martedì 15 aprile 2014

A che servono gli Intellettuali

A che servono gli Intellettuali oggi?
Non c’è alcuna provocazione in questa domanda, ma solo un tassello per capire in che modo si collocano i nuovi barbari in questa società.
Cominciamo, come sempre dal McLuhan: la velocità elettrica e di conseguenza il computer e Internet, hanno fatto scomparire l’autorità scolastica (nel senso di docente-emittente allievo-ricevente) così come stanno dissolvendosi le sovranità nazionali. Gli antichi schemi di espansione meccanica dal centro alla periferia hanno perso in parte la loro potenza. Alla rete ferroviaria si è sostituita la rete elettrica e ai gangli che attorno alle stazioni coagulavano nuovi centri di distribuzione delle merci, si sono sovrapposti “server” che distribuiscono pacchetti d’informazione in modo che ognuno sia il centro del proprio universo.
Questo capovolgimento era già presente nei congegni elettrici, come l’aspirapolvere o la lavatrice messi sul mercato affinché il lavoro della servitù venisse fatto da ciascuno di noi. Ed ognuno (compresa la servitù), liberato da questi lavori divenisse un consumatore di congegni “che facevano risparmiare tempo”. Ma questo concetto non è esatto. Agli albori della civiltà l’uomo dedicandosi all’agricoltura, si alzava col levarsi del sole e lavorava un giorno intero e si ritirava al tramonto con la consapevolezza di poter mantenere la sua famiglia. Oggi, dopo secoli di civilizzazione, e di macchine-protesi per diminuire la fatica e accorciare i tempi di produzione, l’uomo moderno si alza sempre all’alba e torna a casa al tramonto. Sembrerebbe non averci guadagnato nulla e invece, ha risparmiato tempo PER POTERSI DEDICARE AD ALTRO (compresi altri lavori).

Il procedimento meccanico di dividere ogni processo però, ultimamente si è capovolto trasformandosi in un campo di processi unificati con l’organico intrecciarsi di tutte le funzioni che fanno parte del complesso.
E siamo arrivati agli intellettuali.
Nel suo saggio: il tradimento dei chierici di Julien Benda (chissà se riuscite a trovarlo ancora in libreria) non solo l’autore chiarisce in che modo l’intellettuale tiene in mano le redini di ogni società, ma sottolinea come per esempio gli intellettuali relegati all’opposizione ai tempi di Voltaire, siano poi stati via via cooptati dal potere che li ha usati fino ai nostri giorni.
Ma l’analisi potrebbe andare ancora più indietro, alle Diarchie, cioè al potere diviso tra il Re e il Sacerdote dove quest’ultimo deteneva il sapere di tutta la scienza disponibile e della cosmogonia (ad uso del popolo) che faceva scrivere sulle pietre del Tempio dove la parola divina poteva essere letta con l’aiuto dei sacerdoti, esempio di scrittura che sfidava il tempo da contrapporsi a quella su papiro che grazie alle strade dell’Impero Romano contraevano lo spazio e acceleravano lo spostamento delle merci e della comunicazione. Ai greci che venivano catturati dai romani e che sapevano leggere, veniva loro risparmiata la vita e in segno distintivo veniva loro imposto un orecchino (in greco: skoulikki) di conseguenza l’edificio dove vivevano e studiavano si chiamava Skolìa, da cui deriva scuola e scolari. Furono questi schiavi greci i primi intellettuali che a servizio dei loro padroni, li “civilizzarono” intellettualmente capovolgendo di fatto il dominio, fino ad inoculare il concetto che distrusse l’Impero Romano: il Cristianesimo…

Lo stesso fenomeno si trova nel Quarto Secolo dell’Era Cristiana quando i Germani al servizio dei Romani cominciarono ad andare fieri dei loro nomi e dei loro usi tribali fino a farne sfoggio. Anche qui si potrebbe osservare come un ulteriore capovolgimento si ebbe quando alla Corte id Luigi XIV fiorissero manifestazioni piene di pastori e pastorelle fatte di crini e macranè…
Allo stesso modo gli Americani, affermarono la loro identità riempiendo i loro musei dei fanali delle loro carrozze, bottiglie di birra perse nella Valle della Morte (ne ho vista una) coperte patch-work dei primi pionieri e chiodi delle miniere d’oro.
Chi non ricorda Black Power e quei due atleti di colore che con il pugno alzato rivendicavano la loro identità afro-americana?

