lunedì 29 aprile 2019

COMUNICAZIONE - 1 - IL PRIMO

1 - IL PRIMO


Ho perso la documentazione, ma ricordo i racconti registrati dai sindacati inerenti i primi scioperi in Italia. Erano i tempi dell'abolizione del reato di sciopero e la legittimazione delle Camere del Lavoro e dei sindacalisti rivoluzionari di Arturo Labiola che con Filippo Turati del Partito Socialista Italiano erano riusciti a coagulare le forze operaie fino al famoso sciopero generale del 1904 indetto dalla Camera del Lavoro di Milano il 15 Settembre e protratto fino al 20 Settembre.
Erano tempi difficili per gli operai che rivendicavano migliori condizioni di lavoro. Gli antefatti sono noti: le sanguinose repressioni dei Fasci Siciliani da parte del governo Crispi del 1894, e Bava Beccaris a Milano che fronteggiò lo sciopero a colpi di cannone lasciando sul terreno 300 lavoratori nel 1898.
Nel 1899 era nata a Torino quella che sarebbe diventata la Fiat e i primi modelli in produzione costavano 5.000 lire e venivano venduti a 15.000 lire con notevole profitto della proprietà che però rifiutava un accordo per una riduzione degli orari di lavoro. Le lotte operaie riuscirono a organizzarsi in federazioni nazionali di categoria e a partecipare agli accordi col governo per la regolamentazione del lavoro e dei diritti dei lavoratori. Malgrado ciò, durante le varie manifestazioni di insofferenza alla mancata applicazione delle norme, le forze dell'ordine sparavano sulla folla lasciando sul terreno svariati morti, a Cerignola tre morti e quattordici feriti, a Buggerru l'esercito sparò sui minatori che chiedevano miglioramenti dell'orario di lavoro uccidendo quattro manifestanti e ferendone undici, a Castelluzzo in Sicilia i Carabinieri spararono sui contadini che protestavano per l'arresto di un dirigente di una cooperativa agricola, lasciando sul terreno due morti e dieci feriti.
Fu in questo contesto, con questa tensione sociale che capitò un fatto grave ed inaspettato: durante uno di questi scioperi, alcuni lavoratori riuscirono ad isolare un gruppuscolo di militari che li fronteggiavano e li pestò a sangue ruducendoli al peggio. Individuati e arrestati, subirono un processo di cui non ho che vaghe notizie riportate, senza alcuna documentazione. L'accusa era resistenza a pubblico ufficiale a cui si aggiungeva l'aggravante del numero di persone che avevano aggredito le forze dell'ordine e questa aggravante poteva portare ad un inasprimento della pena per i colpevoli.
A questo punto entra in scena Scipio Sighele (Brescia 24 giugno 1868 - Firenze 21 ottobre 1913)un giovane avvocato che aveva pubblicato nel 1891 La folla delinquente opera che gli darà la fama internazionale soprattutto in Francia.
Era nato a Brescia nel 1868, Dopo il liceo studiò con Guglielmo Ferrero e Adolfo Zerboglio (seguaci del criminologo Cesare Lombroso) e si laureò in Giurisprudenza a Roma nel 1890 con Enrico Ferri. Raggiunse la notorietà con l'opera La folla delinquente (1891), tradotta immediatamente in lingua francese e poi diffusa come best seller in tutto il mondo. Davanti al giudice Sighele analizzò i meccanismi interni alla folla, volendo dimostrare come nelle tendenze del collettivo sussistessero attitudini fondamentalmente criminose e poco razionali, sottolineò inoltre come l'essere umano, inserito in un contesto di folla, perda il suo autocontrollo razionale lasciando entrare in gioco la sua natura atavicamente crudele e i suoi istinti primordiali e criminali. Gli operai vennero assolti e il processo ebbe tAnto clamore che balzò il giovane avvocato e studioso della moderna sociologia delle masse in un contesto internazionale.

SCIPIO SIGHELE
LA FOLLA DELINQUENTE

INTRODUZIONE.
La sociologia e la psicologia collettiva.
« Nei fatti psicologici, la riunione degli
individui non dà mai un risultato eguale
alla somma di ciascuno di loro ».

