martedì 1 aprile 2014

LE ABITAZIONI

Analizziamo uno dei principali mezzi di comunicazione di massa secondo il McLuhan:

LE ABITAZIONI

Abbiamo già detto come l’abbigliamento e le abitazioni in fondo assolvono lo stesso compito, cioè quello di proteggere dalle variazioni dell’ambiente esterno, ma mentre l’abbigliamento è un’estensione più diretta della superficie esterna del nostro corpo, l’abitazione è un mezzo collettivo affinché il gruppo o la famiglia godano della stessa protezione. Le città, che sono un gruppo organizzato di abitazioni, sono un’ulteriore estensione dei nostri organi fisici per soddisfare i fabbisogni di gruppi più vasti.

Se l’uomo civilizzato – cioè alfabeta – tende a restringere e delimitare lo spazio col fine di separare le funzioni, l’uomo primitivo ha esteso passivamente il suo essere in modo da includervi l’universo da cui a sua volta viene incluso. Agendo come parte del cosmo ha la consapevolezza di partecipare alle energie misteriose, magiche o divine con rituali sempre presenti nelle sue manifestazioni sociali.

L’uomo alfabeta, per accettare la sua tecnologia analitica e di frammentazione, ha dovuto staccarsi con dolore da tutto quel mondo tattile e auditivo che lo faceva magicamente vibrare come componente cosmica e si è concentrato su piccoli segmenti di comprensione col fine di catalogare tutto l’universo. Ha venduto il suo orecchio per l’estensione del suo occhio.

Sono rarissimi i ritrovamenti archeologici nelle caverne preistoriche comprovanti che esse fossero abitate dai primi ominidi. Le grotte, le tende, le capanne, non sono semplici chiusure di spazi visivi, perchè seguono linee dinamiche. Una volta chiusa in spazi visivi, l’architettura tende a perdere la sua tensione tattile e cinetica. Una tenda conica come il tepee dei pellerossa, oltre che essere il modo più razionale ed economico per ancorare un oggetto ingombrante e verticale è pure una serie di linee di fuga che agiscono sulla psiche del nomade. L’errore degli americani che costruirono case nelle riserve indiane, fu quello di non considerare questi fattori, col risultato che ancor oggi capita di passare per questi insediamenti e constatare che sono inabitati e circondati da roulottes e caravan dentro i quali gli indiani ancora si accampano.

La caverna invece è uno spazio misterioso, magico, oscuro dentro il quale si compivano rituali collettivi e magici. Le stesse pitture rupestri con le loro linee essenziali, viste da noi con la nostra luce, perdono tutta la forza che avevano al buio, con la fiamma dei fuochi che instabilmente davano ai dipinti una forza cinetica, un’illusione di movimento che agevolava i rituali della caccia. Di fatto, le pitture rupestri altro non erano che il cinema dei nostri antenati.

Il passaggio dalla capanna circolare al triangolo e alle mura quadrate, così come in seguito il passaggio dalla cupola ai pinnacoli gotici sono manifestazioni di nuove tecnologie che hanno causato un’alterazione dei rapporti sensoriali dei membri di una società. Le nuove tensioni stabiliscono nuovi equilibri tra tutti i sensi con “nuove prospettive” cioè a nuovi atteggiamenti e nuove preferenze in molti settori rendendo socialmente accessibili protezione, calore ed energia alla famiglia o al gruppo di appartenenza.

Un chiaro esempio di questo adattamento è dato dall’igloo eschimese. Questi indigeni hanno sempre vissuto in case rotonde ottenute sistemando grosse pietre a forma di cupola o costruendo con pelli e bastoni rifugi provvisori. Era una popolazione nomade di raccoglitori di cibo che l’uomo bianco trasformò in trappolatori. Le lunghe attese sul pack e l’avvento della stufetta a petrolio permisero agli eschimesi di costruire i loro rifugi provvisori con blocchi di ghiaccio tenuti insieme dal calore della stufa a petrolio che fondeva la volta interiore.
Ridono gli eschimesi quando vedono un bianco che entra in un igloo e torce il collo per tentare di dare un ordine spaziale e continuo alle pagine delle riviste illustrate che sono state appiccicate al soffitto per contenere il gocciolìo. Loro infatti, con la loro visione spaziale integrale e cosmica, non hanno alcun bisogno di raddrizzare mentalmente le pagine per decifrare le figure e ridono per questo buffo atteggiamento dell’uomo bianco.

Quando durante il Rinascimento si cominciò sistematicamente ad estrarre carbone, le società che vivevano in climi freddi scoprirono nuove grandi riserve di energia. La fabbricazione del vetro su larga scala permise alla luce di entrare dalle finestre e il riscaldamento interno alzò i soffitti e allargò le abitazioni. La casa dell’artigiano rinascimentale divenne allo stesso tempo letto, cucina, laboratorio e negozio. Fino al XX Secolo, quando l’energia elettrica modificò radicalmente non solo il tempo vissuto nelle case, eliminando con l’illuminazione la differenza tra il giorno e la notte, l’interno e l’esterno, il sopra e il sotto, ma con gli ascensori ha modificato intere strutture architettoniche, alterando ogni concetto di spazio per la produzione ed il lavoro allo stesso modo con cui gli altri media elettrici hanno alterato il nostro modo di essere.

Oggi l’architettura non offre solo soluzioni abitative nelle capsule spaziali o all’interno degli aeroplani, ma con l’illuminazione elettrica ha inserito nelle intere città una flessibilità organica ignorata in qualsiasi altra epoca con spazi senza muri e giorni senza notti. Nella strada notturna, la partita notturna, il lavoro notturno, il disegno e la scrittura sono passati dal campo dell’iconografia a spazi vivi e dinamici creati dall’illuminazione esterna. Con la luce elettrica non solo possiamo compiere le operazioni più minuziose senza badare all’ora al clima o alla stagione ma possiamo indagare dentro un microscopio con la stessa facilità con cui andiamo a fotografare pitture rupestri o ad esplorare anfratti sperduti.

L’era dell’automazione e della conoscenza ci ha permesso di scoprire che abiti, fertilizzanti e componenti per l’edilizia si possono ottenere con qualsiasi tipo di materiale e sarà questa la prossima frontiera.

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