mercoledì 16 aprile 2014

LA VERITA’, COS’E’ LA VERITA’

Ho trovato on line questa pagina
è inerente gli argomenti che stiamo trattando
per questa ragione ve la pubblico qui.
Buona lettura

Aldo Vincent
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LA VERITA’, COS’E’ LA VERITA’

Giunti a questo punto occorre una riflessione su ciò che è vero, su cosa appare vero, su cosa crediamo vero. Apparentemente la definizione pare semplice: una affermazione può dirsi vera se si riferisce a ciò che realmente esiste. Questa concezione della verità viene definita "teoria della corrispondenza", e coincide sostanzialmente con l'idea della verità che viene espressa dal comune sentire. Si possono distinguere affermazioni vere o false secondo alcuni criteri di base:
1- Il consenso di una comunità che stabilisce (spontaneamente o forzatamente) cosa all’interno della propria collettività si debba ritenere vero o falso.
2- L’utilità pratica di un concetto ritenuto vero se presenta soluzioni efficaci.
3- La coerenza con altri elementi ritenuti veri che costituiscono un sistema di affermazioni.
4- Plausibilità dell’enunciato attraverso osservazioni o testimonianze qualificate.

Si potrebbe obiettare che per esempio al punto 1-, se in un sistema chiuso e praticamente inaccessibile (per esempio Cuba) il colore bianco, per ragioni ambientali storiche o chimiche virasse fino a diventare un grigiastro indefinito e le autorità locali comunicassero al popolo che in nome della rivoluzione, della tradizione e della memoria questo colore indefinito si continuerà a chiamare bianco, essendo il popolo stato informato, non si tratterebbe di una menzogna, però agli occhi degli Americani o di chiunque altro fuori da detto sistema, l’affermazione risulterebbe menzognera, perché mancante – per loro – dei punti 3 e 4 dei criteri con il quale abbiamo definito la verità.
Anche l’utilità pratica del punto 2- può essere messa in dubbio in quanto non è detto che altrettante menzogne non siano, all’atto pratico, vantaggiose e si potrebbe obiettare che l’evidenza del punto 4 potrebbe anche essere frutto d’inganni.
Nella filosofia contemporanea si sta facendo strada una teoria secondo la quale i concetti assoluti come libertà, verità e consimili, vadano collocati nel campo che sta tra l’immaginazione e il non attuato. Emanuele Severino, in una sua recente conferenza, in questo campo ci metteva pure il concetto di Pace…
Nell'era di Google potremmo dire che la verità è tutto ciò che cliccano gli altri facendo emergere le pagine più “vere” alle prime posizioni dei motori di ricerca. Le prime posizioni faranno in modo che queste stesse pagine ritenute più veritiere delle altre si mantengano tra le più cliccate. La verità, di conseguenza, è CERTAMENTE quello che credono gli altri, cioè la più linkcata.
Tutti sogniamo un mondo in cui ognuno è sincero e fiducioso nei confronti dell'altro e viene a sua volta ripagato con pari sincerità. Ma un mondo senza menzogna sarebbe migliore?
Potremmo sopravvivere senza mentire?
Se tutti dicessero sempre la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità ci sarebbe ancora una differenza, per esempio, tra buona educazione ed ipocrisia?
In questo mondo, la menzogna e l'inganno convivono con la sincerità e la correttezza.
Appare dunque difficile catalogare verità e menzogne nei processi, nell’arte, nella propaganda, e soprattutto nella comunicazione.


