stavamo parlando di
saturazione.
E’ piuttosto antico il
principio secondo il quale ogni nuova invenzione nella prima fase del
suo sviluppo appare in forma ed in funzione diversa se non
addirittura opposta a quella che finirà per assumere
definitivamente. Accelerando la velocità dalla forma meccanica a
quella istantanea, l’elettricità capovolge ogni espansione in
implosione.
E’ significativo che la
società moderna, le istituzioni, gli ordinamenti sociali politici ed
economici si muovano fondamentalmente nell’unica direzione dello
“sviluppo” cioè dell’espansione, mentre appare evidente che ci
troviamo dinanzi ad un'accelerazione talmente insostenibile da
esigere decisioni atte a regolamentare l’implosione.
Ragioniamo ancora in
termini di “espansione” economica, demografica, culturale mentre
il problema non è la sovrappopolazione, ma il modo di convivenza;
nell’organizzazione scolastica a causare problemi non è tanto il
numero crescente di giovani che vogliono imparare, ma il fatto che le
singole materie siano ormai tutte correlate tra di loro, che il corpo
insegnante apprende tutto il suo sapere nei soli primi anni di vita e
poi vive di rendita culturale, che l’elettricità ha dissolto le
autorità settoriali allo stesso modo con cui ha fatto sparire le
sovranità nazionali. Gli antichi schemi di espansione meccanica dal
centro alla periferia non hanno più ragione d’esistere, perché
ognuno di noi ormai è un centro indipendente collegato ad altri
centri.
Nasce così l’apparente
paradosso dell’uomo preistorico che andava a lavorare al sorgere
del sole e tornava al tramonto. Sono passati millenni di invenzioni
tecnologiche atte a risparmiare tempo, e ci ritroviamo con la nostra
società dove le persone continuano ad andare a lavorare dall’alba
al tramonto. E dove sarebbe quindi il progresso? Sta proprio nel
fatto che tutti i congegni fornitici dalla tecnologia per
“risparmiare tempo” in realtà servono solo per “risparmiare
fatica” perché il tempo viene da noi usato per altre attività. I
compiti che nell’Ottocento si relegavano ai servi, oggi ce li
sbrighiamo da soli – non certo risparmiando tempo – con gli
elettrodomestici.
La divisibilità di ogni
processo, che ha dato origine alla macchina e alla catena di
montaggio, si è talmente suturato dal capovolgersi nell’era
elettrica dell’automazione estendendosi alla teoria del campo
unificato con l’organico intrecciarsi di tutte le funzioni nel
medesimo tempo.
La stessa strada, che
nell’Impero Romano consentì l'accelerazione dei messaggi e delle
merci, nelle nostre città ha raggiunto un livello tale di
saturazione da aver capovolto alcune sue funzioni, con autostrade che
hanno assunto un carattere urbano continuo, e città che per superare
la crisi del traffico hanno adottato tangenziali e raccordi che per
consentire una relativa velocità si sono strutturati come autostrade
e come conseguenza diretta, la campagna non è più il centro del
lavoro e la città ha perso le caratteristiche di centro di svago.
Nel mondo antico la saturazione mediatica dovuta all’avvento delle
strade e del denaro, aveva capovolto la condizione tribale dell’uomo.
Infatti il paradosso sta nel fatto che una società tribale e nomade,
con il suo muoversi per procacciarsi il cibo, è una società
statica, mentre la cultura dell’uomo divenuto sedentario, ha reso
la sua società mobile, dinamica, aggressiva.
Un altro punto della
saturazione si verifica quando tra le componenti che più
frequentemente conducono allo stallo e al capovolgimento del sistema,
si verificano reciproche contaminazioni o fertilizzazioni dei media.
Oggi per esempio con la memoria dei nostri computer, la parola
stampata ha assunto il carattere artigianale da sempre appartenente
al manoscritto. La stampa coi caratteri mobili era stata il più
imponente limite di rottura nei confronti dell’alfabetismo
fonetico, mentre l’alfabeto a suo tempo aveva rappresentato il
limite di saturazione e rottura tra l’uomo tribale e l’individuo.
I loro idoli sono d’oro
e d’argento, opera di mani umane
Hanno bocche ma non
parlano, orecchie ma non ascoltano,
Hanno occhi ma non
vedono, hanno nasi ma non odorano
Hanno mani ma non
toccano, hanno piedi ma non camminano,
E neppure parlano con
la loro voce.
Coloro che li
fabbricano saranno simili a loro,
Così come coloro che
in essi confidano.
(Salmo 115)
La contemplazione di
idoli, cioè l’uso della tecnologia, conforma gli uomini ad essi.
“Ed essi
diventarono quello che avevano contemplato” scrive il poeta Blake
nel suo poema Jerusalem dove prosegue: “Se cambiano gli organi di
percezione, sembrano variare anche gli oggetti della percezione. Se
gli organi della percezione si chiudono, anche gli oggetti si
chiudono” vuol significare che per ricevere, percepire o utilizzare
qualsiasi estensione di noi stessi nella forma tecnologica che
abbiamo applicato, è necessario fruirne. Ascoltare la radio, leggere
il giornale, guardare la televisione significa accogliere nel nostro
sistema nervoso la percezione delle nostre stesse estensioni
provocando quello “spostamento”, quella “chiusura” che
automaticamente ne consegue. Il flusso continuo della ricezione di
tutte le nostre tecnologie nell’uso quotidiano ci fa adagiare anche
inconsciamente nella posizione subliminale di coloro che sebbene
narcotizzati, trovano meccanismi automatici di difesa per
sopravvivere, uno dei quali è quello di porsi come servomeccanismi
di dette tecnologie. In pratica, per poterne usufruire, occorre
mettersi al servizio delle macchine.
Il pellerossa era il
servomeccanismo della sua canoa così come il ferroviere lo è del
treno. Si instaura un rapporto per il quale l’uomo è perpetuamente
modificato dalla macchina che a sua volta trova sempre nuovi metodi
per modificarla. Si potrebbe dire che l’uomo diventa l’organo
sessuale della macchina, così come lo è l’ape per il mondo
vegetale, che permette il processo fecondativo e l’evoluzione in
nuove forme.
(Una delle scoperte più
clamorose della ricerca motivazionale degli anni sessanta fu il
rivelare il rapporto sessuale esistente tra l’uomo moderno e la sua
automobile.)