Bene, ma cosa sta succedendo oggi?
Qui mi avventuro in considerazioni soggettive, osservazioni che hanno solo l’apporto della mia esperienza: gli intellettuali (quelli veri) se ne vanno dal potere e tornano nelle periferie. La cosiddetta Sinistra italiana, che aveva rivendicato nel Dopoguerra la matrice intellettuale di TUTTI gli italiani ha visto esaurire la funzione formativa dei Grandi Vecchi ed è stata tradita dalla nuova generazione che ne aveva perso la matrice. La Destra arrivata al potere ha scoperto un entroterra esiguo che ha tentato di riempire con nuovi miti e personaggi di lieve spessore.
Questo deserto delle anime è stato via via occupato dal Web dove l’intellighenzia si è frantumata in mille rivoli, migliaia di microcosmi, di Forum, di luoghi virtuali di discussione da cui oggi attingono le vecchie strutture dell’informazione, spacciandole per proprie.









L'INVASIONE DEI BARBARI


Ebbene sì, sto parlando di invasioni barbariche. È un argomento al cui cuore ci stiamo avvicinando volando a spirale come il Condor, dal meraviglioso film canadese premiato come miglior film straniero agli Oscar 2002, giù giù passando dai Barbari di Baricco fino ai miagolii della parte più esangue della sinistra italiana (intendo Fazio, Zucconi Gargantuà con l’accento rigorosamente sulla A, e la piccola Bignardi che ci ha pure dato il titolo di una sua pregiatissima trasmissione). Avrete certamente letto la polemica nata dall’inarrivabile Uto Ughi schifato da Schifani (che bel gioco di parole!) il quale ha osato dissacrare il Sacro Suolo del Senato invitando per il concerto di Natale nientemeno che il giovane Allevi! Il quale benche’ baciato dal favore del pubblico rappresenterebbe (secondo il divino Ughi) una caduta di stile, un imbarbarimento del concetto di musica classica che ci coinvolgerebbe tutti.
Risponde l’Allevi e dice le sue ragioni. Ecco, partiamo da qui, non certo per schierarci con questo o con quello ma per capire cosa sta succedendo intorno alla comunicazione e intorno a noi.

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Nel 2006 apparve su La Repubblica una nuova rubrica di Baricco: I BARBARI, appunto, dove l’autore si riprometteva di scrivere in una ventina di interventi la cronaca di una mutazione in corso, e invitava i suoi lettori ad intervenire con le loro osservazioni. Gli articoli uscirono per sei mesi, mentre lui si muoveva da un luogo all'altro, finché l’ultima puntata la scrisse dalla Muraglia cinese, (e questo aveva un senso). Raccolse quindi gli articoli e le riflessioni e ne fece un libro che andò a presentare in televisione. In seguito, da una parte di esso, ne ricavò un film.

Fate bene attenzione a tutto questo perché esso rappresenta il modo barbaro di scrivere un libro il quale non è più esplorare in profondità, come discendere in un crepaccio per visionare l’intero mondo descritto nel testo, ma è diventato il segmento di una traccia, di un percorso che inizia su un altro mezzo di comunicazione e va a finire su di un altro ancora.
Surfing” lo chiamano gli inglesi e noi lo abbiamo malamente tradotto in “navigare” ma non è lo stesso, perché il surfing – quello che si fa raccogliendo notizie su Internet, per esempio – è ciò che raccogliamo in velocità scivolando sulla superficie e da essa traendone nuova energia per avanzare in velocità.
È come andare in bicicletta dove il movimento permette non solo di rimanere in equilibrio, ma in una strada in discesa addirittura di caricarci dell’energia necessaria per andare avanti senza pedalare.