"Siamo bugiardi per indole, è indispensabile"
"Mentiamo due volte al giorno"
I bambini e le coppie lo fanno ancora più spesso”
Sono i risultati di trent'anni di lavoro sulle menzogne, riassunti in un libro apparso in Francia dal titolo "Psychologie du menteur" (Psicologia del mentitore) della psicologa sociale Claudine Biland: “Per educazione, per interesse, per paura, i motivi si moltiplicano ma il risultato è sempre quello: tutti quanti raccontiamo almeno due bugie al giorno. Detto in altri termini, passiamo un quarto della vita sociale a mentire... è una pratica che s'impara molto presto”
Se verso i tre anni il 62% dei bambini ha imparato a negare di aver trasgredito un divieto, a 5 anni la percentuale raggiunge il 100%. "Sebbene i genitori non smettano di ripetere ai loro bambini che è 'brutto' mentire, fanno loro gli occhiacci perché non ripetano alla vicina che non sopportano il suo cane, le convenienze sono piene di bugie".
Durante l'adolescenza, agli inizi di una delle prime delicate storie d'amore, secondo l'autrice, due persone si mentono reciprocamente una volta ogni dieci minuti. Sino ad arrivare alle coppie collaudate dove le bugie molte volte sono “per omissione” cioè verità non raccontate o dette in modo adulterato, con qualche differenza. Per esempio le donne dicono bugie altruiste, tipo oh com'è bello il tuo vestito! Mentre gli uomini usano bugie “egoiste” tipo oggi ho lavorato come un asino...
Secondo la psicologa poi, sul posto di lavoro tutti non fanno altro che raccontarsi frottole soprattutto per il rispetto delle gerarchie. Luc Loquen, giurista in diritto sociale e autore del libro "Le menzogne nel mondo dell'impresa” asserisce che: "la bugia si è generalizzata e si è insinuata negli ingranaggi dell'impresa". Tuttavia, spiega Claudine Biland, mentire è normale e fa parte dei rapporti sociali. "Più ci sono relazioni umane, più ci sono bugie. Mentire è una valvola, un regolatore, una protezione... uno strumento di comunicazione come un altro".


Notizie da internet.

Se vai su www.truster.com , ti troverai davanti all’invenzione del secolo: grazie ad una scheda audio potrai filtrare le telefonate in arrivo e riconoscere immediatamente le bugie.
Cari, dolci, ingenui americani! Oppure, imbroglioni grandi figli di .... Dopo la bomba atomica infatti ecco l’arma più micidiale mai inventata dall’Uomo. E da oggi, basta false promesse dei politici, basta giuramenti d’amore, basta tornare a casa e dirgli che sei stata da un’amica per il the… Crollera’ finalmente questo Impero del Male e torneremo finalmente liberi dalle bugie, nelle nostre caverne… oppure no?





La Menzogna

Credo che Nietzsche sia il pensatore che più ha demitizzato e dissacrato i sistemi metafisici, morali e religiosi che l'uomo si è costruito per resistere alla paura della vita arrivando ad affermare che i valori comunemente accettati dalla società contemporanea sono basati su menzogne: Nel suo “ Nascita della tragedia” (1872), unisce le due tendenze dell'Arte quella apollinea (Apollo e la bellezza, le arti plastiche, la preveggenza, e il distacco con cui uccide le sue vittime con l'arco) e dionisiaca (Dioniso l'oscuro, l'irrazionale, il ritmo e la musica, la danza, l'orgia con cui si unisce alle sue vittime) e le fa confluire nella commedia e la tragedia dove la rappresentazione, l'evocazione della realtà fanno della menzogna la parte più consistente della cultura.

Nella visione di Nietzsche, la tragedia nasce dallo spirito della musica. Il coro infatti, narra dell'esistenza di un dio (Dionisio) la cui ebbrezza si oppone all'autocoscienza e alla ragione di un altro dio (Apollo). Uno e' il dio delle belle forme, dell'armonia, della semplicità e dell'autocoscienza, ma esso può essere tale solo nel confronto con lo spirito orgiastico di Dioniso, di modo che la bellezza delle forme classiche e' la reazione alla virilità e della vitalità del dionisiaco. “
(La Gaia scienza, n.125).
Bene, dopo aver analizzato (purtroppo superficialmente) il concetto di verità e menzogna, veniamo a quella sezione grigia che sta fra le due cose:



