Una delle ibridazioni più notevoli che generano furiosi scatenamenti
di energia è la guerra. Essa è da sempre l’aggressione di una
società tecnologicamente più avanzata nei confronti di una società
tecnologicamente inferiore. Da oltre mezzo secolo essa è
l’incontro-scontro tra culture visive e letterarie con altre
culture prettamente orali con contenuti tribali. Non c’è nulla di
più scatenante e creativo del primo periodo che segue un’invasione
militare. Qui, come su di un confine ideale tra culture alfabetizzate
e pseudo-tribali, si scatena lo scambio culturale e tecnologico più
travolgente di uno tsunami. Ne abbiamo esempi recentissimi con
l’invasione di Kabul. Lo ricorderete, la sconfitta dei talebani
portò nella capitale nuovi cambiamenti epocali, si aprirono barberie
per tagliare barba e capelli, si aprì un McDonalds, una birreria e
gli italiani ci misero del proprio, riaprendo il cinema locale e
proiettando “La Liceale” un film con Gloria Guida, tanto per
mostrare il livello culturale delle nostre scelte. Ma questa forma di
contaminazione non agì a senso unico. Com’era già successo col
Vietnam, dietro le prime linee sbarcarono stilisti, modelle,
fotografi glamour, e in occidente si impose, ancora una volta, la
moda militare.
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LE STRADE
La parola metafora deriva
dal greco e significa trasportare e potrebbe essere applicata a
qualsiasi forma di movimento di merci o di informazioni. Rappresenta
non solo lo spostamento da un luogo all’altro di qualsiasi cosa, ma
evidenzia la trasformazione e la traduzione del mittente, del
ricevente e del messaggio perché l’uso di qualsiasi medium altera
gli schemi di interdipendenza tra le persone e i rapporti tra i loro
sensi.
Con la strada, la
scrittura si stacca da materie solide e statiche come la pietra, per
circolare su supporti come l’argilla dei vasi e delle tavolette, e
imprimere maggiore velocità con il papiro. L’informazione, nel suo
passaggio dalla pietra alla carta, compie la medesima trasformazione
della moneta quando si staccò dalle merci, dalle pelli, dai lingotti
e dai metalli, per diventare carta e in seguito semplicemente
credito. Con le strade, crollano le città-stato, che racchiudevano
in sé stesse tutto il fabbisogno e le attività umane, e si
affermano le capitali centro del potere in costante comunicazione con
le proprie periferie.
Accresciuta la velocità e
di conseguenza intensificato il controllo militare a distanza,
l'accelerazione della comunicazione separò le funzioni commerciali
da quelle politiche creando quelle che gli economisti chiamano
strutture economiche centro-marginali, che di fatto sono reti con
flussi continui e omogenei, mentre in precedenza, le conquiste
avvenivano via mare, con territori da colonizzare con insediamenti
che erano centri senza periferie. La storia più recente di queste
crisi è quella della guerra d’indipendenza americana quando le
prime colonie inglesi a causa di processi di saturazione dei
commerci, trovarono più conveniente usare merci (come il tè) per
pagare le loro transizioni piuttosto che assoggettarsi ad un cambio
con la Sterlina che era diventato poco favorevole, per non dire
punitivo. Quando la Virginia ufficializzò il tabacco come forma di
pagamento, scoppiò la crisi. Essendo però le colonie americane
distantissimi centri senza periferie al di là del mare, fu chiaro
per tutti che l’Inghilterra, malgrado atroci rappresaglie, fosse
destinata a perdere la partita. E così fu.
Ecco come commenta Arnold
Toynbee nel suo: A study of history :
“ ...uno dei segno
più cospicui della disgregazione si verifica...quando una civiltà
che sta disintegrandosi ottiene una proroga sottoponendosi ad una
forzata unificazione politica in uno stato universale...”
Peccato che un eminente
autore come Toymbee non faccia parte della nostra cultura nazionale,
perché oltre nell’opera già citata (12 volumi, 1934-1961) vi sono
considerazioni eccelse. Comparando per esempio la grandezza e la
caduta di 26 imperi, rileva che le principali cause del crollo, non
sono mai ambientali o fisiche, ma l’incapacità di rispondere alle
istanze morali, etiche e religiose del popolo. Anche la sua frase
riportata, se letta con attenzione potrebbe risultare di grande
attualità per l’analisi del tramonto e degrado della civiltà
americana. Ma stavamo parlando di strade.