Questo post sul mio blog generò una serie di mail:(Avete notato quanti neologismi barbarici, solo sulla riga qui sopra?)

Il timore di essere sopraffatti e distrutti da orde barbariche è vecchio come la storia della civiltà. Immagini di desertificazione, di giardini saccheggiati da nomadi, e di palazzi in sfacelo in cui pascolano greggi, sono ricorrenti nella letteratura della decadenza, dall’antichità fino ai giorni nostri.”

http://www.ladestra.info/?p=16451
Martedì 22 gennaio prossimo venturo, l’Italietta ufficiale festeggia l’ invasione dei barbari che, sbarcando ad Anzio, contribuì al progetto anglo-americano di liberare l’Italia mafiosa dalle galere, delegando a questa, in subordine, il potere conquistato. Da allora l’Italia schiava celebra questa ricorrenza venerando le tombe dei caduti inglesi, americani, marocchini, indiani, kenioti, senegalesi, e simil lordura. Non saranno venerate le migliaia di vittime della menzionata liberazione, inutili capri sacrificali, che morirono sotto le bombe o vittime di assassini premeditati, di stupri, violenze e ruberie da parte dei liberatori. Per tanto, a cura delle Associazioni d’Arma, tutti gli Italiani veri sono convocati per MARTEDI 22 GENNAIO P.V. ore 10 e 30 min AL CAMPO DELLA MEMORIA IN NETTUNO per celebrare, in fraternità e continuità di spiriti e di intenti, la difesa di Roma e della Civiltà Cristiana ed Europea da parte dei reparti della Repubblica Sociale Italiana. Saranno ricordati e venerati i Caduti della Xa MAS, della Aviazione Nazionale Repubblicana, del Folgore e del Nembo e degli altri reparti che caddero combattendo eroicamente sul fronte di Anzio e Nettuno per la difesa di Roma e l’Onore d’Italia.


IL CHIANTI E LA LIGURIA
Sono un appassionato di turismo e dopo aver trattato lo sciacallaggio delle coste tirreniche calabresi della fine degli anni '70 ad opera di costruttori poco trasparenti e governi locali compiacenti, sto studiando lo sciacallaggio in atto verso la campagna del Chianti ad opera dei buongustai americani che stanno creando uno stereotipo anche lì dove si era rimasti fuori dagli stereotipi per secoli. Attenzione l'imbarbarimento sta salendo fino a Como/Bellagio... George Cloney docet.
Vogliamo parlare invece dell'imbarbarimento delle coste liguri ad opera dei "barbari milanesi" che cercano uno sbocco sul mare come nel risiko? Dopo aver rovinato l'Adriatico e la Liguria, sembra che adesso siano ben diretti verso la Sicilia (Pantelleria in primis).
Ecco, l'imbarbarimento del turismo potrebbe essere un buono spunto di riflessione, resto a disposizione.
Non ho parole.
Pi. M.
.......








TUTTA COLPA (O MERITO) DEL WEB
Siamo arrivati al cuore del problema, secondo me: internet, Google. Hanno veramente dato vita a un nuovo modo di intendere la cultura, che ha penalizzato il ruolo del libro, lo ha ridimensionato nel suo valore totemico. Ma intendiamoci il libro rimane e rimarrà per alcuni usi insostituibile. Come dice Baricco, anche l'invenzione della scrittura o della stampa, hanno a loro volta prodotto discontinuità importanti: per esempio non abbiamo più aedi, rapsodi e cantastorie in grado di recitare l'Iliade a memoria, ma non per questo abbiamo avuto meno cultura o una cultura meno profonda e raffinata. Riconosciamo ai barbari i loro meriti: il web ha dato a tutti la possibilità di produrre cultura e informazione. E questo è grande. Chiunque abbia qualcosa da dire: con parole, immagini, suoni può facilmente comunicarlo al mondo. Può cercare un pubblico per la propria creatività e a livello planetario!