LE STRONZATE

Successe durante la campagna elettorale per le politiche del 2006 quando Silvio Berlusconi definì “stronzate” gli argomenti del suo avversario Prodi (che poi vinse le elezioni).
Molti dizionari non riportano la parola in questione ma si avvicinano molto con la definizione di SCIOCCHEZZA:“Azione o parola fatta o detta senza riflettere, cosa da nulla.” Invece a parer mio la stronzata va molto più in là della cosa da nulla.
Quando Harry G. Frankfurt pubblicò in Italia il suo saggio che venne tradotto da Rizzoli col titolo STRONZATE, pure Umberto Eco ci fece una bustina ed io, nel mio piccolo, ci ricamai sopra una lezione per il mio corso sulla comunicazione che tenevo a Cuba.
Io lo tradussi in spagnolo come Boludeza, Estupideza, Pendejera, ma pure loro usano "Hablar de mierda" nelle espressioni più popolane, rifacendosi scatologicamente pure all'Inglese Bullshit che tradotto letteralmente vuol dire cacca di toro.
Comunemente si dice contro qualcosa che viene affermato e che alle nostre orecchie suona come assurda. Max Black in un suo trattato di filosofia, aveva definito la stronzata come "sciocchezza in quanto falsa rappresentazione della realtà o del proprio pensiero - pur senza arrivare alla menzogna - messa in atto con parole o attitudini pretestuose”. Ma in che modo una stronzata è più forte di una sciocchezza, e secondo: cosa significa fornire una falsa rappresentazione senza mentire?
Intanto occorre definire la menzogna: chi mente sa di non dire il vero e lo dice per ingannare. Se uno dice il falso senza saperlo, invece si sbaglia o è un folle.
‘’Si tratta dunque, primo, di definire in che senso una stronzata sia cosa più forte di una sciocchezza e, secondo, che cosa significhi fornire una falsa rappresentazione di qualcosa senza mentire. Quello che caratterizza la stronzata rispetto alla sciocchezza è che essa è una affermazione certamente errata, pronunciata per far credere qualcosa di noi, ma chi parla non si preoccupa affatto di sapere se dice il vero o il falso’’ (Eco)
Quando il Vaticano dice che gli Africani non devono usare i preservativi perché da quelle parti sono di cattiva qualità, saremmo portati a pensare che stia dicendo una menzogna, però poiché sappiamo tutti che i sacerdoti sono casti e non conoscono tecnicamente come si usa un preservativo (hi) dovremmo semplicemente pensare che stiano dicendo una stronzata per fornire (parole del filosofo Black) una falsa interpretazione non solo della realtà esterna ma anche dei propri pensieri, sentimenti e atteggiamenti.
Questo accade anche a Berlusconi che quando dice di essere il miglior presidente degli ultimi 150 anni o il più perseguitato dalla Giustizia della Storia, non lo fa solo per farci credere che realmente sia così, ma lo dice pure per convincerci che lui crede davvero che sia così! E Frankfurt lo chiarisce perfettamente: questo tipo di stronzata a differenza della menzogna, ha il fine primario non quello di fornire una falsa indicazione sullo stato della realtà (altrimenti sarebbe menzogna) ma di fornirci la falsa impressione che quello che sta dicendo passa veramente per la mente del Cavaliere..
Capite l'arcano?
È qui che l'opposizione sbatte continuamente il naso contro il muro di gomma della distorsione della realtà. Quando si trova davanti ad asserzioni che non sono menzogne ma semplicemente stronzate, attaccano tutti a testa bassa spostando il baricentro delle questioni essenziali, ritrovandosi poi a disquisire alle stronzate con altre stronzate.
Perché - continua Frankfurt - chi ha detto la stronzata iniziale, ha fatto certamente un'affermazione errata senza preoccuparsi di sapere se dice il vero o il falso:
"Quello che di sé ci nasconde chi racconta stronzate. è che i valori di verità delle sue asserzioni non sono al centro del suo interesse."
Continua Frankfurt: "I campi della pubblicità e delle pubbliche relazioni e quello, oggi strettamente correlato, della politica, sono pieni di stronzate così assolute da essere diventati ormai indiscussi paradigmi del concetto". Il fine della stronzata non è neppure quello di ingannare su degli stati di cose, è quello di fare colpo su uditori dalle scarse capacità di distinguere il vero dal falso, o approfittare del fatto che essi siano disinteressati a queste sfumature.
‘’Chi pronuncia stronzate confida soprattutto nella debole memoria del suo uditorio, il che gli consente anche di dire stronzate a catena che si contraddicono tra loro.’’ (Black)
Chi ha dimenticato il ministro dell'informazione Al Sahaf, che mentre i soldati iracheni fuggivano in mutande, mentre la bandiera USA sventolava sui palazzi di Saddam, intratteneva i giornalisti negando l’evidenza? Credo sia l’esempio più classico di un relatore di stronzate posto come terminale di un ufficio elaboratore al servizio del regime.
"Il produttore di stronzate. cerca sempre, in un modo o nell'altro, di passarla liscia".
Ecco perché non me la sento di condannare Berlusconi quando asserì che il suo rivale in campagna elettorale diceva stronzate, perché alla luce del secondo governo Prodi che seguì quella competizione elettorale, parrebbe proprio che lo fossero. Allo stesso modo però, quando Egli incita alla rivolta fiscale, o dice che porterà in piazza cinque milioni di manifestanti, sta dicendo altrettante stronzate. E stronzate sono anche le azioni di quei ministri che si scandalizzano di cotante stronzate e convocano un consiglio dei ministri! (sic) per stigmatizzare le stronzate di Berlusconi.
E Visco che dichiarava: “Se vogliono le mie dimissioni, me lo devono dire” non è forse nel suo genere una stronzata? O forse il viceministro era diventato improvvisamente sordo?