La società attuale è la stratificazione delle varie fasi di aggregazione
« Riunendo questi fatti e cercando di dedurne una verità generale,
noi vediamo che — i caratteri dell'aggregato sono determinati
dai caratteri delle unità che lo compongono. Dire che le proprietà delle parti determinano le proprietà del utto, è infatti enunciare una verità che può applicarsi alla società umana come a tutto il resto

dodici uomini di buon
senso e intelligenti possono emanare un verdetto stupido e assurdo.
Una riunione di individui può dunque dare un risultato opposto a
quello che avrebbe dato ciascuno di loro.
L'identico fenomeno si verifica in seno a quelle moltissime commissioni
— artistiche, scientifiche o industriali — che sono una
delle piaghe più dolorose del nostro ordinamento amministrativo.
Accade di frequente che le loro decisioni sorprendano e sbalordiscano
il pubblico per la loro stranezza. Come mai si dice — uomini
come quelli che facevan parte della commissione poterono giungere
ad una conclusione simile ? Come mai dieci o venti artisti, dieci o
venti scienziati — riuniti insieme — danno un verdetto che non è
conforme nè ai principii dell'arte, nè a quelli della scienza?
Il perchè finora — non è stato detto da alcuno, ma il fatto
fu osservato e notato da tutti
E non solo'! giurì e le commissioni, ma anche le assemblee politiche
compiono talvolta degli atti che sono in aperto ed assoluto

contrasto colle opinioni e colle tendenze individuali della maggior
parte dei loro membri. Un'antica sentenza dice: senatores boni viri,
senatus autem mala bestia, e il popolo oggi ripete e conferma questa
osservazione, quando, a proposito di certi gruppi sociali, afferma che,
presi gli individui uno per uno son galantuomini, messi insieme
sono birbanti (1).
Se noi poi vogliamo salire da queste riunioni, in cui v'è almeno
un certo criterio nella scelta degli individui, ad altre riunioni, determinate
dal puro caso, quali sarebbero, ad esempio, gli uditori in
un comizio, gli spettatori in un teatro, il popolo negli assembramenti
improvvisi delle piazze e delle vie pubbliche, — noi vediamo
che il fenomeno che ci occupa ha nuove e più luminose conferme.
Questi agglomeri d'uomini non riproducono certamente — ed ognuno
lo sa ed è inutile dimostrarlo — la psicologia dei singoli individui
che li compongono.
Non v'è quindi dubbio che assai spesso il risultato complessivo
dato da una riunione di uomini può essere ben diverso da quello
che a rigore di logica astratta dovrebbe risultare dalla semplice
somma di ciascuno di loro ; non v'è dubbio cioè che molte volte è
in gran parte smentito il principio Spenceriano « che i caratteri
dell'aggregato sono determinati dai caratteri delle unità che lo
compongono ».
Enrico Ferri aveva sentita questa verità quando scriveva : « La
riunione di persone genericamente capaci non è sempre arra sicura
della capacità complessiva e definitiva; dalla aggregazione di individui
di buon senso si può avere un'assemblea che non lo sia, come
nella chimica, dalla aggregazione di due gaz si può avere un corpo
liquido » (2). Ed è perciò ch'egli avea notato come fra la psicologia
che studia l'individuo e la sociologia che studia una società intera,
vi sia posto per un altro ramo di scienza che si potrebbe chiamare psicologia collettiva, la quale dovrebbe occuparsi appunto di quegli
aggruppamenti di individui quali i giurì, le assemblee, i comizi,
i teatri, ecc. — che nelle loro manifestazioni si allontanano così dalle leggi della psicologia individuale come da quelle della sociologia

