Platone che tanto si
prodigò per la fondazione della scuola perfetta, non si rese conto
che essa già esisteva ed era la polis: Atene. Un popolo giovane che
stava strutturando tutti i meccanismi della città-stato si vide
invasa dalla massa di comunicazione che era il risultato delle
conquiste di Alessandro il Grande. L'informazione che derivava da
un'immensa estensione di territorio popoli, credenze, tecnologie,
alfabeti, veniva analizzata da un gruppo di intellettuali
sull'Agorà
– il mercato fuori dal Tempio – che li analizzava , li discuteva,
li adottava o li scartava e trasformava in materiale didattico tutto
lo scibile umano che solo in una seconda fase veniva messo per
iscritto. La parola che nei templi delle città conquistate era
scolpita nelle pietre, ad Atene, fuori dal Tempio, riprendeva la sua
forma eterea, fuggevole a volte, ma sempre protagonista delle
relazioni umane. Lo stesso teatro, che assumeva forme molto vicine al
rito religioso, serviva per porre interrogativi, etici, morali,
filosofici. La teologia, la cosmogonia, e l'interpretazione dei
fenomeni attribuiti a divinità superiori e da sempre relegati
all'interno dei templi con l'esclusiva competenza dei sacerdoti, ad
Atene usciva dai misteri del tempio e si trasformava in materia laica
di approfondimento e riflessione. Dalla teologia dei sacerdoti
erravamo arrivati alla riflessione dei filosofi.
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