MAESTRO:
la verità non esiste, esistono punti di vista
davanti a qualsiasi verità, dubitate
dubitate sempre
dubitate fortemente…”

DISCEPOLO:
Maestro, ma se dici che dobbiamo sempre dubitare, allora dobbiamo dubitare anche quando dici che dobbiamo sempre dubitare?

MAESTRO:
La risposta è sì…”




UN PARADISO DI BUGIE
Era il titolo di una commedia di discreto successo, per la regia di Stefania Casini.
Ricordo anche una canzone dei tempi dia mia madre: la vita e’ un paradiso di bugie, quelle tue e quelle mie…
Anche al cinema, SESSO BUGIE E VIDEOTAPE si guadagno' ben 5 nomination mentre SEGRETI E BUGIE prese una Palma d'Oro e premio come miglior attrice a Brenda Blethyn .
Altri film di successo, anche se non hanno le bugie nel titolo, hanno impostato la campagna promozionale sugli effetti speciali, come il Titanic, Matrix , Godzilla, il quarto elemento di Besson e altri con alieni, spiritelli o mostricciattoli del Signore degli Anelli o Harry Potter e li' tutti a stupirrci o spaventarci eppoi un bello special di due ore per farci vedere come hanno costruito i trucchi, cioe' le bugie.

Il Department of French & Italian Studies dell'University of Melbourne ha organizzato un seminario che aveva per tema: "Sesso, Bugie e Politica? Lo Stato dell'Italia contemporanea"
Durante i vari convegni gli argomenti piu' dibattuti sono stati:
Sono davvero cambiate le cose in Italia?
Puo' essere eliminata la corruzione?
Cosa puo' imparare l'Australia dall'esperienza italiana?

Non manca la letteratura.
Se in passato la bugia serpeggiava qua e la', dalle bugie di Odisseo che facevano sorridere Athena, all'"Arte della menzogna in politica" di Jonathan Swift o alla meno celebre "Della dissimulazione onesta" di Accetto o alla "Decadenza della menzogna" di O.Wilde, oggi torna di prepotenza l'argomento con "La cicatrice di Montaigne" di Lavagetto, "I bugiardi" di Almansi, "Perche' diciamo le bugie" della Schelotto, fino all'ultimo lavoro di due ricercatori serissimi quali Cristiano Castelfranchi e Isabella Poggi, che sono rispettivamente psicologo e linguista che hanno fondato presso il CNR una "Banca delle bugie" e hanno pubblicato "BUGIE FINZIONI SOTTERFUGI" fondando una nuova scienza: l'Ingannologia, con le sue belle categorie.