Una riunione cosmopolita non può evidentemente — rispecchiare
nel suo insieme i vari caratteri degli individui che la compongono,
con quella relativa esattezza con cui una riunione di soli
italiani o di soli tedeschi riflette, nel suo insieme, i caratteri specifici
di questi italiani o di questi tedeschi. E così dicasi di un giurì
in cui la sorte cieca ha posto vicino a uno scienziato un droghiere,
— al confronto di un collegio di periti; così dicasi di un teatro, in
cui vi sono individui d'ogni condizione e d'ogni coltura; così dicasi
di tutte le riunioni multiformi di uomini, al confronto di quelle
composte da un'unica classe, da un unico ceto di persone. L'eterogeneità
degli elementi psicologici (idee, interessi, gusti, abitudini),
rende impossibile nell'un caso quella rispondenza fra i caratteri dell'aggregato
e i caratteri delle unità, che l'omogeneità degli stessi
elementi psicologici rende invece possibile nell'altro.
Nè — a stabilire un'analogia fra i caratteri dell'aggregato e quelli
delle unità - basta che le unità siano molto simili fra loro: esse
devono altresì essere fra loro legate da un rapporto permanente ed
organico.
Lo Spencer, nell'esempio riprodotto al principio di questo studio,
notava — come prova che le qualità del tutto sono determinate
dalle qualità delle parti che lo compongono — che con dei quadrelli
duri, ben cotti e rettangolari si può costrurre, anche senza calce, un
muro di una discreta altezza, — mentre ciò è impossibile a farsi
con delle pietre di forma irregolare. Ma ognuno vede che la possibilità
della costruzione del muro nel primo caso, non dipende mica
soltanto dal fatto che si adoperino quadrelli eguali anziché sassi
informi, — dipende anche, e sopratutto, dal fatto che quei quadrelli
siano posti l'uno vicino all'altro e l'uno sopra l'altro con una data
norma, siano cioè uniti stabilmente fra loro. Egli è ovvio, infatti,
che se io ammucchiassi gli stessi quadrelli senz'ordine, alla rinfusa,
l'aggregato che ne risulterebbe differirebbe ben poco o quasi nulla
da quello che potrei ottenere ammucchiando delle pietre di varia
forma, e di diversa grandezza.

Trasportiamo quest'osservazione nel campo sociologico, e ne trarremo
la conclusione che gli aggruppamenti avventizi e inorganici /
di individui — come quelli che si hanno in un giurì, in un teatro,
in una folla — non possono riprodurre nelle loro manifestazioni i
caratteri delle unità che li compongono, — come l'agglomero confuso
e disordinato di una quantità di quadrelli non può riprodurre
la forma rettangolare del quadrello. Nello stesso modo che in que- '
st'ultimo caso, per aversi un muro, occorre Vunione stabile e la disposizione
regolare di tutti i quadrelli — così nel primo caso, per
aversi un aggregato che riassuma le qualità degli individui di cui
è composto, occorre che questi individui siano legati fra loro da
rapporti permanenti ed organici, quali si hanno, ad esempio, fra
gli individui che compongono una famiglia o una data classe sociale
Non dunque la omogeneità sola, fra le unità, ma anche la loro
unione organica è necessaria, — perchè l'aggregato ch'esse formano
riproduca i loro caratteri.




La folla criminale e la responsabilità individuale


Carlo Maria Zampi·




Riassunto

Negli ultimi anni del XIX secolo la preoccupazione della borghesia per la progressiva diffusione delle idee socialiste e la crescita esponenziale delle agitazioni di massa delle classi popolari stimolarono la riflessione sulle cause dei frequenti epiloghi violenti dei tumulti ed indussero autori come Gustave Le Bon e Scipio Sighele ad ipotizzare l’emergere di un’“anima della folla” superiore e cogente che si s ovrappone alla volontà individuale e si nutre degli impulsi primordiali ed aggressivi dell’uomo.

Questa impostazione è stata in seguito superata dalla psicologia sociale, ma ha continuato ad influenzare la giurisprudenza di legittimità italiana che, sino al le più recenti decisioni, ha tralaticiamente richiamato il motivo della “fermentazione psicologica per contagio che si spri giona dalla folla”.






1. La folla.

1.1. Introduzione.

A cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo l’interesse per le masse cresce progressivamente: la rivoluzione francese aveva dimostrato l’importanza e la capacità della moltitudine, i moti del 1848 ne avevano ribadito la forza, la diffusione delle idee marxiste e il progressivo sviluppo dei partiti socialisti....

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