Citazione:
Eleganza, purezza e misura, che erano i principi della nostra arte, si sono gradualmente arresi al nuovo stile frivolo ed affettato che questi tempi dal talento superficiale hanno adottato. Cervelli che per educazione o abitudine non riescono a pensare qualcosa d’altro che i vestiti, la moda, il pettegolezzo, la lettura di romanzi e la dissipazione morale, fanno fatica a provare i piaceri più elaborati e meno febbrili della scienza e dell’arte. Beethoven scrive per quei cervelli e in questo pare che abbia un certo successo, se devo credere agli elogi che da ogni parte sento fiorire per questo suo ultimo lavoro…”
( The Quarterly Musical Magazibne and Review come critica alla Nona Sinfonia)

Notare che nel criticare quella che diventerà la colonna del Romanticismo, questo insigne critico accomuna i nuovi barbari che ascoltano questa deprecabile musica, ai lettori di romanzi!!
Incredibile.
E pensare che oggi riteniamo nuovi barbari, coloro che NON leggono romanzi…
Come cambia il comune senso del…, no?

Insomma, continuiamo.           







I saccheggi.

Arrivano da tutte le parti i barbari, e noi notiamo continui saccheggi, vediamo villaggi e roccaforti crollare ma non riusciamo ad intendere il tessuto che tiene insieme il disegno collettivo. Baricco lo fa in una sorta di visione dall’alto, privilegiando l’osservazione di alcuni fenomeni che secondo lui sono indicativi per comprendere il fenomeno nella sua interezza.
Il vino, per esempio, lo facevano esclusivamente francesi ed italiani. Si andava dal vinello che tutti bevevano a tavola fino a vere e proprie forme d’arte che erano i vini pregiati. Nel resto del mondo si bevevo altro: birra, super alcolici e cose così, ma il vino era patrimonio di questi due popoli. Poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale i barbari, tornarono a casa loro portandosi il piacere di bere vino e la tentazione di produrlo.
Cominciarono in California ma il loro target era il mercato interno con gli americani che di vino ne capivano ben poco, e così si pensò di adattarlo affiancandolo al marketing ed ottennero un prodotto semplice, facile al gusto e spettacolare.
Il vino Hollywoodiano.
Essendo l’America la capitale dell’Impero, non fu difficile convogliare la comunicazione attraverso film o serie televisive dove i protagonisti bevevano vino, ed avendo una distribuzione capillare di prodotti americani, come si conviene alla capitale di un impero, in breve tempo ottennero che il vino americano si diffuse nel mondo tanto che oggi vende molto più del vino francese ed italiano messi insieme. Non solo, ma queste due nazioni europee non solo hanno cominciato ad assorbire quote di mercato di vino americano, ma hanno cominciato a produrlo!
Se vai da uno di questi nobili vignaioli, uno che chissà da quante generazioni i suoi avi facevano il vino in cima a quella collina, uno plasmato e convinto dalla sacra arte di vinificare e gli chiedi cosa ne pensa del vino hollywoodiano, magari uno di quelli che ha cominciato a produrre pure lui, ti dirà che vabbè, si tratta di prodotti commerciali per non intenditori, gente che non ha mai avuto la cultura del vino. Barbari, insomma.
Come chiedere a Schumacher un giudizio sui go-kart o chiedere a Proust una valutazione di Faletti o quel che è peggio, chiedere ad Uto Ughi perché Giovanni Allevi secondo lui non sarebbe degno di suonare il concerto di Natale al Senato.


Il dotto Petrarca (secondo l´arguta ricostruzione di Alberto Asor Rosa), deprecava la diffusione della Commedia fra il popolino di Firenze, cioè fra i «tintori», gli «osti», i «lanaioli»: deprecava cioè il successo di massa contro il successo di critica.