Innanzi tutto chi mente?
Mentono i buoni ed i cattivi, i bambini, gli adulti, i maschi, le femmine e quelli un po' cosi', i deboli ai potenti ed i potenti al popolo, gli amici agli amici per amicizia, i nemici tra di loro, qualcuno mente perche' lo vuole, altri coi lapsus. (Hanno lasciato fuori qualcuno? Mi sembra proprio di no) Ma senza voler approfondire questo argomento che invece merita molta attenzione, vorrei solo richiamare la vostra attenzione al COME la bugia abbia occupato con autorita' un posto centrale nella societa' odierna.
Basta scorrere i giornali di ieri e di oggi, con il caso Ustica, Clinton e Monica, Berlusconi Ruby o la Daddario, Blair e la guerra, e Obama al popolo, il popolo alla Guardia di Finanza, la Guardia di Finanza ai Giudici, i Giudici ai politici , i politici ai giornalisti, e cosi' via.
Ma pure la televisione con le sue trasmissioni dove non si distingue piu' il falso dal vero, presentatori vestiti da Capitan Findus che tra un cartone animato e l'altro mangiano merendine che poi appaiono in spot fatti coi cartoni animati finche' un cartone animato esce dal suo mondo disegnato ed entra in una vera cucina ad aprire il frigorifero per prendere i sofficini da portare a Capitan Findus con una grande confusione mentale dei nostri figli che cominciano a credere che la felicita' sia comprare lo zainetto della Barbie o che si trovi dentro la Playstation
E cos'altro e' questa pubblicità se non bugie e bugie che vanno ad interrompere film che altro non sono che un'altra magnifica illusione? E dove andare a prendere i parametri, da dove attingere gli esempi se neppure nella vita reale si puo' piu' distinguere tra il bene e il male?

