Qualcuno afferma che gli
applausi nacquero tra i popoli mesopotamici per coprire le grida
delle vittime dei sacrifici umani. Tesi difficile da sostenere perché
nessun ritrovamento archeologico tra il Tigri e L'Eufrate, o in
Anatolia, in Egitto (prima dinastia) e persino tra gli Etruschi ha
trovato segni di violenza sulle vittime che probabilmente venivano
drogate o avvelenate. La soppressione dei propri cari o dei più
fedeli collaboratori del Re o del Faraone pare più una cerimonia
mistica che un rito sanguinario. Il mito greco invece, modifica
quello di Esiodo che descriveva le Muse come nove figlie di Giove e
di Mnemòsine che discese dall'Olimpo vivevano sul monte Elicòna, e
la letteratura del quarto secolo le colloca nel Parnaso sopra Delfi
dove in numero di tre, o nove o forse molte più allietavano con i
loro canti lo splendido Apollo che aveva con sé un puttino che era
incaricato solamente di applaudire.
In realtà l'applauso
appare come un gesto antichissimo, quando ai primordi della civiltà
l'uomo scimmia si rese conto che il battere con violenza le palme
delle mani provocava rumore, il quale divenne un gesto collettivo che
ritmato abbozzò i primi movimenti che divennero danze. Che poi
potesse trasformarsi in un gesto collettivo d'approvazione,
probabilmente fu il segno che l'uomo primitivo aveva scoperto la
metafora. Oggi gli applausi sono un gesto riconosciuto di
approvazione, gli artisti russi li indirizzano verso il pubblico, i
passeggeri italiani degli aerei applaudono quando l'aviomobile
atterra, qualcuno è arrivato persino ad applaudire ai funerali.
Ma il significato non
cambia.
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