domenica 17 dicembre 2017

"E' vero, i social possono far male". Prima (parziale) ammissione di Facebook

"E' vero, i social possono far male". Prima (parziale) ammissione di Facebook
Due ricercatori di Zuckerberg, David Ginsberg e Moira Burke, contestano le critiche recenti. Ma riconoscono che "un uso passivo è pericoloso". Il rimedio? "Interagire di più attraverso il network"
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ROMA - Non è un’ammissione, ma in qualche modo le somiglia. In un lungo articolo firmato da  David Ginsberg e Moira Burke, entrambi ricercatori di Facebook, si affronta il tema dell'effetto negativo che potrebbe avere sulle persone il social network più frequentato al mondo. Le voci critiche ultimamente si sono moltiplicate e l’azienda ha deciso di rispondere. Nell’era dominata degli smartphone, dove Facebook regna, l’accusa e che si rischia l'isolamento e una vita senza più alcun vero confronto. “Connessi ma soli” scrisse la psicologa Sherry Turkle nel 2012, quando nelle librerie uscì il suo Alone Together: Why We Expect More from Technology and Less from Each Other.
Una posizione tornata di moda da quando gli attacchi hanno cominciato ad arrivare anche da figure che all’interno della multinazionale di Mark Zuckerberg rivestono o rivestivano cariche importanti. Chamath Palihapitiya, assunto nel 2007 e diventato vice presidente, pochi giorni fa ha parlato di “strumenti che stanno distruggendo il tessuto sociale della società”. Salvo poi fare parziale retromarcia. E prima di lui Sean Parker, fondatore di Napster ed ex presidente del social network di Zuckerberg, aveva sostenuto che Facebook sfrutta le fragilità psicologiche delle persone. L’apocalittico Antonio Garcia-Martinez, anche lui ex manager di Facebook e autore di un saggio sorprendente intitolato Chaos Monkeys, ha più volte ripetuto che l'azienda mente sulla sua reale abilità di influenzare le persone.

David Ginsberg e Moira Burke alcune di queste tesi le espongono e ne espongono altre, quelle del sociologo Claude Fischer ad esempio, che sottolineano invece i benefici che la tecnologia ha portato. In estrema sintesi i due ricercatori spiegano che il problema sta nel consumo passivo e snocciolano tutte le funzioni che la compagnia ha aggiunto nel tempo per arginare la tendenza all'isolamento riscontrata in certi casi. “Stiamo lavorando per rendere Facebook un mezzo per interagire e meno un luogo dove passare il tempo”, dicono. E ancora: “Di recente abbiamo investito un milione di dollari per capire meglio la relazione fra media tecnologici, crescita dei giovani e benessere”. Perché alla fine, concludono, tutto dipende da come la tecnologia viene usata. Quindi dipende dalle persone e non da Facebook.
"E' vero, i social possono far male". Prima (parziale) ammissione di Facebook
Mark Zuckerberg, a capo di Facebook
Difficile che basti a chetare le acque. Come notano sul New York Times, dalle elezioni presidenziali di fine 2016 si è rotto qualcosa: l'immagine di Zuckerberg e compagni non è più quella di un tempo. Il ruolo giocato dal social network come mezzo di propaganda prima, avendo collaborato attivamente con il team digitale di Brad Parscale al servizio di Donald Trump, l’essere sotto accusa per l’elusione delle tasse poi e ora la sua presunta pericolosità che spingerebbe all’isolamento, sono i segni di un anno difficile. E l’articolo di David Ginsberg e Moira Burke dimostra che a Facebook lo sanno bene. 

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