Prendete Tangentopoli.
Cusani, era il buono o il cattivo?
Un uomo che intrallazza coi suoi compari, ma una volta scoperto affronta Di Pietro a viso aperto, perde e rimane uno dei pochi personaggi di Tangentopoli in galera, esce e aiuta i detenuti. Si può considerare, a suo modo onesto? Chi lo sa.
E quel Greganti che invece non "collabora" con la giustizia e da' l'impressione di proteggere i suoi compagni di merende, facendola franca, e' meglio o peggio? Abbiamo perso ogni punto di riferimento e allora, cosa dovremo insegnare ai nostri figli?
A dire tutta la verità fino alle estreme conseguenze, o a tacerla fino all'omertà?
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Un articolo di Baricco su Repubblica del febbraio 2009: “Basta soldi pubblici al teatro, meglio puntare su scuola e tv” per qualche giorno sembrò squassare le sacre mura della Cultura italiana, ma dopo un paio di repliche sui quotidiani italiani la cosa, come sempre succede in Italia, si spense senza altri gemiti, e tutti si guardarono bene dal riprendere l'argomento. Eppure Baricco aveva messo il dito su una delle piaghe dell'italico sapere: le sovvenzioni pubbliche alla cultura e i fiumi di denaro che si riversano a pioggia sui teatri stabili, convegni, mostre, fondazioni, associazioni, festival, rassegne, premi,cinema, stampa e altre cose.
L'incrocio tra il denaro pubblico e la diffusione del sapere non è cosa recente, viene dalla Rivoluzione Francese e prima dal Mecenatismo, il punto in discussione è se siano ancora validi i criteri ottocenteschi per cui i depositari della cultura sono un ristretto numero di appartenenti ad una elite (l'Accademia dei Lincei, per esempio) dove maestri del sapere cooptati da altri maestri del sapere si incontrano periodicamente per discutere le cose che secondo il loro illuminato pensiero diventeranno cultura. O se invece le nuove generazioni assetate di cultura non siano in grado, grazie all'avvento di nuove tecnologie che ampliano la possibilità di attingere la conoscenza, di arraffare quanta più cultura trovano in modo caotico sul loro cammino facendo nascere il problema del coordinamento delle loro cognizioni, non del reperimento. Nasce una prima domanda: questo espandersi del sapere in tutte le direzioni attraverso ceti e generazioni, è merito delle sovvenzioni governative alla cultura? La risposta è senza dubbio NO. Il merito è di alcune concause tra le quali individuiamo Internet, un maggiore benessere diffuso, l'espansione dei mercati globalizzati e la facilità d'accesso. Perché una cosa è per esempio vestirsi per andare in biblioteca, compilare l'apposito modulo, mettersi in fila e sperare che nessuno stia leggendo il libro che cercate. Altrimenti dovrete prenotarlo e rifare tutta la trafila. Infatti lì, su quegli scaffali fatti di atomi e materia, ci sono libri che sono altrettanti atomi e se un libro lo sta leggendo qualcuno non lo può leggere qualcun altro. Altro è invece alzarsi dal letto e in mutande, mentre aspettate il caffè, digitate l'indirizzo della biblioteca e fate download del libro che vi interessa, il quale, essendo composto di elettroni e di fotoni ed essendo collocato in un ambiente virtuale, cioè un campo che materialmente non esiste, può essere scaricato contemporaneamente da migliaia o milioni di utenti. A questa velocità di reperimento corrisponde come conseguenza un'altrettanta velocità di consultazione, scompaiono vecchi studiosi seduti ai tavoli delle biblioteche che passano i loro pomeriggi prendendo appunti mentre il cyberspazio si riempie di questi nuovi curiosi che per diletto surfing da un argomento all'altro (abbiamo impropriamente tradotto dall'inglese surfing come “navigare” che non rende esattamente l'idea della velocità con cui i cybernauti passano da un argomento all'altro rimanendo in equilibrio dato proprio dalla velocità con cui si muovono). Non è più necessario “approfondire” un argomento come il calarsi nella profondità di un noioso cratere per scoprire nozioni sempre più profonde e ristrette, ora l'informazione e di conseguenza la cultura si fa velocemente in modo orizzontale: navigando (surfing) affinché da questa attività si tragga gioioso divertimento e per farlo queste nuove generazioni hanno bisogno di aggiornamenti tecnici, informazioni, supporti, nuove nozioni, contatti, manuali d'istruzioni, cataloghi e convegni. Ora in che modo possiamo rendere compatibili queste