Analizziamo uno dei
principali mezzi di comunicazione di massa secondo il McLuhan:
LE ABITAZIONI
Abbiamo già detto come
l’abbigliamento e le abitazioni in fondo assolvono lo stesso
compito, cioè quello di proteggere dalle variazioni dell’ambiente
esterno, ma mentre l’abbigliamento è un’estensione più diretta
della superficie esterna del nostro corpo, l’abitazione è un mezzo
collettivo affinché il gruppo o la famiglia godano della stessa
protezione. Le città, che sono un gruppo organizzato di abitazioni,
sono un’ulteriore estensione dei nostri organi fisici per
soddisfare i fabbisogni di gruppi più vasti.
Se l’uomo civilizzato –
cioè alfabeta – tende a restringere e delimitare lo spazio col
fine di separare le funzioni, l’uomo primitivo ha esteso
passivamente il suo essere in modo da includervi l’universo da cui
a sua volta viene incluso. Agendo come parte del cosmo ha la
consapevolezza di partecipare alle energie misteriose, magiche o
divine con rituali sempre presenti nelle sue manifestazioni sociali.
L’uomo alfabeta, per
accettare la sua tecnologia analitica e di frammentazione, ha dovuto
staccarsi con dolore da tutto quel mondo tattile e auditivo che lo
faceva magicamente vibrare come componente cosmica e si è
concentrato su piccoli segmenti di comprensione col fine di
catalogare tutto l’universo. Ha venduto il suo orecchio per
l’estensione del suo occhio.
Sono rarissimi i
ritrovamenti archeologici nelle caverne preistoriche comprovanti che
esse fossero abitate dai primi ominidi. Le grotte, le tende, le
capanne, non sono semplici chiusure di spazi visivi, perchè seguono
linee dinamiche. Una volta chiusa in spazi visivi, l’architettura
tende a perdere la sua tensione tattile e cinetica. Una tenda conica
come il tepee dei pellerossa, oltre che essere il modo più razionale
ed economico per ancorare un oggetto ingombrante e verticale è pure
una serie di linee di fuga che agiscono sulla psiche del nomade.
L’errore degli americani che costruirono case nelle riserve
indiane, fu quello di non considerare questi fattori, col risultato
che ancor oggi capita di passare per questi insediamenti e constatare
che sono inabitati e circondati da roulottes e caravan dentro i quali
gli indiani ancora si accampano.
La caverna invece è uno
spazio misterioso, magico, oscuro dentro il quale si compivano
rituali collettivi e magici. Le stesse pitture rupestri con le loro
linee essenziali, viste da noi con la nostra luce, perdono tutta la
forza che avevano al buio, con la fiamma dei fuochi che instabilmente
davano ai dipinti una forza cinetica, un’illusione di movimento che
agevolava i rituali della caccia. Di fatto, le pitture rupestri altro
non erano che il cinema dei nostri antenati.
Il passaggio dalla capanna
circolare al triangolo e alle mura quadrate, così come in seguito il
passaggio dalla cupola ai pinnacoli gotici sono manifestazioni di
nuove tecnologie che hanno causato un’alterazione dei rapporti
sensoriali dei membri di una società. Le nuove tensioni stabiliscono
nuovi equilibri tra tutti i sensi con “nuove prospettive” cioè a
nuovi atteggiamenti e nuove preferenze in molti settori rendendo
socialmente accessibili protezione, calore ed energia alla famiglia o
al gruppo di appartenenza.
Un chiaro esempio di
questo adattamento è dato dall’igloo eschimese. Questi indigeni
hanno sempre vissuto in case rotonde ottenute sistemando grosse
pietre a forma di cupola o costruendo con pelli e bastoni rifugi
provvisori. Era una popolazione nomade di raccoglitori di cibo che
l’uomo bianco trasformò in trappolatori. Le lunghe attese sul pack
e l’avvento della stufetta a petrolio permisero agli eschimesi di
costruire i loro rifugi provvisori con blocchi di ghiaccio tenuti
insieme dal calore della stufa a petrolio che fondeva la volta
interiore.
Ridono gli eschimesi
quando vedono un bianco che entra in un igloo e torce il collo per
tentare di dare un ordine spaziale e continuo alle pagine delle
riviste illustrate che sono state appiccicate al soffitto per
contenere il gocciolìo. Loro infatti, con la loro visione spaziale
integrale e cosmica, non hanno alcun bisogno di raddrizzare
mentalmente le pagine per decifrare le figure e ridono per questo
buffo atteggiamento dell’uomo bianco.
Quando durante il
Rinascimento si cominciò sistematicamente ad estrarre carbone, le
società che vivevano in climi freddi scoprirono nuove grandi riserve
di energia. La fabbricazione del vetro su larga scala permise alla
luce di entrare dalle finestre e il riscaldamento interno alzò i
soffitti e allargò le abitazioni. La casa dell’artigiano
rinascimentale divenne allo stesso tempo letto, cucina, laboratorio e
negozio. Fino al XX Secolo, quando l’energia elettrica modificò
radicalmente non solo il tempo vissuto nelle case, eliminando con
l’illuminazione la differenza tra il giorno e la notte, l’interno
e l’esterno, il sopra e il sotto, ma con gli ascensori ha
modificato intere strutture architettoniche, alterando ogni concetto
di spazio per la produzione ed il lavoro allo stesso modo con cui gli
altri media elettrici hanno alterato il nostro modo di essere.
Oggi l’architettura non
offre solo soluzioni abitative nelle capsule spaziali o all’interno
degli aeroplani, ma con l’illuminazione elettrica ha inserito nelle
intere città una flessibilità organica ignorata in qualsiasi altra
epoca con spazi senza muri e giorni senza notti. Nella strada
notturna, la partita notturna, il lavoro notturno, il disegno e la
scrittura sono passati dal campo dell’iconografia a spazi vivi e
dinamici creati dall’illuminazione esterna. Con la luce elettrica
non solo possiamo compiere le operazioni più minuziose senza badare
all’ora al clima o alla stagione ma possiamo indagare dentro un
microscopio con la stessa facilità con cui andiamo a fotografare
pitture rupestri o ad esplorare anfratti sperduti.
L’era dell’automazione
e della conoscenza ci ha permesso di scoprire che abiti,
fertilizzanti e componenti per l’edilizia si possono ottenere con
qualsiasi tipo di materiale e sarà questa la prossima frontiera.
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