scritto da Leonardo fosse stato pensato e concepito dallo stesso, e
invece per la maggior parte delle volte copiava. Questo non toglie
nulla al suo genio, perchè aveva la capacità superlativa di
scegliere argomenti che a distanza di tempo – salvo rare eccezioni
– si sono mostrati scientificamente esatti o quantomeno giustamente
orientati. Diciamo che la riconoscibilità degli scritti di Leonardo
influenzò una pratica che seguì poi nel futuro: ogni libro ha un
autore.
Succedeva
che il cliente si portasse al mercato il suo codice e ne scegliesse
un altro che reputava interessante scambiandoli e lasciando una
prebenda al libraio. L'avvento della stampa a caratteri mobili
rivoluzionò tutto questo modo di procedere perchè i libri offerti
non erano più pezzi unici ma quantità definite esattamente
riproducibili. Questo cancellò la trattativa che dipendeva dalle
diverse opinioni che i due contrattori avevano su determinati
prodotti. Adesso arrivava il libro esattamente uguale ad altri libri
con lo stesso titolo e pertanto si instaurò un mercato di prodotti
omogenei con prezzi fissi (non è una rivoluzione da poco,
pensandoci).
°
Se
l'eroe del romanzo di Musil era L'uomo
senza qualità il
protagonista di Amore
Liquido di Zygmut Bauman
è l'uomo senza legami fissi, indissolubili. Il protagonista di
questa società liquida predilige legami allentati, senza la
complicazione del doverli recidere. Di conseguenza al posto delle
relazioni predilige le connessioni. Nel nostro mondo di
individualismo rampante le relazioni vacillano dal sogno inappagato
all'incubo del non potersi liberare. Le connessioni invece si
staccano e basta. E nessuno ti chiede perchè. Baricco, nel suo
"Saggio sulla mutazione" (i Barbari) individua questo
fenomeno nella velocità dell'esperienza. Non più approfondimento
anche faticoso delle materie, anni di studio su di un argomento tanto
da approfondirlo fino a sapere tutto su una parte infinitesimale del
sapere cosmico, ma il surfing
che è la velocità con
cui gli atleti sulla tavola cavalcano le onde e dalla velocità
acquistano energia per rimanere in equilibrio e spostarsi velocemente
da un argomento all'altro in modo orrizzontale e rapido invece che
verticale e statico. (Non lasciatevi ingannare: surfing
è un termine coniato dal McLuhan).
Allo
stesso modo le amicizie, le conoscenze, le relazioni apparentemente
epidermiche in realtà si sviluppano in modo rapido con un flusso
continuo. Alcuni intellettuali che non hanno capito il mezzo, si
chiedono se non sia scandaloso che su Facebook tu abbia un migliaio
di amici mentre non conosci il nome di battesimo del tuo vicino di
pianerottolo.
La
differenza sta tutta nel fatto che uscendo di casa e andando in
edicola potrai comprare il tuo quotidiano preferito mentre col Web,
con lo stesso prezzo e rimanendo comodamente seduto, puoi scegliere
tra tutti i quotidiani del mondo o il loro riassunto. Dai commenti
dei lettori, troverai quelli a te più affini e saranno coloro con
cui ti connetterai.
Nella
mia decennale esperienza mi è capitato di incontrare molti degli
amici con cui avevo connessioni Internet. Nessuno di loro mi ha mai
deluso, perchè tutto quello scambiarsi opinioni aveva fatto sì che
ci conoscessimo così intimamente da desiderare di incontrarci.
Un
altro fenomeno su cui riflettere è la Web-cam, cioè la telecamerina
a basso costo con cui ci si collega e ci si vede. E' un ritrovato
tecnologico che viene da lontano. Erano gli anni sessanta e venne
messo in commercio il video-telefono che non ebbe successo in quanto
un ibrido che mal coniugava l'orecchio e il freddo mezzo del telefono
con l'occhio e la calda pre-ipnotica televisione.
I
maghi del Marketing dissero che l'utente preferiva rimanere occultato
all'interlocutore che era entrato quasi prepotentemente in casa sua,
nella sua intimità.
Davanti
al computer questo invece non capita. "Hai la web-cam?" è
la prima domanda che ti scrivono in chat dopo che ti hanno conosciuto
meglio.
Perchè
ora che ti conoscono, vogliono pure vederti.
°
Infelici
quei bimbi che non hanno I nonni, si diceva una volta. Sono propenso
a dire, infelice quella generazione che i nonni li ha buttati via,
ricoverandoli, isolandoli, i più ricchi lasciando che li accudiscano
le badanti straniere.
Perché
i nonni, nella nostra secolare civiltà contadina, erano tutta la
memoria della famiglia, erano i racconti, persino le invenzioni che
un tempo avevano alimentato i miti. Oggi con cento giga di memoria
viviamo nell’illusione che non ci serva altro. Pensate, quel grande
serbatoio di memoria che è Google, ha fagocitato nel suo ventre
tutto il Web del mondo: avete un dubbio e lui risponde. Ma non vi
restituisce la risposta esatta bensì la più cliccata e così
cadiamo nel paradosso che la verità è quello in cui credono gli
altri…
I
nonni morivano in casa, alcune volte lentamente, nella stanza del
dolore: “Silenzio bambini, non fate rumore, che c’è il nonno
ammalato…” Adesso muoiono in ospedale e la camera ardente si
allestisce nell’obitorio, poi il funerale in auto, di corsa come a
voler cancellare la morte quella vera perché quella virtuale ce la
propinano il cinema e la televisione con spari, bombe, pistole,
omicidi, centinaia al giorno.
E
quando la morte si affaccia nelle nostre case attraverso i media,
confondendo il vero con il virtuale, poi reagiamo con parole inutili,
con atteggiamenti scomposti, con eccessi virtuali, come virtuale è
il dolore che ci accomuna, il caso Eluana Engaro ne è la perfetta
sineddoche (una parte per il tutto)…
°
Nessun commento:
Posta un commento