esigenze con quelle di un'elite che si fa finanziare dallo Stato un'opera minore di Donizetti che vedranno qualche centinaio di persone a replica? Attenzione, perchè qui il terreno si fa scivoloso: noi siamo prodotti di cultura e la cultura è anche la memoria collettiva che viene riproposta di generazione in generazione. Il nostro Teatro per esempio, non solo ripropone autori che hanno scritto parole sublimi, ma anche la rappresentazione di atmosfere, epoche, situazioni che in altro modo non potremmo immaginare. Oserei dire che il luogo comune che definisce “Secoli bui” il periodo del primo Medio Evo, non lo fa certo per la mancanza di libri o di cultura, ma perchè con la caduta dell'Impero Romano (un poco prima per la verità) era scomparso il teatro e le rappresentazioni. Perché l'immaginario collettivo per mantenere la memoria dell'Impero Romano, ricorse molto più al Giulio Cesare di Shakespeare che al De Bello Gallico. Quindi uno sforzo della comunità per mantenere la memoria di questi autori ( e di altro, sto solo facendo un esempio) e garantirne la messa in scena è doveroso.
Ma anche qui occorre guardare le cose con gli occhi delle nuove tecnologie. Il cinema lo sta facendo e il binomio cinepresa-computer sta dando risultati straordinari. La televisione pare si stia accorgendo solo da poco e quasi casualmente dalla lezione del McLuhan. Poiché è un mezzo caldissimo, quasi ipnotico, per riuscire a coinvolgere il pubblico, deve ricorrere alla ripetitività ( un tizio che affacciasse tutti i giorni in video e facesse la pernacchia per un mese, diventerebbe famoso) oppure all'incompiuto, far vedere cioè le prove tecniche di un concerto stimola la partecipazione più del concerto stesso, i dietro le quinte della prova generale di un'opera teatrale vale più della rappresentazione dell'Opera stessa, fuorchè la prima, poiché la presenta della televisione nel foyer del teatro è essa stessa l'avvenimento. Gli attuali programmi di successo, tipo Amici, Ballando, Accademia e simili, rispondono esattamente alle indicazioni dello studioso canadese. Meno le riprese teatrali di commedie e opere perchè – sempre McLuhan dixit – ogni espressione artistica è concepita per il suo mezzo e una commedia a teatro va vista a teatro e trasporla in televisione è noiosa per molti motivi tecnici di ripresa e per l'angustia del mezzo. In teatro con un solo colpo d'occhio si vede tutta la scena mentre in televisione per ottenere lo stesso effetto c'è bisogno dei controcampi. Ricordo un lavoro pregevole di Ronconi con Mariangela Melato che interpretava Medea, gridando! Ed era stato concepito così quel lavoro per migliaia di spettatori seduti nel teatro greco, e andava bene così per gli attori senza microfono. Ma la Melato, con quel primissimo piano che occupava più dello schermo, cosa gridava a fare? Se avesse sussurrato, avrebbe ottenuto un capolavoro televisivo.
La trasposizione del cinema in televisione pone gli stessi problemi. Chi non ricorda Cleopatra che nello splendore dei 35 millimetri quasi porta al fallimento la Major americana che aveva finanziato il film e per risparmiare i costi aveva trasferito le riprese a Roma? Chi non ricorda il suo ingresso trionfante nella Capitale mentre 10.000 comparse recitano l'entusiasmo dell'antica Urbe? Bene, ognuno di quei figuranti, prese una paga, indossò un costume, andò al trucco, ricevette istruzioni per i movimenti dagli aiuto registi.
Ora guardate la scena in televisione o guardatevi lo spezzone attraverso Youtube: la folla è un insieme di puntini indistinguibili e insignificanti. Oggi, questi problemi sono risolti dal computer che moltiplica all'infinito figure vere o virtuali per le grandi masse nelle scene di guerra, ma pure il computer costa, e l'unica soluzione sono le inquadrature che per la televisione bastano con la ripresa di gruppetti di cinque/dieci figuranti e tanti primi piani dei protagonisti, perché la televisione è povera di dettagli, è come i fumetti, e il pubblico riempie da sé quello che manca.
Perché questo lungo discorso? Perché facendo la tara alla provocazione e al personaggio che in fondo ha sprecato forse più di altri intellettuali risorse e soldi pubblici, occorre riconoscere che alcuni criteri di come si spendono i nostri soldi per la Cultura, qualunque cosa voglia dire, è , vanno rivisti. E parte dei soldi che oggi si sprecano vanno dirottati verso lo studio dei linguaggi.

