sabato 16 dicembre 2017

NET NEUTRALITY

Chip Somodevilla via Getty Images 
 
Una dichiarazione di guerra quella che Trump ha lanciato a tutto il mondo della rete. La rottura della net neutrality, con il ripristino dei pedaggi ai caselli sulle autostrade dell'informazione, decisa dalla Fcc riporta indietro di 30 anni le lancette dell'innovazione. Rimette soprattutto al centro del mercato le grandi multiutility dei condotti, le vituperate Telecom che riprendono in mano il bandolo della matassa. Non solo le tradizionali utility dei cavi come AT&T, Verizon, in europea France Telecom e Deutch Telekom, in Italia Telecom Italia e Fasteweb ma anche le nuove aziende dei servizi a rete, come per esempio nel nostro paese Enel e le multiutility metropolitane, entreranno nel gioco sbizzarrendosi con le formule di marketing e le offerte commerciali. Questo inevitabilmente trasformerà la rete in un multipiano, in cui ai primi livelli, quelli più accessibili ci saranno i market place delle aziende di servizio, appunto le Telecom e affini, poi le offerte commerciali di imprese che pagano i pedaggi, infine, ai piani più lontani il flusso dei contenuti sociali.
È un ribaltamento cartesiano, una capriola all'indietro, che uccide qualsiasi nuova opportunità per individui e start up che vogliano affacciarsi sul mondo.
Cosa faranno i grandi brand di Internet? Come si muoveranno gli Ott? Accetteranno la battaglia e impegneranno i loro capitali per una grande guerra legale che imbrigli le ambizioni restauratrici della Casa Biasnca, giocando a rendere la rete una scacchiera, con zone franche che accerchino e marginalizzino quelle commerciali? Oppure, come sempbra, si acconceranno a ricavare il massimo dalla loro rendita di posizione, limitandosi a gestire la collocazione strategica e la potenza tecnologica accumulata, godendo della limitazione per i nuovi incumbent che riduce la loro concorrenza e la necessità di mantenere alta la linea dell'innovazione proprio per battere ogni velleità dei nuovi entranti?
Google, Facebook, Amazon a questo punto non possono più nascondersi dietro la retorica del "don't be devil", devono dichiarare da che parte staranno: con la rendita o con l'innovazione?
Così in Europa la politica e le istituzioni. Questa è una grande occasione per rimettere in moto un modello europeo della rete: nuovi servizi, nuove culture, nuova libertà, strappando all'altra sponda dell'Atlantico quella bandiera di libertarismo competitivo che aveva conquistato i cuori prima delle menti dei giovani innovatori.
L'Uw ora deve battere un colpo, e aprire la battaglia delle idee per creare uno spazio pubblico e innovativo nel cuore di Internet: sia l'Europa ad assediare il centro del mercato americano, e convogli nelle zone libere creatività e imprenditorialità. E sia l'Italia il paese che prema in questa direzione. Nella prossima campagna elettorale sarebbe importante che i partiti si qualifichino anche rispetto a questa prospettiva: quale strategia per la rete? Quale politica industriale e culturale per il mondo digitale? Quale bussola deve avere un paese che per la sua vocazione turistica e artigianale deve rivendicare la massima libertà di accesso e di autonomia strategica. Chi sarà il partito della libertà in rete? Chi vorrà declinare algoritmi e provider per costruire oggi una nuova mappa di sviluppo autonomo su una rete che sembrava solo degli altri? Come sempre la storia ricomincia proprio dove sembra finire.


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