I Barbari e la comunicazione

Ripetiamo alcuni punti della nostra riflessione perché non fanno mai male. Innanzi tutto le invenzioni tecnologiche sono protesi delle nostre capacità, la gru delle braccia, la ruota dei piedi, le armi del pugno e dei denti, eccetera. I media sono estensioni dei nostri sensi e vanno intesi come protesi fuorché il computer e Internet che essendo estensioni del nostro cervello si espandono in un “campo” come quello magnetico, elettrico, e così via.
Ogni media che si affaccia sul mercato inizia con la forma di altri media, ne contiene altri ancora e si sviluppa in un modo non previsto.
La luce è un medium purissimo in quanto ha senso quando ne contiene altri: modifica la nostra vita cancellando le differenze tra il giorno e la notte, permette un’operazione chirurgica o una partita di calcio a qualsiasi ora, annulla il tempo e lo spazio con il Web ecc.

L’automobile comparve nella forma del carro che voleva sostituire, l’aeroplano nasce dalla tecnologica delle biciclette, il telegrafo serviva per avvertire i capistazione dell’arrivo del treno, poi a questa notizia si aggiunsero dati meteorologici pubblicati dai giornali, quindi notizie tra privati, la radio e via così.

Succede però che quando un medium si sviluppa eccessivamente, diciamo così si scalda, entra in crisi e capovolge la sua funzione. È successo con le automobili che facevano risparmiare tempo per andare al lavoro e che ora in un eccesso di produzione, intasano le vie cittadine, non si sa più dove parcheggiarle, e obbligano a spendere un tempo improduttivo spostandosi per raggiungere il luogo di lavoro. Allo stesso tempo le strade (che sono un medium) della città si sono trasformate in autostrade, mentre le superstrade che portavano in periferia hanno causato una tale saturazione che ormai il loro percorso è un continuum della città, senza soluzioni di continuità (si pensi solo che la main road di Los Angeles è lunga più di 200 kilometri, quanto la nostra Milano-Torino) e si è pure capovolta la funzione tra città e campagna, dove quest’ultima era il luogo di lavoro e la città del divertimento e del tempo libero. Oggi la strada ha capovolto queste funzioni e si lavora prevalentemente in città ed in campagna si va per trascorrere il fine settimana.


Stupisce in questi tempi di crisi economica, il tentativo di riavviare l’economia incrementando la produzione di auto, che non sappiamo più dove mettere e che tanti problemi danno con l’inquinamento, invece di tentare di far lavorare le persone senza farle muovere da casa!

°
E veniamo ai mezzi di informazione. Nell’eccessivo sviluppo della tecnica e delle vecchie forme di diffusione ci troviamo davanti al fenomeno che la comunicazione, che era nata per informare, si è trasformata in una tecnica per “far accadere” le cose.
Facciamo un esempio: supponiamo che in una parte sperduta della Groenlandia ci sia una pineta incontaminata che una squadra di Rangers va a controllare ogni tre mesi, e che il satellite esplora ogni settimana. Se cade un albero, finché il fenomeno non sarà rilevato, quella pineta rimarrà integra. Solo quando il fenomeno sarà scoperto ci sarà una relazione agli organi competenti che i giornali proporranno nelle forme più congeniali ai loro lettori:
CADE UN ALBERO IN GROENLANDIA: EFFETTO SERRA?”
ALBERO CADUTO, FORSE PER MANO RUSSA. Fine della distensione?”
ALBERO CADUTO TRE MESI FA. Inefficienza dei controlli?”
E via così, perché la notizia prende forma quando inserita nel contesto del nostro vissuto che modifica. McLuhan diceva che leggere il giornale al mattino è come immergersi nella vasca d’acqua calda delle nostre convinzioni che vengono rafforzate dalle notizie…

Sono però arrivati i barbari che approfittando di nuove tecnologie, non spendono più i loro soldi per comprare il quotidiano che rafforzi le loro convinzioni, ma con lo stesso importo pagano l’allacciamento a Internet e dal web si leggono non solo TUTTI i giornali disponibili, ma pure quelli che non leggerebbero mai.
Succede pure a me, ed oggi vi parlerò di due articoli del “Giornale”.
Ahimè, a volte su questo foglio e sui sui due ultimi direttori sono nate polemiche, e pure sui due giornalisti che più avanti citerò, che qualcuno ha definito giornalisti-jukebox, in quanto basta mettergli una moneta in quel posto e loro cantano la canzone che il committente vuole sentire.
Ma stiamo parlando di fenomeni massmediatici e qui non ci importa molto la politica. Dunque, cominciamo con questo FACCi.