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La reputazione, la reputazione. Ho perduto la mia reputazione!
Ho perduto, signore, la parte immortale di me stesso e cio’ che rimane e’ la bestia!
La mia reputazione, Jago. La mia reputazione! “
Jago: “Com’e’ vero che sono un onest’uomo, ho pensato che tu avessi ricevuto una ferita al corpo. C’e’ molta piu’ sofferenza in cio’ che non nella reputazione. La reputazione e’ un pregiudizio, una falsa imposizione. Che ottieni senza merito e la perdi senza colpa.Tu non hai perduto nessuna reputazione se tu stesso non reputi d’averla perduta!…”

Adesso dimmelo tu, dov’e’ la differenza tra l’averla letta seduta sulla poltrona del tuo salotto ed averla vista recitata da Orson Welles al cinema?. Dimmi tu dov’e’ la differenza, se c’e’ una differenza, tra due libri della BUR con tutto il teatro di Shakespeare e ricordarsi il monologo di Marlon Brando nel Giulio Cesare, lo storpio Enrico quarto di Laurence Olivier a colori, Romeo e Giulietta di Zeffirelli, l’Amleto di Mel Gibson, La bisbetica domata di Burton e Liz Taylor, Il Machbet di Polansky?
Per carita’, con questo non voglio disconoscere la superiorita’ della parola, anche scritta: “In principio era il Verbo” e non si discute, ma perche’ fermarsi, per esempio al fatto che il Medio Evo fossero secoli bui quando e’ risaputo che le biblioteche sono piene di manoscritti ed incunaboli e libri sul e del Medio Evo?
Io mi sono costruito un’opinione personale e non c’è momento migliore di questo per dirtela.
L’invasione della Grecia da parte dei Romani fu anche la causa della decadenza del Teatro, luogo sacro, dove il popolo si recava anche per pensare e riflettere, sostituito dai giochi del Circo dove al popolo bastava dare “Panem et circense” per lasciarlo tranquillo. Il Teatro venne distrutto alla radice e sopravvisse solo come pretesto per pochi, di feste, orge, rappresentazioni apologetiche. Soltanto le famiglie sul carro di Tespi, con la Commedia dell’Arte riuscirono a rinverdire i fasti del Teatro. Ma tra la caduta dell’impero Romano e la Commedia dell’Arte ecco che c’e’ il niente.
Manca la trasformazione del testo in rappresentazione.
Ti chiederai, ma cos’è questo bisogno del Mito, del racconto, della rappresentazione che ha spinto l’umanità verso il Teatro?
E’ semplice: nel Teatro, viene riproposta la vita come rappresentazione, e tutti sapendo di assitere ad un falso, vanno a vedere fino a che punto l’imitazione sia così perfetta da toccare la vita vera. Ma allora, continuerai a chiederti, se c’è già la vita – che è vera – perchè andare a vedere il falso? La risposta è di una verità disarmante: perchè la vita in Teatro ha un senso. Quella vera, ahimè, no.
Ma sto divagando. Stavamo parlando della rappresentazione che dopo la caduta dell’Impero Romano e’ solamente la lettura dei libri durante il convivio dei frati emanuensi, con le varie elaborazioni, coi canti, con la lettura a piu’ voci.
Ma per la cultura popolare, la mancanza della rappresentazione, conduce inevitabilmente all’ignoranza del testo. Da qui, probabilmente, l’opinione diffusa che il Medio Evo sia costituito da secoli bui e invece era solo senza Teatro....

Forse oggi, e' la funzione che ha assunto il cinema dove la decima Musa, moderna riesplorazione di massa e rappresentazione del testo, riprende la funzione antica del Teatro, quella di far rivivere la parola, e forse andrebbe considerato il mezzo di trasformazione della parola trasparente, proiettata, rappresentata su un telone, che poi ritorna con tutta la sua emozione a riprendere la sua funzione anche nei circuiti elettronici di Internet.
Secondo il Mc Luhan ogni nuovo mezzo di comunicazione di massa, per crescere ha bisogno di fagocitare il mezzo precedente. Cosi', per capirci, le automobili agli inizi somigliavano ai carri coi cavalli e gli aeroplani sembravano automobili. Quindi il cinema si nutri' dei testi del teatro e la televisione si nutr di cinema.
Di cosa si nutrira' Internet per crescere?
Qualcuno dice che con l'avvento della Rete cominciano a calare gli ascolti televisivi, ma io credo invece che sara' ancora il libro a nutrire la Rete. E la scrittura.
La scrittura si, che perdera' il suo supporto per eccellenza, la carta, per ripresentarsi in tutte le sue forme con altri supporti. Se prima la scrittura era fatta di atomi che si plasmavano su un'altra massa di atomi, cioe' il libro e tutta la comunicazione avveniva comprando vendendo o noleggiando atomi con la lentezza che questo supporto comporta, adesso si compreranno, venderanno o noleggeranno ioni, con la velocita' della luce. E se prima si doveva andare in biblioteca ad aspettare che qualcuno avesse finito con il noleggio degli atomi a cui aveva diritto, adesso nello stesso momento milioni di persone possono leggere contemporaneamente un testo trasportato dagli ioni.
Perche' cogli ioni eravamo e cogli ioni siamo rimasti.



P.S.
Diffida da quelli che prima ti citano il McLuhan e poi ti insultano.

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