I diversi modelli di
organizzazione sociale, si realizzano tentando di far coesistere le
diverse velocità dei movimenti d’informazione perché un nuovo
mezzo che si inserisce, se è contemporaneamente disponibile e se
possiede una velocità omogenea, di fatto non crea problemi, ma la
saturazione di tutti questi mezzi porta, come tutti possiamo
constatare nella nostra società moderna, scompensi e e rotture
dovute a grandi discrepanze tra il movimento degli aerei e delle
auto, tra la posta e Internet, tra la società civile e
l’amministrazione pubblica, ecc. Se la velocità di tutti i mezzi
fosse uniforme non ci sarebbero conflitti gravi. Nell’antica Roma,
invece, a ridurre la discontinuità della comunicazione c’erano
soltanto l’alfabeto e le strade che la inviavano dal centro alla
periferia. Quando gli arabi si ripresero l’Egitto, il rifornimento
di papiro cessò e le strade rimasero inutilizzate e deserte come
potrebbero essere le nostre se mancasse la benzina. In questo modo
l’Impero Romano collassò e le strade divennero inutili facendo
risorgere le città-stato con il feudalesimo.
La strada è l’estensione
dello spazio sempre più omogeneo ed uniforme che permette
l'accelerazione della ruota e del messaggio. Fu la stampa a caratteri
mobili che impresse una maggiore accelerazione dal centro alla
periferia. Dopo l’elettricità e l’informatica non solo questa
velocità ha assunto un valore assoluto pari alla velocità della
luce, ma ha pure perso il suo carattere unidirezionale trasformandosi
in un movimento centripeto.
Dal lento movimento dal
centro alla periferia di una società specialistica e frammentata, ci
ritroviamo in un’implosione dove improvvisamente e spontaneamente i
frammenti meccanizzati si riorganizzano in un tutto organico. E’ il
Villaggio Globale.
Oggi che la massima parte
del trasporto consiste nello spostamento di informazioni si assiste
ad una saturazione e alla conseguente trasformazione dell’uso della
ruota e della strada. Se il villaggio e la città-stato avevano
contribuito al rapporto reciproco di dare-avere con la campagna, dopo
l’avvento dell’automobile e il capovolgimento dei ruoli, la
famosa “gita in campagna” ha visto la strada stessa trasformarsi
in campagna a cui è seguita l’autostrada come città, un continuo
ininterrotto di agglomerati urbani che ha dissolto la forma antica
della città stessa. Forma spazzata via dall’avvento dell’
aeroplano che usufruisce della ruota e della strada solo in
un’infinitesima parte del suo percorso negli aeroporti che a loro
volta si sono trasformati in città. Pensate che alcune compagnie
offrono viaggi in aereo a costo irrisorio purché l’atterraggio
avvenga in aeroporti periferici trasformati in piccole città dove
fare shopping.
Il principale impatto dei
media sulla società contemporanea sono l'accelerazione
dell’informazione e lo sconvolgimento sociale, la trasformazione
dalla soluzione di problemi fisici al superamento dei problemi etici
e morali. Se l'accelerazione tende a migliorare tutti i mezzi di
scambio e di associazione umana, la velocità accentua i problemi di
forma e di struttura e di conseguenza le persone che tentano di
adattare le vecchie forme fisiche al nuovo e più rapido movimento
scoprono un progressivo inaridimento dei valori della vita.
Ora che con la tecnologia
elettrica abbiamo esteso non solo i nostri organi ma persino il
nostro sistema nervoso, l’informazione che si sposta alla velocità
della luce ha reso obsoleti tutti i sistemi di accelerazione
meccanica quali la strada, la ferrovia, la ruota.
I vecchi sistemi di
adattamento psico-fisico e sociale non contano più nulla.
Siamo entrati nella fase
del campo totale della consapevolezza. Le nostre estensioni
elettriche hanno superato lo spazio ed il tempo e ci coinvolgono in
problemi di organizzazione mai affrontati prima.
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