Cosa dice in sostanza?

Furti e omicidi a scopo di rapina negli ultimi venti anni sono diminuiti. Perfino dimezzati. Gli stupri sono in netto calo. Nel 2008 sono scesi da 5.062 a 4.637. L' otto virgola quattro percento in meno. Le violenze sessuali aggravate, nel triennio 2006-2008, sono entrate in profonda crisi: -16%. E gli stupri di gruppo, le cosiddette gang bang, lamentano nel 2008 una diminuzione di ben il 24,6%...

E via così. Dice le cose che si sapevano, che giravano nel Web da tempo, che però i giornali ignoravano, e cioè che gli omicidi, le rapine, gli stupri, sono diminuiti. Ma perché mai, questo tizio tira fuori questi argomenti proprio alla vigilia del congresso che sancirà il trionfo del suo datore di lavoro (che nasconde la proprietà dietro la firma del fratello)? La risposta è nel McLuhan: “Per far accadere le cose” per trasformare cioè la paura che è stato il motore di una campagna elettorale forsennata ed intimidatoria, con quotidiani e TG che avevano triplicato lo spazio per questo genere di notizie, in una rassicurazione mediatica: “se prima la situazione era insostenibile, ora grazie all’Uomo Nuovo, quello che fa arrivare i treni in orario, finalmente torna la calma e potete riposare beati sui vostri sofà a godervi le tette offerte dal Grande Fratello…”

Il secondo articolo è ancora più subdolo e parte con l’intenzione apparente di tessere l’elogio di quei giornalisti eroici che in terre di mafia e di camorra rischiano la pelle per dare notizie con nomi e cognomi. Sembrerebbe un giusto tributo, vista anche la cronaca che ci ha propinato la foto di Pino Maniaci (su tutti i giornali così la mafia prende meglio la mira) denunciato per il suo “disegno criminoso” di lottare contro la mafia da Telejato SENZA il tesserino dell’albo dei giornalisti (istituzione notoriamente fascista, messa lì da Mussolini per controllare le notizie). Bufala pazzesca, visto che Telejato ha un signor direttore responsabile, un giornalista che si chiama Riccardo Orioles, un eroe del nostro tempo, in serie difficoltà economiche perchè non si piega. Non lo ammazzano perchè è ricoperto da tanto prestigio che ne farebbero un Super Eroe e invece è meglio lasciarlo li' in quel modo, nel silenzio colpevole di questa orrenda e collusa nazione che preferisce parteggiare per gli amorazzi del Grande Fratello piuttosto che impegnarsi a ripulire il paese.
Il pezzo in questione non è scritto in elogio dei cronisti di Caserta e Napoli, ma è un atto d’accusa nei confronti di Saviano, che qualche giorno prima in televisione era comparso per farci capire il linguaggio dei media del suo paese, prontamente querelato dal direttore responsabile del quotidiano di Caserta.
Il pezzo non elogia quelli che Saviano NON ha messo sotto accusa. Lui parlava di linguaggio, di connivenze dei direttori e delle proprietà con il sistema camorristico, l'acqua per intenderci senza la quale la paperella non galleggia. Di Saviano, io che ho fatto i capelli bianchi nel Web, si conoscevano le gesta PRIMA di Gomorra, dalle cronache dei coraggiosi che lo descrivevano col suo motorino a portare i suoi articoli ai giornali che li rifiutavano.
La verità l'ha detta Saviano: la sua aspirazione è diventare Primo Levi, uno che non ha descritto l'Olocausto, ma con le sue parole HA PORTATO la gente a vedere Auschwitz.
Vai, ragazzo, portaci a Caserta, a dispetto dei giornalisti jukebox…










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